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'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

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Erasmus in Germania. L’esperienza di uno studente, catechista con i giovani della Missione cattolica italiana

“Un giovane sognatore con la valigia sempre pronta e il cuore aperto al nuovo”. Così si presenta Mario De Angelis, 22 anni, che, durante il progetto di scambio universitario Erasmus in Germania, ha incontrato la Missione cattolica italiana nel Saarland, uno dei sedici stati federati della Germania.

Un’opportunità che gli ha permesso di mettersi a servizio di quella comunità aiutando il parroco nella catechesi sacramentale e preparando così diciotto ragazzi al sacramento della Cresima. Culmine del suo percorso, la celebrazione eucaristica svoltasi nella chiesa di San Paolo a Saarbrücken-Malstatt, sede della Missione cattolica italiana, in occasione del 70° di fondazione, presieduta da mons. Stephan Ackermann, vescovo della diocesi tedesca di Treviri. “La mia storia – dice al Sir – è un intreccio di radici pugliesi e triestini, un cammino che ora mi ha portato in Germania grazie all’Erasmus”. A Trieste, dove studia Intelligenza artificiale e Data analytics, Mario ha trovato “molto più di un’università: ho scoperto una seconda casa in un collegio di merito della Fondazione Rui, legato all’Opus Dei. Qui, tra libri e amicizie, ho potuto coltivare non solo la mente, ma anche lo spirito. Quando sono partito per il mio anno di studio all’estero, avevo una valigia piena di sogni e aspettative, ma anche tanti timori nel cuore. Uno tra tutti: come coltivare la mia fede in un Paese straniero? È stato questo desiderio interiore che mi ha spinto a cercare un punto di riferimento spirituale anche lontano dall’Italia”,  aggiunge Mario che, come un “esploratore” si è trovato “prima a cercare e poi a varcare la soglia della parrocchia di St. Paulus a Saarbrücken. “Pensavo di aver trovato solo un luogo dove poter pregare, invece ho scoperto un piccolo scrigno di opportunità, un’oasi di crescita personale e un’occasione per dare avvio ad un’esperienza di servizio nella comunità italiana che mai avrei immaginato”. Per Mario la ricerca di continuità spirituale si è trasformata in “un’opportunità di rinnovamento che ha arricchito la mia vita in modi che non avrei mai potuto immaginare. E tutto è iniziato con quel semplice desiderio di non perdere la mia connessione con Dio, anche a migliaia di chilometri da casa”. Non immaginava che un semplice incontro in parrocchia potesse trasformarsi in “un’avventura spirituale!”.

Quando padre Antonio Gelsomino, parroco e guida della Missione cattolica italiana, gli ha proposto di diventare catechista, “ho sentito il cuore accelerare”, dice. Otto incontri di preparazione: “Sembravano pochi, ma si sono rivelati un viaggio intenso”, spiega. E mentre cercava di guidare questi ragazzi, prosegue, “mi sono ritrovato guidato a mia volta, riscoprendo la bellezza e la forza della mia fede attraverso i loro occhi pieni di meraviglia e curiosità”. Sono italiani di seconda generazione che vivono in Germania da sempre, figli di immigrati che “desiderano mantenere viva l’impronta cattolica ricevuta in famiglia, ma sentono il bisogno di essere affiancati nel loro cammino”.

Il giovane studente italiano si rivolge anche ai suoi coetanei che scelgono il percorso Erasmus con l’invito ad “aprirsi alle nuove esperienze con entusiasmo e curiosità. Vivete pienamente questo percorso, non solo a livello accademico, ma anche personale e spirituale. Non abbiate paura di esplorare nuovi orizzonti, di incontrare persone diverse e di arricchirvi con le loro storie”. E aggiunge Mario: “La vostra esperienza di studio all’estero può diventare un’occasione unica per testimoniare la bellezza della vita e per portare un po’ di luce e speranza ovunque andiate”.

In Italia lo studente tornerà con “uno zaino ricco di esperienze, crescita personale e spirituale. Ora so che ovunque andrò – osserva – porterò con me questo bagaglio prezioso. Per essere esempio tra i miei coetanei oggi, bisogna essere aperti al dialogo e alle loro domande, condividere le proprie esperienze in modo sincero e coinvolgente, scegliere di essere a servizio degli altri. Per me la fede non è qualcosa di statico, ma un viaggio dinamico e appassionante che ci invita a crescere e a scoprire sempre nuove dimensioni del nostro essere. Ho imparato tanto dai giovani che ho accompagnato: la loro freschezza, le loro domande a volte disorientanti, il loro entusiasmo contagioso. Mi hanno fatto riscoprire la bellezza del Vangelo e l’importanza di vivere la religiosità in modo autentico e gioioso”. Questo Erasmus ha rivelato che

“la vera missione non è solo attraversare i confini geografici, ma anche quelli del cuore”,

la conclusione.

“L’esperienza di questi ragazzi della comunità italiana, ben 18, dimostra – ci dice il responsabile della Missione cattolica italiana, padre Antonio Gelsomimo – la vitalità di una comunità dove ancora oggi si è legati  alla missione italiana e i giovani scelgono la chiesa italiana per la celebrazione dei sacramenti”. “L’apporto di Mario – aggiunge – è stato importante nell’aiuto a questi nostri giovani ma è anche una testimonianza per tanti che possono incontrare i loro coetanei in diverse parti del mondo non solo nei luoghi del divertimento ma anche nelle comunità cattoliche italiane”.

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“Verso una Chiesa sinodale in missione”, il contributo dei vescovi cattolici inglesi al Sinodo di ottobre

E’ un punto di arrivo e una sintesi del processo sinodale, nella Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles, il documento intitolato “Verso una Chiesa sinodale in missione. Presentazione per la seconda assemblea plenaria dei vescovi ottobre 2024”, che la Conferenza episcopale inglese ha inviato a Roma per la seconda sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi di ottobre. Il team di delegati in rappresentanza di questa Chiesa, che comprende vescovi, sacerdoti e laici, parteciperanno comunque in prima persona ai lavori e potranno, quindi, portare un ulteriore contributo autonomo.

