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SFRUTTAMENTO E TRATTA DI ESSERI UMANI IN ITALIA: DUE ARRESTI A CASTEL VOLTURNO

In un drammatico caso di sfruttamento della prostituzione e traffico di esseri umani, la polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due persone di origine nigeriana, Osazee Sonia, 41 anni, ed Ediorans Sunday, 31 anni. I due sono stati arrestati a Castel Volturno in seguito alla loro condanna in primo grado per aver introdotto illegalmente in Italia una connazionale con l’intento di costringerla a prostituirsi.

 

L’indagine, condotta dalla squadra mobile di Reggio Calabria sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha preso avvio dalla denuncia della vittima, una giovane donna nigeriana arrivata in Italia con la speranza di studiare all’università.

 

Secondo quanto emerso dalle indagini, la donna è sbarcata a Reggio Calabria nel 2016, convinta di poter intraprendere un percorso di studi universitari. Tuttavia, una volta giunta sul territorio italiano, è stata ingannata e portata a Castel Volturno, dove è stata segregata in un appartamento. Qui, è stata sottoposta a gravi abusi sessuali e costretta per due anni a prostituirsi per ripagare un debito di 35.000 euro imposto dalla sua sfruttatrice, identificata come Osazee Sonia, la cosiddetta “madame”.

 

Le indagini, dirette dal sostituto procuratore della Repubblica Sara Amerio, hanno rivelato un quadro delittuoso di estrema gravità, caratterizzato da pratiche tipiche della tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. La vittima è stata costretta a subire riti tribali, violenze sessuali e altre forme di assoggettamento, sotto la minaccia costante dei suoi aguzzini.

 

Osazee Sonia è stata condannata a 20 anni di reclusione per il suo ruolo di “madame”, mentre il fratello complice, Ediorans Sunday, è stato condannato a 9 anni di carcere. A seguito della condanna, la Direzione distrettuale antimafia ha richiesto e ottenuto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per entrambi, considerando la gravità delle accuse e il rischio di fuga e reiterazione del reato.

 

L’operazione per arrestare i due è stata condotta il 7 agosto scorso, grazie alla collaborazione tra la squadra mobile di Reggio Calabria e quella di Caserta. Dopo un’attività investigativa intensa, che ha incluso intercettazioni telefoniche e sopralluoghi, i due sono stati localizzati e catturati a Castel Volturno.

 

Attualmente, Osazee Sonia ed Ediorans Sunday sono stati trasferiti rispettivamente nelle case circondariali di Secondigliano e Poggioreale, dove sconteranno le loro pene in attesa di eventuali ulteriori sviluppi giudiziari.

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(Fonte: BelvedereNews – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Dal Matese il ricordo di Satnam Sing: siamo tutti esseri umani, difesa dei Diritti Umani, no allo sfruttamento.

I simboli della Pace e della memoria, vengono a ricordare anche in tempi di vacanze, di tenere sempre accesa la fiammella dell’impegno per la causa della Pace senza la quale non è possibile pianificare un futuro stabile e la convivenza pacifica.
Sabato 6 Luglio, presso il Presidio permanente di Pace e di Nonviolenza in Alife, dove si erge l’Albero della Pace e i monumenti vivi della memoria, la comunità indiana residente nel territorio, su invito del Movimento Internazionale per la Pace, si è riunita per lanciare un messaggio di solidarietà e di condanna per quanto accaduto a Latina.
Nella mattinata dello stesso giorno infatti, si è tenuta una manifestazione indetta dai sindacati con l’intervento di Maurizio Landini segretario nazionale della CGIL per chiedere di fermare un sistema che sfrutta e uccide.
Landini ha ricordato che in Italia sono 3 milioni i braccianti costretti a lavorare in nero. Poi ha ricordato che “uno dei problemi del nostro Paese si chiama Bossi-Fini, è una legge assurda che va cancellata”.
Era il 17 giugno scorso, quando si consumò l’orrore ai danni di un bracciante indiano, Satnam Singh, che a seguito di un incidente sul luogo di lavoro perse il braccio e fu abbandonato in fin di vita davanti casa accanto a una cassetta da frutta dove fu gettato il braccio reciso. Il soccorso immediato avrebbe potuto salvargli la vita. Ma nulla accadde di tutto ciò, il povero bracciante morì nell’indifferenza del proprio datore di lavoro.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha condannato il mancato soccorso al bracciante agricolo, evidenziando che lo sfruttamento del lavoro “va ovunque contrastato, eliminato totalmente e sanzionato”, poi ha ricordato che il volontariato, nelle sue diverse forme, è orgoglio del nostro Paese.

Trasmette energia preziosa. I valori che esprime sono parte della cultura, e dell’identità stessa, del popolo italiano.
Questo è il carattere dell’Italia, in conformità alla sua storia, un Paese di grande civiltà. La Presidente del Movimento per la Pace Agnese Ginocchio ha condannato la morte disumana del bracciante e ha ricordato che la nostra Costituzione come la Carta dei Diritti umani affermano che tutti gli uomini sono eguali e vanno rispettati indipendentemente dalla provenienza e dal colore della pelle, l’identita del nostro paese c si fonda sulla solidarietà e sull’accoglienza.
I datori di lavoro devono rispettare i propri dipendenti e trattarli con dignità e rispetto, non esistono cittadini di serie A e di serie B, ogni uomo rappresenta una risorsa unica.
Il nostro paese con il calo delle nascite si salva proprio grazie al fenomeno migrazione. Poi ha ricordato che anche l’Italia a causa della guerra, fu colpita dalla piaga della fame e della povertà e che a motivo di ciò gli italiani furono costretti a immigrare.
I nostri genitori, i nostri nonni sono stati tutti immigrati in paese straniero, non si riesce a capire come mai dopo tanta sofferenza vissuta sulla propria pelle oggi si dimentica con tanta superficialità il passato ritornando a vivere con una mentalità egoista e di prevaricazione sull’altro. Come se il passato non ci avesse insegnato nulla. Tutto quello che oggi accade, ogni ingiustizia, ogni forma di sfruttamento e di caporalato che ancora non si riescono a debellare, è per l’assenza di Pace, valore madre” .
Poi ha declamato alcuni passaggi della relazione del medico legale, riguardo la vicenda del povero bracciante indiano.
Il soccorso immediato non soltanto avrebbe consentito di tentare una ricostruzione dell’arto ma soprattutto di salvare la vita al soggetto che ha riportato l’amputazione”. Cosa che invece non è stata fatta, il povero Satnam trattato come “cosa da buttare”.
Per quanto accaduto il rappresentante della comunità indiana ha espresso dolore e sofferenza, ha ricordato che il lavoro dei braccianti è molto duro e che anche loro sono esseri umani esattamente come noi.
Un’altra rappresentante indiana con commozione e dolore per quanto accaduto a un loro fratello ha auspicato che ciò non più accada perché è inconcepibile non portare rispetto verso il proprio prossimo “Siamo tutti esseri umani”, ha ricordato.
Della comunità indiana sono stati presenti: Kuman Deepak, Natm Som, Inderpal Singh, Simranjjt Singh, YuuraJ Singh, Kamalvir Kaur, Harnadar Kaur,Manjjnder Singh, Parmitt Singh, Prabjot Singh, Kamaljit Kaur Romjjt Remi, Baby Rani, Sandeep Kaur.

