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Arrestato il n.1 Federanziani: “Matteo vuole solo me, punto” INCHIESTA ROMA – Messina è accusato di associazione a delinquere e riciclaggio. Dal ‘22 gestisce il dipartimento “Politiche della Terza Età” del Carroccio LEGA






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Arrestato il n.1 Federanziani: “Matteo vuole solo me, punto”

INCHIESTA ROMA – Messina è accusato di associazione a delinquere e riciclaggio. Dal ‘22 gestisce il dipartimento “Politiche della Terza Età” del Carroccio

DI VINCENZO BISBIGLIA E VALERIA PACELLI 
13 GIUGNO 2024
“Prendo io il Dipartimento della Lega delle Politiche della Terza Età… perché Matteo vuole solo me…”. È il 4 febbraio 2022 e Roberto Messina, presidente di Senior Italia Federanziani, sa che di lì a poco arriverà la nomina leghista. E ha ragione. Perché il 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa in Ucraina, Salvini è con lui a presentare proprio quel Dipartimento. Passa un anno: il 14 gennaio 2023 Il Fatto scrive di un’indagine della Procura di Roma a carico di Messina. Che resta al proprio posto. “È tutto chiarito”, spiegava Messina al Fatto, aggiungendo anche di aver avvisato il partito. Ieri la brutta notizia: il dirigente è finito ai domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere e riciclaggio.Le indagini del 6° Nucleo Operativo Metropolitano della Finanza partono da una denuncia sulla gestione del Village, lo stabilimento balneare del litorale romano confiscato a esponenti del clan Fasciani. Negli anni scorsi il Village era stato dato in gestione alla Senior Italia Foundation Onlus, “fondazione senza scopo di lucro”, il cui ramo di azienda era stato poi preso in affitto dalla Senior Italia Service, Srl costituita, secondo i pm, proprio da Messina. Partendo da questo gli investigatori scoprono però che, “attraverso la costituzione di altre fondazioni, associazioni senza scopo di lucro e società”, alcuni degli indagati “ricevevano cospicui introiti a fronte di sponsorizzazioni e donazioni da gruppi multinazionali del settore farmaceutico”. Introiti che venivano poi “riversati ad altre entità”, riconducibili ai medesimi, “servendosi di fatture per operazioni inesistenti relative a consulenze e progetti fittizi”.

Per un periodo dunque Messina e altri sono stati intercettati. Ed è allora che i pm raccolgono anche le sue considerazioni sulla nomina che di lì a poco la Lega (estranea alle indagini, come pure Salvini) gli avrebbe conferito. Nei dialoghi in questione non c’è nulla di penalmente rilevante, ma raccontano come si muoveva Messina. Quando il dirigente parla delle sue dimissioni da Federanziani, a causa dell’imminente nomina nel Dipartimento leghista, il 4 febbraio 2022 dice: “Vedi, (incomprensibile) do le dimissioni! ma da Federanziani però eh! (…) sono dimissioni finte, cioè no vere, nel senso formalmente vere finte perché comando sempre io”. Quello stesso giorno, alcune ore dopo, in un’altra intercettazione dice: “Questa cosa è organizzata tra me e Matteo (Salvini. ndr), ok? (…) Quindi io oggi annuncerò le dimissioni da Federanziani e ho bisogno di… poi Miryam, che è il vicario, non accetterà l’incarico e potremo come Presidente protempore Eleonora S. Ok? (…) Perché io esco da Federaziani che c’è quell’articolo che non posso (…). E poi dopo di che prendo io il Dipartimento della Lega delle Politiche della Terza Età (…) Perché Matteo vuole solo a me, punto, quindi…”

Quando a gennaio 2023 Il Fatto contatta Messina per chiarire la circostanza delle dimissioni lui spiegava: “Eravamo convinti che un incarico politico potesse essere incompatibile, invece i legali hanno spiegato che riguardava solo assessori, consiglieri e così via”. E infatti era ritornato presidente di Federanziani nel giugno 2022. E che lui si muova da capo lo ribadisce anche in una intercettazione del 15 febbraio 2022. Parla con un altro soggetto che gli chiede aiuto, dice: “Ma non te preoccupà, ma scusa se io, se te dico io che dovete lavorà pe’ me, per E memory e per il sindacato, che ca**o ve devo di de più (…) Co Salvini, che divento il capo dipartimento (…) Della terza età della Lega, po da capo mi muovo”.

