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Attualità

Gigi Marzullo: le sue domande l’hanno reso un aggettivo, anche se lui stenta a crederlo

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La sbandata per le donne mi ha distratto per un po’. In Tv mi sento un leone”.

Per niente semplice scovare un po’ di tempo nell’agenda di Gigi Marzullo: si alza presto (“e leggo tutti i giornali, ma il primo è sempre il Fatto”), poi è un tourbillon di telefonate, appuntamenti, trasmissioni (“ho Fazio, la Bortone e i miei programmi”) e soprattutto una tappa fissa, giornaliera, strutturata, imprescindibile con il parrucchiere (“ci vado ogni mattina”. Per modo di dire… “no, realmente”). Così, quando finalmente si scovano gli attimi giusti, la prova di cotanto daffare è scandita dal cellulare: squilla, squilla, squilla, e lui con modi gentili ma fermi risponde con laconici “sono impegnato, ci sentiamo dopo”.

Non ha uno smartphone.

E neanche la carta di credito: giro con i contanti e per cifre superiori utilizzo il libretto degli assegni.

Come mai?

Non è nato il feeling.

Riservatezza.

No, abitudine; (sospira) non approccio nemmeno al computer, e se mi chiedono un’email chiedo il favore a mia moglie o a chi lavora con me.

E quando scrive uno dei suoi libri?

Prendo appunti su dei foglietti e li consegno ai collaboratori; anche le domande le scrivo a mano.

Le sue domande l’hanno resa un aggettivo.

In che senso?

“Marzullo” è un aggettivo.

Non so se è un complimento o una presa in giro, comunque è a mia insaputa, perché da 35 anni porto in tv quello che sono, il mio modo di pormi con qualche linea di esasperazione.

Cioè?

“La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio” nasce perché il programma era ed è di notte; “si faccia una domanda e si dia una risposta” era per dare la possibilità all’ospite di raccontare qualcosa di importante che non gli avevo chiesto.

Pozzetto le ha risposto “ma va a cagher”.

Vabbè, era un gioco, è stato gentilissimo.

Nel 2001 ha chiamato Sabelli Fioretti per lamentarsi dei giudizi sprezzanti dei critici televisivi. Alla fine ha vinto lei…

(Sorride) Non è una lotta, la televisione è come una grande tavola imbandita: se hai la possibilità porti te stesso, e non è una sfida.

E cosa?

È come l’amore: tu non lo decidi, ne puoi solo prendere atto, e io ho preso atto che amo la tv; (ci pensa) poi sono stato fortunato perché ho capito presto quale era la mia strada.

A che età si è illuminato?

Verso i 22-23 anni, quando sono nate le radio libere, anche se prima volevo diventare attore e contemporaneamente studiavo Medicina a Pisa; poi ho iniziato a collaborare con il Mattino, e spesso dovevo andare a Benevento, ma in realtà il mio obiettivo era Roma; così ho comprato una Golf e due giorni la settimana li passavo nella Capitale.

Lavoro dei suoi genitori?

Insegnanti alle elementari.

A Roma si è mai sentito un provinciale?

No, mi dava la sensazione di calma.

Roma?

Raccontato così sembra tutto facile, invece sono stati anni di vicissitudini interiori, di turbamenti, di paure; (cambia tono) appartenevo alla media-borghesia, molto media, anche se frequentavo quella alta; dovevo diventare medico e secondo mia madre fidanzarmi prima e sposarmi poi, sempre ad Avellino: un futuro delineato.

Con fidanzata designata?

Quella che avevo non era “designata”, altre erano state valutate dai miei, ma non appartenevano al mio modo di essere.

Incontri combinati?

No, però si diceva “Gigi si può fidanzare con questa” e nascevano delle ipotesi.

Come andava a scuola?

Elementari e medie benissimo, mentre il quarto ginnasio, con la classe mista, è stato di sbandamento. Mi sono distratto.

Ha scoperto l’universo femminile.

Ho iniziato a frequentare l’altro sesso e sono stato rimandato in latino e greco; in quinto mi hanno dato italiano, ma non lo meritavo: era una questione tra mio padre e l’insegnante. Storie di provincia.

