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'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

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passato*

Presentazione del libro “Storie del passato, voci del presente”

A Napoli con le storie di Assunta Ferrante, Maddalena Ferraro, Magda Mancuso, Gaetana Morgese, Michela Mortella, Milena Setola, Stefania Starace, Antonietta Sorrentino, Laura Varriale, Manuela Morra.
Durante una chiamata fatta nel cuore della notte tra Magda Mancuso e Michela Mortella nasce un’idea, un desiderio: creare qualcosa di bello, un libro che possa raccontare la vita delle donne. Ogni storia è una possibilità di immedesimazione, ogni storia offre uno spaccato su una donna della storia e, allo stesso tempo, una realtà odierna che permette a chi legge di empatizzare con il personaggio, con l’autrice e trasporre in loro le proprie sensazioni.
Le protagoniste sono scienziate, sovrane, combattenti, giornaliste, che con le loro storie fanno luce sulle difficoltà che incontrano sul proprio cammino, dettate da disparità sociali, pregiudizi, costrutti ormai desueti che spesso impediscono di esprimere il proprio vero essere e ne minano la libertà.
Con le loro unicità stilistiche e narrative, le autrici spingono i lettori a perseguire i propri sogni e a credere in sé stessi, sottolineando quanto sia importante non cedere alle prime difficoltà e non piegarsi agli stereotipi per raggiungere i propri obiettivi. Le loro parole sono, inoltre, monito di vicinanza, di esortazione a stringersi le une con le altre per farsi forza al fine di guadagnare la propria indipendenza.
Una raccolta di racconti che fa del coraggio e della perseveranza le sue colonne portanti.

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(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Casapulla. Santorelli, assessore ricandidata con Sorbo: ‘Rappresentiamo l’equilibrio tra passato, presente e futuro’

Logopedista all’ospedale ‘San Sebastiano e Sant’Anna’ di Caserta da oltre dieci anni, Santina Santorelli si ricandida nella lista ‘Noi ci Siamo’, capeggiata da Ferdinando Bosco.
E’ assessore uscente all’Ambiente, nel mandato amministrativo che si avvia alla conclusione ha anche ricoperto il ruolo di presidente del consiglio comunale.
«Mi sono ricandidata – afferma la Santorelli – per dare seguito ad un percorso iniziato 5 anni fa. Condivido pienamente il progetto politico della lista ‘Noi ci siamo’; credo che la squadra capeggiata da Ferdinando Bosco rappresenti il giusto equilibrio generazionale tra passato, presente e futuro, cardini per il vero cambiamento.
Negli ultimi 5 anni – continua – ho svolto il ruolo di presidente del Consiglio mostrando il mio equilibrio e la mia propensione al dialogo e al confronto.
Da dicembre 2022 sono assessore all’Ambiente; un grande risultato è stato l’apertura dell’isola ecologica sul nostro territorio e l’istituzione della sezione junior della Protezione civile.
Per Casapulla è fondamentale un lavoro incentrato sul cittadino, con un interventi multidimensionale e multifattoriale tra l’amministrazione, gli uffici comunali, le associazione e l’ente scolastico offrendo servizi sempre più vicini alle esigenze di tutti» – conclude Santina Santorelli.
(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Nostalgia / Desiderio malinconico del passato, di luoghi e situazioni in cui si vorrebbe tornare






Nostalgia / Desiderio malinconico del passato, di luoghi e situazioni in cui si vorrebbe tornare

ETIMOLOGIA composto moderno formato dal medico alsaziano Johannes Hofer nel 1688 con elementi greci, nóstos ‘ritorno’ e -algia, da álgos ‘dolore’.

  • «Ho nostalgia di casa.»

Nel 1688 uno studente di medicina alsaziano di diciannove anni, Johannes Hofer, era impegnato nella stesura della sua tesi di ricerca presso l’Università di Basilea. Stava osservano una particolare affezione che pareva colpire in maniera  i soldati mercenari svizzeri  all’estero: si trattava di una mancanza di casa che acquistava un grado morboso, e che visto l’impatto sull’efficienza delle truppe suscitava un interesse medico particolare. Come chiamare questo male , addirittura noto come ‘mal svizzero’ (Schweizerkrankheit)?

Il laureando Hofer in realtà la parola giusta ce l’aveva già, e già corrente: Heimweh — ‘mal di casa’. E però era una parola con un difetto: era, ed è, una parola tedesca. Se nell’evo moderno discettiamo di medicina, servono le lingue classiche per impostare il giusto tono, al che Hofer si stillò il cervello (e pasticciò un po’) con elementi antichi. Philopatridomania (‘follia da amor di patria’)? Pothopatridalgia (‘dolore da frustrato amor di patria’)? Nostomania (‘follia da ritorno a casa’)? Sono parole che seminò, ma per il titolo scelse nostalgia — Dissertatio medica de nostalgia (sottotitolo per intendersi, Vulgo Heimweh).