#satnamsingh #caporalato #sfruttamento #dirittiumani #pace #braccianti #matese –

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Tra i lavoratori agricoli delle serre del ragusano: nuove forme di sfruttamento e desiderio di riscatto

(da Marina di Acate) – Un sole bianco pallido si riflette sulla interminabile distesa di plastica delle serre di ortaggi del ragusano. 100 chilometri ininterrotti lungo la costa da Gela a Siracusa e 15 chilometri verso l’interno. Siamo a Marina di Acate, sulla costa meridionale siciliana, una cittadina che vive solo d’estate. È la cosiddetta “fascia trasformata”, intesa sia come trasformazione del modello di agricoltura (dalla coltura nei campi alle serre per una produzione intensiva) sia del paesaggio. Una terra di nessuno che solo da una decina di anni, anche grazie all’azione della Caritas di Ragusa, è diventata visibile all’opinione pubblica. Qui vivono e lavorano come “fantasmi” – perché non hanno accesso a servizi e tutele – circa 15.000 immigrati tunisini, marocchini e albanesi, la metà del totale dei lavoratori. Marina d’Acate è il comune con la più alta percentuale di residenti stranieri in Italia, il 33%. Tantissime sono famiglie con bambini. Le condizioni in alcuni casi sono al limite dello sfruttamento e del degrado. Non tutti hanno contratti o documenti in regola, molti hanno residenze fittizie altrove, sono isolati dalla società, con grosse difficoltà per gli spostamenti, le cure mediche e per mandare i figli a scuola. Eppure in dieci anni, da quando è iniziato il Progetto Presidio, oggi portato avanti dalla diocesi e Caritas di Ragusa con fondi dell’8 per mille e di Save the children, qualcosa è cambiato. Tre anni fa è stato finanziato con 200.000 euro di Fondazione con il Sud anche un altro progetto “Trasformare la fascia trasformata”, che aiuta le famiglie a trovare casa, dialoga con le imprese agricole e cerca di migliorare l’impatto ambientale. Una sfida immane: a Marina di Acate c’è una spiaggia posta sotto sequestro, 10 metri di dune di sabbia e plastica.



Sembra proprio di essere nelle campagne tunisine quando incontriamo Uided, madre di 7 figli. Siamo in visita insieme ad una delegazione di Caritas Tunisia, nell’ambito di un gemellaggio con le Caritas di Sicilia. Nel patio c’è un grande gelso, sui fili per il bucato una stesa di tappeti e coperte. Dietro una semplice casa di mattoni bianca. Intorno alle vesti della mamma si stringono tre bambine piccolissime, invase dalle mosche. Nessun gesto di fastidio, sembrano abituate. Pochissimi sorrisi. Uided non parla ancora italiano, nonostante sia qui da tempo con il marito, che lavora nelle serre. Intorno al cortile, tenuto abbastanza bene, si spalanca invece il degrado. Rottami di vecchie auto, di macchinari agricoli, ceneri delle fumarole di fitofarmaci che intossicano persone e ambiente, sporcizia ovunque. Perfino il pelo di un montone che probabilmente è stato ucciso per la festa musulmana di Eid (per questo l’invasione di mosche?). La famiglia vive lontano da tutto, in una situazione irreale. Per fortuna a giorni, grazie al progetto Presidio, potrà andare a vivere in condizioni più dignitose a Vittoria, la città del ragusano dove è il più grande mercato ortofrutticolo del Meridione, che smista i prodotti nei supermercati di tutta Italia. “Nella fascia trasformata si produce quasi la metà della produzione ortofrutticola di tutta Italia”, spiega Vincenzo La Monica, responsabile immigrazione di Caritas Ragusa, che due volte a settimana lavora qui.



A Vittoria il 13 giugno è accaduta anche una tragedia familiare, sintomo della violenza e del degrado presente in queste zone: un giovane tunisino con dipendenza da sostanze ha appiccato il fuoco alla casa. La madre e la sorella maggiore sono morte per le ustioni, il padre e la sorella 19enne sono ancora in gravi condizioni negli ospedali di Catania e Palermo. Si è salvata solo una sorella che studia a Torino. “Insieme a Migrantes stiamo cercando di aiutarli a rimpatriare le salme”, dice La Monica.



Chi lavora nella fascia trasformata chiama gli imprenditori agricoli “padroni”. Guadagnano in media 40 euro al giorno lavorando 7 giorni su 7. Se prendono un permesso per fare una visita medica devono recuperare le ore. Ora che inizia il caldo torrido si fanno turni di notte. “Iniziamo alle 3 o alle 4 del mattino – racconta Aziz, 44 anni, padre di sei figli (quattro ragazze e due bambini piccoli, tutti scolarizzati) – e lavoriamo fino alle 11. Abbiamo appena raccolto i meloni, ora dobbiamo pulire le serre, poi andremo in vacanza in Tunisia per due settimane”. La moglie Fatma, 42 anni, è al lavoro nonostante i problemi di deambulazione. “C’è una grossa questione di genere – dice l’assistente sociale Lucia Nicosia, che incontra le famiglie nei luoghi in cui vivono –. Le donne sono educate per sposarsi e fare figli, non sono abituate a pensare ai loro bisogni. Fanno fatica ad aprirsi”. Tutta la famiglia di Aziz abita in una stanza di un casolare spartano, d’inverno non hanno riscaldamenti. L’azienda agricola li tratta bene, hanno fiducia in lui. E Aziz è contento perché grazie al progetto le figlie studiano e ricevono sostegno scolastico, partecipano ai laboratori di teatro, alle gite e alle altre attività. I bambini e le ragazze sembrano davvero più sorridenti e felici.



Tre centri a Marina di Acate. Da quando Caritas Ragusa ha avviato il progetto Presidio (promosso inizialmente in diverse zone d’Italia da Caritas italiana) sono sorti tre centri: il primo, dove da dieci anni si distribuisce vestiario, coperte e giubbotti catarifrangenti per chi va in bicicletta di notte nelle sterrate senza illuminazione; il centro “Orizzonti a colori” che segue circa 200 minori; e, da un anno, il centro per le mamme e i bambini coordinato da Save the children, con servizio giuridico, visite mediche, animazione. “L’obiettivo del progetto – afferma Valeria Bisignano, coordinatrice del progetto per Save the children – è migliorare le condizioni di vita delle persone perché possano uscire da questa situazione di sfruttamento”. Nei primi tre mesi dell’anno hanno registrato 62 nuovi beneficiari. Ora c’è anche una scuola materna pubblica con tutti bambini tunisini.