Per i pm romani “Messina – è scritto nell’ordinanza – utilizza la propria posizione per incrementare il proprio clientelismo, mediante comportamenti e intrattenendo relazioni tra persone con l’interesse di scambi di favori, creando un danno alla collettività …”. Salvini di certo non sapeva quanto fosse citato da Messina. Ora fonti leghiste fanno sapere che si occuperanno del caso, studieranno il dossier, leggeranno le carte e capiranno cosa fare.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Finirà agli americani la rete sottomarina ‘Telecom Sparkle’ che veicola nostre informazioni molto sensibili?!

Il Ministero dell’Economia ipotizza la vendita (anche) della rete Telecom Sparkle che gestisce le dorsali sottomarine in fibra ottica su cui transitano informazioni sensibili, al colosso statunitense del private equity Kkr.
Underground Power. How America Weaponized the World Economy

È uscito un libro che al ministero dell’Economia andrebbe letto con una certa attenzione. Via XX settembre sta infatti valutando la vendita (anche) della rete Telecom Sparkle che gestisce le dorsali sottomarine in fibra ottica su cui transitano informazioni sensibili, al colosso statunitense del private equity Kkr.

Il libro è disponibile solo in inglese, è scritto dai due docenti universitari statunitensi Henry Farrell e Abraham Newman e si intitola Underground Power. How America Weaponized the World Economy.

Nel volume si parla fondamentalmente di due cose: la prima è il controllo pressoché totale degli Stati Uniti sulle istituzioni finanziarie internazionali e delle prerogative che ne derivano; la seconda riguarda il sistema di controllo sulla rete di informazioni globale, implementato dagli Usa dal 2001 in poi.

Sia grazie a capacità tecniche supportate da ingenti dotazioni finanziarie (la Nsa che ha sede a Washington è la più potente agenzia di spionaggio informatico al mondo), sia grazie al controllo, diretto o indiretto dei “fili del telefono”, i cavi in fibra ottica che corrono al di sotto degli oceani, le cosiddette autostrade informatiche. Combinati insieme i dominii su questi due regni garantiscono al paese un potere immenso e senza precedenti. Il rischio, secondo i due autori, è principalmente quello di cedere alla tentazione di abusarne, come in qualche misura sta già accadendo.

Ha dedicato una recensione anche il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman che fa un esempio molto semplice per spiegare ciò di cui si sta parlando. Immaginate che un’azienda del Perù voglia concludere un affare con un’impresa della Malaysia. In teoria gli Stati Uniti non c’entrano, né dovrebbero centrare, nulla. Ma i dati della transazione quasi sicuramente passeranno attraverso qualche infrastruttura americana, o appartenente ad aziende su cui Washington esercita comunque un controllo sostanziale. Gli Usa, se vogliono, possono quindi avere le informazioni su questa operazione e, se la valutano contraria ai propri interessi, decidere di ostacolarla.

Come? Gran parte degli scambi commerciali internazionali avvengono in dollari, non esistono di fatto mercati in cui grandi quantità di ringgit malesiani possano essere scambiati direttamente in sol peruviani, le banche quindi usano i dollari. Nessuna transazione in dollari avviene con valigette di denaro fisico ma muovendo somme sui conti bancari. Per poterlo fare qualsiasi istituto di credito deve avere un qualche collegamento con il sistema finanziario americano di cui è quindi tenuto a seguire le regole. E il rischio di essere tagliati fuori da questo network è esiziale per qualsiasi banca al mondo. Il che spiega anche perché eventuali embarghi decisi dagli Usa, vedi quello feroce su Cuba, possano risultare così devastanti, bloccando anche commerci con paesi che nulla c’entrano.

