Teleradio-News ♥ qui mai spam o pubblicità molesta

'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

Teleradio-News ♥ qui mai spam o pubblicità molesta

speranza

La Lettera di Francesco sulla letteratura, un inno alla speranza

La Lettera del Papa sul ruolo della letteratura nella formazione ha evidenziato dinamiche che erano note ma non molto diffuse: l’impatto reale della lettura sull’umore e la constatazione che l’atto del leggere ha il potere di riprodurre empaticamente i movimenti e le azioni narrate.
Per questo la Lettera è ancora più importante: non riporta l’atto della lettura ad una dimensione solo culturale, ma lo immerge nella realtà complessiva – e complessa – dell’essere. E fa nomi di scrittori che ci possono essere di aiuto in questi giorni di vacanza o di permanenza a casa per motivi vari: dal lavoro alla difficoltà economica, alla cura dell’altro, come scrive il Papa, “nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti”.
Ad esempio ricorda come negli anni del suo insegnamento dovette concedere ai ragazzi la lettura in classe delle poesie di Garcìa Lorca piuttosto che l’epica del Cid. E Lorca, in effetti, ha avuto un momento di grande riscoperta proprio negli anni ’60, quando l’impegno politico aveva portato alla riscoperta del poeta di Fuente Vaqueros, ucciso dalle milizie franchiste durante la guerra civile spagnola. Oggi le sue poesie e le sue opere sono universalmente note e tradotte da molte case editrici.
Ma c’è un altro elemento che è giusto sottolineare: il Pontefice rivaluta la letteratura non immediatamente confessionale, anzi, porta l’esempio di San Paolo che “raccoglie i semi della poesia pagana”. Gli abissi della fede si intravedono spesso là dove penseresti esserci solo tenebre, perché è nella sofferenza – o nell’assenza di fede – che emerge la speranza: una rilettura dei grandi greci e latini, da Saffo a Orazio, potrebbe riservarci sorprese. Non è mancato chi, come il grande scrittore austriaco Hermann Broch, ha suggerito una lettura profetica del capolavoro di Virgilio, verso una dimensione cristiana: in “La morte di Virgilio” (Feltrinelli) la visione finale del grande poeta è quella del “pastore d’oriente” e “l’immagine del fanciullo in braccio alla madre”. Da brividi.
E anche quando il Papa si rifà alle sue conoscenze dirette, si spalanca un mondo in cui la ricerca di senso emerge non necessariamente in una dimensione confessionale: è il caso dell’argentino Jorge Luis Borges, che faceva della letteratura un ascolto di altre voci ma anche la possibilità di creare infiniti mondi, come accade in “Finzioni” (Adelphi) e in molte altre sue opere.
La Lettera poi cita Eliot, uno dei grandi del Novecento, che ha fatto riferimento alla “incapacità emotiva” dell’uomo moderno. La sua opera è talmente affascinante che si dovrebbero leggere sia la sua lirica d’amore – e di perplessità -, come lo splendido “Prufrock ed altre osservazioni”, sia quella della constatazione dell’immobilità senza scampo in una realtà senza Dio (“La terra desolata”) e poi quella della visione salvifica della figura mariana in “Mercoledì delle ceneri”: tutte e tre le raccolte sono presenti nell’edizione Mondadori curata da Roberto Sanesi.
E poi Proust, la cui immane opera, i sette volumi della “Ricerca del tempo perduto” (Einaudi), rappresenta il superamento del concetto materialistico di tempo come susseguirsi di segmenti tutti uguali in favore di una nuova concezione, mutuata dalla conoscenza personale del grande filosofo Henri Bergson: passato e presente convivono in noi attraverso la memoria. Consigliamo soprattutto la lettura dell’ultimo volume, “Il tempo ritrovato”, perché è la prova di come un Pontefice abbia colto il senso profondo della letteratura. Qui, infatti, emerge una salvezza che arriva quando non la attenderesti più. Un inno alla speranza, come nella Lettera: “Talvolta, nel momento in cui tutto sembra perduto, giunge il messaggio che può salvarci: abbiamo bussato a tutte le porte che non portavano a niente, e la sola per cui si può entrare, e che avremmo cercato invano per cento anni, la urtiamo senza saperlo, e si apre”.

The post La Lettera di Francesco sulla letteratura, un inno alla speranza first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Pellegrinaggi: Unitalsi Basilicata a Lourdes, “pellegrini di speranza”

“Siamo pellegrini di speranza”, sono le parole usate da mons. Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza, delegato dai vescovi delle diocesi lucane, per accompagnare, con il Treno Bianco, il XXXIV pellegrinaggio regionale a Lourdes organizzato dalla sezione lucana dell’Unitalsi in collaborazione con l’Amasil (Associazione mariana assistenza sollievo infermi lucania), tenutosi nei giorni scorsi. Le sue parole richiamano il tema del Giubileo 2025 e possono essere ricollegate alla meditazione annuale “Si venga qui in processione”, traducibile anche “Si venga qui in pellegrinaggio”, con cui si conclude un percorso pastorale triennale proposto dal Santuario di Lourdes, basato sull’invito rivolto dalla Vergine Immacolata a Santa Bernadette nel messaggio del 2 marzo 1858: “Andate a dire ai sacerdoti” (2022), “Che si costruisca qui una cappella” (2023) e “Si venga qui in processione” (2024).

Condivisione, solidarietà e servizio. Il pellegrinaggio, inserito nel cammino sinodale della Chiesa, è stato caratterizzato da spirito di condivisione, solidarietà e servizio, favorendo un clima di empatia e sostegno reciproco. I numerosi eventi in programma sono stati scanditi da intensi momenti di preghiera e attività comunitarie, che hanno contribuito a creare un’atmosfera densa di spiritualità, commozione e fraternità: la recita del Rosario con riflessioni di don Tonino Bello, animato dai giovani; i Passi di Bernadette, itinerario alla scoperta dei luoghi in cui visse la Santa; il passaggio alla Grotta di Massabielle; la processione e l’Adorazione Eucaristica nella basilica di S. Pio X; la processione aux Flambeaux, il tradizionale corteo di fiaccole lungo l’esplanade, la grande piazza antistante la basilica del Rosario; la Via Crucis sulla collina delle Spelonche; il Gesto dell’acqua, che richiama il rinnovo delle promesse battesimali; l’unzione degli ammalati con oli profumati procurati in Terra Santa. Durante la messa conclusiva, sono state presentate all’altare le intenzioni di preghiera provenienti da tutta la Basilicata.

Preghiera per la Basilicata. In particolare, si è pregato per la Regione, per un maggiore impegno delle autorità civili nel favorirne il progresso culturale, sociale ed economico, per le sei diocesi lucane, per la pace nel mondo, per tutti gli ammalati e i volontari unitalsiani. Questi ultimi, con impegno, dedizione, grande disponibilità e totale gratuità hanno lavorato incessantemente e instancabilmente per rendere l’esperienza del pellegrinaggio accessibile e confortevole per tutti, garantendo assistenza e cura e mostrandosi sempre sorridenti, anche dinanzi alle difficoltà e agli imprevisti riscontrati nel lungo e faticoso viaggio.

Una città che si muove. “Il treno è come una città che si muove – ha spiegato Emilio, seminarista e membro dell’equipe della direzione sezionale del pellegrinaggio -. È composto da 13 vetture, comprendenti anche un magazzino, una cucina, una cappella, una sala radio e il barellato per il trasporto degli ammalati più gravi”. Inoltre, ha sottolineato la complessità gestionale e organizzativa del viaggio e del soggiorno nel Salus Infirmorum, struttura destinata all’ accoglienza degli ammalati al loro arrivo.

“Lourdes è per noi una casa, un luogo in cui ricaricarsi e riscoprire la bellezza di stare con gli ammalati”

ha affermato Rocco Corrado, presidente della sezione lucana dell’Unitalsi, “ascoltare i racconti delle loro sofferenze, consapevoli di non avere sempre delle soluzioni”. “Ci accostiamo a loro con un cuore colmo di carità – ha continuato – sperando di offrire conforto, sollievo e gioia, ma riceviamo molto di più”. Il pellegrinaggio è terminato con un piccolo momento di festa che è stato allietato da musica e danze, contribuendo a rafforzare il legame fra ammalati, volontari, giovani e pellegrini delle diverse sottosezioni lucane. “Penso sia comune per molti unitalsiani considerare Lourdes un ‘piccolo paradiso’ – ha confidato Rocco, ragazzo disabile, referente dei giovani della sottosezione di Tursi-Lagonegro – un angolo di mondo in cui gli ammalati ritrovano il sorriso e la serenità e dove tutto va come dovrebbe”.

“Alla Madonna affido coloro che si raccomandano alle mie preghiere – ha concluso – e non chiedo mai il miracolo per me stesso, perché il vero miracolo è che ‘mai nessuno torna a casa uguale a prima di partire’, come recita l’inno dell’Unitalsi”.

The post Pellegrinaggi: Unitalsi Basilicata a Lourdes, “pellegrini di speranza” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Strasburgo: plebiscito per Metsola. “L’Europa è speranza”

(Strasburgo) “Un Parlamento forte in un’Europa forte”. È l’auspicio espresso da Roberta Metsola, rieletta con un plebiscito alla presidenza dell’Europarlamento. La deputata maltese, appartenente al gruppo dei Popolari, ha ottenuto 562 voti su 623 voti validi (699 votanti, 76 bianche e nulle). 61 voti sono andati all’altra candidata Irene Montero, esponente della sinistra.