Con l’ultimo Decreto flussi e le stringenti e farraginose normative stabilite dal cosiddetto “Decreto Cutro” si sta verificando poi una situazione inedita: alcuni “intermediari” tunisini che vivono da queste parti propongono ai connazionali di venire legalmente a lavorare in Sicilia. “I tunisini pagano somme che vanno dai 5000 ai 7000 euro, poi spartiti tra intermediari e proprietari delle aziende agricole”, evidenzia Fabio Sammito, direttore della Caritas di Noto. Per i tunisini, che non potrebbero entrare in Italia come rifugiati, è una alternativa attraente al rischio di perdere la vita in mare affidandosi ai trafficanti. Molti accettano.

Ma spesso quello che viene presentato come un paradiso è un nuovo incubo di sfruttamento e degrado.

“Al nostro centro di ascolto a Modica – racconta Sammito – è venuta una donna senegalese a chiedere aiuto. Dopo aver pagato l’intermediario non ha trovato nulla, né casa né contratto di lavoro. Ha fatto il nome dello sfruttatore ma il giorno dopo è stata trasferita nelle campagne pugliesi. Abbiamo informato le forze dell’ordine”. Purtroppo, aggiunge, “il decreto flussi è necessario perché l’Italia ha bisogno di manodopera. Ma c’è

una burocrazia talmente assurda che sembra fatta per disincentivare gli imprenditori onesti”.

Caritas Ragusa è stata quindi una pioniera in queste zone. A distanza di dieci anni, conclude il direttore Domenico Leggio, che è anche delegato regionale delle Caritas di Sicilia, “abbiamo fatto uscire il territorio dall’invisibilità, offerto strumenti di socialità alle famiglie e dato ai ragazzi l’opportunità di frequentare la scuola ed essere sostenuti. Il privato sociale, le istituzioni e le forze dell’ordine hanno iniziato ad interessarsi a queste realtà. Quando abbiamo denunciato le agromafie abbiamo subìto dei sabotaggi. Ma la Chiesa deve essere sempre presente nelle periferie del mondo”.



 

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Operazione finalizzata a contrastare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro connesso all’immigrazione illegale. – Questura di Matera

Ieri la Polizia di Stato ha condotto una vasta operazione, nelle province di Barletta-Andria-Trani, Cuneo, Foggia, Latina, Matera, Prato, Reggio Calabria e Trapani, finalizzata a contrastare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro connesso all’immigrazione illegale.

Sono state eseguite perquisizioni, controlli e verifiche nei confronti di soggetti, esercizi commerciali e basi logistiche riconducibili allo sfruttamento della manodopera di cittadini extracomunitari irregolari.

Le attività sono state condotte dal Servizio centrale operativo e dalle Squadre mobili provinciali, con il supporto delle SISCO, dei Reparti prevenzione crimine e di alcune unità di elicotteristi, in sinergia con personale specialistico delle ASL e dei competenti ispettorati del lavoro, impiegando sul territorio nazionale oltre 300 operatori della Polizia di Stato.

L’operazione è stata orientata, in particolare, ad effettuare controlli combinati presso diversi punti di raccolta di lavoratori stranieri irregolari, destinati a svolgere, al di fuori della prevista normativa, giornate lavorative in aziende agricole, opifici o esercizi commerciali, frequentemente riconducibili a cittadini stranieri.

Il dispositivo in campo, attuato in aree ad alta densità criminale per lo sfruttamento del lavoro irregolare, ha valorizzato il patrimonio informativo acquisito dalla Polizia di Stato nell’ambito della costante azione di contrasto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed ai network criminali transnazionali dediti al traffico di migranti, nonché alle forme di sfruttamento della manodopera straniera.

In particolare;

·in provincia di Prato, l’operazione si è concentrata in diverse aree, tra le quali il “Macrolotto” ed il “Macrolotto II”, ove già in passato la Polizia di Stato ha individuato aziende, gestite da imprenditori cinesi lì residenti, dediti allo sfruttamento del lavoro sia di cittadini cinesi che centro-africani;

·in provincia di Latina, le attività hanno interessato diversi esercizi commerciali di quel capoluogo, gestiti da cittadini nordafricani, ove sono impiegate maestranze extracomunitarie, nonché l’area territoriale di Cisterna di Latina, ove hanno sede aziende agricole che ricorrono a diffuse forme di sfruttamento del lavoro;

·in provincia di Cuneo, i controlli sono stati indirizzati nei luoghi utilizzati dai lavoratori illegali per raggiungere prevalentemente le aziende presenti nell’area dell’albese;

·in provincia di Foggia, sono stati individuati diversi siti rurali ove il fenomeno dello sfruttamento del lavoro connesso all’immigrazione clandestina ha tradizionalmente visto il reclutamento di cittadini extracomunitari sottoposti a turni e condizioni di lavoro degradanti;

·nella provincia di Barletta-Andria-Trani, sono state controllate aziende agricole nei territori di Canosa di Puglia, San Ferdinando di Puglia e dell’agro andriese, luoghi in cui insistono ampie aree rurali in cui viene sfruttato il lavoro irregolare di maestranze extracomunitarie;

·in provincia di Reggio Calabria, le operazioni hanno interessato, tra le altre cose, attività commerciali ed aziende agricole della piana di Gioia Tauro, alcune delle quali gestite irregolarmente da cittadini stranieri. I controlli sono stati indirizzati anche nelle aree ove dimorano molti stranieri in attesa di permesso di soggiorno;

·in provincia di Matera, le attività hanno interessato sia aziende manifatturiere, limitrofe ai centri urbani, che insediamenti ubicati nelle aree di campagna di Policoro;

·in provincia di Trapani, sono stati effettuati controlli in tutta il territorio provinciale, con particolare riferimento alle aree comprese tra Marsala e Mazara del Vallo, ove il fenomeno dello sfruttamento del lavoro connesso all’immigrazione illegale è presente nei più diversificati settori commerciali ed imprenditoriali.

 

A conclusione delle attività svolte sul territorio nazionale, risultano:

13  Persone arrestate

1673  Persone identificate

264  Persone con precedenti di polizia

636  Veicoli controllati

27  Posti di controllo

34  Perquisizioni effettuate

13  Persone denunciate

Sequestro marijuana  oltre 40 kg

Sequestro cocaina gr 116,91

Sequestro cannabinoidi gr 40.215,85

10 Contravvenzioni cds

5 Veicoli sequestrati

29 Esercizi controllati

4 Sanzioni amministrative

2 Avvio proc. art.100 tulps   

Al link il video dell’operazione:

(Fonte: Polizia di Stato – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Contrasto al fenomeno dello sfruttamento dell’immigrazione: Operazione ad Alto Impatto “Ghost Work” della Polizia di Stato di Matera. – Questura di Matera

La Polizia di Stato di Matera ha partecipato all’operazione “Ghost Work”, finalizzata al contrasto del fenomeno dello sfruttamento dell’immigrazione illegale, promossa in ambito nazionale ed eseguita ieri in 8 province

La Provincia di Matera, come le altre interessate dall’operazione, è stata scelta per le peculiarità del settore produttivo, che si presta all’abuso dell’utilizzo di manodopera straniera.