La costruzione è relativamente semplice, e per un orecchio  al greco è piuttosto . Ora, -algia in effetti è un elemento dalla fortuna universale, in medicina, visto che indica il dolore (da álgos), e dà forma ai nostri più variegati Nóstos è meno diffuso nelle composizioni profane ma spicca per altezza: i nóstoi in greco sono i ‘ritorni’, ma potevano essere specificamente i racconti dei ritorni da Troia dei singoli eroi — l’ è il nóstos più celebre. La nostalgia è il dolore di un ritorno che odora di Ritorno con la maiuscola, e c’è chi avanza che il greco nóstos sia da collegare a una radice protoindoeuropea ricostruita come nes-, che indica il ‘ritornare salvi a casa’ (che tenerezza, nelle  eterne).

La nostalgia nasce come malattia, quindi. E lo rimane per due secoli buoni buoni. Fino all’inizio del Novecento, anche quando la troviamo in letteratura continua ad avere una sfumatura patologica, una tristezza che nasce dalla lontananza dai propri luoghi e che si fa malattia. Poi si smussa.

Si smussa la concezione patologica della nostalgia, che si avvicina a un genere di malinconia. E si sfoca il riferimento a ‘casa’ — in un certo senso si arricchisce, perché la lontananza inizia a implicare anche, e soprattutto, una lontananza nel tempo. Desiderio malinconico del passato. Che idea folgorante — e che impressione pensare che appena appena i miei nonni e le mie nonne hanno vissuto in un mondo in cui ci fosse questo nome per questo sentimento universale ed eterno, che non è roba dei tempi dei Nóstoi, anche se in quelle storie ce lo riconosciamo.

Però un profilo d’affezione continua a conservarlo. La nostalgia ha l’aria di una certa tenerezza di sé, che rilegge e forse comprende (o crede di comprendere) per la prima volta appieno qualcosa della propria storia — si ha nostalgia anche della noia, della difficoltà. Il passare del tempo fa dimenticare, la dimenticanza lascia lo spazio necessario agli  che possono costruire un racconto di noi, racconto di una memoria. Ma i racconti possono invischiare, e amiamo rendere universale la nostra nostalgia; senza contare che di ogni situazione che ci pare nuova, indecifrabile, decadente, altra gente poi avrà nostalgia, perché la nostalgia — desiderio malinconico del passato — è nostalgia di sé, del mistero dei sei, dei quattordici, dei venti anni che abbiamo testimoniato e che non possiamo ripetere.

I secoli e le generazioni ci hanno messo del loro, ma che bella trovata per la tua tesi, Johannes! 

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Fotografia: la mostra “Racconti da Sarajevo – il passato è presente”, perché la storia possa servire a non ripetere gli stessi errori

“A scuola non mi hanno mai fatto studiare la Prima e la Seconda guerra mondiale, così come non sono mai state affrontate nel programma questioni relative ai conflitti moderni, come ad esempio il Vietnam. I miei nonni erano troppo scossi per raccontare la loro esperienza e comunque ho imparato, incontrando diversi reduci, che ognuno ha i suoi tempi e non si può forzare una persona che vorrebbe solo dimenticare. Avrei voluto però che qualcuno mi avesse fatto conoscere prima queste pagine di storia, dandomi la possibilità di affrontare le vicende del presente con una coscienza più matura”. Questo il senso della mostra fotografica “Racconti da Sarajevo – il passato è presente”, nelle parole all’inaugurazione del 9 giugno scorso a Giulianova dell’autore Marco Calvarese, giornalista del Sir, nel suo parallelo tra passato e presente dell’assedio durato dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996.



