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'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

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Orta di Atella. Reati contro la persona, il patrimonio e in materia di stupefacenti: arrestato pregiudicato

Il 24 luglio 2024 in Orta di Atella (CE), presso un’abitazione di via Masseria del Barone i militari della Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Marcianise, all’esito di articolate attività investigative, coordinate e dirette da questa Procura, traevano in flagrante arresto un pregiudicato, T. A., gravato da numerosi precedenti di polizia per reati contro la persona, il patrimonio e in materia di stupefacenti, poiché responsabile di evasione, ricettazione, nonché di detenzione di arma da fuoco clandestina, con relativo munizionamento.

Nella circostanza a carico del soggetto venivano notificati: l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, il 30 giugno 2023, dal GIP presso Tribunale Napoli Nord, a seguito della quale veniva dichiarato latitante, poiché responsabile di lesioni personali gravi, detenzione- e porto illegale in luogo pubblico di arma da fuoco, nonché evasione; il provvedimento di sostituzione degli arresti domiciliari con la misura cautelare in carcere disposto dall’Ufficio di Sorveglianza di Napoli il 1° luglio 2023, dovendo il detenuto espiare un residuo pena fino al 26 novembre 2030.

L’ordinanza di custodia cautelare deriva dai gravi fatti consumati, il 6 giugno 2023, in Caivano, allorquando il pregiudicato nei-pressi del parcheggio del supermercato MD, esplodeva dei colpi di arma da fuoco all’indirizzo di una persona, provocandole ferite agli arti inferiori con prognosi di gg. 30.

Nell’ambito della perquisizione personale e domiciliare eseguita dagli operanti, venivano rinvenuti e sottoposti a sequestro: n. 1 pistola Beretta Mod. 98 FS, cal. 9×21 con matricola abrasa, abilmente celata in un vano della cappa cucina; n.-1 caricatore, contenente 13 cartucce’`G.F.L.” 9×21; 1 cartuccia incamerata in canna, marca “G. F. L.” 9×21,
grammi 0.32 di “marijuana”, e grammi 2 di hashish, destinati ad uso personale.

Dopo aver espletato le formalità di rito, l’arrestato veniva tradotto presso Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

(PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Napoli nord, il Procuratore Capo dr.ssa Maria Antonietta Troncone – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Card. Zuppi: “Costruire un Paese per tutti con al centro la persona”

(Trieste) “I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro”. Parola del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che aprendo la Settimana sociale di Trieste, davanti al presidente Mattarella, ha declinato in particolare due parole – partecipazione e solidarietà – per tratteggiare un ritratto dei cattolici in Italia come “un unico popolo”, che guarda “con preoccupazione al pericolo dei populismi che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla”. “La partecipazione, cuore della nostra Costituzione, consente e richiede la fioritura umana dei singoli e della società, accresce il senso di appartenenza, educa ad avere un cuore che batte con gli altri, tra le differenze”, l’analisi di Zuppi, che ha ringraziato il Capo dello Stato “per il suo servizio di custode e garante della democrazia e dei valori della nostra Repubblica e dell’Europa”. L’auspicio, da una “città di frontiera” come Trieste, è quello di “costruire il domani di un Paese per tutti, con al centro la persona”.

“Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, ha pensato e operato non per sé ma per il bene comune del popolo italiano”,

l’esordio di Zuppi sulla scorta del cammino compiuto dalle Settimane sociali in questi 50 anni. “Non vogliamo che i confini siano muri o, peggio, trincee, ma cerniere e ponti!”, ha esclamato il cardinale: “Lo vogliamo perché questo è il testamento di chi sulle frontiere ha perso la vita. Lo vogliamo per quanti, a prezzo di terribili sofferenze, si sono fatti migranti e chiedono di essere considerati quello che sono: persone!”. “I cristiani prendono sul serio la patria, tanto che sono morti per essa, ma sanno anche che c’è sempre una patria in cielo e questo ci rende familiari di tutti e a casa ovunque”, le parole sulla scorta di De Gasperi.

“La Chiesa è madre di tutti”, ha ribadito il presidente della Cei, secondo il quale “leggere e qualificare le sue posizioni in un’ottica politica, deformando e immiserendo le sue scelte a convenienze o partigianerie, non fa comprendere la sua visione che avrà sempre e solo al centro la persona, senza aggettivi o limiti”.

“Oggi è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico”, l’appello sulla scorta di Giovanni Paolo II, e perciò “i laici cristiani non possono sottrarsi alle loro responsabilità”, partendo dalla consapevolezza che

“la pace e lo sviluppo non sono beni conquistati una volta per tutte”,

ma richiedono quello che Papa Francesco chiama “amore politico” e che “deve assumere l’unità come un obiettivo da perseguire, da difendere e da far crescere”. “Non vogliamo accontentarci di facili lamentele sulla crisi della democrazia e sulla scarsa partecipazione al voto”, l’indicazione di rotta del presidente della Cei: “Ci impegniamo per risposte positive, consapevoli, condivise, possibili”. No, allora, all’apatia o alla rassegnazione:

“la nostra democrazia può e deve essere migliore e più inclusiva”.

“La Chiesa non rivendica privilegi, non li cerca”, la precisazione sul contributo che la Chiesa può offrire all’Italia “in questa stagione storica”. “Ci sentiamo parte di un Paese che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali”, ha garantito Zuppi: “basti pensare all’inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all’astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l’onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso. Sentiamo la sfida dell’accoglienza dei migranti, della transizione ecologica, della solitudine che avvolge molte persone, della difficoltà di spazi per i giovani, dell’aumento della conflittualità nei rapporti sociali e tra i popoli, infine della guerra che domina lo scenario internazionale e proietta le sue ombre su tutto questo”.

“La solidarietà è verso tutti, non guarda il passaporto

perché tutti diventano il nostro prossimo e parte nel nostro futuro”, il monito riguardo alla necessaria attenzione verso i poveri, gli anziani, i fragili, i disabili, “i giovani che sentono di non avere un futuro ma in realtà lo cercano, le donne vittime della violenza maschile, chi lavora in condizioni inaccettabili, alla casa senza la quale non c’è integrazione e nemmeno famiglia e futuro”. Poi il riferimento alla stringente attualità:

“Satnam Singh sognava il futuro e lavorava per ottenerlo: è uno di noi. Sentiamo totalmente estraneo a noi il caporalato, la disumanità, lo sfruttamento delle braccia che dimenticano e umiliano la persona che offre le sue braccia”.