“Maggioranza Roberta”? Appena eletta, Metsola tiene nell’emiciclo di Strasburgo un discorso “ecumenico”, facendo eco alla vasta maggioranza che l’ha votata. Metsola poteva infatti contare sul sostegno dei popolari (188 seggi), dei socialdemocratici (136) e dei liberali di Renew (77), cui si sono aggiunti i verdi (53 voti). Sommati, questi quattro gruppi arrivano a 454 eurodeputati: il che conferma come Metsola abbia pescato preferenze in un’area politica ben più ampia, coinvolgendo esponenti dei conservatori e dei deputati non iscritti. Il voto segreto non consente di andare oltre, ma si può forse affermare che questa “maggioranza Roberta”, pro-europea, suona bene per il voto di giovedì, quando l’aula dovrà dare la fiducia a Ursula von der Leyen per la presidenza della Commissione.


Democrazia, diritti sociali. Metsola affronta i diversi temi all’ordine del giorno a livello Ue: le riforme istituzionali (chiedendo per l’Europarlamento il potere di iniziativa legislativa, che invece oggi spetta alla Commissione), il sostegno – anche militare – all’Ucraina, la difesa della democrazia (“non possiamo mai darla per scontata”) e dello stato di diritto. Ricorda il doveroso impegno dell’Unione europea per la difesa della pace (anche in Medio Oriente) e dei diritti sociali, la promozione di opportunità per i giovani, un’economia di libero mercato sostenibile sul versante ambientale. Segnala il problema dei costi della casa, la necessità di investire su formazione e ricerca e di affrontare la rivoluzione digitale. Parla di pensioni e stipendi adeguati. Sulle migrazioni sembra affidarsi al modesto Patto recentemente siglato in sede Ue, rimarcando poi la strada di una non ben definita “politica migratoria antropocentrica”.

Padri e madri dell’Europa. Numerose le citazioni. La prima per il predecessore David Sassoli, il quale “aveva messo al primo posto la dignità delle persone”. Poi i padri fondatori, Papa Wojtyla, Simone Veil (prima donna presidente dell’Europarlamento nel 1979). “La nostra – dice – deve essere un’Europa di cui Adenauer, Mitterand, Wałęsa, Fenech Adami, Havel, Falcone, Borsellino sarebbero orgogliosi”. Ad Alcide De Gasperi riserva un passaggio in italiano: “La tendenza all’essere uniti è una delle costanti della storia. Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro; che l’Europa rimanga l’argomento del giorno”. Si sofferma a lungo sull’impegno a contrastare la violenza contro le donne, assicurando parità di genere in ogni ambito della vita. E prende come esempi Marie Skłodowska-Curie, Yulia Navalnaja, Daphne Caruana Galizia.


Storia e speranza. Il discorso di insediamento passa dai toni aulici ad argomenti concreti, con “interventi legislativi improntati – sottolinea – al bene comune”. “Insieme dobbiamo difendere la politica della speranza, il sogno che è l’Europa. […] La nostra deve essere un’Europa che ricorda. Cioè impara dalle lotte del passato e riconosce la lotta di tanti che hanno difeso gli ideali che a volte diamo per scontati”. “La nostra Europa deve essere un’Europa che onora la nostra storia comune. E non c’è posto migliore che qui a Strasburgo, nella sede del Parlamento europeo, in questo simbolo vivente di riconciliazione, per ricordare il passato e costruire il futuro”.

Unità nella diversità. La presidente punta l’indice verso la “polarizzazione nelle nostre società”, arrivando a “politiche conflittuali, persino alla violenza politica”. Denuncia il populismo delle “risposte facili” e chi divide in “noi” e “loro”. “Ciò fomenta rabbia e odio piuttosto che costruire la speranza”. Afferma l’impegno ad “essere davvero tutti uguali in Europa”, non per omologare le persone e i territori, ma per offrire “a ogni persona la stessa possibilità di realizzare il proprio potenziale. È l’uguaglianza di opportunità che riconosce la nostra differenza” storica, culturale, linguistica. L’Europa “unita nella diversità”.

“Troppe donne…”. Definisce – in chiave programmatica – i connotati e le decisioni conseguenti per una “Europa migliore di come l’abbiamo trovata”: investire nella sicurezza e nella difesa, rafforzare mercato unico e competitività, completare l’unione bancaria e dei mercati dei capitali, sostenere l’industria e il commercio, ridurre la burocrazia, realizzare il “pilastro sociale”. Ma non trascura l’urgenza di “rimuovere tutte le barriere che impediscono alle persone con disabilità nella nostra Unione di avere le stesse possibilità nella vita di chiunque altro”, di “combattere la discriminazione e arginare il crescente antisemitismo o islamofobia”. Denuncia: “Troppe donne vengono ancora maltrattate, picchiate, uccise nella nostra Europa. Troppe donne lottano ancora per i diritti. Troppe donne guadagnano ancora meno degli uomini per lo stesso lavoro. Troppe donne hanno paura. Questa deve diventare anche la loro Europa”.

“Non avere paura”. Quindi torna all’Ucraina (“difendere pace e libertà”), al Medio Oriente (stop alla violenza, rilasciare gli ostaggi, soluzione “due popoli, due Stati”), a Cipro per metà occupata dall’esercito turco. Lo sguardo si alza al mondo, ai conflitti in corso, alle ingiustizie. “Per rinnovare il nostro impegno per l’Europa dobbiamo – secondo le parole del grande santo europeo di Cracovia, Karol Wojtyła – ‘non avere paura’. Nessuna paura di affrontare gli autocrati, di difendere l’Europa, di costruire un’Unione che funzioni per tutti noi”. Infine uno sguardo alle “nuove generazioni di europei”, ossia al futuro, “perché – torna a dire tra gli applausi dell’aula – l’Europa è speranza”.

The post Strasburgo: plebiscito per Metsola. “L’Europa è speranza” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Settimana sociale. Nerozzi (Comitato scientifico): “In Italia manca speranza ma non il desiderio di testimoni, unità, cura per il bene comune”

“In questo momento in Italia c’è sicuramente un grande disorientamento su quello che la politica fa; c’è una conflittualità che è ritenuta eccessiva e di fronte a volte alle schermaglie tra i partiti e tra i leader, i cittadini si rifugiano nel proprio privato perché non vedono la speranza. Ma questa mancanza di speranza non ci deve confondere; non dobbiamo pensare che i cittadini non desiderino più partecipare o non desiderino più un’offerta politica ricca. Evidentemente c’è il desiderio di testimoni, di unità, di cura per il bene comune che forse ancora oggi manca. Far crescere questa sensibilità anche tra chi già si impegna in politica è un modo per fare un servizio al Paese”. Così Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici in Italia, sintetizza al Sir il contributo offerto dalla 50ª edizione svoltasi a Trieste dal 3 al 7 luglio.

Professore, in questi giorni intensi qual è stata la qualità della partecipazione?
È stata alta. Innanzitutto grazie al fatto che le persone si sono lasciate molto coinvolgere e a un certo punto hanno anche trovato il loro percorso personale attraverso i tanti momenti che venivano offerti. E poi perché il clima che si è respirato fin da subito è stato molto buono, nonostante il programma intenso e le tante cose da fare. Poi ha pesato moltissimo il fatto che la città sia stata sostanzialmente tappezzata a festa e disseminata di stand delle buone pratiche: tutto questo ha concretamente dato l’idea di

una Settimana sociale che non si è svolta solo all’interno di una struttura dedicata ma anche per le vie e nelle piazze della città. Questo ha permesso alle persone di toccare con mano cosa vuol dire fare partecipazione, cosa vuol dire fare cittadinanza attiva.

Cosa l’ha sorpresa
La voglia di incontrarsi dei partecipanti, il grande lavoro che hanno fatto i volontari soprattutto per accogliere i delegati con molta gentilezza, molta proattività: questo è stato subito notato e ha dato ritmo e tono all’esperienza. Poi l’interesse per le splendide buone pratiche che sono state selezionate in questi mesi tra le tante proposte che ci sono arrivate e che veramente danno l’idea di che cosa vuol dire fare partecipazione nei territori, in ambiti specifici come l’agricoltura o l’economia civile, nei Comuni, nelle aree interne… Queste forme di partecipazione così variegata ci restituiscono un grande ventaglio su quello che potremmo fare anche nei prossimi mesi.

Quale il dato acquisito dalla preparazione e celebrazione della 50ª Settimana sociale? Cosa non potrà essere più come prima (modalità, percorso…) dopo Trieste?
Abbiamo capito che

è importante fare rete, perché ogni esperienza – per quanto abbia un suo carisma, una sua forza, una sua platea di riferimento – per arricchirsi, per crescere, per essere sostenibile nel tempo ha bisogno di allacciarsi agli altri, trovare sinergie e collaborazioni.

Certo, è un equilibrio sempre un po’ difficile quello tra il collaborare con altri e il coltivare il proprio gruppo, la propria attività; però non è possibile scegliere uno dei due estremi.

Fare rete è sicuramente una delle risorse, non un problema.

Un altro elemento fondamentale è stato quello della leadership e della followership:

le persone, anche quelle che non hanno un ruolo di guida, devono essere coinvolte, avere la possibilità di mettere in gioco i propri talenti, la propria visione e prospettiva. Occorre che si sviluppi un dialogo che è fondato innanzitutto sulla capacità di ascoltare; e i primi a dove ascoltare sono proprio i leader, a tutti i livelli, dalle piccole associazioni fino ai massimi livelli che ogni giorno sono agiti e rappresentati sui grandi media.

Con che consapevolezza si riparte da Trieste?
Certamente con quella che

è possibile lavorare sui territori come abbiamo lavorato qui.

Riprendendo qualche idea e offrendola da Trieste al territorio, perché anche le diocesi, le associazioni, le buone pratiche nel proprio contesto portino uno spirito che è quello del coinvolgimento, dell’apertura a tutti i cittadini, della proposta di modalità nuove di incontrarsi. La Settimana sociale non è solo una vetrina, un convegno pubblico, ma anche un modo per costruire rete e collaborazioni. Lungo tutto il percorso abbiamo dimostrato che

è possibile e decisivo ascoltarsi, al di là delle proprie storie personali, cercare punti d’incontro affinché la condivisione dei contenuti diventi un nuovo contenuto che appartiene a tutti. Questo tipo di interazione può essere riproposta anche nei territori.

