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Attualità

Reggio Calabria. ’Ndrine e Cosa nostra a braccetto nel ’94, Graviano e Filippone: ergastoli confermati

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Carcere a vita. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria non ha avuto dubbi al termine della camera di consiglio, durata sette ore, e ha condannato all’ergastolo il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e Rocco Santo Filippone (nella foto sopra), ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Il processo “’Ndrangheta stragista” si è concluso con la conferma della sentenza di 1° grado richiesta dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. A 29 anni dai fatti, ora manca solo il sigillo della Cassazione per dare giustizia ad Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, i due carabinieri uccisi il 18 gennaio 1994 sull’autostrada in provincia di Reggio Calabria. Dopo quasi 2 anni di udienze, la Corte d’Assise d’Appello ha confermato la tesi della Dda di Reggio Calabria secondo cui Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono i mandanti dell’agguato ai carabinieri, che rientra nelle cosiddette “stragi continentali”. Tesi portata avanti da Lombardo e dal sostituto Walter Ignazitto secondo cui il duplice omicidio e gli altri due attentati ai danni di altrettante pattuglie dell’Arma facevano parte di quella strategia stragista messa in atto da Cosa Nostra e ’ndrangheta per “destabilizzare lo Stato”. Stragi appunto, rivendicate con la sigla “Falange armata”, che hanno insanguinato l’Italia nella prima metà degli anni 90.
Nella prima sentenza si legge che le “responsabilità degli imputati” Graviano e Filippone “costituiscono soltanto un primo approdo” e che ci sono “dei mandanti politici che attraverso la ‘strategia della tensione’ volevano evitare l’avvento al potere delle sinistre”. Dopo la vittoria del Pds alle Amministrative dell’autunno 1993, infatti, sarebbe nato il partito di Forza Italia e Berlusconi avrebbe vinto le elezioni politiche. È il ragionamento che ha fatto da sfondo al processo “’Ndrangheta stragista”. Fino a giovedì, in aula, Lombardo ha spiegato che ci sono “mandanti ulteriori” e di essere “in attesa di processare gli altri”. Tanto basta per immaginare che ci sarà un secondo tempo, un seguito che si percepisce anche dal suo commento dopo la sentenza: “Vedremo cosa manca e quale lavoro di completamento, per arrivare a una ricostruzione che faccia luce davvero su accadimenti storici di grande rilievo, ancora rimane da fare”, ha detto Lombardo.

(DI LUCIO MUSOLINO – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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