La solidarietà, per il presidente della Cei, “presidia e difende la vita di tutti, tutela il diritto a nascere come quello ad essere curati e accompagnati fino alla fine, difesi dal dolore e senza che nessuna logica o calcolo affretti la morte di nessuno. La solidarietà è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l’individuo e non ne sa valorizzare le capacità e, alla fine, svuota la democrazia”.

Oggi, la denuncia di Zuppi, “la democrazia soffre perché le società sono sempre più polarizzate, attraversate cioè da tensioni sempre più aspre tra gruppi antagonisti, dominate dalla contrapposizione amico-nemico”.

Non c’è democrazia, invece, “senza un noi”, senza la difesa della dignità umana “dove è più pesantemente violata”, perché la democrazia “vuol dire contrasto alla cultura dello scarto, alle dipendenze, alle condizioni indegne nelle carceri, ai tanti feriti della malattia psichiatrica”. La democrazia, come recita il tema della Settimana sociale di Trieste, è partecipazione.

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(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Servizi alla persona, stop agli abusivi: CNA Campania Nord sostiene la campagna di sensibilizzazione

CNA Campania Nord sostiene con forza la campagna contro l’abusivismo nei settori dell’acconciatura e dell’estetica promossa da CNA nazionale e da Confartigianato con il patrocinio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

«L’azione di sensibilizzazione che stiamo mettendo in campo ha come obiettivo quello di tutelare le tante imprese che operano nel comparto dei servizi alla persona che si trovano a fronteggiare la concorrenza sleale di quei lavoratori che girano per le case a nero, senza rispettare norme di sicurezza e di igiene che danneggiano il mercato e che, nel contempo, non tutelano l’utente finale».

A dichiararlo sono il segretario e il presidente di CNA Campania Nord Francesco Geremia e Vincenzo Santo che sottolineano come il fenomeno sia fortemente diffuso nelle province di Napoli, Caserta e Benevento e come da sempre CNA lavori ad arginarlo.

I dati relativi al problema sono elevatissimi. Nel nostro Paese, l’abusivismo nel settore dei servizi alla persona (tra cui rientrano le attività di acconciatura ed estetica) è in continua crescita con un tasso di irregolarità del 27,6%.

Si tratta del valore più alto tra i vari settori e supera di gran lunga il tasso medio nazionale, che si ferma al 14,4%.

Tale fenomeno è stato aggravato dalle conseguenze della pandemia Covid-19 – che hanno consentito l’inserimento nel mercato di figure che, a dispetto delle disposizioni di chiusura di saloni di acconciatura e centri estetici, hanno erogato prestazioni a domicilio, sottraendo in tal modo clientela agli operatori regolari.

Si aggiunge al quadro il recente proliferare di piattaforme online che operano indisturbate, proponendo prestazioni a domicilio o addirittura in forma ambulante, senza curarsi dei limiti imposti dalle normative di settore e dai regolamenti comunali.

«Affidarsi a professionisti competenti e riconosciuti significa scegliere un servizio di qualità che rispetta i parametri di legge e tutela la salute dei clienti – hanno evidenziato Geremia e Santo – confidiamo nel sostegno delle istituzioni alle nostre battaglie contro l’abusivismo. Risultati concreti, infatti, si possono ottenere se solo associazioni di categoria, operatori del settore e cittadini remano dalla stessa parte».

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Dipendenze. Pozzi: “Per il Cnca è fondamentale mettere sempre al centro la persona. Autonomia differenziata disastrosa per comunità terapeutiche”

Quarant’anni di storia, a fianco di chi, nella vita, ha problemi di marginalità, per scelte sbagliate. “Il Cnca è una realtà che, nei suoi quarant’anni di storia, ha visto come protagoniste tante comunità terapeutiche”, dice la presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), Caterina Pozzi. Pozzi ci spiega che un principio cardine è sempre stato “mettere al centro la persona, il suo progetto di vita, la sua capacità di autodeterminare la propria storia”. E l’importanza di coinvolgere la persona nel proprio percorso.

(Foto Caterina Pozzi)

In questo lungo arco di tempo è cambiata e come la vostra mission?

Il Cnca ha più di 40 anni e da subito si è occupato di giovani che avevano, soprattutto negli anni ’80, dipendenza da eroina. Ad oggi nella Federazione sono attive 196 comunità, delle quali tre quarti residenziali e un quarto semi-residenziali, che nel 2023 hanno accolto 2.376 persone. Più della metà delle nostre comunità sono sotto i 15 posti, l’altra metà tra i 15 e i 30, ne abbiamo solo 2 oltre i 30 posti: come modello in tutti questi anni abbiamo tenuto la centralità di progetti di intervento su misura delle persone; e se i numeri sono piccoli più si riesce ad avere una relazione forte, stringente con le persone. Uno dei motori principali del funzionamento della comunità è costruire dei luoghi sani, con relazioni forti, con la possibilità delle persone di sperimentarsi in modelli di funzionamento diversi da quelli che hanno trovato fuori fino a quel momento. Inoltre, oggi abbiamo una consapevolezza in più rispetto all’inizio: noi non salviamo nessuno, accompagniamo per un pezzo le persone. Il tema della ricaduta come facente parte di un percorso è ormai assimilato nelle nostre comunità. Una volta quando una persona cadeva voleva dire che aveva fallito e avevamo fallito anche noi, invece anche la ricaduta fa parte del percorso di vita delle persone. Comunque, dalle prime esperienze rivolte alle persone dipendenti da eroina, siamo arrivati oggi a una molteplicità di servizi che rispondono a situazioni e bisogni diversi: persone che hanno una dipendenza da cocaina o da più tipi di sostanze, persone che hanno anche una seria problematica psichiatrica, coppie tossicodipendenti con o senza figli, persone provenienti dal carcere… Un’evoluzione dei servizi che è stata sempre mossa da un principio cardine:

mettere al centro la persona, il suo progetto di vita, la sua capacità di autodeterminare la propria storia.

Anche per questo i percorsi che proponiamo sono flessibili, senza obiettivi predeterminati dall’esterno una volta per tutte. È necessario creare strutture intermedie che diano risposte diverse a bisogni differenti, che accompagnino le persone verso livelli di autonomia diversi, che ispirino soluzioni nuove: residenzialità leggere, servizi domiciliari, nuove forme di reinserimento lavorativo.

Mi diceva che ci sono in comunità anche persone dalle carceri…

Sì, il 22%delle persone che accogliamo viene dal carcere, questo è un altro dato importante. Ma esprimo la paura che le comunità possano essere considerate delle micro carceri private, mentre le comunità sono per noi spazi di scelta delle persone e anche di costruzione di percorsi di libertà. Questo non vuol dire che non abbiamo in mente che ci siano processi formali a cui dobbiamo sottostare, ma vorremmo avanzare la richiesta di provare a capire insieme alle istituzioni quali innovazioni sono possibili nel rapporto con il carcere per le persone che scelgono di venire in comunità. L’altra criticità è che a non tutte le persone viene data la possibilità di entrare in comunità, dipende dal rapporto con i vari penitenziari, dipende dalle regioni.