Gli operatori della Questura di Matera (in servizio presso Squadra Mobile, Commissariati di Policoro e Pisticci, Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica ed Ufficio Immigrazione), coadiuvati da equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine “Basilicata”, oltre che da personale dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Potenza – Matera, del Dipartimento Prevenzione Salute Umana, dell’Unità Operativa Medicina e Sicurezza sul Lavoro dell’A.S.M. di Matera e della Vigilanza Regionale I.N.P.S. – Regione Basilicata, hanno proceduto al controllo di 4 aziende, delle quali 3 intestate a cittadini cinesi e situate nella zona artigianale di Matera (salottifici), 1 intestata a cittadini italiani e situata a Policoro (azienda agricola).

operazione alto impatto foto 2

All’interno delle aziende sono stati complessivamente controllati 90 lavoratori, di cui 67 extracomunitari, 10 rumeni e 13 italiani.

Ai titolari di tutte e 4 le aziende controllate sono state contestate diverse violazioni amministrative, inerenti sia la normativa sul lavoro sia la sicurezza sui luoghi di lavoro, di seguito meglio specificate: art. 22 del d. lgs. 151/2015 (manodopera irregolare), art. 39 del d. l. 112/2008 (infedeli registrazioni a libro unico di più di nr. 5 lavoratori), legge 4/1953 (mancata consegna prospetti paga), art. 18, co. 1, l. B (visite mediche scadute); per alcuni lavoratori, è stato riscontrato l’omesso versamento contributivo (INPS) ed assicurativo (INAIL) da parte delle aziende, ed azionata la procedura di recupero.

A seguito della constatazione di tali violazioni, nei confronti di 2 aziende è stata disposta la sospensione dell’attività, in quanto la manodopera irregolare era superiore al 10% di quella complessivamente impiegata (art. 14 d.lgs. 81/2008).

I titolari di due salottifici sono stati denunciati in stato di libertà per la mancanza di dispositivi di protezione individuale da parte dei lavoratori (art. 18, co. 1, lett. F, d. lgs. 81/2008), inidoneità di macchine utensili (art. 63, co. 1, d. lgs. 81/2008), violazioni inerenti gli ambienti di lavoro (art. 64, d. lgs. 81/2008), mancanza di formazione da parte dei lavoratori (art. 37, d.lgs. 81/2008).   

Inoltre, all’interno dell’azienda agricola di Policoro sono stati rinvenuti dei containers, all’interno dei quali abitavano i dipendenti rumeni senza il rispetto delle condizioni igienico sanitarie. Pertanto, i due titolari dell’azienda sono stati denunciati in stato di libertà ai sensi dell’art. 64, co. 1, lett. A ed E, d. lgs. 81/2008, con conseguente sequestro penale di parte dell’azienda.    

operazione foto 3

Due extracomunitari sono stati accompagnati in Questura per accertamenti legati alla verifica della loro regolarità sul territorio nazionale.

Sempre nel corso della stessa operazione, un italiano ed una nigeriana residenti a Napoli sono stati denunciati in stato di libertà dalla Squadra Mobile della Questura di Matera, per una truffa on line ai danni di un residente di Matera.

Infine, sono state identificate 3 donne extracomunitarie, esercenti la prostituzione in abitazioni di Matera: è attualmente al vaglio la posizione dei locatari delle predette abitazioni.

Gli accertamenti compiuti sono nella fase delle indagini preliminari, che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa. 

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La Polizia di Stato esegue un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di una 38enne peruviana accusata, tra le altre cose, di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – Questura di Firenze

Eseguita nei giorni scorsi dalla Polizia di Stato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Firenze, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di una cittadina peruviana di 38 anni, accusata di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e di aver favorito la permanenza nel territorio dello Stato di cittadini stranieri irregolari, in concorso a vario titolo con altri due connazionali, oltre che di trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale.

Secondo quanto emerso, dopo una lunga quanto serrata attività di indagine portata avanti dalla Squadra Mobile della Questura di Firenze, la donna avrebbe sfruttato l’attività di prostituzione di una quindicina di persone di origine sudamericana.

Quest’ultima, secondo gli inquirenti, avrebbe infatti agevolato l’attività in questione fornendo ai cittadini stranieri, alcuni dei quali non in regola con le norme sul soggiorno, appartamenti dietro pagamento di un canone di locazione assolutamente fuori mercato, chiedendo, a seconda che la conduttrice conducesse nell’abitazione anche il cliente, dai 200 ai 350 euro settimanali, ossia 800/1400 euro mensili per singola camera all’interno di un immobile da condividere con altre persone, senza l’uso della cucina ed in un caso addirittura senza riscaldamento.

L’indagata sarebbe riuscita perciò a percepire per la sub-locazione di un solo appartamento, considerato che al suo interno vi era posto per 4/5 persone, anche oltre 5.000 euro, riuscendo a garantirsi per gli anni 2021 e 2022 un introito mensile di oltre 4.000 euro.

La 38enne, inoltre, avrebbe attribuito fittiziamente a dei “prestanome” il potenziale provento dell’attività illecita, acquistando, per interposta persona, un appartamento, un fondo commerciale ed un’autovettura BMW. La donna, già sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, avrebbe inoltre, più volte violato gli obblighi previsti da tale provvedimento allontanandosi da Firenze.

Le indagini della Squadra Mobile hanno portato all’individuazione di almeno cinque appartamenti sparsi per la città che, secondo gli investigatori, sarebbero stati nella disponibilità dell’indagata.

Oltre alla misura cautelare della custodia in carcere il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Firenze ha disposto anche il sequestro preventivo degli appartamenti in questione, di un conto corrente e di un’autovettura BMW.

Il procedimento è attualmente pendente in fase di indagini preliminari e l’effettiva responsabilità della persona destinataria della misura cautelare, in uno con la fondatezza delle ipotesi d’accusa mosse a suo carico, saranno vagliate nel corso del successivo processo. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona sottoposte ad indagini.