Questi giorni a Trieste non sono terminati con delle conclusioni ma con alcuni piste di lavoro specifiche, offerte dal Comitato scientifico e organizzatore, che le diocesi potranno vivere nel processo di ricaduta almeno per tutto il prossimo anno pastorale, fino a maggio 2025. Stiamo entrando nel grande Giubileo e stiamo vivendo anche una fase importante del cammino sinodale: questi appuntamenti si intrecciano con la Settimana sociale, è un modo per vivere nelle Chiese locali l’impegno ecclesiale ad essere comunità che partecipano.

Che messaggio Trieste consegna alla società italiana
Alla Settimana sociale hanno partecipato, come sempre, persone che sono cittadini. E la Chiesa non può non essere in uscita. Le comunità cristiane sono punti di riferimento nei territori per tutti, non solo per i cristiani; sono luoghi d’incontro. Vogliamo vivere più consapevolmente la dimensione di apertura, diventando sempre più una comunità accogliente, che essendo presente nei territori si fa carico dei bisogni, delle aspettative e cerca anche di valorizzare le risorse che sono sparse nei territori.

Vogliamo essere una Chiesa sempre in dialogo che, nello spirito della lettera “A Diogneto”, vive nella città e fa vivere la città, assorbe anche dalla città quello che la città propone e può offrire in termini di risorse, riflessioni e competenze.

Il dialogo tra civile ed ecclesiale continuerà sicuramente, ogni stagione ha i suoi strumenti: quelli che stiamo cercando di mettere in campo sono un modo per parlare a tutti i cittadini, non solo ai cattolici.

The post Settimana sociale. Nerozzi (Comitato scientifico): “In Italia manca speranza ma non il desiderio di testimoni, unità, cura per il bene comune” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Ucraina. Le mogli dei difensori dell’Azovstal dal Papa: “È la nostra ultima speranza”

L’appuntamento è in piazza San Pietro. È qui che una piccola delegazione di mogli, madri e fidanzate dei “difensori” dell’Azovstal ha potuto incontrare e parlare con Papa Francesco durante l’udienza di mercoledì 26 giugno. Sono più di due anni, che non hanno notizie dei loro cari. Non sanno come stanno. Non hanno mai ricevuto chiamate o lettere. Ma hanno la certezza che sono ancora vivi. Li hanno visti in tv, sui canali russi, mentre erano sotto processo. Purtroppo, è proprio questo il cuore del problema. Su questi ragazzi pesano sentenze, arbitrarie, di tribunali russi che impedisce loro di entrare nelle “liste” stilate per gli scambi dei prigionieri. “Il Papa è la nostra ultima speranza”, dice Vialietta Shovkova. “Non sappiamo più cosa fare per portare a casa i nostri cari. Solo un’amnistia o un indulto potrebbero salvarli ma dovrebbe essere Putin a prendere questa decisione. Non lo farà mai”.

La bandiera ucraina dei difensori dell’Azovstal (foto Biagioni/Sir)

Vialietta Shovkova ha solo 23 anni. È moglie del sergente Oleksii Bura-Shovkovy, anche lui fra le fila del battaglione Azov quando è stato sequestrato. Un tribunale russo lo ha condannato all’ergastolo il 22 febbraio scorso. Oleksii ha un tumore benigno alla testa che necessita di essere controllato almeno ogni tre/quattro mesi. Al Papa la piccola delegazione ha potuto raccontare la storia di questi ragazzi e consegnare una lista di 101 soldati che non solo si trovano nelle prigioni russe ma hanno anche subito una condanna. Alla Didenko ha 29 anni. Il suo fidanzato il sergente Oleksiy Zhernovsky, è stato condannato a 28 anni di prigione. L’ultimo contatto con lui, è un messaggio ricevuto l’11 aprile 2022: “Sono vivo. Ferito ma vivo”. “Abbiamo chiesto al Papa di aiutarci a ripotarli a casa. Sappiamo che le condizioni nelle prigioni russe sono critiche. Siamo preoccupate soprattutto per la loro incolumità e salute”. Le donne mostrano le foto dei prigionieri tornati a casa. Sono scioccanti. Corpi pelle ed ossa. Facce emaciate. Occhi scavati. Il confronto con le foto scattate prima della prigionia mostra volti completamente diversi. Si fa fatica a riconoscerli. Vengono alla mente le immagini che siamo abituati a vedere sui libri di storia o nei memoriali delle atrocità commesse in tutte le guerre.

Foto dei prigionieri ucraini detenuti in Russia tornati a casa

È Tamara Koryagina a tradurre dall’inglese. D’altronde, prima della guerra faceva questa professione. L’aggressione russa ha travolto le vite di queste donne. Tamara è la moglie del soldato esperto Serhiy Mykhaylenko, anche lui della Brigata Azov. E anche su di lui pende una condanna all’ergastolo. Tamara ricorda l’ultima volta che lo ha sentito. È stato nel marzo 2022. Non erano nemmeno riusciti a parlare, per quanto fossero travolti dalle lacrime. Ricorda però le sue parole. Si trovava a Mariupol e le disse: “non ti preoccupare. Sto con i migliori”. Non è andata cosi. Secondo le ultime informazioni, Serhiy si trova in Siberia, nella colonia penale, uno delle più dure, dove è stato detenuto anche Alexeij Navalny.

Tetyana Vyshniak è una mamma. Suo figlio, il sergente Artem Vyshniak, è stato condannato a 22 anni di prigione, “contro la Convenzione di Ginevra”, ripete più volte. Mentre era impegnato sul fronte, raramente poteva mettersi in contatto con lui. Ogni volta però che ci riuscivano, Artem diceva di stare bene e durante l’assalto di Mariupol, le aveva detto: “resisteremo fino alla fine così tutti vedranno e sapranno come si ama e si difende la propria madre terra”. “È vivo”, dice con sicurezza Tetyana. Anche lei ha visto suo figlio in tv. Fa fatica a parlare e a trattenere le lacrime. “Sono una madre che non sa più nulla di suo figlio. Per capire cosa provo, cercate di mettervi nella mia situazione. La nostra speranza è il Papa. È l’unica persona che ci può aiutare”.

The post Ucraina. Le mogli dei difensori dell’Azovstal dal Papa: “È la nostra ultima speranza” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Settimana Sociale a Trieste. Mons. Renna: “I cattolici diano speranza all’Italia, per la riforma costituzionale serve ampia partecipazione”

“I cattolici in Italia sono chiamati a dare speranza al Paese”. A pochi giorni dall’apertura della 50ª Settimana Sociale, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio, parla l’arcivescovo di Catania e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, mons. Luigi Renna.

Democrazia e partecipazione saranno al centro della 50ª Settimana Sociale di Trieste.
È un tema decisivo. In questi due anni di preparazione, il Comitato si è confrontato con gli esperti e con la Presidenza e la Segreteria generale della Cei per cogliere le urgenze del momento. E credo che la scelta sia stata profetica. Basti pensare all’astensionismo registrato nelle ultime elezioni europee o all’emergere di populismi e nazionalismi rispetto ai quali la Fratelli tutti ci mette in guardia. Siamo stati guidati dall’attenzione a una delle grandi questioni sociali di oggi, ovvero la partecipazione alla vita democratica, ma anche dalla Dottrina sociale della Chiesa con l’enciclica di Papa Francesco.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

A pochi giorni dall’appuntamento di Trieste che clima si respira, a suo avviso, nel Paese, anche alla luce delle recenti elezioni sia in Europa che in Italia 
C’è preoccupazione, perché il bene da tutelare non è privato ma comune. E il bene comune, ricordiamo la definizione che ne dà Gaudium et spes, è la possibilità data ai singoli e alla comunità di raggiungere il proprio fine. E sia singoli che comunità non possono essere circoscritti a una nazione perché, in un mondo globalizzato, quando parliamo di economia parliamo di diritti. Allora è importante avere uno sguardo lungimirante, che sia attento alle dinamiche democratiche, alle grandi questioni che riguardano l’inclusione. La Settimana Sociale, da questa edizione, non è più dei cattolici italiani ma dei cattolici in Italia. Migliaia di persone, provenienti dall’Europa e dal resto del mondo, vivono nel nostro Paese e danno il loro contributo alla costruzione del bene comune. Molti di essi sono cattolici, altri di diversa religione. Ma noi vogliamo parlare a tutti.

La questione democratica coinvolge il dibattito politico anche in Italia. Si è discusso molto, ad esempio, della riforma dell’autonomia differenziata da poco approvata.
I vescovi non hanno il compito di votare in Parlamento o di fornire indicazioni di partito ma quello di formare le coscienze. Nel momento in cui parlano ai cattolici e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, però, pongono l’attenzione su questioni che riguardano tutti. E quando i vescovi hanno messo in evidenza i pericoli legati ad alcuni punti critici della legge sull’autonomia differenziata, da una parte hanno rappresentato l’episcopato, dall’altra hanno dato voce alle tante persone che ponevano l’attenzione sulle possibili ricadute che questa legge poteva avere in alcuni settori della vita pubblica e sociale del Paese.

Il Parlamento sarà chiamato anche a confrontarsi con una riforma costituzionale, quella del premierato.
La Riforma costituzionale deve poter contare su un’ampia partecipazione. È una situazione che oggi potrebbe essere favorevole ad alcune maggioranze, domani ad altre. Ed è fondamentale che su questioni così importanti ci si dia tempo di riflessione e spazio di confronto. La democrazia deve tenere conto anche degli avversari politici, che non sono nemici del bene comune.