Quali sono le sfide che oggi avete dinanzi come comunità terapeutiche?

La prima sfida è quella di lavorare il più possibile e il prima possibile con il territorio fuori.

Se una volta chi entrava in comunità ci restava un anno e mezzo prima di iniziare a uscire, oggi fin da subito le persone che entrano nelle nostre comunità hanno bisogni sanitari e sociali da soddisfare, quindi la comunità deve essere capace di rapportarsi con il territorio circostante, con le agenzie formative, le agenzie di lavoro, le aziende, con tutta la parte più sociale, per una casa, per la costruzione di co-housing, per un abitare sostenuto. Dunque, una comunità che è sempre meno chiusa in se stessa, ma sempre più aperta sul territorio, per dare delle risposte alle persone. Altro elemento fondamentale è la compartecipazione delle persone nella costruzione dei loro percorsi, la centralità della persona nel proprio percorso è fondamentale. Per esempio, stiamo approfondendo come lo strumento del budget di salute possa essere portato dalla psichiatria all’interno delle dipendenze patologiche. Tutto questo insieme al sistema dei servizi. Il nostro lavoro è fatto insieme ai Sert che purtroppo oggi – un po’ come le comunità terapeutiche – sono poco sostenuti a livello economico. Dobbiamo fare un lavoro sia noi sia i Sert per riuscire ad arrivare a tantissime persone che non solo hanno problemi di dipendenza ma non hanno ancora sviluppato la consapevolezza del loro problema e che arrivano ai Sert e anche a noi solo quando sono già a rischio di marginalità. Gli studi dicono che le persone arrivano ai servizi dopo dieci anni di consumo e di dipendenza. Oggi non ci sono solo il consumo e la dipendenza da eroina, ma anche da cocaina e altre sostanze ed è importante stare al passo con fenomeni che cambiano. Le comunità terapeutiche vivono un’evoluzione per far fronte alla continua trasformazione del fenomeno del consumo e dell’abuso delle sostanze stupefacenti, un’evoluzione che per noi vuole comunque stare all’interno di un quadro valoriale che abbiamo sempre avuto: penso alle nostre campagne nel tempo, ad esempio “Educare e non punire”, “Non incarcerate il nostro crescere”.

L’autonomia differenziata quanto peserà sulle comunità terapeutiche?

L’autonomia differenziata può solo peggiorare una situazione che è già complessa. Già per le dipendenze – noi lo diciamo sempre anche attraverso la Fict e l’Intercear – abbiamo 21 sistemi di accreditamento diversi e con situazioni molto diverse da regione a regione: ad esempio, la Lombardia ha 13 tipologie di comunità e la Calabria ne ha solo 2; questo significa che c’è una possibilità di avere garantiti dei diritti in maniera diversa se abiti a Milano piuttosto che a Reggio Calabria, se sei una mamma tossicodipendente con un bambino in alcune regioni hai la possibilità di entrare in una comunità che accoglie mamme con bambini e in altre regioni no e sei obbligata magari a spostarti anche di 500/600 chilometri. Ci sono, poi, le comorbilità, il tema delle doppie diagnosi: in alcune regioni ci sono dei percorsi per accreditamenti specifici per questi casi e in altre no. L’Intesa sui criteri di sicurezza e qualità delle comunità terapeutiche approvata recentemente in Conferenza Stato-Regioni, primo atto normativo che definisce criteri sostanzialmente omogenei per quanto riguarda i requisiti di accreditamento delle diverse strutture, è un primo passo nella giusta direzione, ma non prevede nulla in merito alle risorse per attuare quanto indicato nel testo. Rispetto a queste problematiche già esistenti l’autonomia differenziata può farle esplodere e aumentare ancora di più; questo è vero per tutta la sanità, a maggior ragione perle dipendenze, anche partendo da una realtà ancora più disomogenea. Per cui noi siamo preoccupatissimi in generale e nello specifico

per il mondo della dipendenza e delle comunità l’autonomia differenziata sarà un disastro.

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Macerata Campania. Lesioni personali aggravate, violenza privata e sequestro di persona: arrestati 4 giovani

Nelle prime ore della mattinata di mercoledì 28 febbraio i Carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Veterc hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelare personali (una custodia cautelare in carcere e tre agli arresti domiciliari), emessa dal G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta di questa Procura della Repubblica, nei confronti di quattro giovani, indagati dei reati di lesioni personali aggravate, violenza privata e sequestro di persona commessi in concorso tra loro.

Il provvedimento riflette gli esiti di un’attività investigativa, svolta dai Carabinieri della Stazione di Macerata Campania a seguito della denuncia sporta da un diciottenne che raccontò che nella notte tra il 21 ed il 22 febbraio 2023, mentre si trovava in compagnia di alcuni amici in piazza De Michele di Macerata Campania, era stato aggredito da un gruppo di ragazzi che, dopo averlo colpito con dei pugni al volto cagionandogli la frattura scomposta delle ossa nasali, lo avevano trascinato per i capelli, impedendogli di fuggire, e lo avevano costretto a salire nel bagagliaio di un’autovettura, per poi abbandonarlo sul ciglio della strada in un luogo diverso da dove lo avevano prelevato.

La complessa attività di indagine, compendiata nell’escussione di persone informate sui fatti, nella visione di filmati delle telecamere di videosorvcglianza della zona, unitamente ad attività di intercettazione e l’analisi dei tabulati telefonici, ha consentito di individuare le responsabilità in capo agli indagati e le dinamiche dell’aggressione.

Si precisa che gli odierni indagati sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva e che le misure cautelari sono state adottate senza il contraddittorio che avverrà innanzi al Giudice che potrà anche valutare l’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli indagati.

Per accedere al video dell’operazione. cliccare sulla foto oppure sul seguente link:  [video_player file=”https://www.teleradio-news.it/wp-content/uploads/2024/02/Video-Operazione-Carabinieri-SMCV.mp4″]      https://www.teleradio-news.it/wp-content/uploads/2024/02/Video-Operazione-Carabinieri-SMCV.mp4

(PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE – Il Procuratore della Repubblica Vicario Carmine Renzulli – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Gravità  Parole della scienza classica gra-vi-tà SIGNIFICATO Caratteristica di ciò che è grave, doloroso, preoccupante; importanza di una situazione; autorevolezza di una persona; causa per cui gli oggetti pesanti tendono a cadere






Gravità

 Parole della scienza classicagra-vi-tàSIGNIFICATO Caratteristica di ciò che è grave, doloroso, preoccupante; importanza di una situazione; autorevolezza di una persona; causa per cui gli oggetti pesanti tendono a cadereETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino gravitas ‘peso, importanza, autorità’, derivato di gravis ‘pesante, serio’.