Si tratta di un processo partito da lontano, da quando le 22 diocesi di Inghilterra e Galles avevano inviato, prima della Pasqua 2022, i loro rapporti, risultato del percorso di ascolto dei fedeli durato circa sei mesi, alla sede centrale della Conferenza episcopale a Londra. Erano 700 pagine che raccontavano come il Sinodo aveva raggiunto le parrocchie, ma anche le associazioni e i movimenti cattolici, che sono poi confluite in un documento di sintesi nazionale inviato a Roma, sempre nel 2022, a luglio.
Due tappe, maggio 2024 e luglio 2022, che ci dicono dove si trova, in questo momento, il processo sinodale in Inghilterra e Galles.
Un primo punto importante, emerso due anni fa, è stata la diversità, nell’approccio al Sinodo, delle diocesi perché, mentre alcune si sono limitate a condurre sondaggi online, per raccogliere il parere dei fedeli, altre hanno organizzato momenti di incontro a faccia a faccia anche a livello diocesano. Era emerso, infatti, da quel primo documento, che chi aveva partecipato al processo sinodale l’aveva trovato un’esperienza arricchente ed aveva espresso l’intenzione di voler continuare. Non solo. Durante il “National Synod Day”, la giornata dedicata al Sinodo, il 1 giugno 2022, nella cattedrale di san Giorgio a Southwark, nel sud di Londra, diversi fedeli avevano detto di sentirsi valorizzati perché venivano interpellati in prima persona e perché veniva loro chiesto, per la prima volta, in modo diretto, quale era, secondo loro, la missione della Chiesa e quali strumenti erano necessari per poter annunciare il Vangelo nel mondo di oggi.
Sempre di quella prima fase è la richiesta, da parte dei fedeli, di dare spazio e di accompagnare chi ha divorziato e si è risposato, chi è in un rapporto omosessuale, e chiunque si senta ai margini. I fedeli hanno sollevato anche il problema del ruolo delle donne e di un maggior coinvolgimento dei laici nella Chiesa a livello decisionale ed espresso il desiderio di essere formati nella fede.
Ed è proprio il ruolo dei laici uno dei punti più importanti dell’ultimo rapporto inviato dai vescovi inglesi a Roma che è stato discusso alla loro ultima plenaria lo scorso aprile. Nelle pagine che rappresentano l’ultimo stadio del processo sinodale, in Inghilterra e Galles, si ricorda la necessità, per laici e sacerdoti, di collaborare.
“Questo è il cuore del nostro viaggio sinodale fino ad oggi, una chiamata alla corresponsabilità del sacerdozio comune dei fedeli con il sacerdozio ministeriale, mentre ciascuno dei due sostiene l’altro nel lavoro di missione della Chiesa”, si legge nel documento.
E si sottolinea come: “Crescere in comunione, gli uni con gli altri, in una comune fede battesimale, porta a un desiderio di partecipare più pienamente nella vita e nel ministero della Chiesa. Questo dà un cuore per la missione, non tanto come un compito da svolgere, ma perché essa è l’essenza stessa della Chiesa”. E ancora: “Valorizzare il rapporto di sacerdoti e laici può migliorare e potenziare tutti coloro che danno vita alla Chiesa di Inghilterra e Galles”.
E’ importante, secondo questo ultimo documento sinodale dei vescovi inglesi, che i laici si assumano la responsabilità della loro fede, che hanno ricevuto con il Battesimo, in un modo più pieno rispetto a quello che è successo fino ad oggi.
“Bisogna trovare modi nei quali i doni e i talenti di tutti possano essere usati per il bene della missione di Cristo”, si legge nel documento. I vescovi esprimono anche “la loro gratitudine per tutti i fedeli, uomini e donne, in tutto il Paese, che offrono il loro tempo e i loro talenti per sostenere la vita della Chiesa e per la capacità di testimonianza dei giovani e di coloro che lavorano nelle nostre scuole”.

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AttualitàCaserta e SannioDall'ItaliaIn EvidenzaPolitica, economia, giustizia

Caserta. Coldiretti: missione fruttuosa al Brennero: in numerosi TIR erano stipati prodotti non italiani

Ha funzionato e ha portato risultati rilevanti il controllo che la Coldiretti e le forze dell’ordine hanno portato avanti lunedì e martedì al valico del Brennero.

Infatti, durante le ispezioni dei camion che arrivavano in Italia, alla ricerca di prodotti che, falsamente, riportavano la provenienza italiana, attività alla quale ha partecipato anche una delegazione della Coldiretti Caserta, guidata dal presidente Enrico Amico e dal direttore Giuseppe Miselli, sono stati diversi i camion che, al loro interno, avevano alimenti storicamente prodotti nel nostro paese, ma che, invece, di italiano non avevano nulla.

Dall’inquietante pomodoro San Marzano proveniente dall’Olanda, alla carne di maiale congelata e alla ricotta fresca che arriva dal Nord Europa, fino ad arrivare addirittura al pane di Altamura prodotto in Repubblica Ceca e destinato proprio alla nota località pugliese celebre per il suo pane dop.

Nei due giorni sono stati quasi cento i tir e le autobotti aperti alla presenza degli iscritti Coldiretti, con il supporto della Guardia di Finanza, dei Carabinieri dei NAS, ma anche della Polizia e dei Vigili del fuoco.

L’idea che prodotti legati a Caserta e alla sua storia possano provenire da chissà quale posto in giro per il continente, e non solo, ha reso necessario l’operazione al Brennero“, ha spiegato il direttore della federazione di Caserta di Coldiretti, Giuseppe Miselli.

Con la mobilitazione al confine è partita anche una grande raccolta firme – ha aggiunto il presidente Enrico Amico – e vogliamo arrivare a un milione di sottoscrizione per spingere l’Europa rispetto a una maggiore trasparenza sui prodotti e sulle importazioni sleali“.

Come anticipato dal presidente Amico, infatti, Coldiretti sta lavorando a una proposta di legge europea di iniziativa popolare che porti a estendere l’indicazione dell’origine in etichetta su tutti i prodotti in commercio nell’Unione Europea.

Ma la richiesta è anche di imporre un netto stop alle importazioni sleali di cibo prodotto secondo modalità vietate in Italia e in Europa, dall’uso di sostanze vietate, allo sfruttamento del lavoro e dell’ambiente.

La madre di tutte le battaglie della Coldiretti a Bruxelles è però l’abolizione del concetto di ultima trasformazione sostanziale per gli alimenti, quello che tecnicamente si chiama codice doganale: “Non è possibile che si spacci per italiano un cibo che non è stato coltivato o allevato in Italia“, ha chiarito a gran voce il direttore Miselli.

Coldiretti Caserta è già attiva per pubblicizzare e spingere questa importante proposta.

La mobilitazione potrà essere sostenuta firmando in tutti i mercati contadini di Campagna Amica e negli uffici Coldiretti e sarà promossa anche sui social media con l’hashtag #nofakeinitaly.