Marzullo alle interrogazioni.

Bravo, non sempre preparato, ma riuscivo a cavarmela. Ero molto eclettico.

Politica?

Mio padre sì, io l’ho sempre attenzionata: andavo ai comizi, li ascoltavo, però non mi sono mai dedicato.

Hanno mai provato a candidarla?

Scansavo a priori; volendo avrei potuto: nella mia città sono nati politici importanti.

Con De Mita ha un rapporto antico.

Un grande amico; poi c’è Nicola Mancino, e sono tutti legati a mio padre (ci pensa) aggiungo Antonio Manganelli, ex capo della polizia (morto nel 2013, ndr) e l’attuale prefetto di Roma, Matteo Piantedosi.

Eppure niente politica attiva.

Ci confrontavamo con le ragazze, passeggiavamo lungo il corso di Avellino e pensavamo al nostro futuro professionale; mi sono laureato tardi.

A quarant’anni.

Mia madre ha sempre pagato le tasse: ogni tanto mi presentavo e davo un esame.

La riconoscevano.

Qualcuno sì e un po’ mi vergognavo, così indossavo gli occhiali da sole; non sempre bastavano; (cambia tono) mamma sognava il posto fisso.

Alla Checco Zalone.

Siamo nati così, ed è per questo che non sono mai voluto uscire dalla Rai: potevo strappare un contratto di due anni e guadagnare molto di più; mi è mancato il coraggio e sono contento lo stesso; i soldi non sono fondamentali quando hai il giusto per vivere.

La situazione sarà mutata.

Ho il mio stipendio e ribadisco: non ho mai puntato all’aspetto economico ma sul lavoro che mi piaceva; lavoro e basta, non sono capace di altro.

Uno sport?

Penso solo al lavoro.

Tra quindici anni dove si vede?

Mi auguro ancora in trasmissione; fino a quando potrò e fino a quando me lo concederanno, voglio lavorare, è un impegno fondamentale; prima mi dedicavo a cinema, teatro e calcio, ora è tutto fermo.

Va allo stadio.

Mi piace (sa tutto dell’Avellino), seguo la Roma, la Lazio, quando sono a Milano, il Milan, ora il Monza del mio amico Galliani, e il Napoli.

Quante chiamate al giorno riceve?

Sono sempre al telefono, ma ho quattro o cinque rubriche televisive, quindi è normale, e poi sono democraticamente accentratore: devo controllare tutto.

Andava spesso pure alle feste.

Non mi piace partecipare attivamente, ma amo guardare gli ospiti, chi c’è, chi non c’è, le belle ragazze, chi balla, ascoltare la musica.

Balla?

No, mi sentirei ridicolo; preferisco restare nel mio angolo visivo e notare come si comportano gli altri.

Serve per il lavoro.

Soprattutto; la mia vita è solo incentrata in funzione della professione e dell’amore.

Perché giornalista?

Non lo so; (ci pensa) incontrando molti attori, stando sul set, ho capito che non era il mio mondo: chi recita deve ripetere più volte, io amo la diretta, la seconda volta non mi viene bene. E pensare che sono relativamente timido.

Ma?

Davanti alla telecamera divento un leone; se ho un po’ di raffreddore, un po’ di febbre, di astenia, vado in onda e mi passa tutto.

Quante camicie a righe ha?

Settanta, ottanta. Boh.

Tutte uguali.

È nata con Fazio: l’ho indossata in una puntata e per evitare la cravatta: la sua trasmissione ha un tono più informale; poi Fabio ha iniziato a giocarci sopra e ho capito che funzionava; ora in parecchi mi imitano.

Dal parrucchiere, sempre.

Quando il lunedì il mio è chiuso, vado da un’altra.

Si è mai sentito sottovalutato?

Forse potevo meritare qualcosa di più, ma con gli anni sono stato valutato per quello che valgo, ma è stata fondamentale la tenacia e il tempo a disposizione.

Conta di più l’intelligenza o la tenacia?

La tenacia in primis, associata all’intelligenza.

Lei a chi non piace?

Ad alcuni invidiosi, a chi desiderava o sognava una carriera come la mia, senza riuscirci.

A cosa è sopravvissuto?