  • «La caduta del vaso di fiori è un fatto di una certa gravità.»

Anche se il significato tecnico che ha acquistato in fisica è diventato sempre più centrale, il concetto di ‘gravità’ è molto ampio, radicato e antico. Basti pensare che la seria pesantezza del gravis latino è parente lontana ma chiara… del !
Noi possiamo parlare della gravità di un , di una disgrazia, o di una situazione la cui gravità viene accentuata per attirare l’attenzione. A proposito di persone autorevoli si parla della gravità dello sguardo, della postura: insomma, sono tutte accezioni molto pesanti. Così per gravità (una delle prime attestazioni con questo significato, forse la prima, è di Leonardo da Vinci) si finisce per intendere proprio il  fisico che fa cadere i gravi, che non sono  che inciampano nella toga ma gli oggetti dotati di peso, secondo una fenomenologia nota da che mondo è mondo.

Aristotele, nel suo De Caelo (Peri ouranou in greco), afferma che il moto naturale dei corpi si  in due modi diversi: tutto ciò che popola il cielo, dall’orbita lunare in su, segue un moto circolare ed eterno; e tutto ciò che sta sotto si muove di moto rettilineo, verso l’alto o verso il basso a seconda della leggerezza o pesantezza degli oggetti. Riguardo alla caduta dei gravi, la teoria è che, dopo una breve fase iniziale di accelerazione, il moto proceda a velocità costante, tanto maggiore quanto più pesante è l’oggetto in caduta.
Questa teoria è talmente convincente da avere dettato legge per almeno duemila anni, fino all’arrivo di quel… guastafeste che fu Galileo Galilei, che vi trova un paradosso che può essere  grazie ad un semplice  mentale.

Prendiamo due pesi diversi legati fra loro, e facciamoli cadere dall’alto. Sarà quello più leggero a rallentare quello pesante, o quello più pesante ad accelerare quello leggero? O non sarà  che la somma dei due pesi, maggiore di quello di ciascuno, darà luogo ad una caduta più rapida Tutto ciò è sicuramente contraddittorio, dunque Galileo fa esperimenti pratici, sia di caduta libera, che di caduta rallentata mediante l’uso di piani inclinati; e dimostra che, fintanto che l’attrito può essere trascurato, quello di caduta dei gravi è un moto uniformemente accelerato, e non un moto a velocità costante.

Contemporaneo di Galileo fu Keplero che, nello scoprire le leggi sui moti planetari, iniziò a sospettare che i corpi celesti si muovessero a causa di un qualche genere di forza fisica, e non a causa della volontà divina, o dell’azione diretta degli angeli.

Successivamente Isaac Newton scopre la legge dell’accelerazione centripeta nel moto circolare uniforme. Nel caso della Luna, affinché essa non parta per la  proseguendo in linea retta, occorre che venga attratta verso il centro della Terra da una forza tale da dar luogo ad un’accelerazione ben precisa. Ma anche un sasso che cade viene attratto verso il centro della Terra da una forza che lo fa accelerare: possibile che ci sia un legame fra i due fenomeni?

Il seme per giungere alla risposta viene gettato da Robert Hooke, importantissimo quanto misconosciuto scienziato contemporaneo di Newton, il quale sospetta che tutto dipenda da una legge quadratica inversa, ovvero una forza la cui intensità decresca con il quadrato della distanza. Da questa intuizione Newton ricava un primo risultato clamoroso: tutte e tre le leggi dei moti planetari di Keplero emergono come conseguenza diretta dell’ipotesi di Hooke, quindi esse smettono di essere semplici leggi empiriche, potendo essere dedotte da un unico principio fisico.

Ma Newton non si ferma qui: grazie ad un esperimento mentale dello stesso genere di quello di Galileo sulla caduta dei gravi, dimostra che fra la fisica terrestre e quella celeste non c’è alcuna differenza, demolendo definitivamente quello che rimaneva della fisica aristotelica. Egli infatti immagina una Piccola Luna: un sasso che giri in orbita intorno alla Terra, ad un’altezza tale proprio da sfiorarla. Usando la terza legge di Keplero, quella che lega la grandezza delle orbite al loro periodo, e basandosi sulla distanza della Luna e la durata della sua orbita, determina quanto dovrebbe durare un’orbita della Piccola Luna; da qui ricava l’accelerazione centripeta a cui dovrebbe essere soggetta, e scopre che il valore è identico a quello dell’accelerazione di gravità che fa cadere un sasso. La conclusione è che esiste un’unica forza di gravità ad agire allo stesso modo sul sasso, sulla Piccola Luna, e sulla Luna vera, e alla fine, su tutti i corpi che popolano il Sistema Solare. Non per niente, da allora si parlerà di Legge di gravitazione universale!

Il risultato è , ma lascia aperta una domanda cruciale: come fanno due corpi celesti ad attrarsi a distanza, senza nessuna azione meccanica diretta Newton, che già vedeva sollevarsi il polverone generato dagli scienziati che si opponevano alle sue scoperte, dichiara:
«Io considero le forze dal punto di vista matematico […] La ragione di queste proprietà della gravità non sono ancora riuscito a dedurla dai fenomeni, ma non formulo ipotesi (hypotheses non fingo). Qualunque cosa non sia deducibile dai fenomeni è infatti un’ipotesi, e nella filosofia sperimentale non trovano posto le ipotesi metafisiche».

Esiste dunque una spiegazione per queste forze a distanza In effetti c’è, ma per arrivarci abbiamo bisogno dell’opera di un altro gigante della scienza, tale Albert Einstein.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Sanità. Presentato il progetto “Dignitas curae” per mettere al centro la persona, garantire a tutti le cure, ridurre costi e tempi d’attesa

Mettere al centro della cura il malato e non la malattia, garantire a tutti l’accesso alle prestazioni sanitarie, ridurre le liste d’attesa, limitare gli spostamenti fra strutture ospedaliere, immaginare un’unica équipe multidisciplinare che ruoti intorno alla persona e ne verifichi le effettive necessità terapeutiche. Sono i principali obiettivi del Manifesto per la sanità del futuro “Dignitas curae” della Fondazione Dignitas Curae ETS, presentato questa mattina nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio. Scritto a quattro mani da Massimo Massetti, responsabile Area cardiovascolare e cardiochirurgica del Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs, e da mons. Mauro Cozzoli, teologo e consultore del Dicastero per la dottrina della fede, il documento è stato firmato da Papa Francesco (primo firmatario) e dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

“Occorre un cambio di paradigma. Il paziente va considerato nella sua completezza e nella sua unicità”, ha detto aprendo i lavori il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. “La pratica medica – ha proseguito – non può ridursi ad una serie di protocolli trattamentali”, ma occorre inoltre “garantire accesso alle cure a tutte le fasce sociali: rimuovere gli ostacoli che ancora oggi impediscono il pieno godimento delle prestazioni è un dovere delle istituzioni”.