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Landau (Caritas Europa), “una missione congiunta di ricerca e soccorso nel Mediterraneo” e “cessate il fuoco umanitario” a Gaza

(da Grado) – Dal 2014 ad oggi almeno 20.000 persone sono morte nel Mar Mediterraneo e i numeri aumentano giorno dopo giorno. Mentre nel mondo 108 milioni di persone sono costrette a lasciare le loro case a causa di guerre, persecuzioni, violenze, violazioni dei diritti umani. “La questione sta prendendo sempre meno spazio sui media a livello europeo, ma questo non può essere accettato e deve finire. L’Europa deve forse parlare di nuovo di una missione congiunta europea di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo”. È l’appello lanciato da monsignor Michel Landau, presidente di Caritas Europa, durante la seconda giornata del 44° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino all’11 aprile a Grado, in provincia di Gorizia. Il presidente di Caritas Europa, network di 49 organizzazioni in 46 Paesi europei che interloquiscono con i responsabili politici nazionali ed europei in difesa dei poveri e vulnerabili, si è rivolto ai 600 delegati da 218 Caritas diocesane descrivendo una situazione mondiale ed europea attraversata da intensi cambiamenti dovuti a guerre, pandemie, cambiamenti climatici, migrazioni. Tutto ciò in vista delle elezioni europee che si svolgeranno l’8 e 9 giugno prossimo.  Caritas Europa ha anche diffuso nei mesi scorsi un memorandum ai candidati con cinque priorità, tra cui il salario minimo per i lavoratori, la difesa del welfare, dei diritti dell’infanzia e dei migranti e rifugiati. Mentre su Gaza monsignor Landau chiede, in questa intervista al Sir, “un cessate il fuoco umanitario” che consenta di far entrare gli aiuti in sicurezza.

Ci approssimiamo alle elezioni europee, che tipo di società auspica Caritas Europa

La chiave è mettere la dignità delle persone al centro. Non vogliamo una Europa che divide le persone e la società ma una Europa convinta delle importanti sfide che abbiamo davanti da affrontare solo insieme. Paragonati agli Stati Uniti o Cina o India ogni Paese europeo è piccolo  e se vogliamo avere un futuro dobbiamo averlo insieme. Non è sempre semplice. C’è una ricchezza di tradizione e storia. Ma penso che possiamo utilizzarla come fonte per crescere insieme.

Penso che abbiamo bisogno di più Europa e non meno Europa e più Caritas e non meno Caritas.

Tra le sfide per il continente europeo c’è il conflitto in Ucraina. Il Papa ha chiesto un negoziato, voi come Caritas siete impegnati sul campo in prima linea, accanto alla popolazione.

Prima di tutto abbiamo un chiaro mandato umanitario. Noi siamo accanto alle persone e questo è il grande vantaggio della rete Caritas che opera sul campo e rimane vicini alle popolazioni. Per me è stato molto toccante durante questo periodo, vedere come gli operatori delle Caritas in Ucraina spesso devono lavorare da un bunker. Come Caritas coordiniamo tutti questi sforzi per dare risposte efficienti alle persone che soffrono, questo è il primo dovere in situazione di conflitto. Supportiamo anche gli ucraini nei Paesi limitrofi e sappiamo che si sta facendo molto.

Speriamo e preghiamo che ci sarà presto una pace frutto della giustizia.

Intanto a Gaza si è arrivati a oltre 30.000 morti ma l’Europa ha assunto finora una posizione piuttosto debole. Cosa chiedete?

Anche qui il nostro dovere è rimanere vicino ai sofferenti.

Chiediamo che coloro che hanno bisogno di aiuto umanitario abbiamo accesso a questo tipo di sostegno. Non mancano i mezzi manca l’accesso.

E noi speriamo che ci sarà accesso per rendere possibile l’aiuto. Allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare che ci sono ancora ostaggi e devono essere liberati, senza condizioni. Speriamo che ci sarà una soluzione che venga dall’interno e non da fuori. Chiediamo un cessate il fuoco umanitario il prima possibile. Dopo l’atto di terrorismo del 7 ottobre c’è stata così tanta sofferenza. Uno dei sopravvissuti dell’Olocausto ha detto: “Non esiste sangue ebreo, sangue cristiano, sangue musulmano, solo sangue umano”. E’ importante ribadire questo concetto.

Le migrazioni continuano a sfidare l’Europa. Cosa pensa del Patto per la migrazione e dell’approccio dell’Unione europea in materia

Da parte della Chiesa c’è abbastanza preoccupazione su questo nuovo accordo. Da un lato è importante raggiungere un accordo ma ci sono ancora molte questioni aperte. Penso si possa coniugare la cura degli esseri umani e la difesa dei confini in Europa. E’ importante andare alle radici delle cause delle migrazioni, che non sono state ancora affrontate abbastanza. Non ci sono prospettive nei Paesi da cui provengono i migranti. Il punto chiave è: chi ha bisogno di sicurezza deve trovarla.

Spiace che il meccanismo di Dublino non sia cambiato, perché attualmente è disfunzionale.

E la proposta di un meccanismo di solidarietà basato sul denaro e non sulla condivisione dei compiti, che invece  apprezzeremmo di più. E deve essere un compito europeo porre fine alle morti nel Mediterraneo, le iniziative private delle Ong sono lodevoli ma non bastano.

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AttualitàCaserta e SannioDall'ItaliaIn EvidenzaLavoro & Sindacato

Trattori a Roma, missione compiuta: e giovedì si prospetta una massiccia manifestazione

Come previsto, intorno alle ore 4.30 di mercoledì, circa cento trattori partiti dal Casertano, al confine con il Lazio (dopo aver raccolto lungo il percorso mezzi dalla zona di Fondi), sono arrivati nelle Aree gestite dalla Cooperativa “Agricoltura Nuova” in Via Castel di Leva 371 (nei pressi del Santuario del Divino Amore) e hanno installato il presidio degli agricoltori in mobilitazione per sostenere la piattaforma unitaria in nove punti-proposta dal Coordinamento Unitario contro la crisi che raccoglie un numero crescente di Presìdi, Associazioni, Realtà sociali da tempo impegnate nelle vertenze e nelle proposte contro la crisi.

Nella stessa giornata di mercoledì è previsto l’arrivo di altre rappresentanze degli agricoltori e delle altre categorie che si sono convocate per sostenere la piattaforma e dare vita alla Manifestazione del 15 febbraio in Piazza del Campidoglio con ritrovo dalle ore 12; la manifestazione è stata proposta inizialmente e indetta poi da Altragricoltura e il Popolo Produttivo ormai trenta giorni addietro con il titolo #TELODOIOILMADEINITALY e vedrà protagoniste categorie e realtà sociali di diversi settori produttivi colpiti dalla crisi e lasciate sole di fronte alle scelte Europee (agricoltori, allevatori, artigiani, pescatori, ristoratori, ambulanti, balneari, Partite Iva, piccole e medie imprese) non solo dell’agroalimentare cui si sono aggiunte realtà sindacali dei lavoratori di braccianti e associazioni sociali come la Rete dei Municipi Rurali che associa Sindaci impegnati a difendere le comunità rurali del Paese).