Un racconto del territorio e delle persone attraverso la sua esperienza del passato, vissuta come militare italiano impiegato nella missione Ifor, e del presente, come giornalista tornato nella capitale della Bosnia ed Erzegovina per raccontare come è cambiata quella città a 30 anni dall’assedio più lungo della storia bellica della fine del ventesimo secolo. Le letture dei brani di “Maschere per un massacro” di Paolo Rumiz, “Diario di Zlata” di Zlata Filipovic, “Venuto al mondo” di Margaret Mazzantini e “Non chiedere perché” di Franco Di Mare, sono state il filo rosso della serata di presentazione della mostra organizzata dall’associazione Arts Academy Giulianova nella biblioteca centro servizi culturali della Regione Abruzzo, e visibile per tutto il mese di giugno 2023. Tra le immagini visibili nella mostra ci sono il palazzo del Parlamento bosniaco distrutto, il ponte Vrbanja, sul quale sono morte uccise da cecchini serbi la bosgnacca Suada Dilberovic e la croata Olga Sucic che segnarono l’inizio all’assedio, ma anche i 25enni Romeo e Giulietta di Sarajevo, la musulmana Admira Ismić ed il serbo ortodosso Boško Brkić, si vedono i muri delle case ed i cartelli stradali crivellati dai proiettili o dalle schegge dei colpi di mortaio e la vita quotidiana dei militari impegnati in missione. Tutto questo, assieme alle tante testimonianze e storie raccolte dal Sir sulle vicende della Bosnia ed Erzegovina in generale e di Sarajevo in particolare, sono state l’argomento di una serata per ricordare quella gente che corre per strada cercando di ripararsi dagli spari dei cecchini, le stragi, i ponti distrutti, la pulizia etnica, immagini che raccontano il passato ma parlano del presente, soprattutto pensando alla contemporaneità di quanto si ripetevano le persone a quei tempi mentre il rumore delle bombe si sentiva in lontananza, “a noi non può capitare”. “Pensavo di poter sistemare la carta copiativa tra queste due pagine di storia dell’Europa per trovare le differenze, invece quel carbone mi ha segnato nell’animo le sofferenze che ancora oggi si vivono, facendomi comprendere come sia difficile togliersi di dosso la puzza della guerra”, le parole di Calvarese raccontando la paura vista negli occhi delle persone che vivono a Sarajevo e che, mentre assistono a quanto sta capitando in Ucraina, rivivono i momenti del conflitto e si domandano se questo non possa accadere nuovamente.



Tra le testimonianze riportate nelle fotografie e nell’intervento, viene raccontato anche come la Caritas ha svolto il suo servizio di vicinanza alla gente, sia durante la guerra che oggi nell’affrontare il fenomeno migratorio per il quale si è reso necessario realizzare centri di accoglienza come quello di Ušivak. Il Paese infatti è l’ultimo blocco della rotta migratoria dei Balcani occidentali, ritenuta meno pericolosa da chi la preferisce ad un viaggio in barcone sul mar Mediterraneo, dal quale le persone provano a superare i confini di Grecia, Macedonia, Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Slovenia, Ungheria, Turchia, per poter entrare in Europa, attraverso quello che definiscono “the game” che può durare anche più di un anno e che, piuttosto che un gioco, rappresenta la disperazione di chi vorrebbe un’altra possibilità per la propria vita. “Una guerra ha sempre bisogno di un nemico ma, quando non se ne può cercare uno armato e pronto a combattere, spesso si organizzano combattimenti sui principi”, ha concluso Marco Calvarese sottolineando l’importanza della conoscenza, per costruire un dialogo su ogni argomento, evitando contrapposizioni sterili e di ripetere errori già conosciuti dalla storia.



(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Avviso per i celiaci: passato di verdure con zucchine e patate richiamato per rischio presenza di allergene glutine

L’ingestione di glutine per una persona affetta dal morbo celiaco non è cosa da prendere alla leggera, perché potrebbe causare irritazione e infiammazione della mucosa intestinale, con conseguenti dolori addominali e diarrea; e anche in assenza di questi sintomi immediati e evidenti, assumere accidentalmente e comunque involontariamente particelle di glutine può, alla lunga, provocare tossicità e danni seri alla salute del paziente celiaco. Per tale ragione è facile capire quanto la “sicurezza” di un alimento sia fondamentale per un soggetto allergico al glutine … sicurezza che dovrebbe derivare dallo scegliere prodotti indicati nel Prontuario degli alimenti dell’Associazione Italiana Celiachia e dalla lettura attenta delle etichette. La scritta “SENZA GLUTINE” sulla confezione di un cibo dovrebbe poi facilitare le cose, ma il recente avviso di ritiro dal mercato del Ministero della Salute del “Passato di verdure con zucchine e patate” a marchio Il Viaggiator Goloso dimostra che non può essere considerata una garanzia. Il Ministero della Salute attraverso una nota apparsa sul proprio sito Internet, nella sezione destinata ai richiami dei prodotti alimentari, dedicato alle allerte dei prodotti pericolosi o non idonei alla vendita, a tutela della salute dei consumatori, ha segnalato il richiamo del passato di verdure con zucchine e patate per un errore di etichettatura. Il prodotto include ingrediente contenente glutine.

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PNRR: ‘ripresa e resilienza’ o piuttosto ‘ritorno al passato’ di imbrogli e fregature?

Vincenzo D’AnnaIl piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sta diventando un vortice nel quale rischia di essere travolta non solo la politica economica nazionale ma tutta la programmazione che gli ultimi tre governi, succedutisi alla guida della nazione, hanno fin qui elaborato.

Sarà bene ricordare al lettore che il “Piano” è stato abbozzato dall’ultimo esecutivo di Giuseppe Conte, perfezionato, in seguito, da quello di Mario Draghi ed ereditato, infine, da Giorgia Meloni.