(Fonte: Polizia di Stato – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Lavoro dei migranti: uno studio dell’Angelicum indica i numeri dello sfruttamento

Un lavoro poco dignitoso, con ampie sacche di sfruttamento e a sprazzi irregolare. Il lavoro delle persone migranti a Roma assume questi tratti, secondo la ricerca realizzata dagli studenti della Facoltà di Scienze Sociali inseriti nel programma Strong+ dell’Università Angelicum, sotto la guida di fra’ Roberto Bongianni.
Attraverso una ricerca quantitativa è stata tratteggiata la condizione dell’occupato migrante. La ricerca è durata 10 mesi ed è stata effettuata su un campione di circa 400 lavoratori migranti – per un popolazione di lavoratori migranti nella Capitale pari a circa 219.000 persone – a cui è stato somministrato un questionario di 35 domande. Questionario suddiviso in 5 ambiti di interesse, che declinano il lavoro dignitoso: formazione e crescita (opportunità di carriera), aspetti economici e contrattuali, il rapporto tra vita privata e famiglia; parità e discriminazione e, infine, tutela e sicurezza (contributi previdenziali). Misurando i dati di soddisfazione indicati da chi ha compilato il questionario, emerge un “quadro problematico”, “più problematico di quello degli italiani”. Ogni indicatore ha presentato 5 fasce di valutazione: dignitoso, tollerabile, mediocre, insoddisfacente e indecente.
Così su 100 lavoratori migranti solo il 6.7% raggiunge la soglia di un lavoro dignitoso, mentre il 26.4% la soglia di tollerabilità, il 31.3% per cento la mediocrità, per il 26.4% il lavoro è insoddisfacente e per il 9.1% indecente.

Dimensione etica del lavoro. Lo studio ha avuto l’obiettivo di offrire una misura del “decent work” concetto importante per definire le condizioni del lavoro dignitoso, già presente oggi negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e nella riflessione del magistero sociale della Chiesa cattolica. Lo studio nasce dalla volontà di fare emergere il sentito dire, e poter esprimere in senso oggettivo una misura di alcuni aspetti – spiega fra’ Roberto Bongianni -. Il lavoro è particolarmente importante perché associato alla dignità della persona, su un ambito problematico anche per gli italiani”.

“Volevamo dare una misura del disagio che vive il lavoro migrante in modo da far uscire questo fenomeno dal sentito dire e far parlare i numeri. Avendo dati oggettivi si possono sollevare i problemi in modo che i responsabili possano adottare politiche adeguate per migliorare la condizione”.

Regolarità e controlli. I dati si soffermano anche su alcuni aspetti che permettono di andare più a fondo per capire la situazione di disagio: più del 48% delle persone intervistate non ha mai ricevuto un corso di formazione. “Purtroppo non si investono risorse nell’ambito della formazione e della crescita sul lavoro migrante. Queste persone non frequentano corsi di questo genere ed è preoccupante, perché ad esempio i corsi di formazione sulla sicurezza sono obbligatori. Emergono quindi diverse irregolarità nel rispetto delle normative sul lavoro”. E, ancora, il 41.7% per cento di lavoratori migranti vive sotto la soglia della povertà che l’Istat indica per Roma, in 1.049 euro. “La povertà oggi è diffusa, ma i dati evidenziano come il problema sia presente anche nel mondo del lavoro, e soprattutto dei lavoratori migranti”. Il 13% per cento di loro lavora più di 50 ore a settimana, il 20% non riesce ad usufruire delle ferie, al 12% non viene riconosciuto il diritto al riposo. Il 29% è pagato sempre e solo in contanti, “altro segno evidente di una chiara condizione di illegalità”.

Dal punto di vista della parità e del rispetto. Emerge il dato significativo di come sia ancora presente un problema di discriminazione razziale che affligge soprattutto coloro che provengono dall’Africa e dall’America Latina. Aree di provenienza che restano relegate a condizioni di lavoro insoddisfacenti in rapporto alla dignità con salari medi orari netti spesso inferiore ai 5 euro l’ora. L’ultimo ambito quella della tutela e sicurezza evidenzia una bassa adesione a partecipare ai sindacati (solo il 14%); mentre nell’ambito previdenziale il 18% non sa nulla della propria posizione contributiva, mentre il 10% è sicuro che il datore di lavoro non ha mai versato contributi previdenziali.
Per concludere dalla ricerca emerge come il contratto tipico, quello a tempo indeterminato (il 50,9% del campione ha un contratto a tempo indeterminato), sia lo strumento migliore, ma non sufficiente, ad assicurare una condizione di dignità, mentre con altre forme contrattuali (contratti in somministrazione, a chiamata, soci in cooperative) la situazione si presenta compromessa. L’occupazione dei lavoratori stranieri a Roma riguarda soprattutto piccole e medie imprese, all’interno delle quali non è prevista una rappresentanza sindacale, e dove è anche difficile e costoso esercitare controlli; per tale ragione è necessario favorire per i migranti che lavorano percorsi di tutela e legalità più accessibili ed efficaci.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Cagliari: la Polizia di Stato smantella un’associazione a delinquere dedita allo sfruttamento del lavoro nero. – Questura di Cagliari

Caporalato

Arrestati cinque stranieri membri della presunta associazione. Decine gli stranieri reclutati per lavorare in diverse aziende agricole e nei vigneti di note cantine della provincia di Cagliari.

Nel rispetto dei diritti delle persone indagate e della presunzione di innocenza, per quanto risulta allo stato, salvo ulteriori approfondimenti e in attesa del giudizio, si comunica quanto segue:

All’alba di oggi, la Polizia di Stato ha smantellato una presunta associazione a delinquere che reclutava i cittadini stranieri ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria di Monastir (CA), per farli lavorare in nero in alcune aziende agricole della provincia. La Squadra Mobile di Cagliari ha eseguito, di iniziativa, cinque fermi di indiziato di delitto a carico di altrettanti cittadini pakistani, dimoranti a Cagliari, tutti con permesso di soggiorno in Italia, indagati per aver costituito e organizzato un’associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro nero, con violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro. Secondo quanto è emerso sinora dalle attività di indagine, condotte dalla sezione criminalità straniera della mobile, gli indagati avrebbero avviato al lavoro irregolare almeno quaranta ospiti del C.A.S. di Monastir (CA), perlopiù richiedenti asilo o protezione internazionale. Le indagini sono iniziate lo scorso mese di giugno, grazie a uno dei lavoratori sfruttati che ha raccontato tutto alla Polizia. Ogni mattina all’alba, alcuni degli indagati avrebbero prelevato gli stranieri con auto o furgoni per portarli a lavorare nelle aziende agricole. La paga che rimaneva a ogni lavoratore era di circa 5 euro l’ora. La giornata lavorativa iniziava alle 5 del mattino e si concludeva nel primo pomeriggio, quando i lavoratori venivano riaccompagnati al Centro di Accoglienza. I lavoratori, spesso, dovevano anche procurarsi il pasto. Le attività di intercettazione e di pedinamento hanno consentito di documentare il presunto accordo criminale fra i cinque fermati e le trattative con gli imprenditori agricoli per la selezione del personale più adatto al tipo di raccolto, per l’ammontare della paga giornaliera e per l’orario di lavoro. Una parte della paga complessiva, circa 16 euro, che i datori di lavoro davano agli indagati, sarebbe stata trattenuta come prezzo dell’intermediazione illecita. Uno dei fermati era ospite del C.A.S. e si sarebbe occupato, da dentro, di scegliere i lavoratori in base alle richieste dei datori di lavoro e alle capacità degli stranieri che arrivavano all’interno della struttura dopo ogni “sbarco”. L’organizzazione disponeva anche di autisti con auto e furgoni che, ogni giorno, portavano a destinazione i lavoratori e li riaccompagnavano al C.A.S. a fine giornata. Due dei fermati avevano costituito due società “paravento” di intermediazione lavoro, che sarebbero servite per fornire ai datori di lavoro non solo lavoratori “regolari” a tempo determinato ma anche quelli in nero. Due autovetture e due furgoni utilizzati per il trasporto dei lavoratori sono stati sottoposti a sequestro preventivo. Al momento, sono 12 i titolari di aziende agricole e cantine indagati in stato di libertà perché avrebbero utilizzato lavoratori in nero, sottoponendoli a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. Un altro cittadino pakistano che avrebbe fatto da autista per l’organizzazione è stato indagato in stato di libertà, quale partecipe dell’associazione a delinquere. Durante l’esecuzione dei fermi alcune aziende interessate dalle indagini sono state controllate dalla Polizia insieme all’Ispettorato del lavoro di Cagliari. I fermati sono stati portati nel carcere di Uta (CA), in attesa dell’udienza di convalida.