Nove i punti della piattaforma unitaria intercategoriale già inviata a Parlamento e Governo (cui sono stati chiesti incontri per poterne rappresentare le richieste), due gli obiettivi principali: che il Governo apra un Tavolo/spazio di confronto sulla crisi e le misure urgenti con il movimento e i soggetti che la stanno denunciando e che la politica nazionale e regionale mettano all’ordine del giorno il confronto sulle Riforme ormai indispensabili per invertire il processo che nei decenni ha trasformato il nostro Paese in una piattaforma commerciale speculativa con il Made in Italy fondato sui marchi speculativi senza i prodotti del territorio e esposto al dumping commerciale.

Alle ore 12 di mercoledì 14 febbraio, presso il presidio in Via Castel di Leva 371, Altragricoltura e il Popolo Produttivo hanno illustrato alla Stampa le iniziative programmate per giovedì 15 febbraio, entrando nel merito degli obiettivi e del metodo con cui si intende realizzarli.

Vedi e approfondisci: https://telodoioilmadeinitaly.it/articoli/arrivati-i-trattori-nella-notte-a-roma-a-castel-di-leva-alle-12-conferenza-stampa/

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Consiglio permanente Cei. Card. Zuppi: “Di fronte al popolo italiano la Chiesa ha una missione unica”

“Di fronte al popolo italiano, alle istituzioni locali o nazionali, alle componenti della vita culturale, sociale e politica, la Chiesa si presenta qual è, senza alterigia, ma consapevole di avere una missione unica”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, aprendo i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 24 gennaio.

“La pace è quello di cui l’umanità ha più bisogno oggi”,

ha esordito il cardinale. “Guardando al contesto internazionale, non possiamo non esprimere forte preoccupazione per l’escalation di odio e violenza che, in Ucraina, in Medio Oriente e in moltissime altre parti del mondo, sta seminando morte e distruzione”, il grido d’allarme di Zuppi: “Il rumore delle armi continua ad assordarci; il male della guerra si allarga; la società è come assuefatta al dolore e chi parla di pace è come se gridasse nel deserto. Questo vuol dire che dobbiamo rassegnarci? Mai!”.

“La costruzione della pace è certamente un dovere dei grandi della Terra, ma chiama in causa ciascuno di noi”,

la tesi del presidente della Cei. “Non dobbiamo stancarci di invocare il dono della pace, di educarci alla pace, a partire dalle nostre case, dalle nostre famiglie, dalle nostre comunità”, il monito: “Le nostre Chiese devono abolire il linguaggio della discordia e della divisione, devono avere parole di pace, chiamando i fedeli a nutrire pensieri e sentimenti di pace”.

“Non lasciamo solo il Santo Padre nel ministero di pace”,

l’appello: “La sua profezia è un valore unico per l’umanità. E, ancora di più, non possiamo e non vogliamo lasciarlo solo noi, vescovi italiani, che abbiamo con lui un rapporto non solo di prossimità geografica, ma di speciale vicinanza storica e spirituale”. “Con questo spirito e consci del rapporto privilegiato che lega le nostre Chiese con il Papa, stiamo vivendo da oggi la visita ad limina”, ha reso noto il cardinale.

“Un documento che si pone nell’orizzonte della misericordia, dello sguardo amorevole della Chiesa su tutti i figli di Dio, senza tuttavia derogare dagli insegnamenti del Magistero”.

Così Zuppi ha definito la recente Dichiarazione del Dicastero della Dottrina della Fede, Fiducia supplicans, che introduce la possibilità di una benedizione per le coppie dello stesso sesso.  Come viene chiarito nella Presentazione, infatti, “non vi è alcuna messa in discussione del significato del sacramento del matrimonio”, ha precisato sulla scorta della presentazione del documento e menzionando il recente intervento del card. Betori su Avvenire, in cui l’arcivescovo di Firenze chiarisce che “le benedizioni sono una risorsa pastorale piuttosto che un rischio o un problema”, un gesto che “non pretende di sancire né di legittimare nulla”, in cui “le persone possono sperimentare la vicinanza del Padre”. “In un tempo di frammentazione della comunità internazionale, di nazionalismi ed etnicismi”, e in cui le organizzazioni sovranazionali faticano a essere punti di riferimento su scala globale, come purtroppo accade per le Nazioni Unite” – la parte dell’introduzione dedicata ai temi politici – la stessa Unione europea “necessita di maggiore coesione e capacità di azione in relazione ai conflitti in corso e alla promozione della pace e rispetto ad altri delicati scenari, tra cui le dinamiche demografiche, il cambiamento climatico, la tutela dei diritti fondamentali, la giustizia sociale di fronte alle diffuse povertà, la cooperazione internazionale”:

“Bisogna coltivare l’anima dell’Europa e rifarsi ai suoi fondamenti storici e valoriali, richiamandoli anche in vista dell’imminente rinnovo del Parlamento europeo”.

“La Chiesa, con i suoi limiti, è un grande dono per noi e per l’umanità degli italiani”, la certezza di fondo: “Non facciamoci intimidire da letture solo sociologiche della Chiesa! Non facciamoci intimidire da una cultura per cui la fede è al tramonto! È la prepotenza del pessimismo, che pare realismo. Non facciamoci intimidire da letture della Chiesa che interpretano la nostra azione come politica. Siamo aperti al dialogo, ma non ci lasceremo dire da altri quale sia il contenuto dell’azione caritativa o della missione, che non sono mai di parte, perché l’unica parte della Chiesa è Cristo e la difesa della persona, della vita, dall’inizio alla fine”.

“Certe letture vogliono dividere vescovi e cristiani, mentre invece sento tanto viva la comunione tra vescovi e popolo e questo vale più dei like dei social”,

ha osservato del cardinale. “La questione sociale è sempre anche una questione morale e – oserei dire – spirituale”, il riferimento all’assetto della nostra società, in cui “le disuguaglianze sono aumentate e c’è come una cronicizzazione della povertà”: “Lo si nota dall’accesso ai beni fondamentali come il cibo, i servizi sanitari e le medicine, l’istruzione soprattutto quella superiore. Il malessere dei poveri, che crea sacche di pericolosa depressione, deriva anche dalla consapevolezza che non c’è più un ascensore sociale che consenta di sognare un miglioramento”. “Consentire a tutti pari opportunità significa anche operare per eliminare la disuguaglianza di genere”, ha puntualizzato Zuppi:

“Non è ammissibile che le donne mediamente guadagnino meno degli uomini per le medesime mansioni”.