Una politica, dunque, che non deve avere paura del confronto?
La democrazia ha bisogno di una visione della persona e dello Stato. Quando si parla di persona ci si riferisce a ciascun uomo con i propri diritti. La solidarietà, l’inclusione, la sussidiarietà e la libertà devono essere garantiti. Le procedure politiche devono rispondere al principio di democrazia e di larga partecipazione, che contrastano con una visione e una concezione delle procedure personale. Si può avere maggiore efficienza, ma questa non può essere ottenuta a discapito della democrazia e della partecipazione. Per questo, a mio avviso, è necessario un dialogo aperto tra cattolici di schieramenti diversi.

Cosa si aspetta da Trieste?
Che sia messo da parte il clima di rassegnazione, che tante volte ci porta alla conta dei numeri e a uno sguardo nostalgico del passato. I cattolici in Italia si rendano conto che sono chiamati a dare speranza al Paese, perché sono già presenti dove si amministra e si costruisce il bene comune. Hanno bisogno di dialogare maggiormente, perché il dialogo tante volte manca, e di essere meno prigionieri delle visioni politiche, ricordando che c’è qualcosa di più grande che ci unisce.

Quali saranno i momenti chiave della Settimana Sociale?
La Settimana Sociale sarà caratterizzata dalle piazze della democrazia, luoghi in cui si farà discernimento su alcune questioni che riguardano tutti. Questo discernimento è l’applicazione dei tre passaggi che caratterizzano la dottrina sociale della Chiesa: vedere, giudicare e agire.

The post Settimana Sociale a Trieste. Mons. Renna: “I cattolici diano speranza all’Italia, per la riforma costituzionale serve ampia partecipazione” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Elezioni europee. Mons. Hérouard (Francia): “Ad un’Europa nella morsa della paura risuoni un messaggio di speranza”

“Oggi c’è molta paura e ansia ed è quello che è emerso nel voto europeo. Per questo, i cristiani sono chiamati ad essere portatori di speranza. In un mondo in cui molte persone sono pessimiste e tristi perché non vedono vie d’uscita ai problemi, noi dobbiamo essere uomini e donne di speranza, non per dire che va tutto bene e che niente è grave, ma per dire che esiste uno sguardo più ampio”.

Foto Sir

È mons. Antoine Hérouard, arcivescovo di Digione e vicepresidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), ad analizzare il voto europeo e le conseguenze che ha avuto nel suo Paese con la vittoria schiacciante dei partiti di destra e la decisione del presidente Macron di sciogliere l’Assemblea Nazionale e andare ad elezioni anticipate. Lo abbiamo intervistato a Roma, dove insieme alla presidenza della Comece sta partecipando ad una serie di incontri in Vaticano e con papa Francesco. “I risultati delle elezioni europee in Francia – dice subito – purtroppo non sono stati una sorpresa. Sono stati annunciati da tutti i sondaggi approssimativamente in questa proporzione”. “Credo siano il segno di un profondo disagio. Sebbene siano state fortemente centrate sulle questioni nazionali, c’è stato indubbiamente anche un giudizio abbastanza negativo nei confronti dell’Unione europea vista come un’entità distante, che si fatica a capire, troppo tecnocratica, che si concentra su molti dettagli ma non fornisce alle persone ciò che pensano di dover ricevere”.

Ma era proprio necessario andare ad elezioni anticipate?

Molti hanno criticato questa decisione dicendo che in questo modo il presidente ha messo il Paese in una situazione molto difficile. Ci stiamo avviando verso il periodo estivo e soprattutto verso i Giochi Olimpici di Parigi, che sono un appuntamento molto importante per il Paese. La scadenza inoltre è molto breve. Il termine è ovviamente previsto dalla Costituzione ma i partiti hanno poco tempo per definire il programma, scegliere il candidato. Insomma, si ha l’impressione che sia tutto un po’ affrettato e che le persone siano un po’ perse. Allo stesso tempo, va detto che dopo la sua rielezione nel 2022, il presidente Macron ha avuto una crescente difficoltà a governare il Paese, a causa del fatto che non esisteva una maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale. Il governo ha dovuto così fare un ricorso massiccio all’articolo 49, comma 3 della Costituzione che consente al governo di approvare un testo anche se non ha la maggioranza. Ciò è avvenuto anche per le votazioni sul bilancio e poi per un certo numero di leggi emblematiche come la riforma delle pensioni. Il presidente ha dunque pensato che era meglio prendere l’iniziativa e avviare il processo per le elezioni legislative.

Incontro della Presidenza Comece con la Segreteria di Stato (dal profilo X della Comece)

Questa situazione in Francia, l’abbiamo vista anche in altri Paesi d’Europa, vale a dire la vittoria dei partiti populisti o di estrema destra. Come legge questo dato dal punto di vista europeo?

Penso che la lettura a livello europeo sia più sfumata. Questa vittoria dei partiti di estrema destra è vera ma si è registrata in alcuni Paesi e non è così diffusa. Anzi, in alcuni Paesi abbiamo assistito addirittura ad un calo. Si è però creata una situazione alquanto paradossale: i Paesi in cui questi partiti di estrema destra o populisti hanno ottenuto il loro miglior risultato sono i Paesi fondatori dell’Unione europea. Penso ovviamente alla Francia. Ma penso anche alla Germania, al Belgio e anche all’Italia con il partito del presidente Meloni. Al contrario, nei Paesi dell’Est europeo, che in passato sono stati sensibili ai partiti di destra, si è registrato una sorta di riflusso. Anche in Ungheria dove Orban resta in testa ma il suo partito ha perso quasi 20 punti. O in Slovacchia dove il premier – nonostante l’attentato di cui è stato vittima, che avrebbe potuto portare un certo numero di elettori a sostenerlo – ha perso nei confronti di partiti più europei. E la stessa cosa in Romania. Sono Paesi arrivati ​​nell’Unione recentemente e si trovano più vicini all’Ucraina e alla guerra russa in Ucraina. L’Unione europea è evidentemente vista come fattore di protezione del loro futuro.

Presidenza della Comece con il card. Pietro Parolin (dal profilo X della Comece)

Alla luce di questi risultati, quali sono le sfide che il Parlamento europeo dovrà affrontare?

Anche se alla fine i principali equilibri del Parlamento europeo non cambieranno, occorre assolutamente mettersi in ascolto del messaggio che è emerso dagli elettori e soprattutto dalla parte più critica, da chi non ha più chiaro quanto sia importante l’Unione europea e come influisce concretamente sulla vita delle persone. L’Europa inoltre si confronta sempre più spesso e in maniera determinante con il resto del mondo. Penso alle questioni economiche, commerciali e di competizione rispetto ai grandi Paesi leader come Stati Uniti e Cina. Penso alle questioni di difesa e al tema importante e molto delicato della migrazione. Sta emergendo la percezione del fatto che le soluzioni non debbano essere cercate solo sul piano nazionale ma che spesso richiedano un livello europeo. Questa percezione sta progredendo e penso che sia una buona cosa.

E le Chiese, che ruolo hanno?

La Chiesa è impegnata nella costruzione europea e lo è sempre stata, fin dall’inizio. È un progetto al quale aderiamo. Ci crediamo e soprattutto perché è innanzitutto un progetto di pace. Non dobbiamo dimenticare che l’Unione europea è nata dalla riconciliazione franco-tedesca alla fine della Seconda guerra mondiale affinché i conflitti non possano essere risolti con la guerra. È ancora questo il ruolo principale dell’Unione europea, in un momento in cui oggi i conflitti sono purtroppo alle nostre porte con la guerra in Ucraina e, in un certo senso, con la guerra in Israele e a Gaza. Crescono le tensioni e le divisioni. Le nostre società sono attraversate da discorsi di odio, di incomprensione, di giudizio definitivo sugli uni sugli altri. I cristiani dovranno sempre più dare prova di essere persone capaci di dialogare anche laddove non si hanno le stesse opinione, costruttori di ponti che accolgono e non rifiutano, artigiani di pace.

The post Elezioni europee. Mons. Hérouard (Francia): “Ad un’Europa nella morsa della paura risuoni un messaggio di speranza” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Caserta. ‘Parole di speranza e amore per la martoriata città di un attivista, padre, nonno e cittadino preoccupato

This image has been resized with Reshade. To find out more visit reshade.com

Parole di speranza e amore per la ns martoriata città di Caserta nella seguente lettera aperta a: Egregio Sig Sindaco
Avv.to Carlo Marino.

La sua sua città, la ns città, non merita quanto sta accadendo in queste giorni , in queste ore sul piano etico, economico, politico e sociale.

Importanti ruoli Tecnici, Amministrativi e Politici (lavori Pubblici – Dirigenza Tecnica Urbanistica -Suo vice e alcuni dipendenti) che l’hanno supportato e coadiuvato, nella gestione quotidiana, funzionale e strutturale del vivere comune, sono, ora, interessati e travolti dall’attuale “Tsunami Giudiziario“.

Le Tematiche finalizzate ad una “Futura città sostenibile, di ricerca e della salute”, come il Macrico, il definendo Policlinico di Caserta, i Cantieri aperti invadenti la città, e quelli recintati e fermi, le buche, le piste ciclabili, le piazze abbandonate e il verde tascurato- non avevano bisogno di questi fatti amari e deludenti, molto deludenti, latenti e offensivi verso chi si adopera con onestà, impegno propositivo e progettuale, speranza, legalità e difficoltà di sopravvivenza come tanta parte della sua Giunta, del C.C.,della Curia, dell’I.D.S.C., Fondazione“Casa Fratelli Tutti”, Rettorato, Scuola, Sanità e l’Economia sana, cittadini, lavoratori e pensionati, uomini e donne, giovani e bambini.

Ora, Lei, vuole assicurare normalità,ordinarietà e continuità nella gestione della vita comune-nonostante quanto stia invadendo la Sua città, la ns città.

Lei ha fiducia nell‘Operato lodevole, meritevole, della Magistratura, garanzia di legalità e trasparenza e la sua città, la ns città ne attenderà i risvolti con seranza di nessun alltra verità.