(Fonte: Polizia di Stato – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Cagliari: la Polizia di Stato smantella un’associazione a delinquere dedita allo sfruttamento del lavoro nero

All’alba di oggi, la Polizia di Stato ha smantellato una presunta associazione a delinquere che reclutava i cittadini stranieri ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria di Monastir (CA), per farli lavorare in nero in alcune aziende agricole della provincia. La Squadra Mobile di Cagliari ha eseguito cinque fermi di indiziato di delitto a carico di altrettanti cittadini pakistani, dimoranti a Cagliari, tutti con permesso di soggiorno in Italia, indagati per aver costituito e organizzato un’associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro nero, con violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro. Un altro cittadino pakistano, che avrebbe fatto da autista per l’organizzazione, è stato indagato in stato di libertà quale partecipe dell’associazione a delinquere. I fermati, ogni mattina, prelevavano dal C.A.S. gli stranieri e li portavano a lavorare in alcune aziende agricole della provincia, che li sfruttavano dando loro una paga di 5 euro l’ora. A volte i lavoratori dovevano provvedere anche a procurarsi il cibo per la  giornata. Sono 12 i titolari di aziende agricole e cantine indagati in stato di libertà perché avrebbero utilizzato manodopera, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. Nell’operazione sono stati impegnati complessivamente 60 uomini della Squadra Mobile, del Reparto Prevenzione Crimine di Abbasanta e del Reparto Mobile di Cagliari.

Deteneva video e immagini di pornografia minorile realizzati mediante lo sfruttamento di bambini e adolescenti tra i sei e i quattordici anni: arrestato dalla Polizia Postale

Personale specializzato della Sezione Operativa per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale di Verona, diretto dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Venezia, all’esito di un’articolata indagine di polizia giudiziaria ha tratto in arresto un quarantasettenne della provincia di Verona, che nel tempo era riuscito a creare un archivio di centinaia di files multimediali, di abusi sessuali su minori, anche in tenera età.
L’attività è stata coordinata dal Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online (CNCPO) del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, a seguito di una segnalazione ricevuta nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia circa la diffusione sulla rete internet di contenuti multimediali realizzati mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni 18.
Nei confronti dell’uomo è scattato l’arresto in flagranza per detenzione di ingente quantitativo di materiale di pornografia minorile, che, sottoposto a sequestro, verrà analizzato dagli esperti della Polizia Postale per identificare i minori vittime degli abusi documentati nei file.
Si rammenta che la persona sottoposta ad indagini si presume innocente fino a quando non è stata pronunciata sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili che ne abbiano accertato la colpevolezza.

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(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Utero in affitto. Armeni: “Altro che libertà, è sfruttamento”

Prende il via oggi nell’Aula della Camera l’esame del disegno di legge “in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano”. Va dritta al punto la giornalista, scrittrice e conduttrice televisiva Ritanna Armeni. 

Maternità surrogata, gestazione per altri, utero in affitto. Che cosa preferisce?
A questa procedura si possono dare i nomi più disparati secondo il giudizio che si vuole esprimere: io scelgo utero in affitto perché il mio giudizio è totalmente negativo. Chiamiamo le cose con il loro vero nome: si tratta realmente di utero in affitto,

una pratica da combattere con assoluta determinazione.

Ritiene che il ddl in discussione alla Camera possa costituire uno strumento efficace per arginare questa pratica nel nostro Paese?
Tendenzialmente, su questioni come queste credo molto nelle battaglie culturali, nell’importanza di avviare un dibattito, nella capacità di discutere e convincere le persone. Non ho invece fiducia nell’efficacia delle leggi; indicano certamente una propensione e un atteggiamento culturale ma sono facilmente aggirabili.

Secondo lei il principio del “reato universale” è irrealistico?
Sì, ed è facilmente aggirabile. A mio avviso questo tema andrebbe affrontato a monte, dal punto di vista antropologico e culturale. Dietro l’utero in affitto si nasconde un profondo cambiamento sociale rispetto alla maternità, alla paternità, al rapporto tra infanzia il mondo adulto. Definiamolo pure reato universale, ma che cosa cambierebbe nella pratica Dal mio punto di vista bisognerebbe invece convincere le persone che si può agire, lavorare, pensare ed anche essere felici su altri valori. Mi trovo spesso in contrasto con diverse femministe: pur pensandola allo stesso modo sull’utero in affitto, in loro c’è un’idea di punitività che non mi appartiene.

Che cosa risponderebbe a chi sostiene che si tratta della libera scelta di una donna di disporre del proprio corpo?
È una scusa e un uso sbagliato di vecchi principi che hanno contraddistinto la nascita del movimento femminista. Il sottinteso di questa affermazione è “il corpo è mio e lo gestisco io”, ma noi non sappiamo che cosa farebbe quella donna se non si trovasse in uno stato di bisogno. In questa vicenda mi colpiscono le chiacchiere e le bugie che le persone che decidono di ricorrere a questa pratica si raccontano. Ne ho conosciute diverse: sostengono tutte di avere fatto del bene alla madre surrogata, che questa voleva fare del bene a loro e loro gliene hanno dato l’opportunità, che non c’è stato alcuno sfruttamento perché tutto è avvenuto nel pieno esercizio della libertà da parte di chi ha “prestato” il proprio utero. Sappiamo benissimo, invece, che le donne che decidono per alcune migliaia di euro o di dollari – perché in alcuni paesi i compensi per le madri surrogate sono davvero molto bassi, in Georgia ad esempio circa 2mila euro – di affittare una parte del proprio corpo lo fanno per necessità economica.