In generale, “esiste nel nostro Paese un problema di riconoscimento della dignità delle persone e del loro lavoro, mal retribuito a causa di contratti precari e di lavoratori sfruttati”.  Altro tema “cruciale per il futuro della Chiesa e della società” è l’attenzione ai giovani, che “sono il presente delle nostre comunità”.

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AttualitàDalla Campania

REGIONE LAZIO IN USA PER LANCIO MISSIONE AX-3

Una delegazione della Regione Lazio, guidata dal presidente del Consiglio regionale, Antonello Aurigemma, mercoledì 17 gennaio assisterà, al Kennedy Space Center in Florida, al lancio della missione Ax-3 organizzata dalla compagnia americana Axiom Space, alla quale parteciperà il colonnello dell’Aeronautica Militare, Walter Villadei.

KappaelleNet

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Biagio Conte, il “fratello povero” e la Missione che continua un anno dopo la morte

Biagio lo aveva detto qualche tempo prima di morire. Le pietre di Vincenzo avrebbero permesso alla Missione di crescere.
Vincenzo è uno scultore. Incontrò, nei boschi di Godrano, il missionario laico in uno dei periodi di ritiro in preghiera tra i boschi, in provincia di Palermo. Parlarono di questa passione che era diventata lavoro, arte, dono. E così il missionario laico la riconobbe e la considerava, appassionato di quei luoghi in cui don Pino Puglisi, da parroco, organizzava campi scuola. Un’arte che – sapeva bene – poteva essere d’aiuto alla causa comune, quella dei poveri, quella della Missione Speranza e Carità.

Foto Sir

Biagio Conte è morto un anno fa, portato via dalla vita da un male incurabile. Da quel quel giorno, la speranza e la carità – di cui si era fatto profeta – non hanno smesso di vivere nelle cittadelle della Missione che ha fondato. Le porte dei diversi centri sono rimaste aperte, continuando ad accogliere migranti, poveri, persone sole, ex tossicodipendenti. Altri centri continuano a svilupparsi, come quello di Godrano. Per Biagio Contrada Portella di Pero era “porta e valle di speranza”. Aveva poggiato lì il suo bastone e il suo giaciglio, al termine di uno dei suo pellegrinaggi per l’Europa, quando è arrivato lo spettro del Covid. In quei giorni, con una penna e un foglio di carta cominciò a sognare. E a progettare. Dalla cappella alla Via Crucis. Il Centro di spiritualità, un anno dopo la sua morte, sta prendendo forma. E a capo dell’opera c’è proprio Vincenzo che da Biagio aveva ricevuto l’investitura.

“Ero cattolico ma tiepido. Adesso vivo la fede davvero. Quando faccio la comunione mi sento toccato dallo Spirito – racconta -. L’amore che ho visto liberare a Biagio è qualcosa di infinito. Ora mi manca tanto, ma lo sento vicino”.

È la storia di un incontro, quello tra Biagio e Vincenzo. Un incontro che ha cambiato la sua vita. Nei boschi, dove il Centro di spiritualità ha messo radici, lo scultore si reca giorno e notte. Come un artista che insegue l’ispirazione. E quando l’afferra ha bisogno di scolpirla. Il Centro per lui è diventato una seconda casa. E con lui, negli ultimi mesi, hanno lavorato numerose persone. Volontari, con storie e orizzonti diversi. Tutti accomunati dalla convinzione che la via indicata da Biagio porti frutto. Assieme raccontano segni “molto belli” della presenza del missionario laico, che “continua a vegliare su di noi”. Gli arcobaleni sono il suo messaggio d’amore, le ombre dei viandanti il ricordo dalla sua presenza. C’è tempo e vita, anche quando quelli di Biagio si sono fermati.

Foto Sir

La spiritualità nel Centro in costruzione è già nello spirito dell’opera, nella sua origine, nella sua profezia. E si percepisce, tra le colline verdi e gli alberi, prima ancora che la struttura venga realizzata. Come nella notte di Natale, quando i fedeli riuniti hanno celebrato la veglia, con addosso le coperte e il fuoco acceso fuori dalla cappella, realizzata in pietra. Lo spirito di Betlemme riviveva in quella notte e rivive ogni giorno. Anche nel lavoro condiviso dai volontari. C’è Pino, c’è Mario. Ci sono tanti altri uomini che hanno trovato un senso alla loro vita spendendola per i più poveri. “Lavoravo alla Regione Siciliana – racconta Pino -. Ero funzionario e mi occupavo di aiutare gli ‘ultimi’ a usufruire bene delle normative. Vivevo già la mia fede ed ero impegnato in parrocchia dove organizzavamo diverse opere di carità. Ma l’incontro con Biagio, il suo abbraccio, mi ha toccato dentro. Anche il suo sguardo che non ho più dimenticato. Da lì ho cercato sempre di fare qualcosa per la Missione Speranza e Carità. In particolare, ho cominciato a preparare le conserve di pomodoro. Siamo riusciti a farne anche 30 quintali ogni anno. Riuscivamo a sfamare un migliaio di persone. Oggi che lui non c’è più io sento di dovere continuare il mio impegno”. L’ultimo incontro tra Pino e Biagio si è verificato sulla strada statale Palermo-Agrigento.

“Ho visto una sagoma che camminava con la croce sulle spalle. Mi sono fermato, dopo averlo riconosciuto. È stato un altro incontro importante. Ho visto in lui l’azione dello Spirito santo. In Biagio vedo il San Francesco dei nostri giorni”.