Lei vorrà sostenere un onere che potrebbe non consentirLe resistenza, mentre cosa buona e giusta è stata la coraggiosa scelta civica dell’Assessore alla Transizione Ecologica di rinunciare alla Delega, perchè comprenda in serenità il contesto di illegalità.

Lei pensa ad una Idea di rigenerazione globale o di affidare la città a chi la ama, con la sua abnegazione quotidiana- Non saprei – non un rimpasto di ciò che resta ma a nuove Energie;

Prenda il suo tempo, con pazienza e amore, ma poi, per favore, decida in modo giusto perché la Sua Città, la ns città, merita più rispetto, amore, onestà, legalità, intelligenza e concretezza.

Grazie Sig Sindaco e buon lavoro.

(Dr Mario Cozzolinoattivista, padre, nonno e cittadino preoccupato – Lettera Aperta – Archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Regno Unito: il caso di baby Elsa. Una lezione di coraggio, di speranza e di fiducia

Elsa non è solo il nome della regina di Arendelle nel film fantasy d’animazione Frozen, prodotto dalla Walt Disney. Elsa è anche il nome dato dai media e dalla polizia alla terza figlia di una madre e di un padre sconosciuti che hanno lasciato la neonata e, prima ancora, rispettivamente nel 2017 e nel 2019, la sua sorellina (Roman) e il suo fratellino (Harry), appena nati, nella stessa strada, a Newham, a est di Londra. È l’esame del Dna dei tre bambini che ha svelato la loro stretta familiarità.

“Baby Elsa” – come i suoi fratellini: il cordone ombelicale ancora attaccato, un asciugamano che avvolge accuratamente la neonata deposta all’interno di una borsa – è stata trovata da un passante che portava a spasso il cane. Come i suoi fratellini, data in adozione perché anche Elsa, Roman e Harry hanno comunque diritto ad avere un padre e una madre, a vivere nell’accoglienza di una famiglia. Il caso ha scosso e commosso l’opinione pubblica britannica, sciogliendo il “british aplomb” che notoriamente, almeno nella vulgata, caratterizza gli inglesi. Si tratta di una storia di “grande interesse collettivo”, è stato detto, scritto e ripetuto.

Accoglienza, dunque, e non indifferenza.

Il fatto è accaduto a gennaio, ma la notizia è stata diffusa in questi giorni, facendo il giro del mondo. La contagiosa commozione ha sollecitato la riflessione sui problemi familiari, sul disagio sociale, sulle disuguaglianze che affliggono il Paese e la capitale. C’è tuttavia in questa vicenda la spinta verso un livello più profondo di riflessione. Il fatto che “baby Elsa” sia stata fatta nascere è la prima cosa di cui gioire e su cui meditare. In Inghilterra infatti, l’aborto è legale dal 1967 ed è ormai, purtroppo, parte di un sistema sanitario e di una mentalità accettata indiscutibilmente. Se la mamma di Elsa avesse voluto abortire, non avrebbe trovato nessun impedimento. Invece, la mamma di Elsa, andando controcorrente, ha fatto un’altra scelta preferendo dare alla luce la sua bimba dopo averla cullata in seno per nove mesi, restando mamma fino in fondo, nonostante chissà quali e quanto gravi difficoltà che non conosciamo. Già questa è la prova di quel coraggio femminile che sa imporsi quando in gioco è la vita dei propri figli. Non solo, ma il gesto di deporre Elsa ben custodita in una strada frequentata, dice che nel cuore di chi l’ha lasciata lì c’erano la speranza e la fiducia che qualcuno se ne prendesse cura, come in effetti è accaduto. E quel “qualcuno” sono stati tanti, una comunità. Una comunità che di fronte a quella piccolina si è commossa e mobilitata per darle una famiglia. Forse non ci sono “culle per la vita” a Londra, ma certo quella borsa aperta, affinché Elsa potesse essere vista, fa pensare a una culla artigianale. Non abbandono, dunque, ma affidamento, fiducia, perché ogni bambino, che sia nato o che non lo sia ancora, merita il meglio da parte della società.

La stampa ha dato molto risalto alla commozione, in linea con una certa tendenza a fare delle emozioni il criterio della bontà dei fatti. Tuttavia, nel caso di “baby Elsa” quella commozione contiene qualcosa in più e di più profondo rispetto al semplice “fattore emotivo” e non coincide necessariamente con esso.

Per quanto riguarda i genitori di Elsa, la commozione significa vicinanza, abbraccio. Chissà se nelle difficoltà hanno trovato un aiuto, chissà con quali problemi hanno dovuto fare i conti, chissà in quale stato di miseria – non solo economica – e fragilità si sono trovati… Ma è certo su tutto hanno fatto prevalere la vita della loro bambina e la fiducia negli altri che l’avrebbero accolta.

Grazie, mamma e babbo di Elsa, per questa lezione di coraggio, di speranza e di fiducia.

Per quanto riguarda Elsa, la commozione coincide con la contemplazione del miracolo della vita, è il sobbalzo della consapevolezza che Elsa è una di noi, membro prezioso della famiglia umana, unica, irripetibile, un pezzo davvero unico nella storia e nell’universo. Universo lei stessa. Come ognuno di noi, come ogni essere umano che per la sua intrinseca bellezza è persona. Sempre.

Come sarebbe bello, auspicabile e profondamente umano che questa commozione – vicinanza che abbraccia, contemplazione, consapevolezza –, al di là delle emozioni, avvolgesse anche la moltitudine di bimbi cui viene impedito di nascere, anche loro meraviglia delle meraviglie, anche loro membri della famiglia umana. Sarebbe vittoriosa una società che anche per questi bambini, per le loro madri e i loro padri, si mostrasse prossima, accogliente, pronta a soccorrere, a incoraggiare, a dare prova di affidabilità di fronte alle difficoltà, disponibile a spezzare le catene della solitudine. “Dalla contemplazione del valore della vita umana, anche quando essa si trova nella condizione della più estrema povertà, tale è il caso del bimbo non ancora nato, è facile derivare una cultura capace di coerenza anche di fronte a qualsiasi altro problema in cui è in gioco la vita dell’uomo”. (Carlo Casini, in Sì alla Vita, marzo 1999, p. 5).

The post Regno Unito: il caso di baby Elsa. Una lezione di coraggio, di speranza e di fiducia first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Frana Papua Nuova Guinea. P. Licini: “La montagna è venuta giù, non c’è speranza di trovare superstiti”

La situazione è “tragica. Praticamente nessuna speranza di trovare superstiti”. Risponde così, in maniera telegrafica, padre Giorgio Licini, missionario del Pime e segretario generale della Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea al quale il Sir ha chiesto, via mail a causa del fuso orario, di fare il “punto” della situazione a quattro giorni dalla catastrofica frana che ha colpito venerdì scorso, 24 maggio, la nazione del Pacifico. “La montagna è venuta giù alle 3 di notte per conto suo. Come succede ovunque nel mondo. Nessuno può farci niente. Nessun segnale premonitore”, aggiunge il missionario. La maggior parte delle persone stava dormendo al momento del disastro ed ha avuto anche poco tempo per scappare. E’ stato un disastro. Ora le autorità stanno evacuando le circa 8.000 persone dai villaggi vicino al luogo della frana. La montagna è venuta giù in una zona quasi inaccessibile e ciò ha reso i soccorsi ancora più difficili. Secondo le prime stime circa 2.000 persone sono rimaste sepolte nello smottamento. Sarebbe una cifra molto più alta delle 670 suggerite dalle Nazioni Unite nel fine settimana. Il religioso conferma le stime. “Cosi hanno detto ieri le autorità”, ma poi aggiunge: “Bisognerebbe sapere quanta gente veramente viveva in quei villaggi remoti per una stima attendibile delle vittime”. La priorità in queste ore è l’evacuazione della popolazione perché la terra ancora si muove e le rocce continuano a cadere.

“L’area – spiega padre Licini – fa parte della parrocchia di Kasap, diocesi di Wabag, provincia di Enga”. Forse qualche individuo o famiglia della locale comunità cattolica possono essere rimasti coinvolti dalla frana. “Le comunità della zona sono per lo più luterane e avventiste”. La regione è densamente popolata e, secondo i report locali, ha una popolazione giovane. Le autorità temono che molte delle vittime siano bambini sotto i 15 anni. In un telegramma a firma del segretario di Stato Parolin inviato al nunzio Lalli, Papa Francesco ha assicurato la sua vicinanza alle famiglie delle vittime. Anche il segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) Jerry Pillay ha espresso cordoglio. “Non siete dimenticati. Siete figli di Dio tenuti in preghiera dalla vostra famiglia ecumenica globale”.

Intanto è partita la macchina della solidarietà. “Al momento la diocesi – fa sapere padre Licini – è pronta a ricevere aiuti e distribuirli. I soccorritori al momento sono sostenuti dal governo nazionale, provinciale e dalla International Organization for Migration delle Nazioni Unite”. Ma gli abitanti della zona colpita dallo smottamento – aggiunge il sacerdote – “non hanno bisogno di nulla. Sono tutti sotto la frana”. I convogli umanitari stanno cercando di consegnare gli aiuti umanitari ma si trovano ad affrontare condizioni difficili con la terra che sta ancora franando a causa del flusso delle falde acquifere.

Caritas Australia ha lanciato un appello per la Papua Nuova Guinea. I partner di Caritas Australia sul campo in Papa Nuova Guinea – si legge in un comunicato – stanno conducendo una rapida valutazione dei bisogni nei villaggi colpiti per determinare le priorità più urgenti. La popolazione totale dell’intera zona interessata è di circa 4.000 persone, ma questo numero – fa sapere Caritas Australia – potrebbe essere più elevato a causa dell’aumento del numero di sfollati che vivono nell’area negli ultimi tempi. “Mentre gli sforzi di salvataggio continuano, coloro che hanno perso la casa avranno urgentemente bisogno di cibo, riparo e acqua pulita nelle settimane e nei mesi a venire. Il momento di agire è adesso”.