Alle critiche.

E a vent’anni?

Dicevano: vuole fare televisione, eppure non ci riuscirà mai; il problema non è quello che dicono gli altri, ma quello che gli altri scatenano in te, magari aizzano le tue paure.

Soluzione?

È come un grande amore per una donna: se ami lei non vedi alternative, allo stesso modo la mia unica scelta era la tv.

Ed è diventato un personaggio da imitazione…

Crozza è bravissimo e mi sarebbe piaciuto vederlo in Rai; lui non mette cattiva fede, in altri casi l’ho percepita.

Il salotto di Fazio l’ha sdoganata.

Credo di sì; Fabio è una persona perbene e vera: a lui sono legato, ed è protagonista di un’ottima televisione, forse la migliore di questa fase.

Si sveglia mai la notte perché ha pensato a una delle sue mitologiche domande?

Eccone una: il bacio è più una concessione in attesa di una conferma o è una conferma per una nuova concessione?

Risposta?

È una conferma per una nuova concessione; non ci si può fermare al solo bacio.

Contano più i soldi o il potere?

Forse il potere, ma dipende come lo si utilizza, se è un servizio: con le mie trasmissioni ho intervistato tante persone, ho il potere di decidere chi invitare, e per questo ho coinvolto tanti giovani che lo meritavano.

La Gregoraci: “Mi sono sentita famosa quando mi ha invitato Marzullo”.

(Sorride) Lo dicono in molti.

È citatissimo.

In che senso?

Anche ora con l’autointervista marzulliana di Renzi.

Con la Lucarelli avete dedicato una pagina a questo, ma non capisco.

Per Totti, Cassano è il Marzullo del calcio.

Pure loro? Simpatici; la gente mi vuole bene, intorno a me sento dell’affetto.

Più sedotto o seduttore?

Sedotto, e sono riuscito a sedurre qualche donna che non meritavo.

Tradotto?

Donne bellissime e non ho capito come ci sono riuscito.

Non si fanno nomi.

Come dice Sgarbi: l’amore si vive, non si racconta; e poi due anni fa mi sono sposato.

Il suo incubo ricorrente?

La morte.

Ci pensa molto?

Sempre, e mi devo distrarre per non rifletterci; la morte non l’accetterò mai.

Nel 2018 è stato operato d’urgenza.

Di ernia, ma tempo fa ho subito pure la riduzione di prostata eppure avevo tenuto il catetere quaranta giorni proprio per evitare l’intervento. Ho anche uno stent.

Il suo personaggio letterario preferito.

Coelho. E l’ho intervistato; è un uomo saggio, come saggio è Richard Gere: con lui sono stato a cena; (cambia tono) fantastico pure Woody Allen, mi ha regalato i suoi occhiali.

Chi altro l’ha colpita?

Ugo Tognazzi: quando l’ho incontrato nel suo camerino, a un certo punto, si è messo a urlare contro la morte. Allora non capivo. Oggi sì; stessa storia con Vittorio Gassman: eravamo a Cortina, a un certo punto mi guarda: ‘Quanti anni hai?’ Quaranta. ‘Mi fai schifo’.

Il suo supereroe?

Tipo?

Batman, Hulk…

Rocky, l’ho visto più volte.

Gioca alla lotteria?

Non scommetto mai.

Neanche da giovane?

Da ragazzo qualche volta, ma appena vincevo ventimila lire, me ne andavo per il timore di perdere.

Va a messa?

Da piccolo ero chierichetto, buttavo l’incenso.

Oroscopo?

Non ci credo ma lo leggo.

Perché Flavio Cattaneo testimone di nozze?

Ho pochissimi amici e lui e Galliani sono tra questi; e poi loro, insieme a De Mita, hanno spinto per il matrimonio.

Era giunta l’ora.

Mi sono sposato tardi, così non ho problemi di separazione.

Uno schiaffo lo ha mai dato?

Credo di sì, però in un’altra vita, da giovincello.

Lei chi è?

Ancora lo devo scoprire; comunque non so chi sono ma un po’ mi piaccio.

 

 

(di Alessandro Ferrucci – Fonti: Il Fatto Quotidiano – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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