Invocare principi di libertà o di autodeterminazione è solo un alibi per lavarsi la coscienza.

Quando si è stretti dal bisogno, non si può parlare di libertà. Per me, vecchia marxista, la libertà è soprattutto libertà dalla necessità.

Un’altra argomentazione utilizzata dai paladini dell’utero in affitto è l’altruismo nei confronti di chi, pur desiderando figli, non riesce ad averne.
E’ esattamente il contrario. Questa pratica non ha nulla di altruistico, anzi. Accentua l’egoismo perché è centrata sull’idea che la maternità sia un fatto esclusivamente biologico: per essere madre devi possedere un corpo, che poi in questo caso non è il tuo. Esalta una forma egoistica di maternità come possesso perché il bambino viene a tutti gli effetti “acquistato”, e la maternità non è questo. Rafforza l’idea che attraverso il denaro si possa ottenere tutto e che ogni desiderio, ancorché umanamente comprensibile, possa diventare un diritto assoluto. Io credo che questo non aiuti le persone che non hanno figli a cercare un altro modo di essere genitori, e non a caso uso il termine “genitori” e non “madre”.

Ripercorrere la strada biologica tradizionale usando il denaro dei ricchi e il bisogno dei poveri è una scorciatoia sbagliata.

Sarebbe preferibile aiutare i primi a scoprire un’idea progressiva, benefica, intelligente della genitorialità. Possibile si pensi solo a “comperare” l’utero di una donna

Sta pensando all’adozione o a che cosa
All’adozione, ma anche a qualsiasi forma di accoglienza, alla capacità di esprimere comunque paternage e maternage nella società.

Maternità e genitorialità non dovrebbero essere contrapposte. Che ne pensa
Non condivido la mistica della maternità sbandierata da gran parte del mondo femminista in questa battaglia.

La mia condanna dell’utero in affitto non è ispirata da una presunta supremazia della madre in quanto tale, ma semplicemente dal fatto che si tratta di puro sfruttamento.

La mistica della maternità nuoce a questa campagna. Se proprio dobbiamo avere una mistica, sia una mistica della genitorialità, ossia della capacità del mondo adulto di affrontare il fenomeno di una società nella quale si fanno pochi figli, la qualità della vita si è abbassata, il dislivello tra il mondo dei poveri e il mondo dei ricchi è tale da portare a inaccettabili forme di sfruttamento come questa.

 

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Esecuzione alla Ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari ed al decreto di sequestro preventivo emessi dal G.I.P. per i reati di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. – Questura di Varese

sequestro

Sabato 15 luglio, la Polizia di Stato di Gallarate ha dato esecuzione alla Ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari ed al decreto di sequestro preventivo emessi dal G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di una quarantacinquenne italiana residente nella provincia di Varese indagata per i reati di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Le misure cautelari seguono l’attività d’indagine esperita circa una settimana addietro allorquando gli agenti del Commissariato di Gallarate irrompevano in una villetta sita in Somma Lombardo scoprendo una vera e propria “casa di appuntamenti”, gestita professionalmente dalla “maitresse”, proprietaria dell’immobile. 

Il pericolo di inquinamento probatorio e la reiterazione del reato, hanno indotto la Procura della Repubblica a richiedere ed ottenere la misura cautelare degli arresti domiciliari onde evitare che l’odierna indagata potesse alterare il materiale probatorio sinora emerso od ostacolare le indagini, oltre a reiterare la condotta illecita, sua principale fonte di reddito.

Ritenuti inoltre sussistenti tutti i presupposti che portarono una settimana or sono, al sequestro preventivo dell’immobile, utilizzato dall’indagata solo in apparenza quale propria abitazione, ma di fatto luogo fondamentale per consentirle di favorire l’attività di prostituzione delle ragazze ivi impiegate e di trarre profitto da tale attività illecita; valutato inoltre che la libera disponibilità potrebbe consentire la commissione di ulteriori delitti della medesima indole, anche da parte di terze persone, il G.I.P. ha convalidato e disposto quale misura cautelare reale, il sequestro preventivo della villetta di proprietà dell’indagata.   

Immediatamente rintracciata dagli agenti del Commissariato e sottoposta agli arresti domiciliari, alla donna è stato altresì imposto il divieto di incontrare e/o comunicare con ogni mezzo con persone non autorizzate, di utilizzare la rete internet ed i social network quali Facebook, Instagram Whatsapp, Telegram ed altre applicazioni di messaggistica istantanea.


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Caltanissetta: eseguite 8 misure cautelari in ordine al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento lavorativo nelle provincie di Caltanissetta e Agrigento | Polizia di Stato

La Polizia di Stato  ha eseguito, nel corso delle indagini preliminari, otto misure cautelari personali emesse, su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta, dal Giudice per le Indagini Preliminari. Uno degli indagati è stato sottoposto agli arresti domiciliari, ad un altro è stato applicato l’obbligo di dimora nella città di Delia e per altri titolari di aziende agricole è stato disposto il divieto per 1 anno di esercitare l’attività d’impresa. Le indagini hanno avuto inizio nel mese di maggio 2022 a seguito di alcune segnalazioni pervenute alla Squadra Mobile. Dall’ascolto di alcuni cittadini pakistani emergeva che un uomo italiano reclutava, vicino la stazione di Caltanissetta, ogni mattina alle 5.00 degli operai extracomunitari per portarli nelle campagne di Delia e di Agrigento a lavorare.I poliziotti della squadra mobile, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno effettivamente riscontrato che quotidianamente uno degli indagati, in concorso con un altro soggetto italiano, avrebbe reclutato decine di operai da condurre nelle campagne. L’attività d’indagine ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza ritenuti dal G.I.P. a carico di 8 indagati, dei quali 6 imprenditori agricoli che quotidianamente richiedevano forza lavoro, prevalentemente extracomunitaria, al fine di impiegarla in c.d. nero presso le loro aziende agricole. Durante la complessa attività d’indagine sono stati effettuati più controlli presso le aziende agricole interessate. Gli operai, ascoltati dagli investigatori della Squadra Mobile, dichiaravano di percepire esigue paghe giornaliere per 8 ore di lavoro al giorno, prestate in assenza di condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro. Sempre secondo quanto dichiarato dai lavoratori, quest’ultimi si vedevano costretti ad accettare le condizioni di sfruttamento in quanto versavano in stato di bisogno. Durante uno dei controlli effettuato a Caltanissetta è stato possibile constatare che uno degli indagati trasportava gli operai in assenza di qualsivoglia norma di sicurezza, poiché aveva modificato un furgone approntando delle sedute all’interno, prive di sistemi di ritenzione, il tutto al fine di poter reclutare quanti più lavoratori possibile. Secondo quanto ritenuto dal G.I.P. due indagati avrebbero percepito parte dei compensi spettanti al lavoratore come compenso per l’attività di intermediazione illecita. Uno degli indagati avrebbe minacciato di morte gli operai in caso di mancato rispetto delle regole da lui imposte, costringendoli anche a comprare gli attrezzi da lavoro ed i guanti di protezione. L’attività investigativa ha permesso di monitorare i comportamenti, presunti illeciti, dei mesi di giugno e luglio 2022. La Polizia di Stato, alle prime luci dell’alba di lunedì, ha raggiunto i destinatari della misura cautelare. Tutti e 8, adesso, sono a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per le future fasi del procedimento penale.