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Attualità

Eccidio di Podrute: 32° anniversario di una tragica missione di pace

E.C.M.M.: 7 gennaio 1992, Eccidio di Podrute, un elicottero dell’Aviazione Leggera Esercito (A.L.E.) in missione (European Community Monitor Mission – E.C.M.M.) per il controllo del rispetto del cessate il fuoco viene abbattuto da un MIG-21 jugoslavo.
Il 7 gennaio 2024 ricorre il 32º Anniversario dell’uccisione di un gruppo di Piloti ed Osservatori della Missione Diplomatica di Osservazione della Comunità Europea (European Community Monitor Mission – E.C.M.M.) avvenuta a Podrute nei pressi di Varaždin, una città del nord della Croazia. Un elicottero dell’Aviazione Leggera dell’Esercito Italiano, con a bordo personale osservatori, un francese e quattro italiani di ritorno da una missione, fu abbattuto da una coppia di MIG-21 dell’Aeronautica Militare Jugoslava. In breve: Martedì, 7 gennaio 1992 Kaposvár (Ungheria) ore 13.30 due elicotteri (AB-205 e AB-206) dell’Aviazione Leggera dell’Esercito Italiano decollano, al termine della missione di accordo per il sorvolo degli elicotteri sui territori ungheresi a Budapest, procedendo in formazione: l’AB-205 in testa e l’AB-206 leggermente arretrato. Ore 13.55 due MIG-21 jugoslavi pilotati dai Tenenti Emir Šišić e Daniel Borović, in forza al 117º Stormo da Caccia, decollano dalla base aerea di Želijava (Bihać – allora ancora Repubblica Socialista di Bosnia Erzegovina e parte integrate della Jugoslavia), su ordine di allarme in direzione dei due elicotteri della Missione Osservatori della Comunità Europea. Ore 14.00 gli elicotteri entrati nel controllo dello spazio aereo di Zagabria si portano a 2000 piedi e vengono seguiti sul tracciato radar. All’improvviso il centro di controllo del traffico aereo di Zagabria riceve il disperato triplice “MAYDAY” dato dal Tenente Renato Barbafiera, oggi Colonnello, che pilotava l’AB-206 di cui si riporta la testimonianza: “D’improvviso noi dell’equipaggio dell’AB-206 abbiamo sentito rumori e vibrazioni. Ho pensato ad un’avaria, ma subito dopo ho visto l’altro elicottero spezzarsi in due tronconi e precipitare. L’AB-205, pilotato dal Tenente Colonnello Elio Venturini, colpito da un missile aria-aria lanciato da uno dei due MIG-21 era esploso”. L’evento fu definito una strage, disastro aviatorio, omicidio e tentato omicidio plurimo con 5 morti. I MIG-21 cercarono di abbattere anche l’AB-206 per non lasciare testimoni ma grazie alle indiscusse capacità del pilota, l’elicottero con l’equipaggio fu messo in salvo con un atterraggio di emergenza in una radura. Elenco dell’eroico equipaggio incolume dell’AB-206: Tenente Renato Barbafiera, Sergente Maggiore William Paolucci ed il Maresciallo Capo Silvio Di Bernardo. Riportiamo i nomi del personale a bordo dell’AB-205 che persero la vita: Tenente Colonnello Pilota Enzo Venturini, Sergente Maggiore Pilota Marco Matta, Maresciallo Capo Fiorenzo Ramacci, Maresciallo Capo Silvano Natale e Tenente di Vascello francese Jean-Loup Eychenne. Sul luogo dell’eccidio (Podrute nei pressi di Varaždin) fu realizzato, in breve tempo, un marmo commemorativo dove ogni anno, il 7 gennaio, Autorità Italiane, Croate, Francesi e familiari si recano per rendere onore alla Memoria dei cinque Eroi dell’E.C.M.M. L’allora Capo dello Stato italiano, Presidente Francesco Cossiga, si recò sul posto per onorare i Caduti e portare un messaggio di cordoglio a tutto il personale del Comando Missione. In seguito, con Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) datato 14-4-1993, Gazzetta Ufficiale n.120 datata 25-5-1993 i quattro eroi italiani furono decorati, alla Memoria, con la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Nel 2002, uno dei due piloti dei MIG-21, Emir Šišić, oggi Maggiore, durante un controllo al confine ungherese, fu riconosciuto, arrestato ed estradato in Italia dove fu condannato a 15 anni di prigione. Successivamente, un negoziato tra il governo serbo e le Autorità italiane decise di far scontare in Serbia la pena inflitta all’aviatore, trasferendolo presso il penitenziario di Sremska Mitrovica. Nel maggio del 2008, a seguito di buona condotta, Emir Šišic fu rilasciato ed attualmente è un cittadino libero a tutti gli effetti. Chi scrive, all’epoca dei fatti, era uno dei componenti la missione European Community Monitor Mission in Zagabria e quella mattina del 7 gennaio 1992, essendo smontato dal turno di servizio in sala operativa, aspettava, come sempre, insieme agli altri della delegazione italiana, il rientro dei nostri connazionali per recarsi a pranzo, un pranzo che purtroppo non si consumò. In occasione del mio saluto dopo 43 anni di servizio in Forza Armata Esercito il 30.12.2018, ho voluto ricordare questi Eroi dell’E.C.M.M, compagni di delegazione e colleghi di Forza Armata, vittime innocenti di un inspiegabile massacro il cui sacrificio rappresenta una Memoria storica, un pezzo di quel mosaico che ha portato indipendenza, democrazia e pace nei territori delle cinque ex-Repubbliche della Federazione Jugoslava.

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Piedimonte Matese. Giuseppe Dossetti, la politica come missione: Armando Pepe intervista l’autore Luigi Giorgi

Luigi Giorgi dialoga con Armando Pepe.

Per Giuseppe Dossetti la politica è stata un impegno esigente e virtuoso, una missione al servizio dei più deboli e bisognosi secondo un’idea di democrazia sostanziale in grado di rendere testimonianza della presenza del cristiano nella storia.

Con questa visione ha attraversato da protagonista le vicende del Novecento.

Luigi Giorgi è coordinatore delle attività culturali dell’Istituto Luigi Sturzo. È socio della Società italiana per lo studio della storia contemporanea e della Società italiana di storia dello sport.

Ha lavorato come collaboratore parlamentare alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

Ha scritto diverse monografie e saggi su Dossetti, sulla storia dell’Italia contemporanea e su quella del movimento cattolico.

Collabora con riviste di storia e di attualità culturale. Link al libro https://www.carocci.it/prodotto/giuse…

Per accedere alla video intervista integrale, cliccare su una delle foto oppure sul seguente link:[video_player file=”https://www.teleradio-news.it/wp-content/uploads/2023/12/GIUSEPPE-DOSSETTI-La-politica-come-missione-di-LUIGI-GIORGI.mp4″]  https://www.teleradio-news.it/wp-content/uploads/2023/12/GIUSEPPE-DOSSETTI-La-politica-come-missione-di-LUIGI-GIORGI.mp4

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Relazione di sintesi del Sinodo: “Essere Chiesa che articola comunione, missione e partecipazione”

“La nostra Assemblea si è svolta mentre nel mondo infuriano vecchie e nuove guerre. Il grido dei poveri, di chi è costretto a migrare, di chi subisce violenza o soffre le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici e tutti, abbiamo portato in ogni momento, nel cuore e nella preghiera, chiedendoci in che modo le nostre Chiese possano favorire cammini di riconciliazione, di speranza, di giustizia e di pace”. Si apre con queste parole la Relazione di Sintesi approvata e pubblicata ieri dalla XVI Assemblea generale del Sinodo sulla sinodalità. Un documento di circa 40 pagine suddiviso in tre parti, che traccia la strada per il lavoro da svolgere nella seconda sessione del 2024 e dalle quali emerge un rinnovato sguardo al mondo e alla Chiesa e alle loro istanze.
Tutto parte dall’arte dell’ascolto, tema centrale del sinodo, che anziché suscitare confusione o preoccupazione, apre  alla sinodalità cioè a quella capacità “di essere Chiesa che articola comunione, missione e partecipazione”. Ed è appunto la sinodalità il tema della prima parte del documento, nella quale oltre a descrivere l’esperienza vissuta dai padri sinodali, vengono toccati temi importanti e cruciali per la vita della Chiesa. A cominciare dal servizio al mondo senza limiti di sorta, e poi l’iniziazione cristiana ma soprattutto i poveri.