Il tutto è nato dal combinato disposto dell’offerta fatta dall’Unione Europea agli Stati membri, ed accettata dal nostro Paese, di un maxi finanziamento (in parte a fondo perduto ed in parte da restituire, a partire dal 2050), di una cifra che, nel nostro caso, ammonta a oltre 200 miliardi di euro.

Scopo di questa cospicua somma: rimettere in sesto le economie nazionali a vario titolo prima “ingessate” dalla vicenda Covid e successivamente messe in ginocchio dalla tempesta scatenata dalla guerra in Ucraina.

Il Pnrr prevede il varo di progetti legati a tutti i settori dei servizi e delle infrastrutture per il recupero di efficienza e di ammodernamento di taluni ambiti nevralgici d’intervento.

Su queste stesse colonne stigmatizzammo la circostanza che, seppure con i migliori propositi, Roma, pur di accaparrarsi una buona fetta di quelle risorse, aveva ecceduto nella progettualità, perdendosi anche in modelli relativi ad opere di levatura ed interesse del tutto estranei alla dimensione nazionale.

In parole povere: si erano previsti interventi per programmi di valenza locale che, alla fine, hanno assorbito non solo fondi ma anche tempo per la loro preparazione.

Una parcellizzazione nella quale i “locali” hanno negato priorità e dedizione a disegni con obiettivi di più vasto respiro creando, in tal modo, ritardi generalizzati per le opere più necessarie fino ad appesantirne il rispetto della tempistica imposto da Bruxelles.

Al contempo si è finito con il caricare sul debito statale gli ulteriori oneri futuri. Fatto grave allorquando quella parte di spesa dovrà poi essere restituita.

Come ogni debito, infatti, esso comporterà interessi passivi che si andranno ad aggiungere alla già enorme mole del deficit esistente con un ulteriore aggravio della spesa e del regime della futura tassazione che andrà ad accollarsi ai contribuenti.

Tuttavia non c’è stata alcuna resilienza politica e tutto ha finito col confondersi nel mare magno della mancanza di decisioni e della solita ambiguità di uno Stato che non riesce a darsi un modello di sviluppo capace di abbandonare le pastoie e gli sperperi dei monopoli statali e dei conseguenti privilegi.

Risultato: nonostante gli sforzi e le polemiche insorte per i ritardi di consegna dei progetti esecutivi e l’inizio dei lavori (per poter incassare la prevista trance del finanziamento), il futuro resta ancora avvolto nella più profonda indeterminatezza.

Purtroppo i guai hanno sempre come corollario altri guai e credo che pochi si siano accorti che quelli declinati dal guaio principale siano di natura ancora peggiore.

Per poter accelerare le fasi di appalto, l’inizio dei lavori e tutto quel che occorre per incassare la parte prevista del finanziamento, è stata infatti avvalorata l’ipotesi di poter rivedere il piano, cercando di…esternalizzarne i lavori quanto più possibile affidandoli alle società partecipate!

Insomma: il rischio è che si torni al vecchio andazzo “pubblico” che tanti danni e tanti debiti ha fatto accumulare fino a quando non si sono soppressi alcuni di quegli enti cosiddetti “inutili”.

Per capirci: la settimana scorsa il ministero dell’Economia ha comunicato i nomi prescelti per le posizioni apicali.

Tale tendenza ha trovato addirittura una sorta di ufficializzazione nella composizione della “cabina di regia” a cui sono stati chiamati a partecipare, oltre ai ministri, anche le società attive nel settore energetico (Eni, Enel, Snam e Terna).

Più in particolare, sembra che Poste dovrà occuparsi di una parte dei programmi per la digitalizzazione della PA mentre la parte del Pnrr relativa ai trasporti sarebbe, nei fatti, già stata subappaltata a Ferrovie dello Stato.

Tradotto in soldoni: siamo al cospetto della solita, vecchia orgia statalista che negherà tutti gli enunciati di rilancio del libero mercato di concorrenza, nonché dell’efficienza e del buon rapporto tra costi e benefici.

Questi ultimi da sempre sono stati ritenuti parametri del tutto trascurabili dallo Stato imprenditore e fonte dei mostruosi disavanzi accumulati dai governi nel corso dei decenni.

Ora, se così sarà anche con il centrodestra a palazzo Chigi, uno schieramento che pure ha sempre predicato il liberalismo politico ed il libero mercato di concorrenza, allora significherà la parificazione e l’omologazione di Meloni e compagni con tutti gli esecutivi a vocazione cripto socialista e statalista che li hanno preceduti.

Tanto è pericoloso anche per l’immagine del Paese oltre che per le tante società, italiane ed estere, che potrebbero aspirare a partecipare ai bandi e che invece rischiano (o temono) di vederli disegnati su misura per i colossi di Stato. Il tutto con buona pace delle dichiarate “buone intenzioni”.

(di Vincenzo D’Anna, già parlamentare – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)