 

The post Frana Papua Nuova Guinea. P. Licini: “La montagna è venuta giù, non c’è speranza di trovare superstiti” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Scuole materne paritarie. Fism: “Rilanciare un’educazione aperta e inclusiva, che aiuti a guardare il mondo con speranza”

L’esortazione a “ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione”, e l’incoraggiamento “ad essere sempre testimoni dei valori umani e cristiani all’interno della famiglia, della scuola e della società”. Si è aperto stamani a Roma con questo messaggio di Papa Francesco, il convegno della Fism (Federazione scuole materne di ispirazione cristiana), promosso nel 50° di fondazione. Tema dell’evento, ospitato nell’Auditorium della Conciliazione alla presenza di oltre 1.200 partecipanti, “Prima i bambini: ieri, oggi, domani”.

Di “opera preziosa su tutto il territorio nazionale” e di “significativo sostegno all’attività educativa delle famiglie”, ha parlato nel suo messaggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Sulla parità ancora incompiuta ha invece posto l’accento il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nel suo videomessaggio di saluto. “Siamo anche a 25 anni dalla riforma Berlinguer – ha sottolineato –; forse sarebbe il caso, dopo 25 anni, di applicare pienamente quelle indicazioni sulle cosiddette ‘paritarie’ che qualche volta non godono pienamente di questo. Ma non perché vogliamo qualche privilegio, ma proprio per il pieno diritto, per la possibilità di ‘essere’ per tutti. Questo – ha precisato Zuppi – non mette mai in discussione la scuola pubblica, ma le si affianca, la completa e arricchisce nel dialogo e nella collaborazione”. Il presidente Cei ha espresso l’auspicio che “l’accoglienza ai bambini ucraini” nelle scuole Fism “possa continuare perché è una risposta concreta per chi vive tragicamente le conseguenze della guerra”. Infine il ringraziamento per

“pensare un’educazione che aiuti tanti a guardare con speranza il mondo”.

Siamo orgogliosamente il 37% del servizio nazionale”, ha detto inaugurando i lavori il presidente nazionale Fism, Giampiero Redaelli. “L’alleanza scuola-famiglia deve essere uno dei punti di partenza di questo nostro rilancio del 50° – ha spiegato -, perché solo insieme saremo capaci di testimoniare e, soprattutto, di chiedere al Governo e alla politica che i bambini e le famiglie non siano lasciati soli”.

In tema di educazione, si è parlato anche di educazione all’affettività e sessualità. Per Alberto Pellai, medico, esperto in educazione alla salute e prevenzione in età evolutiva, “la sessualità nasce con noi a va educata”. Come? “Insegnando a bambini e bambine a conoscere le emozioni e il proprio corpo per costruire relazioni sane”, e ai maschietti “a essere non ‘uomini veri’ ma ‘uomini veri’”.La sessualità non deve “essere semplicemente agita” ma deve “essere messa a disposizione di un progetto relazionale”.

Più in generale, da Monica Amadini, pedagogista dell’Università Cattolica, la proposta di un modello di “comunità educante da rilanciare come sguardo verso il futuro con il concetto di genitorialità diffusa”. Sull’importanza che i bambini non si isolino ma “abbiano rapporti sociali con altri bambini per costruire il proprio sé anche litigando, per imparare a negoziare e a condividere i beni”, si è soffermato il pedagogista Fulvio De Giorgi (Università Modena e Reggio).

“Fare educazione, costruire alleanze, ripensare concretamente le strutture della Chiesa”: questo l’invito lanciato oggi da mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università e assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica. Con riferimento alla legge 62/2000 sulla parità scolastica, il presule ha osservato: “Purtroppo questa parità tanto declamata deve essere anche garantita”; di fatto “non è ancora compiuta”. Di qui una sottolineatura: “La libertà di scelta dei genitori non è garantita a sufficienza; non è garantito il pluralismo scolastico; non è data la possibilità di esprimere tutte quelle energie e risorse che consentono di offrire al nostro Paese un servizio di formazione pluralistico.Celebriamo l’anniversario odierno anche per rilanciare e affrontare queste sfide”.

“Siamo un Paese povero di giovani e di giovani sempre più poveri”, ha osservato il demografo Alessandro Rosina (Università Cattolica), intervenendo alla sessione pomeridiana dedicata alla crisi demografica. “Non consideriamo le nuove generazioni un bene collettivo su cui tutta la società ha convenienza ad investire”, ha osservato, mentre invece “un forte piano di investimenti sulle giovani generazioni, sarebbe conveniente per tutti”. “Servono politiche che non siano spot, fatte un anno sì e un anno no, che cambiano appena cambia il governo. Servono interventi stabili sulla base dell’esperienza di altri paesi, in particolare la Svezia”. Ne è convinto l’economista Carlo Cottarelli (Università Cattolica). “Ci stiamo portando dietro un macigno”, ha detto con riferimento al debito pubblico, ed “è chiaro che se spendiamo per pagarne gli interessi e più difficile fare tante altre cose”. Per l’economista, tuttavia, “occorre avere il coraggio di stabilire le vere priorità: istruzione, sanità, natalità, e fare delle scelte, anche se difficili”. “Una radicale riforma del sistema fiscale per consentire alle famiglie che decidono di fare figli di mantenere lo stesso tenore di vita, sull’esempio del quoziente familiare francese”, è la “ricetta” di Francesco Belletti, direttore Centro internazionale studi famiglia (Cisf).

Durante i lavori c’è stato anche spazio per un gesto di solidarietà attraverso la donazione della Fism di 15mila euro all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. A conclusione è stato presentato il veliero della pace, costruito dai bambini della Federazione per “accogliere il messaggio di pace di Papa Francesco e immaginare – è stato spiegato – un futuro di serenità e fraternità”. Domani la messa nella basilica di San Pietro e la partecipazione alla recita del Regina Caeli con il Pontefice al quale, sabato prossimo 25 maggio, in occasione della prima Giornata mondiale dei bambini allo Stadio Olimpico, una delegazione di alunni delle scuole Fism consegnerà il veliero della pace.

 

The post Scuole materne paritarie. Fism: “Rilanciare un’educazione aperta e inclusiva, che aiuti a guardare il mondo con speranza” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

La Fism compie 50 anni e prende il largo. Redaelli: “Vogliamo essere seminatori di speranza”

“Prendiamo il largo” è lo slogan scelto dalla Fism (Federazione scuole dell’infanzia paritarie no profit di ispirazione cristiana) per il suo 50° di fondazione (1974-2024) che avrà il momento clou con il convegno nazionale Prima i bambini: ieri, oggi e domani, in programma il 18 maggio a Roma. All’Auditorium della Conciliazione si ritroveranno circa 1.500 rappresentanti delle scuole associate, una rete di circa 9mila realtà educative – asili nido, sezioni primavera, scuole dell’infanzia – diffuse in modo capillare su tutto il territorio nazionale, frequentate da circa mezzo milione di bambini e dove lavorano decine di migliaia di addetti e altrettanti volontari. Domenica 19 la messa nella basilica vaticana e la recita del Regina Caeli con il Papa in piazza San Pietro. Abbiamo intervistato il presidente nazionale Giampiero Redaelli.

La Fism compie 50 anni: quale bilancio e quali traguardi raggiunti?
Un bilancio molto positivo, un forte senso di appartenenza caratterizzato dal desiderio di sostenere tutte le scuole dell’infanzia – allora chiamate asili – cattoliche o di ispirazione cristiana, unico servizio “pubblico” su tutto il territorio nazionale fino alla costituzione delle scuole materne statali, avvenuta nel 1968. Molti i traguardi raggiunti, sia in campo pedagogico che gestionale, che hanno garantito un servizio di qualità per centinaia di migliaia di bambini e bambine ed un servizio indispensabile per le loro famiglie.

Il 18 maggio si apre a Roma il vostro convegno nazionale. Qual è l’obiettivo dell’evento?
Due gli obiettivi principali: il primo è certamente quello di ribadire il primato dell’educazione dei bambini; impegno che abbiamo svolto ieri e stiamo riprogettando oggi per proiettarlo nel futuro. Vogliamo “prendere il largo”, seppur in un mare in tempesta com’è l’attuale situazione sociale, politica ed internazionale. Dobbiamo superare “l’epidemia” della paura, che si insidia, si diffonde dappertutto, contagia tutte le età e tutti gli ambienti… ma per quanto l’insidia della paura sia un assedio continuo e minaccioso,

abbiamo il compito e la missione di essere seminatori di speranza.

Lo dobbiamo ai bambini e alle loro famiglie. Il secondo obiettivo, non meno importante, è chiedere al Governo il

raggiungimento della piena parità di trattamento verso le famiglie che frequentano la scuola dell’infanzia paritaria e quella statale.

La data prescelta precede di una settimana esatta la prima Giornata mondiale dei bambini (25-26 maggio) istituita dal Papa. Una mera coincidenza o un segnale di continuità e collegamento tra il Global compact on Education lanciato dal Pontefice e lo stile educativo della Fism?
La coincidenza, non voluta, segna però un sentimento e un desiderio più volte ribadito e condiviso, quello di

essere collaboratori del Patto educativo globale tanto caro a Papa Francesco.

Guardiamo con ammirazione alla testimonianza di uomini e donne del nostro tempo che sono parola ed esempio di fiducia e, primo fra tutti, proprio a Papa Francesco, e raccogliamo le sue parole di incoraggiamento e di chiamata alla responsabilità. Vogliamo avere la capacità di saper accogliere le diversità culturali, religiose, e le fragilità dei bambini di questo tempo, per una fiduciosa educazione globale che sviluppi sentimenti di pace, tolleranza, aiuto, rispetto e perdono, elementi indispensabili e imprescindibili per la costruzione di un mondo bello e di un futuro migliore.