L’opzione per i poveri e gli scartati è per la Chiesa una “categoria teologica”.

Essi infatti “chiedono alla Chiesa “amore” inteso come “rispetto, accoglienza e riconoscimento”, ribadisce il documento, che identifica come poveri anche migranti, indigeni, vittime di violenza, abuso (in particolare donne), razzismo e tratta, persone con dipendenze, minoranze, anziani abbandonati, lavoratori sfruttati. Il testo si concentra ancora su migranti e rifugiati indicandoli quale “fonte di rinnovamento e arricchimento per le comunità che li accolgono e un’occasione per stabilire un legame diretto con Chiese geograficamente lontane”. Per questo, di fronte agli atteggiamenti sempre più ostili nei loro confronti, il Sinodo invita “a praticare un’accoglienza aperta, ad accompagnarli nella costruzione di un nuovo progetto di vita e a costruire una vera comunione interculturale tra i popoli”. Il tutto nel rispetto “per le tradizioni liturgiche e le pratiche religiose”, come pure per il linguaggio. Ed è in questo contesto che i padri sinodali sottolineano la necessità di combattere razzismo e xenofobia attraverso specifici programmi di formazione pastorale basati “sull’educazione alla cultura del dialogo e dell’incontro”.

Sempre facendo riferimento al tema, il documento si sofferma quindi sui recenti conflitti che hanno causato il flusso di numerosi fedeli dell’Oriente cattolico sull’Est Europa e, “in nome della sinodalità” lancia alle Chiese locali di rito latino l’appello affinché queste “aiutino i fedeli orientali emigrati a preservare la loro identità”, senza subire “processi di assimilazione” (6 c). Sul fronte dell’ecumenismo il testo parla di “processi di pentimento” e “guarigione della memoria” (7 c), e si rilancia la proposta di un martirologio ecumenico (7 o).

Alla sinodalità si affianca la “Missione“, argomento della seconda parte che si sofferma su aspetti più “ad intra” della vita della Chiesa ”. Temi di grande rilievo e importanza e per i quali è necessario che “le comunità cristiane condividano la fraternità con uomini e donne di altre religioni, convinzioni e culture, evitando da una parte il rischio dell’autoreferenzialità e dell’autoconservazione e dall’altra quello della perdita di identità”. Temi che richiedono l’avvento di un nuovo “stile pastorale”, indispensabile, a parere di molti, per rendere “il linguaggio liturgico più accessibile ai fedeli e più incarnato nella diversità delle culture”..
Nel testo si guarda con stupore poi alla ricchezza e alla varietà delle diverse forme di vita consacrata mettendo allo stesso tempo in guardia i figli della Chiesa dal pericolo legato al “perdurare di uno stile autoritario, che non fa spazio al dialogo fraterno” spesso fonte di casi di abuso e violenza e che “richiede interventi decisi e appropriati”. Dai padri sinodali poi la gratitudine ai diaconi “chiamati a vivere il loro servizio al Popolo di Dio in un atteggiamento di vicinanza alle persone, di accoglienza e di ascolto di tutti”, ma anche l’invito a non cadere nel clericalismo che rappresenta la “deformazione del sacerdozio”. Un atteggiamento da contrastare “fin dalle prime fasi della formazione” puntando su “un contatto vivo” con il popolo e i bisognosi. Nel documento si accenna anche all’annoso tema del celibato accompagnato, nel corso dell’assemblea, da valutazioni diverse. Un tema non nuovo – ricorda il testo – di cui “tutti  ne apprezzano il valore carico di profezia e la testimonianza di conformazione a Cristo, ma che richiede di essere ulteriormente ripreso”. Ampia infine la la riflessione sulla figura e sul ruolo del vescovo, chiamato a esercitare la “corresponsabilità”, intesa come il coinvolgimento di tutte le altre componenti interne alla diocesi e al clero. Una partecipazione al ministero episcopale che permetta di alleggerire il “sovraccarico di impegni amministrativi e giuridici” che rischiano di limitare la missione del vescovo che “non sempre trova sostegno umano e supporto spirituale” e  per questo “non è rara l’esperienza sofferta di una certa solitudine”.

La terza parte punta sulla formazione. “Il Santo Popolo di Dio – si legge nel testo – non è solo oggetto, ma è prima di tutto soggetto corresponsabile della formazione” e “la prima formazione, di fatto, avviene in famiglia”. Ed è probabilmente sulla base di uno stile familiare che i padri sinodali invitano coloro che hanno un ministero nella Chiesa, a svolgerlo “con la sapienza dei semplici in un’alleanza educativa indispensabile alla comunità. È questo il primo segno di una formazione intesa in senso sinodale”. Una formazione che tenga conto in primis delle esigenze dei giovani, in particolare nella necessità di “approfondire il tema dell’educazione affettiva e sessuale, per accompagnarli nel loro cammino di crescita”, ma anche “per sostenere la maturazione affettiva di coloro che sono chiamati al celibato e alla castità consacrata”. Nel documento si chiede anche di approfondire il dialogo con le scienze umane. Una collaborazione che permetta di sviluppare tutte quelle “questioni che risultano controverse anche all’interno della Chiesa”: dall’identità di genere e all’orientamento sessuale al fine vita; dalle situazioni matrimoniali difficili alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale”. Realtà sempre più presenti che pongono alla Chiesa “domande nuove”, per questo, aggiungono i padri sinodali, “è importante prendere il tempo necessario per questa riflessione e investirvi le energie migliori, senza cedere a giudizi semplificatori che rischiano di ferire le persone e il Corpo della Chiesa”. A tal proposito però, ricordano al tempo stesso che “molte indicazioni sono già offerte dal magistero e che attendono solo di essere tradotte in iniziative pastorali appropriate”. Su questi presupposti giunge quindi dall’Assemblea del sinodo l’invito ad un rinnovato ed “autentico” ascolto nei confronti delle “persone che si sentono emarginate o escluse dalla Chiesa, a causa della loro situazione matrimoniale e dell’identità e sessualità”. Persone che “chiedono di essere ascoltate, accompagnate e rispettate, senza temere di sentirsi giudicate” e nei confronti delle quali ” i cristiani non possono mancare di rispetto per la dignità di nessuna persona.