Foto SIR

Anche per il ministro della Salute Orazio Schillaci, la revisione della sanità “non riguarda solo gli ambiti prettamente organizzativi e gestionali”; occorre creare un modello che “non si limiti a curare l’evento patologico ma si prenda cura del malato nella sua totalità”. E’ dunque necessario

“riorganizzare una sanità centrata sul malato”;

un “nuovo modello di cura promosso in questo documento e che non può rimanere una dichiarazione di intenti. A questo proposito – ha annunciato -, è mia intenzione istituire un gruppo di lavoro per valutarne l’applicazione”.

“La strada delineata – ha spiegato Massimo Massetti – può rappresentare un’innovazione unica nella sanità nazionale:

un modello che riporti al centro i valori della medicina, riconosca il bene della persona e del curante e sfrutti le migliori competenze specialistiche.

È questo un possibile modello della sanità che vogliamo, aperto alle innovazioni e aderente alla persona”. Il progetto si declina nel corso dell’anno, innanzitutto nel coinvolgimento diretto degli operatori sanitari, a cominciare da medici e infermieri. Già oggi, grazie al progetto Cuore, avviato in collaborazione con la Fondazione Roma nell’area del Gemelli diretta dal professor Massetti, viene applicato il paradigma. “I risultati ad oggi valutati – conferma il professore – su alcuni percorsi diagnostici e terapeutici dimostrano che cambiando l’organizzazione si migliora la qualità, perché si riduce il tasso di mortalità e di complicanze, e si incrementa l’appropriatezza delle prestazioni e l’efficienza, perché si abbattono i tempi d’attesa e i costi. In sintesi – conclude – con questo modello curiamo il malato, non soltanto la malattia”.

Foto SIR

Per don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, “c’è una differenza tra ‘essere curati’ e ‘sentirsi curati’, e questa sta nella qualità della relazione di cura, che non può essere soltanto diagnosi, terapia, trattamenti (e in questo siamo molto bravi), ma anche e soprattutto apertura di

uno spazio empatico in cui si realizzi l’incontro di due persone, curante e curato”.

Da don Angelelli l’assicurazione che il suo ufficio si farà promotore del Manifesto e dello spazio di riflessione e confronto sugli stili di cura aperto dal documento.

Il testo del Manifesto è stato rivisto negli aspetti giuridici dai giuristi Natalino Irti, professore emerito della Università Sapienza di Roma, e Teresa Pasquino, docente ordinario di Istituzioni di diritto privato dell’Università di Trento, entrambi intervenuti alla presentazione. Nei propositi del Manifesto, ha fatto notare Pasquino, “il diritto alla salute, quale diritto fondamentale della persona ex art. 32 della Costituzione, deve garantire al paziente il diritto di accesso alle strutture sanitarie pubbliche e private, in relazione al bisogno di cura manifestato”. In attuazione dei principi contenuti nel documento, ha concluso, “è richiesto l’impegno dei pubblici poteri perché assicurino che tutte le istanze di tutela e di protezione, che da essi promanano, vengano realizzate”.

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Sull’importanza di

“una cultura della cura innervata dalla dignitas personae”,

si è infine soffermato il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, precisando che questo “comporta una mens nova, che attivi un cambiamento radicale del pensare medico. Un cambiamento che comincia nell’interiorità delle coscienze, dalle cui profondità trabocca ‘fuori’, in ogni ambito – relazionale, progettuale, gestionale, strutturale, istituzionale – dell’operare medico”. Di qui il richiamo a parole di Papa Francesco, nell’ultima sua enciclica Laudate Deum: “non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone”. Per Parolin, il primo grande merito del Manifesto è la sua “incidenza prioritaria sul pensiero: sulla modulazione valoriale delle intelligenze e delle coscienze, per una sanità del futuro a misura umana”. Perché, conclude, “come sottolinea il Manifesto, è il pensiero che muove l’azione”.

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Sanità. Massetti (Gemelli): “Dal curare la malattia al prendersi cura della persona”

Una medicina dal volto umano, efficiente e al tempo stesso inclusiva per non lasciare indietro nessuno. E con uno sguardo attento ai più vulnerabili e disagiati che vengono addirittura raggiunti letteralmente sulla strada. È la mission portata avanti da una decina d’anni nelle periferie urbane ed esistenziali dall’associazione “Dona la vita con il cuore”, guidata da Massimo Massetti, responsabile Area cardiovascolare e cardiochirurgica del Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs. Da questa lunga esperienza, ci racconta il professore, è nata l’idea del Manifesto per la sanità del futuro “Dignitas curae”, scritto a quattro mani da Massetti e da mons. Mauro Cozzoli, già docente di teologia morale all’Università Lateranense e oggi consultore del Dicastero per la dottrina della fede. Il documento, già approvato e sottoscritto da Papa Francesco (primo firmatario), dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e dal ministro della Salute Orazio Schillaci, verrà presentato il prossimo 25 gennaio alla Camera dei deputati.

Foto Associazione “Dona la vita con il cuore”

“Lo scenario all’interno del quale nasce il Manifesto – esordisce Massetti – è l’ambiente della cura. Una decina d’anni fa anni fa, io e alcuni colleghi del Gemelli abbiamo dato vita all’associazione onlus ‘Dona la vita con il cuore’, che in questi anni ha realizzato – lo fa tuttora e continuerà a farlo – iniziative solidali a carattere sanitario. Tramite le ‘Domeniche del cuore’, ci siamo recati nelle periferie disagiate con il ‘Camion del cuore’, benedetto nel 2016 da Papa Francesco, un ospedale cardiologico ambulante a tutti gli effetti, per offrire visite specialistiche gratuite di secondo livello ai bisognosi”. In questi anni, prosegue, “ci siamo resi conto che con l’evoluzione della società i bisogni di salute sono cresciuti, mentre la progressiva riduzione delle risorse destinate alla sanità pubblica ha progressivamente portato ad una perdita dell’offerta di cura. Nel frattempo, all’interno degli ospedali e sul territorio la situazione stava diventando sempre più difficile, sia per i pazienti sia per i curanti”. Di qui l’idea di “cercare soluzioni per migliorare, nonostante i problemi economici, l’accesso alle cure, la loro qualità e la presa in carico dei pazienti. Su questo stiamo già lavorando da alcuni anni nel nostro dipartimento, di cui sono responsabile, per tentare di modificare il paradigma di cura:

dal curare la malattia, al prendersi cura del malato,

che non è uno slogan ma si traduce in un’organizzazione ben precisa”. Così è nato anche un progetto, “già finanziato, che condurrà alla costruzione dell’‘ospedale del futuro’ centrato sulla persona del paziente e non sulle prestazioni”.