Come vi siete preparati all’appuntamento? 
Da settembre scorso, quando abbiamo dato l’avvio ufficiale al 50°, abbiamo proposto diverse iniziative per coinvolgere le scuole, vere protagoniste della ricorrenza: gemellaggi e scambi pedagogici per rafforzarne il protagonismo e stimolare un mutuo apprendimento dalle diverse esperienze territoriali. Nel panorama delle esigenze formative, si è profilato sempre più il tema dell’ascolto che focalizza l’attenzione su genitori, bambini, insegnanti quali soggetti attivi e partecipi del percorso educativo. Abbiamo inoltre svolto dei “pellegrinaggi pedagogici” nel loro significato del “camminare insieme in ricerca”, rivisitando la fecondità delle radici a fondamento dell’impegno educativo della Fism. Infine abbiamo proposto alle scuole di realizzare la “capsula del futuro” che raccoglierà messaggi, disegni, oggetti, ricordi dei bambini, realizzati coi loro genitori. Solo dopo 10 anni verrà riaperta e…… chissà se i sogni descritti si saranno realizzati.

Una sessione dei lavori è dedicata a “Chiesa, politica e società”, ossia all’interlocuzione con le istituzioni politiche ed ecclesiali. Nonostante alcuni aiuti economici stanziati nell’ultima Legge di Bilancio, la reale e piena parità scolastica, a 25 anni dalla legge, è ancora lontana. Che cosa chiede la Fism a politica, Chiesa e società?
Ritengo che il “periodo di prova” cui sono state sottoposte le scuole dell’infanzia associate alla Fism, tutte no profit e per la maggior parte ultracentenarie, possa ritenersi definitivamente concluso, con il pieno riconoscimento del loro servizio pubblico educativo e sociale sancito dalla Legge 62/2000.  La prosecuzione capillare dei servizi sul territorio costituisce inoltre un sostegno alla natalità, alla genitorialità e all’occupazione femminile. Ci sentiamo parte viva della Chiesa, chiediamo a tutte le diocesi di sostenere le scuole dell’infanzia, come primo presidio educativo, sociale e culturale da cui ripartire per annunciare che, nonostante tutto, la vita è degna di essere vissuta, e vissuta pienamente.

Dal 2021 è diventato operativo il Runts. Quanto è importante l’appartenenza al Terzo settore e a che punto è l’iscrizione delle vostre scuole al Registro unico?
Quando ho letto il primo articolo del decreto legislativo sul Codice del Terzo settore: “Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa….”, mi sono detto: finalmente hanno cucito un abito su misura per le nostre scuole e ovviamente non solo per quelle. Ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere a livello legislativo, ma ci stiamo lavorando. Anche l’incontro in Senato col vice ministro Leo, lo scorso 17 gennaio, ha permesso un’interlocuzione fondamentale per superare questi ostacoli. Nonostante ciò, alcune centinaia di scuole hanno già fatto l’iscrizione al Runts.

Per quanto riguarda invece l’autonomia differenziata, che cosa potrebbe comportare per le scuole, in particolare per le paritarie?
L’autonomia differenziata presuppone la risoluzione della questione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) anche in materia di educazione ed istruzione; sul punto pare debba essere fatto ancora molto lavoro. Stiamo comunque seguendo l’iter dei lavori parlamentari.

Per concludere: “Prendiamo il largo” è lo slogan del 50°. Quali nuovi progetti e sfide?
Si. Prendiamo davvero il largo… con fiducia e responsabilità verso tutti i gestori e le comunità educanti delle 9mila realtà che fanno riferimento alla Fism. La vera sfida rimane quella educativa e per questo obiettivo investiremo ingenti energie affinché ogni scuola possa avere strumenti indispensabili, “ferri del mestiere”, per costruire un percorso educativo entusiasmante, coinvolgente e mirato ad essere un sicuro sostegno alla famiglia. Anche per questo, Fism si sta dotando di strumenti operativi, come la costituzione di una Fism Servizi che sia di supporto per l’aspetto gestionale delle scuole. A giugno la Federazione assumerà per statuto il ruolo di rete di enti del Terzo settore per assicurare a chi ha o avrà scelto di entrare nel Runts, di avere  massima assistenza e supporto. Infine ci sono in cantiere altre proposte che verranno sancite dal prossimo Congresso che si svolgerà a giugno.

The post La Fism compie 50 anni e prende il largo. Redaelli: “Vogliamo essere seminatori di speranza” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Tra fede e speranza: la Madonna de’ Noantri al Policlinico Campus Bio-Medico

Nella cappellina del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma è un continuo e silenzioso pellegrinaggio di medici, studenti, pazienti, parenti. Fin dal mattino presto c’è chi cerca conforto nella fede per la propria guarigione o quella di una persona cara, chi esprime gratitudine per un esito positivo tanto atteso, chi semplicemente trova sollievo nel silenzio del luogo. Lo sguardo di tutti è rivolto verso la statua della Vergine Maria posta da lunedì accanto all’altare. È quella della Madonna del Carmine, a Trastevere venerata anche con i titoli Madonna Fiumarola o Madonna de’ Noantri, dalla Festa de’ Noantri che si celebra ogni anno a fine luglio nel quartiere. La storia del simulacro mariano affonda le sue radici nel XVI secolo, precisamente nel 1535. Secondo la tradizione, alcuni pescatori la trovarono alla foce del Tevere dopo una violenta tempesta. Da qui l’appellativo “Madonna Fiumarola”. Inizialmente donata ai carmelitani della basilica di San Crisogono, la statua assunse il titolo di “Madonna del Carmine”. Qui rimase fino al 1890, quando venne trasferita nella chiesa di San Giovanni dei Genovesi. La sua sede definitiva divenne poi la chiesa di Sant’Agata, dove risiede ancora oggi. In preparazione della festa liturgica del Beato Álvaro del Portillo, ispiratore del Campus, la cui memoria si celebra il 12 maggio, la statua della Madonna è stata portata lunedì scorso al policlinico per il terzo anno consecutivo. Oggi, giovedì 9 maggio, sarà celebrata la Messa presieduta da don Giovanni Manfrini, vicario regionale dell’Opus Dei per l’Italia. Domani, venerdì 10 maggio, la statua tornerà a Sant’Agata. Il pellegrinaggio è stato organizzato dal cappellano don Robin Weatherill il quale si dice “certo che la Madonna sta toccando il cuore di tante persone e i frutti si vedranno con il tempo”. Si ritiene un “privilegiato” perché sempre a contatto con l’uomo “con tutta la sua fragilità e ingenuità. Nelle corsie di un ospedale le maschere cadono e si hanno davanti i veri bisogni”. E sono questi che vengono portati alla Vergine Madre. Fede, devozione, dolore si mischiano nella cappella al piano terra. Alessandro, studente del corso di laurea Tecniche di Radiologia Medica, prima di andare a lezione si ferma qualche minuto in preghiera. Ha fissato a lungo il volto della Vergine prima di scrivere un messaggio su biglietto che ha poi posto in uno dei cestini sistemati ai piedi della statua pieni di post-it colorati con suppliche e richieste di preghiere.



“L’ho implorata di proteggere gli ammalati e gli anziani in difficoltà – soprattutto quelli che sono curati qui – afferma -. Ospitare per qualche giorno questa statua è qualcosa di straordinario. La storia del simulacro, che conosco bene, mi commuove sempre tanto”. Mario, invece, non riesce a trattenere le lacrime mentre contempla la Madre di Gesù avvolta in un abito bianco finemente ricamato, un capolavoro di haute couture realizzato mezzo secolo fa nell’atelier delle Sorelle Fontana. Racconta che ogni anno si reca a Trastevere e prova “sempre a sfiorare i piedi della Madonna portata in spalla dalla confraternita”. Il servizio d’ordine non glielo permette, e torna a casa con questo rammarico. “Sono ricoverato per accertamenti e quando ho saputo che la statua della ‘mia’ Madonna de’ Noantri sarebbe stata portata proprio qui, sono stato molto felice – spiega -. Per me è un segno di speranza che andrà tutto bene e poterla finalmente accarezzare lontano dalla calca è un’emozione inspiegabile”. Quelle di Lucia sono invece lacrime di dolore. È una paziente oncologica, è stata operata nuovamente due settimane fa. “L’ho implorata di farmi vivere il più a lungo possibile” dice con un filo di voce. Francesca, neurologa, si sofferma in ginocchio prima di iniziare il suo turno. “Sono giorni che tante persone si rivolgono alla Mamma per presentare le loro necessità – dice -. È bellissimo vedere questo flusso continuo di gente e sentire ogni volta la stessa espressione: che bella”.



Massimo è accompagnato dalla moglie Veronica. Qualche giorno fa è stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico e “come ogni mattina” è tornato, “a salutare e a ringraziare Maria perché tutto è andato bene ma soprattutto per la serenità che mi ha dato per affrontare questo momento. La moglie ha scoperto la storia della Madonna de’ Noantri in questi giorni ed è molto contenta “di averla potuta ammirare da vicino. Mi rivolgo alla Vergine tutti i giorni ma poterla guardare negli occhi aiuta nella preghiera”. A sistemare i vasi con gerbere, rose bianche e gialle portate dai fedeli, ci pensano, tra gli altri, Marianna, dietologa, e Fabiola dell’amministrazione. Per la prima “questa ‘visita’ è un segno di speranza sia per il personale sanitario e non sia per gli ammalati”. “I suoi occhi infondono tranquillità – aggiunge Fabiola -. Ogni mamma vuole il meglio per i suoi figli quindi chiedo alla nostra Mamma di benedirci e intercedere per noi”. Giorgio, dirigente dell’Opus Dei che si occupa della missione e dell’identità del Campus prega affinché “i medici vedano negli ammalati il volto di Cristo sofferente mentre gli ammalati vedano nei medici quello del Cristo salvatore”. Oltre il Campus, ogni anno la Vergine fa visita in altre periferie esistenziali. “Una volta l’anno varca anche il portone del carcere di Regina Coeli – dichiara Pietro Solfizi, governatore dell’arciconfraternita del Santissimo Sacramento e Maria Santissima del Carmine -. Capita anche che viene richiesta in alcune chiese di Roma dove è particolarmente nutrita la comunità di ex trasteverini. Per noi questi pellegrinaggi rappresentano un vero e proprio apostolato, un modo per portare la Madonna a coloro che, per diverse ragioni, non hanno la possibilità di recarsi in chiesa per venerarla”.