Gran parte dei collegamenti in fibra ottica passano dagli Stati Uniti. Si è calcolato che appena l’1% delle comunicazioni internet eviti del tutto il passaggio dal suolo americano. I choke points, “le strettoie” sono quasi tutti qui. E quando i cavi “atterrano” in territorio statunitense, il traffico dei dati viene monitorato e analizzato. In tutti i punti di approdo il governo americano ha installato apposite attrezzature per dividere il flusso di informazioni. Una parte prosegue verso i destinatari originari, l’altra viene dirottata alla Nsa dove viene analizzata. In sostanza gli Usa possono monitorare pressoché qualsiasi informazione scambiata nel mondo.

Lo spionaggio delle comunicazioni non è prerogativa esclusiva degli Usa, lo fanno certamente anche la Cina e, in minor misura, altri paesi. Tuttavia, per le ragioni in parte già ricordate, non con la forza d’urto americana. Pechino non può infatti combinare la disponibilità di informazioni con i poteri che derivano dal controllo del sistema finanziario mondiale. Lo yuan non è il dollaro ed è lontano dall’esserlo.

Il caso scuola di Huawei – L’esempio più eclatante di quel che si può fare unendo tre poteri costituiti da dominio sul dollaro e sul sistema finanziario, controllo dei dati e primato nelle proprietà intellettuali di alte tecnologie riguarda la “guerra” scatenata contro la compagnia tlc cinese Huawei che, qualche anno fa, si apprestava a fornire a fornire tecnologia 5G e mezzo mondo. Una prospettiva terrorizzante per Washington a cui Pechino avrebbe potuto così sottrarre il controllo delle comunicazioni. Come ricostruiscono i due autori gli Usa hanno prima appreso che Huawei aveva avviato trattative con l’Iran violando le sanzioni. Quindi, sfruttando le sue uniche prerogative di accesso alle informazioni del sistema bancario internazionale, hanno scoperto che la responsabile finanziaria della compagnia cinese Meng Wanzhou aveva commesso una frode bancaria nascondendo ad Hsbc le interlocuzioni con Teheran.

Su richiesta americana le autorità canadesi hanno quindi arrestato la dirigente che è stata in seguito incriminata, insieme a Huawei, dal dipartimento di Giustizia Usa. Washington ha poi sfruttato la minaccia di restringere l’export verso gli Usa per convincere il colosso dei semiconduttori taiwanese TSMC a tagliare fuori il gruppo cinese dalle tecnologie dei chip più avanzati. In conclusione Huawei ha perso la posizione di vantaggio che si era costruita nel mondo nel campo della fornitura di tecnologie 5G e che se ben sfruttata, avrebbe potuto sposare a favore di Pechino il controllo sui grandi flussi globali di informazioni.

Rete delle mie brame

Un altro strumento del potere a stelle e strisce è il sistema di messaggistica bancaria Swift. La società ha sede in Belgio ma è di fatto una “provincia” americana, visto che gran parte delle banche che ne fanno parte sono statunitensi o comunque collegate al sistema finanziario americano. Dopo l’11 settembre 2001, Swift ha iniziato a condividere con Washington, su sua richiesta, una crescente mole di informazioni. Nel 2012 gli Usa hanno escluso da Swift l’Iran, con conseguenze pesanti per il paese che ha quindi iniziato a costruirsi la sua piccola rete alternativa. Lo stesso sta ora facendo la Cina. Dopo l’invasione dell’Ucraina anche molte banche russe (non tutte) sono state tagliate fuori da questo network, così Mosca ha cercato di correre ai ripari collegando un circuito sviluppato autonomamente con quelli di Cina ed Iran. Non è la stessa cosa, per ora.