Professor Massetti, quale, allora, l’obiettivo del Manifesto “Dignitas curae”?

Con il nostro Manifesto – nato dal basso: da pazienti, medici, infermieri e tutte le figure che ruotano intorno all’universo della cura – abbiamo inteso creare uno strumento di comunicazione e aggregazione di volontà, ribadire i principi cardine della cura e offrire indicazioni concrete e operative per immaginare quella che dovrebbe essere

una sanità sostenibile e di qualità, al servizio del malato come persona.

Un’iniziativa ambiziosa, che ha riscosso apprezzamento e incoraggiamento a proseguire da parte delle principali istituzioni civili e della Chiesa, e che impegnerà tutti noi e spero moltissimi altri nei prossimi anni. In questa logica abbiamo trasformato l’associazione in fondazione, dandole lo stesso nome del Manifesto, “Dignitas curae”. Con il lancio ufficiale del 25 gennaio intendiamo renderlo pubblico alla presenza del card. Parolin e del ministro Schillaci.

Tra i punti in evidenza nel testo, l’importanza dell’integrazione tra sistema sanitario e sistema sociale, oggi affievolita

Come la tutela della salute e dell’ambiente sono due valori universali e concatenati, così

non si può immaginare il tema della salute se non ci si occupa anche della tutela sociale delle persone.

L’impoverimento della società ha aumentato in maniera esponenziale la percentuale delle patologie – ad esempio quelle cardiovascolari di cui noi ci occupiamo – perché un cattivo stile alimentare e la mancanza di prevenzione sono condizioni che accendono e accelerano le malattie, in particolare nelle categorie più fragili. All’inizio incontravamo persone realmente ai margini della società; oggi vediamo soggetti del ceto medio sviluppare patologie cardiovascolari in giovane età perché non si curano o non hanno seguito un programma di prevenzione. Molti, inoltre, non vanno più dal dentista, esponendosi al rischio di contrarre endocarditi batteriche, gravi infezioni dei tessuti cardiaci.

Incentivare la medicina solidale a sostegno della povertà sanitaria, che peraltro fa parte da una decina d’anni della vostra mission, è un ulteriore punto del Manifesto…

Il Terzo settore è stato per anni a supporto di una medicina ispirata al principio dell’universalità e gratuità garantito dal Ssn, che oggi conosce gravi problemi di sostenibilità. Per questo, il Terzo settore che opera con iniziative di solidarietà a carattere sanitario deve oggi ricoprire un ruolo, non solo di supporto, ma di vero e proprio partner del “pubblico”. Se si potessero canalizzare queste attività, organizzarle e renderle coerenti con quelle del Sistema sanitario nazionale, in questa fase di grande bisogno potremmo sopperire ad alcune mancanze e, in pratica, salvare molte vite in più.

La medicina solidale è oggi ancora più attuale e necessaria che in passato, ma ha bisogno di essere coordinata, riconosciuta, strutturata ed anche incentivata.

Foto Associazione “Dona la vita con il cuore”

Come e con quale frequenza si svolgono le “Domeniche del cuore”?

Ne abbiamo sempre organizzato almeno una al mese, a volta anche due, in collaborazione con strutture radicate sul territorio come Caritas, Comunità di Sant’Egidio, Croce Rossa, Cavalieri di Malta, ma anche parrocchie. Ci muoviamo sulla scorta di segnalazioni e, insieme a queste associazioni che conoscono le persone in difficoltà, creiamo un filtro di quelli più a rischio per patologie cardiovascolari, ne selezioniamo un certo numero e nella domenica prestabilita portiamo lì un vero ospedale cardiologico. Grazie ad ecografi ed elettrocardiografi riusciamo a fare accurate visite di secondo livello. Quando individuiamo patologie, e nel 10% dei casi si tratta di malattie gravi, forniamo indicazioni su come prenderle in carico. Qualora si rendano necessari ricoveri o interventi chirurgici, se i pazienti non se li possono permettere li richiamiamo al Gemelli e li curiamo gratuitamente.

Dal punto di vista logistico, qual è il vostro raggio d’azione?

Lavoriamo molto nelle periferie di Roma e sul territorio del Lazio, ma non abbiamo confini: abbiamo organizzato iniziative anche in Calabria, Umbria, Toscana e Marche. Siamo stati anche nelle carceri. Un appuntamento importante è quello con la colonia penale dell’isola di Pianosa dove vivono ex ergastolani in condizioni di isolamento. Una volta l’anno ci rechiamo lì per uno screening cardiologico ai carcerati e al personale che se ne occupa.

Dove ci chiamano, ci organizziamo e andiamo, e continueremo a farlo.

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Rapina a mano armata e sequestro di persona. In sei nei guai