(Fonte: Polizia – Questura – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Caltanissetta: eseguite 8 misure cautelari in ordine al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento lavorativo nelle provincie di Caltanissetta e Agrigento

La Polizia di Stato  ha eseguito, nel corso delle indagini preliminari, otto misure cautelari personali emesse, su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta, dal Giudice per le Indagini Preliminari. Uno degli indagati è stato sottoposto agli arresti domiciliari, ad un altro è stato applicato l’obbligo di dimora nella città di Delia e per altri titolari di aziende agricole è stato disposto il divieto per 1 anno di esercitare l’attività d’impresa. Le indagini hanno avuto inizio nel mese di maggio 2022 a seguito di alcune segnalazioni pervenute alla Squadra Mobile. Dall’ascolto di alcuni cittadini pakistani emergeva che un uomo italiano reclutava, vicino la stazione di Caltanissetta, ogni mattina alle 5.00 degli operai extracomunitari per portarli nelle campagne di Delia e di Agrigento a lavorare.I poliziotti della squadra mobile, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno effettivamente riscontrato che quotidianamente uno degli indagati, in concorso con un altro soggetto italiano, avrebbe reclutato decine di operai da condurre nelle campagne. L’attività d’indagine ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza ritenuti dal G.I.P. a carico di 8 indagati, dei quali 6 imprenditori agricoli che quotidianamente richiedevano forza lavoro, prevalentemente extracomunitaria, al fine di impiegarla in c.d. nero presso le loro aziende agricole. Durante la complessa attività d’indagine sono stati effettuati più controlli presso le aziende agricole interessate. Gli operai, ascoltati dagli investigatori della Squadra Mobile, dichiaravano di percepire esigue paghe giornaliere per 8 ore di lavoro al giorno, prestate in assenza di condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro. Sempre secondo quanto dichiarato dai lavoratori, quest’ultimi si vedevano costretti ad accettare le condizioni di sfruttamento in quanto versavano in stato di bisogno. Durante uno dei controlli effettuato a Caltanissetta è stato possibile constatare che uno degli indagati trasportava gli operai in assenza di qualsivoglia norma di sicurezza, poiché aveva modificato un furgone approntando delle sedute all’interno, prive di sistemi di ritenzione, il tutto al fine di poter reclutare quanti più lavoratori possibile. Secondo quanto ritenuto dal G.I.P. due indagati avrebbero percepito parte dei compensi spettanti al lavoratore come compenso per l’attività di intermediazione illecita. Uno degli indagati avrebbe minacciato di morte gli operai in caso di mancato rispetto delle regole da lui imposte, costringendoli anche a comprare gli attrezzi da lavoro ed i guanti di protezione. L’attività investigativa ha permesso di monitorare i comportamenti, presunti illeciti, dei mesi di giugno e luglio 2022. La Polizia di Stato, alle prime luci dell’alba di lunedì, ha raggiunto i destinatari della misura cautelare. Tutti e 8, adesso, sono a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per le future fasi del procedimento penale.

La Polizia di Stato esegue otto misure cautelari in ordine al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento lavorativo nelle provincie di Caltanissetta e Agrigento – Questura di Caltanissetta

la Polizia di Stato esegue otto misure cautelari in ordine al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento lavorativo nelle provincie di Caltanissetta e Agrigento

I lavoratori sarebbero stati costretti ad accettare paghe esigue e condizioni di sfruttamento in quanto versavano in stato di bisogno.

La Polizia di Stato di Caltanissetta ha eseguito, nel corso delle indagini preliminari, otto misure cautelari personali emesse, su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta, dal Giudice per le Indagini Preliminari. Uno degli indagati è stato sottoposto agli arresti domiciliari, ad un altro è stato applicato l’obbligo di dimora nella città di Delia e per altri titolari di aziende agricole è stato disposto il divieto per 1 anno di esercitare l’attività d’impresa. Le indagini hanno avuto inizio nel mese di maggio 2022 a seguito di alcune segnalazioni pervenute alla Squadra Mobile. Dall’ascolto di alcuni cittadini pakistani emergeva che un uomo italiano reclutava, vicino la stazione di Caltanissetta, ogni mattina alle 5.00 degli operai extracomunitari per portarli nelle campagne di Delia e di Agrigento a lavorare. Gli uomini della Polizia di Stato, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno effettivamente riscontrato che quotidianamente uno degli indagati, in concorso con un altro soggetto italiano, avrebbe reclutato decine di operai da condurre nelle campagne. L’attività d’indagine ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza ritenuti dal G.I.P. a carico di 8 indagati, dei quali 6 imprenditori agricoli che quotidianamente richiedevano forza lavoro, prevalentemente extracomunitaria, al fine di impiegarla in c.d. nero presso le loro aziende agricole. Durante la complessa attività d’indagine sono stati effettuati più controlli presso le aziende agricole interessate. Gli operai, ascoltati dagli investigatori della Squadra Mobile, dichiaravano di percepire esigue paghe giornaliere per 8 ore di lavoro al giorno, prestate in assenza di condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro. Sempre secondo quanto dichiarato dai lavoratori, quest’ultimi si vedevano costretti ad accettare le condizioni di sfruttamento in quanto versavano in stato di bisogno. Durante uno dei controlli effettuato a Caltanissetta è stato possibile constatare che uno degli indagati trasportava gli operai in assenza di qualsivoglia norma di sicurezza, poiché aveva modificato un furgone approntando delle sedute all’interno, prive di sistemi di ritenzione, il tutto al fine di poter reclutare quanti più lavoratori possibile. Secondo quanto ritenuto dal G.I.P. due indagati avrebbero percepito parte dei compensi spettanti al lavoratore come compenso per l’attività di intermediazione illecita. Uno degli indagati avrebbe minacciato di morte gli operai in caso di mancato rispetto delle regole da lui imposte, costringendoli anche a comprare gli attrezzi da lavoro ed i guanti di protezione. L’attività investigativa ha permesso di monitorare i comportamenti, presunti illeciti, dei mesi di giugno e luglio 2022. La Polizia di Stato, alle prime luci dell’alba di lunedì, ha raggiunto i destinatari della misura cautelare. Tutti e 8, adesso, sono a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per le future fasi del procedimento penale.


(Fonte: Polizia di Stato – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)