Ma proprio qui sta uno dei principali rischi individuati dai due autori. È tutto sommato buona cosa che queste facoltà, efficaci ma relativamente incruente, possano essere usate per arginare mire espansionistiche di paesi spesso non particolarmente democratici. Ma farvi un ricorso eccessivo spinge gli altri paesi a sviluppare contromisure e a “sganciarsi” da questi circuiti. Se patrimoni in dollari vengono congelati nelle banche, persino la valuta americana potrebbe finire per vedere offuscata l’affidabilità che i paesi di tutto il mondo le attribuiscono. La decisione di Gran Bretagna, Ue e Stati Uniti di congelare le riserve in euro, dollari e sterline (in tutto circa 600 miliardi) della banca centrale russa, ha lasciato il segno. Investitori cinesi, russi, mediorientali etc, potrebbero guardarsi bene dal sottoporre le loro fortune all’insindacabile volontà americana.

(di Mauro Del Corno e Stelio Venceslai – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Espulso uno dei capi che gestisce lo spaccio di stupefacenti nel quartiere San Tommaso – Questura di Fermo

SOGGETTO MOLESTO E VIOLENTO: LA POLIZIA DI STATO LO DENUNCIA ED EMETTE IL PROVVEDIMENTO DEL DACUR

Il quartiere San Tommaso di Fermo continua ad essere sempre un quartiere “sorvegliato speciale” 24 ore su 24. Continuano senza sosta i controlli interforze con Polizia di Stato, Reparto Prevenzione Crimine di Pescara, Carabinieri e Guardia di Finanza, disposti con ordinanza del Questore a Lido Tre Archi. Dall’inizio dell’anno tanti sono stati i controlli straordinari del territorio disposti nel quartiere in argomento con sequestri di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, proposte di misure di prevenzione e appartamenti occupati abusivamente messi in sicurezza, nonché arresti di malviventi.

Operazioni ad “alto impatto” che hanno consentito alla Questura insieme con le altre Forze di polizia presenti sul territorio e sotto il coordinamento della Prefettura, di elaborare strategie di prevenzione e contrasto volte ad elevare gli standard di sicurezza di ogni cittadino garantendo oltre alle operazioni di controllo straordinarie del territorio effettuate più volte nell’arco di una settimana, anche servizi quotidiani di vigilanza fissa nel quartiere di Lido Tre Archi, soprattutto nelle ore serali.

Le continue attività di controllo hanno consentito alle volanti nella giornata di ieri 18 maggio u.s., di far finire nella rete un pezzo grosso del suddetto quartiere, con l’immediata emissione di un provvedimento di espulsione del Prefetto di Fermo e conseguente ordinanza di trattenimento del Questore presso il centro di permanenza di Palazzo San Gervasio (Potenza), ai fini del rimpatrio di un cittadino marocchino conosciuto come uno dei capi clan che gestiscono le attività di spaccio di stupefacenti a Lido Tre Archi, pluripregiudicato per reati contro il patrimonio e per spaccio di stupefacenti.

Come dicevamo a bloccarlo sono stati gli agenti della volanti della Questura di Fermo che, dopo averlo identificato, lo hanno portato dapprima in Questura per le operazioni di rito e poi trasferito direttamente al C.P.R. L’attività odierna rappresenta un colpo importante alla rete dello spaccio di stupefacenti e raffigura il modus operandi che la Questura intende percorre attraverso il metodo dei rimpatri, lì dove la normativa lo consente, soprattutto a seguito dell’escalation degli episodi violenti dell’ultimo periodo che hanno minato la tranquillità dei residenti.

Quella di ieri, può considerarsi una delle tante importanti risposte date negli ultimi mesi.

(Fonte: Polizia di Stato – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)