Nella prima mattinata dell’11 settembre 2023, la Polizia di Stato della Questura di Caserta ha dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare agli arresti domiciliari emessa su richiesta della Procura della Repubblica dal GIP di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di un trentaquattrenne napoletano, residente in provincia di Napoli, con precedenti per reati contro il patrimonio, ritenuto gravemente indiziato dei reati di rapina a mano armata e sequestro di persona. L’attività investigativa, sviluppata dalla Squadra Mobile di Caserta ha preso le mosse dalla rapina consumata in data 11 gennaio 2021 presso una gioielleria ubicata all’interno di un centro commerciale di Marcianise. Nel tardo pomeriggio dell’11 gennaio 2021, sei soggetti di sesso maschile, travisati e viaggianti a bordo di un furgone e di una macchina, raggiungevano l’ingresso del centro commerciale; tre dei sei malviventi, a bordo del furgone, si avvicinavano al “gabbiotto” nel quale si trovava l’addetto alla portineria, che trascinavano all’interno del furgone per essere rilasciato dopo la consumazione del reato. Quest’ultimo veicolo ripartiva immediatamente per raggiungere una gioielleria ubicata all’interno del centro commerciale, ove convergeva una macchina, con a bordo altri tre complici, che veniva utilizzata come ariete per sfondare la porta/vetrina dell’esercizio commerciale. I tre rapinatori a bordo dell’autovettura, travisati, muniti di guanti e impugnando una pistola e un piede di porco, scendevano dall’autovettura, si introducevano nell’esercizio commerciale e bloccavano la titolare della gioielleria, impossessandosi del campionario di oggetti preziosi in oro e diamanti e di numerosi altri oggetti di valore custoditi nella cassaforte. Terminato l’assalto, i rapinatori, risaliti a bordo della macchina, si allontanavano precipitosamente. L’indagine consentiva di individuare uno dei presunti responsabili. La Squadra Mobile di Caserta ha rintracciato l’uomo presso la sua abitazione e, dopo gli adempimenti di rito, i poliziotti lo hanno associato agli arresti domiciliari presso la sua abitazione. Il destinatario del provvedimento cautelare è da ritenersi innocente fino alla sentenza definitiva e la misura cautelare è stata adottata senza il contraddittorio con le parti e le difese che avverrà innanzi al Giudice terzo che potrà valutare anche l’assenza di ogni forma di responsabilità dell’indagato.

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Richiesta di ascolto del Forum delle Associazioni sociosanitarie per una “Sanità pubblica e preventiva al servizio della Persona”

Il Professore Aldo Bova – Primario emerito di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale San Gennaro di Napoli, Presidente del Forum delle Associazioni sociosanitarie con sede in Roma – Via della Conciliazione n. 10, costituito da tredici associazioni nazionali del mondo cristiano, da tre Forum regionali (Campania, Puglia e Sicilia), da un Forum diocesano (Nola), da una Rete territoriale di ottanta strutture che sono al servizio della Persona e che ha fra le sue nobili finalità la promozione e la tutela della Vita in tutte le sue fasi, la promozione e la tutela della Salute, in particolare dei più fragili e dei più deboli, la lotta alla disuguaglianza nella Salute e nella Cultura della Umanizzazione della Medicina, spinto dalla sua vocazione fortemente operativa e propositiva, ha inoltrato, in data 4 agosto 2023, un’istanza di ascolto al Prof. Francesco Vaia, neo Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, per offrire il contributo dell’Forum per costruire una Sanità pubblica e preventiva al servizio della Persona.
Nella predetta istanza il presidente Bova scrive che il Forum delle Associazioni sociosanitarie “CHIEDE di avere il piacere di incontrarLa. Desideriamo offrire considerazioni sullo stato attuale del SSN ed offrire idee e proposte per tutelare e difendere il Servizio Sanitario con particolare attenzione alla Prevenzione ed alla popolazione dei fragili, dei deboli e dei poveri (poveri nelle varie accezioni), considerando che un popolo civile DEVE PRENDERSI CURA della popolazione più sofferente e fragile.
Nella speranza di essere ricevuti, Le porgo a nome di tutte le Componenti del Forum cordiali saluti, formulandoLe gli auguri di Buon Lavoro, assicurandoLe preghiere, affinché la Mamma Celeste Salus infirmorum La copra col suo manto e assicurandoLe totale vicinanza nello svolgimento del suo delicato impegno”.
Si ha notizia che l’istanza ha già trovato benevole accoglimento e l’incontro richiesto si terrà, molto probabilmente, nell’ultima decade del corrente mese di agosto e, pertanto, bisogna piacevolmente constatare che la meritoria iniziativa intrapresa dal Presidente Bova ha ricevuto la meritata attenzione e la necessaria considerazione e si è, altresì, certi che sarà anche fruttifera.

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Ennesimo raggiro ai danni di una persona anziana – Questura di Frosinone

foto stradale

Continua ininterrottamente l’attività della Polizia di Stato volta a smascherare gli autori delle truffe agli anziani, che sembrano ormai  diventate una modalità facile e comoda per “guadagnarsi da vivere” sfruttando la fragilità e la buona fede di queste persone che farebbero di tutto pur di salvare da eventuali guai giudiziari i propri cari.
Gli agenti della Sottosezione Polizia Stradale di Cassino, nel pomeriggio di ieri, fermavano   una Fiat 500X   con due persone a bordo; l’uomo alla guida veniva immediatamente riconosciuto dai poliziotti poiché fermato dagli stessi lo scorso mese di aprile e  risultato  responsabile di truffa aggravata ai danni di anziani e  con in atto un obbligo di dimora nel comune di Napoli, emesso dal Tribunale di Ascoli Piceno.
L’altro occupante, pur non avendo alcun precedente di polizia, risultava dai terminali già controllato nel mese giugno scorso di passaggio nel tratto autostradale di competenza della sottosezione Polizia Stradale di Cassino.
Alla luce ciò, considerato che il conducente si era allontanato dal luogo di dimora senza alcuna autorizzazione, gli agenti decidevano di perquisirli unitamente al veicolo.
Addosso ad entrambi veniva rinvenuta la somma di euro 1.400 mentre nel portaoggetti dell’auto veniva trovata, avvolta in un canovaccio da cucina,  una cassettina con all’interno numerosi monili in oro.
Accertamenti successivi facevano emergere che ad Arezzo, una signora aveva ricevuto la solita telefonata, nella quale veniva avvisata che suo nipote, a seguito di un grave incidente stradale, si trovava nei guai e per risolvere i quali era sufficiente pagare una somma di denaro e/o oggetti in oro  ad un “maresciallo” che si sarebbe recato a casa sua.  
Cosa che effettivamente è avvenuta; la signora convinta anche di aver parlato con suo nipote consegnava delle fedi in oro,  ma    il falso “maresciallo” accortosi di alcuni cassetti aperti in camera da letto,  distraendo la malcapitata asportava dagli stessi denaro ed una cassettina. 
Il conducente della vettura  veniva arrestato e condotto presso la casa circondariale di Cassino, ed il  tribunale  di Ascoli Piceno che aveva emesso l’obbligo di dimora, a fronte della segnalazione del nuovo evento disponeva  gli arresti domiciliari, mentre l’altro veniva denunciato e   posto anch’egli agli arresti domiciliari, a disposizione dell’A.G. competente.