Dai padri sinodali infine un affondo anche sull’attualità e la diffusione della Cultura digitale. Nella Relazione si incoraggia il popolo di Dio a “raggiungere la cultura attuale in tutti gli spazi in cui le persone cercano senso e amore, compresi i loro telefoni cellulari e tablet”. Un monito dai padri anche sui pericoli presenti nel web, perché internet “può anche causare danni e ferite, ad esempio attraverso bullismo, disinformazione, sfruttamento sessuale e dipendenza”. Per questo, secondo l’Assemblea è importante “riflettere su come la comunità cristiana possa sostenere le famiglie nel garantire che lo spazio online sia non solo sicuro, ma anche spiritualmente vivificante”.

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Dal Sinodo alla Missione

La stessa icona che ispira questo anno sinodale con la sottolineatura della frase “Partirono senza indugio” ispira anche il tema della Giornata missionaria mondiale 2023. Il papa, infatti, ha intitolato il suo messaggio, pubblicato già il 6 gennaio, “Cuori ardenti, piedi in cammino”, desumendo il duplice concetto-invito dallo stesso brano del vangelo di Luca. Si può anzi dire che si tratta esattamente dello stesso tema: il “senza indugio” indica l’ardore che i due discepoli di Emmaus si portavano in cuore già lungo la strada nell’ascoltare il “pellegrino” Gesù e portato al culmine una volta riconosciuto il Cristo nello spezzare il pane, mentre il verbo “partirono” sottolinea appunto il mettersi in cammino per andare ad annunciare ai fratelli l’incontro vissuto con il Signore. E’ soprattutto su quest’ultima indicazione che s’inquadra il messaggio del papa. L’immagine dei “piedi in cammino” – afferma papa Francesco – ci ricorda appunto la perenne validità della “missio ad gentes”, cioè il compito affidato dal Signore risorto alla Chiesa di “evangelizzare ogni persona ed ogni popolo sino ai confini della terra”. E’ una questione di diritto e dovere – evidenzia il papa rifacendosi all’Evangelii gaudium: “Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno”; ma non si tratta di imporre obblighi, quanto invece di condividere “una gioia”, segnalare “un orizzonte bello”, offrire “un banchetto desiderabile”. L’amore di Cristo, infatti, come avveniva per Paolo, “ci avvince e ci spinge”. E’ una dinamica di amore che si istituisce tra Gesù verso di noi e tra noi verso di Lui. Questo amore “rende sempre giovane la Chiesa in uscita” per annunciare il Vangelo.
Papa Francesco ricorda ancora una volta – come sempre avviene in occasione delle Giornate missionarie e come dovrebbe essere permanente convinzione di tutti i cristiani – che tutti possono contribuire a questo movimento missionario, di cui le Pontificie Opere Missionarie sono strumento privilegiato, tutti e ciascuno: “con la preghiera e l’azione, con offerte di denaro e di sofferenze, con la propria testimonianza”.
In riferimento diretto al cammino sinodale, ci viene ricordato che proprio la cooperazione missionaria di tutti i membri della Chiesa ad ogni livello è “un obiettivo essenziale del percorso sinodale che la Chiesa sta compiendo con le parole-chiave comunione, partecipazione, missione”, appunto un “mettersi in cammino come i discepoli di Emmaus, ascoltando il Signore Risorto che sempre viene in mezzo a noi per spiegarci il senso delle Scritture e spezzare il Pane per noi, affinché possiamo portare avanti con la forza dello Spirito Santo la sua missione nel mondo”.
E’ quanto siamo chiamati a fare anche nelle nostre comunità cristiane perché diventino sempre più “comunità sinodali”, in piena comunione al loro interno e aperte al mondo in cui sono chiamate a vivere e a testimoniare. L’invocazione finale del papa è rivolta proprio a “Santa Maria del cammino”, che anche noi tante volte invochiamo nelle nostre assemblee e che ci accompagna sempre sulle strade della vita.

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Tre riviste per raccontare l’ad gentes: Popoli e Missione, Il Ponte d’Oro e NotiCum

Per sensibilizzare alla missione, uno degli obiettivi della Fondazione Missio (organismo pastorale della Cei) è anche quello di informare “sul” e “dal” Sud del mondo. Non è possibile, infatti, comprendere appieno le dinamiche che determinano gli squilibri sociali, né è possibile scoprire le ricchezze dei popoli dei cinque continenti, se non ci si immerge dentro le realtà locali.
Per fare questo sono preziose le voci dei missionari che vivono in mezzo alla gente: lo fanno senza clamore, spesso nel nascondimento, ma sanno leggere, capire, descrivere e raccontare le situazioni che si trovano ad affrontare insieme alle popolazioni alle quali testimoniano, con la vita, il Vangelo di Gesù. È a loro che le tre riviste missionarie edite da Missio danno voce, con testimonianze, interviste, analisi e racconti. I due mensili cartacei (entrambi acquistabili per abbonamento) e quello multimediale sono ideati, scritti e proposti per target differenti.
“Popoli e Missione”, rivista d’informazione e azione missionaria, è dedicata a famiglie e Centri missionari diocesani. La prima parte offre articoli di analisi e approfondimento sui Paesi del Sud del mondo e sulle cruciali tematiche che li riguardano; la seconda parte ospita testimonianze di missionari, esperienze di fede condivisa e di cooperazione tra le Chiese, descrizione di materiali e iniziative ideate per l’animazione missionaria di gruppi, famiglie, comunità.
“Il Ponte d’Oro”, mensile per ragazzi da 8 a 12 anni, offre approfondimenti di tematiche e argomenti legati alla mondialità, pensati e scritti a misura di bambino. La rivista è dedicata a chi è curioso di saperne di più su mondo, Vangelo e missione, ma è utile anche a catechisti e insegnanti che vogliono educare alla fede con un’attenzione speciale alla missionarietà e alla mondialità.
“NotiCum”, rivista digitale, è a cura del Centro unitario per la formazione missionaria (Cum) di Verona. La sua diffusione avviene attraverso una newsletter e la ricezione è gratuita. Il mensile multimediale ospita articoli e riflessioni di sacerdoti e missionari sul campo, informa sulla dimensione evangelizzatrice della Chiesa, propone iniziative e corsi di formazione missionaria. La sua peculiarità è quella di essere ricco di video-interviste e docufilm, incorporati negli articoli e scaricabili con un click.
Oltre alle tre riviste mensili, c’è anche un sito web di aggiornamenti costanti per seguire da vicino l’attualità dal Sud del mondo: si tratta di “Popoli e Missione on line” raggiungibile tramite l’indirizzo www.popoliemissione.it che è il supplemento elettronico dell’omonima rivista cartacea.
La Fondazione Missio si avvale, per comunicare la missione, anche della pagina Facebook.

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