The post Tra fede e speranza: la Madonna de’ Noantri al Policlinico Campus Bio-Medico first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Papa Francesco: “Il mondo ha bisogno di speranza e pazienza”

“Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza”. Si apre con questo auspicio la Bolla “Spes non confundit”, con la quale Papa Francesco indice ufficialmente il Giubileo Ordinario del 2025, esortando a coniugare tale virtù teologale con la pazienza, virtù che “non è di casa” nell’epoca di Internet. L’Anno Santo 2025, ricorda il Papa, orienterà il cammino verso un’altra ricorrenza fondamentale per tutti i cristiani: nel 2033, infatti, si celebreranno i duemila anni della Redenzione compiuta attraverso la passione, morte e risurrezione di Gesù. Poi la cronologia dell’anno giubilare, che comincerà il 24 dicembre prossimo con l’apertura della Porta Santa della basilica di San Pietro, cui seguirà, la domenica successiva, 29 dicembre, l’apertura della Porta Santa a S. Giovanni in Laterano. Il 1° gennaio 2025 verrà aperta la Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, mentre domenica 5 gennaio sarà aperta la Porta Santa della basilica di San Paolo fuori le Mura. Queste ultime tre Porte Sante saranno chiuse entro domenica 28 dicembre dello stesso anno. Il Santo Padre decreta inoltre che domenica 29 dicembre 2024, “in tutte le cattedrali e concattedrali, i vescovi diocesani celebrino la santa Eucaristia come solenne apertura dell’Anno giubilare”, che nelle Chiese particolari terminerà domenica 28 dicembre 2025. Il Giubileo Ordinario si concluderà con la chiusura della Porta Santa della basilica di San Pietro il 6 gennaio 2026.

“Il primo segno di speranza” dell’anno giubilare deve tradursi “in pace per il mondo, che ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra”.

“Immemore dei drammi del passato, l’umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza”, lo scenario delineato dal Papa, che chiede “l’impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati a una pace duratura”.

“A causa dei ritmi di vita frenetici, dei timori riguardo al futuro, della mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, di modelli sociali in cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni, si assiste in vari Paesi a un preoccupante calo della natalità”,

il grido d’allarme di Francesco, secondo il quale la comunità cristiana “non può essere seconda a nessuno nel sostenere la necessità di un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica, e lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo”.

“Per offrire ai detenuti un segno concreto di vicinanza – annuncia il Papa nella Bolla – io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere”.

Tra le misure giubilari a favore della popolazione carceraria, Francesco menziona “forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società” e “percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi”. Occorre garantire, inoltre, “condizioni dignitose per chi è recluso, rispetto dei diritti umani e soprattutto l’abolizione della pena di morte”. “Segni di speranza” andranno offerti anche agli ammalati e alle persone affette da patologie o disabilità che limitano molto l’autonomia personale.

“Quando il futuro è incerto e impermeabile ai sogni, quando lo studio non offre sbocchi e la mancanza di un lavoro o di un’occupazione sufficientemente stabile rischiano di azzerare i desideri, è inevitabile che il presente sia vissuto nella malinconia e nella noia”.

E’ il ritratto dei giovani “privi di speranza” contenuto nella Bolla. Per invertire la tendenza, Bergoglio auspica che il Giubileo sia nella Chiesa occasione di slancio nei loro confronti. Non potranno mancare, inoltre, segni di speranza “nei riguardi dei migranti, che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie”, e degli anziani, “che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono”. Speranza, infine, “per i miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere”.

“La fame è una piaga scandalosa nel corpo della nostra umanità e invita tutti a un sussulto di coscienza”,

ribadisce inoltre il Papa, rinnovando l’appello affinché “con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa”. Alle nazioni più benestanti, Francesco chiede che “riconoscano la gravità di tante decisioni prese e stabiliscano di

condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli” e sanare così il “debito ecologico” tra il Nord e il Sud del mondo.

“Per una provvidenziale circostanza”, nel 2025 i cristiani d’Oriente e d’Occidente festeggeranno la Pasqua nello stesso giorno: “possa essere questo un appello a compiere un passo deciso verso l’unità intorno a una data comune per la Pasqua”, l’auspicio sul piano ecumenico, a partire dalla coincidenza del Giubileo con i 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico, il Concilio di Nicea.

“L’indulgenza giubilare, in forza della preghiera, è destinata in modo particolare a quanti ci hanno preceduto, perché ottengano piena misericordia”,

la precisazione su una delle pratiche che caratterizzano ogni Giubileo, in merito alla quale la Penitenzieria Apostolica darà indicazioni per farla diventare effettiva. Come è accaduto nel Giubileo Straordinario della Misericordia, nel 2016, anche nel Giubileo Ordinario 2025 i Missionari della Misericordia potranno esercitare il loro ministero.

The post Papa Francesco: “Il mondo ha bisogno di speranza e pazienza” first appeared on AgenSIR.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

UN FILM DI RARA POTENZA MISERICORDIA Emma Dante racconta gli invisibili, gli emarginati, e la speranza






UN FILM DI RARA POTENZA
MISERICORDIA
Emma Dante racconta gli invisibili, gli emarginati, e la speranza

Misericordia
GUARDA IL FILM SU MYMOVIES

incluso con la tua iscrizione

 

In principio fu uno spettacolo, di quelli così amati e apprezzati da fare il giro del mondo. Poi la sua regista Emma Dante ha deciso di trasporlo sullo schermo, per ampliare il racconto anche alla comunità che si muove attorno al protagonista.

Un protagonista di quelli non scontati, che raramente si vedono al cinema e ancor più raramente emergono centrali nella narrazione. Si chiama Arturo, è un ragazzo disabile che viene cresciuto da due madri. Il contesto che Dante sceglie di mettere in scena è quello degli emarginati, degli ultimi, delle prostitute, di chi lotta per la sopravvivenza ogni giorno e vive con poco, pochissimo, tra baracche e rottami.

Una scelta che si spiega dando uno sguardo alla carriera della drammaturga, consacrata alla strada, con un occhio sempre attento al tema delle famiglie, puntualmente centrale nella sua narrazione – ne è esempio lampante il suo toccante film precedente Le sorelle Macaluso.

Misericordia

Mescolando dolcezza e brutalità, leggerezza e gravità, Misericordia (Drammatico – Italia, 2023, 95’) pesca nel ‘mare di Sicilia’ e nel suo ‘malessere’ la verità umana, quella in carne e sangue, mai astratta e mai triviale.

GUARDA SUBITO

La famiglia è questa volta la collettività senza orpelli che circonda e cresce Arturo, madri che si fanno padri, fratelli e sorelle per lui. Perché non si è mai veramente orfani, né soli, se si ha accanto qualcuno che si prende cura di noi, sembra voler dire Dante. Come fanno, più o meno pazientemente, le eroine materne Betta e Nuccia (Simona Malato e Tiziana Cuticchio, bravissime).

A dare voce e corpo al protagonista c’è ancora una volta il talentuoso Simone Zambelligeneroso nell’offrire una performance straordinaria che nulla toglie alle sue folgoranti interpretazioni sul palcoscenico. Danzatore esperto, riesce a raccontare la malattia attraverso la danza, arte capace di liberare il pensiero del pubblico facendogli superare la barriera concettuale del deficit fisico e mentale e portandolo in volo verso sentimenti altri, di empatia, comprensione, benevolenza, misericordia appunto.

Il titolo evoca anche il tono di “pietas” che permea il film, malgrado una delle aperture più forti e feroci viste negli ultimi anni: una scena di violenza, un brutale femminicidio – monito a non dimenticare l’allarmante fenomeno sociale, che non accenna a diminuire –. Una scena di morte dà vita alla creatura ibrida, pura e a suo modo affascinante che è Arturo, è lui che detta il tono del film, a tratti cupo e sconfortante, a tratti pieno di luce e di speranza.

Misericordia

Emma Dante esplora il sentimento della maternità e inserisce nella tradizione del neorealismo italiano una forma puramente teatrale in cui il corpo è sovrano, energia, scintilla.

GUARDA SUBITO

Solo così, con un misto di verosimiglianza e incanto, si può accedere a un mondo poco frequentato dal cinema italiano, quello dei derelitti, fatto di povertà, analfabetismo, degrado, nell’indifferenza più totale della società. Un mondo che in questo film viene messo in primo piano e raccontato con uno sguardo mai giudicante, mai superiore, mai verticale.

Nonostante il suo titolo, quello che firma Dante si rivela un film duro, difficile, che non fa sconti, e non cede mai il passo alla retorica, sceglie piuttosto di rievocare l’ebbrezza delle emozioni primordiali, nel bene e nel male, riportando chi lo guarda al senso ultimo dell’esistenza. La famiglia, il mare, la natura, la collettività. L’umanità e l’incanto che si possono trovare ovunque, anche tra catapecchie e immondizia, tra sassi, lamiere e prostitute vestite da principesse.

Dal letame, cantava De Andrè, nascono i fiori e anche un fiore sui generis come Arturo ha diritto a un futuro di luce, ben sintetizzato dalla canzone Avrai di Claudio Baglioni che chiude con (materna) dolcezza il film.

Buona visione!

GUARDA IL FILM SU MYMOVIES

incluso con la tua iscrizione

 

Scarica l’app per Smart TV…

… oppure per Smartphone e Tablet

Mymovies ONE

Copyright© 2000 – 2024 MYmovies.it® – Mo-Net s.r.l.

facebook
twitter
instagram
youtube

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)