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LA Brewery, birrificio di Milano che propone birre artigianali di alta qualità, e Reverse Studio, agenzia creativa di Milano e Roma, in occasione del Pride si sono unite e hanno dato vita a FLUIDƏ. Una birra e un podcast che vogliono contribuire a una società più inclusiva, dove ogni persona possa sentirsi libera di esprimere la propria individualità. Servizio di Vincenzo Carbone





 

 

FLUIDƏ: la birra creata da LA Brewery e Reverse Studio lancia un podcast che celebra le infinite sfumature dell’amore e del genere – Servizio di Vincenzo Carbone 

LA Brewery, birrificio di Milano che propone birre artigianali di alta qualità, e Reverse Studio, agenzia creativa di Milano e Roma, in occasione del Pride si sono unite e hanno dato vita a FLUIDƏ. Una birra e un podcast che vogliono contribuire a una società più inclusiva, dove ogni persona possa sentirsi libera di esprimere la propria individualità.

Siamo nel 2023 e in Italia, ancora, i diritti delle persone LGBTQIA+ sono limitati. Gli anni vanno avanti ma la società va indietro. Infatti, il rapporto annuale ILGA-Europe sulla situazione dei diritti umani delle persone LGBTQIA+ in Europa e Asia Centrale ha constatato che il 2022 è stato l’anno più violento dell’ultima decade per la comunità.

Per questi e molti altri motivi, tante persone hanno timore di fare coming out e vivono la loro vera identità in maniera nascosta. La necessità di intervenire sulla situazione attuale ha portato LA Brewery e Reverse Studio a unire le forze in un progetto che potesse contribuire attivamente a creare una società davvero inclusiva.

Con questo obiettivo è natƏ FLUIDƏ, una Berliner Weisse al ribes nero che con ogni sua sfumatura esprime l’universo fluido dell’amore e del genere, creando uno spazio inclusivo per tuttƏ coloro che desiderano esternare il loro essere. Infatti, questa birra si impegna a diffondere un messaggio di inclusività attraverso il podcast GODITELƏ CON CHI VUOI (https://open.spotify.com/show/4iGS4wZWdgJhiZhhReKiG7). Inquadrando il QR CODE posto su ogni lattina, si viene trasportatƏ direttamente sulla landing page (https://labreweryshop.com/fluid/) che lo ospita e si possono ascoltare le voci di alcune persone della comunità LGBTQIA+ che raccontano le proprie storie di coming out per ispirare chi non si sente libere di essere se stesse a trovare la propria voce. Le prime persone che hanno deciso di condividere le loro storie e raccontarsi sono Manuel (in arte Klyzia Style), Andrea Cimatti, Simon TheGraphic, Serena Gianoli, Vitto, Chiara Previtali e Fè (Federica Sutti), che chiudono il loro episodio incoraggiando tutte le persone ad abbracciare la propria autenticità e a “godersela” con chi vogliono.

Con l’obiettivo di continuare il podcast nel tempo e sostenere la comunità non solo durante il Pride, alla fine della landing page è presente una call to action che invita, chi lo desidera, a raccontarsi inviando la propria storia all’indirizzo e-mail fluid@reversestudio.it, con la possibilità di diventare la voce dei prossimi episodi. Inoltre, il 10% dei ricavi ottenuti dalla vendita di FLUIDƏ tramite distribuzione ed e-commerce, fino alla fine di agosto, sarà destinato al progetto Casa Arcobaleno di Spazio Aperto Servizi. Uno spazio protetto, costituito da 4 appartamenti posti in diverse zone di Milano, che accoglie chi viene respintƏ dalle proprie famiglie per l’orientamento sessuale, l’identità di genere o il percorso di transizione avviato, guidandolƏ in un percorso di autonomia e fornendo un supporto educativo, psicologico e legale.

Credits: Agenzia Creativa: Reverse Studio Birrificio: LA Brewery Milano Executive Director: Giovanni Carfora Creative Director: Giancarlo Pace Brand & Art Director: Jessica Luce Puleo Copywriter: Francesca Failla Graphic Designer: Elisa Previtali Marketing Strategist: Fabio Gagliano Producer: Chiara Palmas

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Vercelli: arrestata trentenne gravemente indiziata del reato di tentato sequestro di persona, sottrazione di persone incapaci e violenza privata | Polizia di Stato

La Polizia di Stato di Vercelli ha tratto in arresto una trentenne gravemente indiziata del reato di tentato sequestro di persona, sottrazione di persone incapaci e violenza privata.La donna è stata raggiunta dalla misura cautelare in carcere eseguita dalla Squadra Mobile della Questura di Vercelli in quanto avrebbe tentato, in data 31 maggio u.s., di sottrarre una neonata di 4 mesi alla madre mentre entrambe si trovavano in chiesa, non riuscendo nel suo tentativo solo per la decisa resistenza opposta dalla donna.Riuscita a divincolarsi dalla presa, la donna guadagnava l’uscita inseguita dall’odierna arrestata che non desisteva dal suo proposito, costringendo la madre a rifugiarsi in un cortile condominiale fino all’arrivo provvidenziale di una Volante della Polizia di Stato.I poliziotti, in base alle descrizioni ricevute dalla madre e da alcuni testimoni, sono riusciti successivamente ad individuare la presunta autrice mentre i successivi accertamenti posti in essere dalla Squadra Mobile hanno permesso di ricostruire i vari tentativi di sottrarre la neonata alla madre e di consolidare un robusto impianto accusatorio a carico dell’indagata, nei cui confronti è scattata l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica di Vercelli.

(Fonte: Polizia – Questura – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Vercelli: arrestata trentenne gravemente indiziata del reato di tentato sequestro di persona, sottrazione di persone incapaci e violenza privata

La Polizia di Stato di Vercelli ha tratto in arresto una trentenne gravemente indiziata del reato di tentato sequestro di persona, sottrazione di persone incapaci e violenza privata.La donna è stata raggiunta dalla misura cautelare in carcere eseguita dalla Squadra Mobile della Questura di Vercelli in quanto avrebbe tentato, in data 31 maggio u.s., di sottrarre una neonata di 4 mesi alla madre mentre entrambe si trovavano in chiesa, non riuscendo nel suo tentativo solo per la decisa resistenza opposta dalla donna.Riuscita a divincolarsi dalla presa, la donna guadagnava l’uscita inseguita dall’odierna arrestata che non desisteva dal suo proposito, costringendo la madre a rifugiarsi in un cortile condominiale fino all’arrivo provvidenziale di una Volante della Polizia di Stato.I poliziotti, in base alle descrizioni ricevute dalla madre e da alcuni testimoni, sono riusciti successivamente ad individuare la presunta autrice mentre i successivi accertamenti posti in essere dalla Squadra Mobile hanno permesso di ricostruire i vari tentativi di sottrarre la neonata alla madre e di consolidare un robusto impianto accusatorio a carico dell’indagata, nei cui confronti è scattata l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica di Vercelli.