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'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

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(ficei):

Da Salerno l’allerta. Banche, Visconti: ‘Chiusura sportelli danno per imprese e territori’

Il presidente di Ficei e del Consorzio Asi Salerno: “Gli imprenditori hanno bisogno di un canale diretto”.

Non si arresta la riduzione degli sportelli bancari in Italia, con conseguenze pesantissime per il sistema produttivo nazionale e, in particolare, per quello campano.

La notizia che nel 2023 siano stati chiusi 508 sportelli, portando il totale sotto quota 20mila, conferma una tendenza allarmante che rischia di penalizzare ulteriormente imprese e  cittadini. In particolare, il processo di concentrazione del settore bancario potrebbe aggravare la desertificazione finanziaria di interi territori, limitando l’accesso al credito e ai servizi essenziali per le aziende”.

Così Antonio Visconti, presidente di Ficei e del Consorzio Asi Salerno, commenta i dati della Fondazione Fiba riportati dal sindacato First Cisl.

L’home banking è uno strumento utile, ma non può sostituire gli sportelli fisici, soprattutto per le imprese e per chi si occupa della gestione di strutture industriali.

Un rapporto diretto con l’istituto di credito è spesso necessario per gestire operazioni finanziarie complesse, richiedere consulenze specifiche e ottenere risposte tempestive alle esigenze del mondo produttivo.

La chiusura delle filiali crea un ulteriore ostacolo per chi ogni giorno contribuisce alla crescita economica del Paese”, prosegue Visconti.

La situazione in Campania è particolarmente critica, con molti comuni privi di sportelli bancari e intere fasce della popolazione costrette a percorrere chilometri per accedere a un servizio essenziale.

È drammatica la statistica che racconta che il 54% dei comuni campani non ha sportelli bancari, mentre il 21,3% ne ha solamente uno. Ancora più grave è il fatto che nella regione ben 700mila abitanti non hanno sportelli bancari nelle vicinanze, una condizione che rende ancora più difficile l’accesso ai servizi finanziari fondamentali per le famiglie e le imprese.

Questa tendenza deve essere contrastata con misure concrete che garantiscano un’equa distribuzione degli sportelli sul territorio. È fondamentale che il sistema bancario tenga conto delle esigenze delle imprese e delle comunità locali, senza sacrificare la presenza fisica delle banche sull’altare della digitalizzazione forzata”, conclude Visconti.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Salerno. Visconti: ‘L’economia italiana cresce grazie al Sud; la politica risolva le criticità’

Il presidente Ficei e Asi Salerno: “Investire su Giustizia, infrastrutture, banda larga, reti idriche ed elettriche”.

Nonostante i ben noti limiti strutturali, negli ultimi 10 anni l’economia del Mezzogiorno si è mossa in linea con quella dell’intero Paese, sebbene con oscillazioni più ampie. In particolare, nel periodo successivo alla pandemia, il Mezzogiorno ha conseguito risultati migliori di quelli dell’intera economia italiana. Un trend spesso sottovalutato che, però, per Antonio Visconti, presidente Ficei (Federazione italiana consorzi enti industrializzazione) e numero uno dell’Area di sviluppo industriale di Salerno, rappresenta il punto di partenza per un nuovo New Deal meridionale.

Tra il 2019 e il 2023 il Pil è aumentato del 3,7 per cento, contro il 3,3 nelle altre regioni; le esportazioni sono cresciute del 13 per cento, contro il 9% del Centro Nord. L’occupazione è salita del 3,5 per cento, a fronte dell’1,5 nel resto del Paese”, spiega. “Il tasso di disoccupazione è sceso di 3,6 punti, il doppio che nelle regioni centro-settentrionali. Anche e soprattutto nell’interesse del Nord, di cui il Mezzogiorno è il principale mercato di sbocco, occorre dare continuità alla ripresa dell’economia meridionale, sostenendo e rafforzando queste tendenze, con investimenti e qualità dell’azione pubblica”.

Il Sud, insomma, conviene. Anche ora che le fibrillazioni internazionali (Ucraina e Medio Oriente) spaventano per la più che probabile febbre dei prezzi. “Le regioni meridionali garantiscono condizioni di stabilità geopolitica ed economica, anche grazie all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, spiega ancora Visconti. “Rispetto alle destinazioni tradizionali della delocalizzazione produttiva, le regioni del Sud sono collocate in prossimità dei maggiori centri economici europei e al crocevia del Mediterraneo, attraverso cui transita un quinto del traffico marittimo internazionale. Inoltre, esse sono dotate di una forza lavoro sottoutilizzata e di poli scientifici di qualità e rappresentano uno sbocco con 20 milioni di abitanti”. Un segmento di mercato su tutti può rappresentare il paradigma di questo nuovo modello sudista: “L’Italia meridionale offre evidenti vantaggi nella produzione di energia rinnovabile: tra il 2007 e il 2022 la capacità produttiva in questo settore è quadruplicata, passando dal 26 al 40 per cento del totale nazionale”. A ciò si aggiungano i miliardi del Pnrr (“Una misura significativa che, insieme ai fondi strutturali e al Fondo sviluppo e coesione, mette a disposizione nel decennio finanziamenti nell’ordine del 5% del Pil meridionale, ben superiore al 3% della Cassa del Mezzogiorno”) e la Zes (“può contribuire a rafforzare il coordinamento tra diversi livelli di governo e con le altre politiche nazionali e ad attrarre finanziamenti dall’esterno”).

Per questo, avverte Visconti, bisogna intervenire sulle aree di criticità che rischiano di rallentare la ripresa come le “inefficienze della giustizia civile e della rete infrastrutturale”, la “vetustà e l’inadeguatezza delle reti idrica ed elettrica” oltre al “potenziamento della banda larga”.

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Salerno ‘ASI Awards’: ecco le aziende sostenibili della provincia che sono state premiate

Visconti (Consorzio ASI Salerno): “Salerno esempio nazionale nella promozione dei valori ESG

Si è conclusa con successo la seconda edizione degli ASI Salerno Awards, l’iniziativa che premia le aziende della provincia di Salerno più attente ai valori della sostenibilità.

L’evento si è tenuto nell’ambito della manifestazione Sud Nord Invest, che ha visto la partecipazione di importanti realtà industriali e istituzionali del territorio.

Antonio Visconti, Presidente del Consorzio ASI Salerno, ha espresso grande soddisfazione per l’andamento dei lavori, sottolineando la crescente attenzione delle aziende del territorio verso la sostenibilità: “Cresce la cultura della sostenibilità nella nostra area industriale. Salerno è un esempio nazionale nella promozione di questi valori. Nella seconda edizione, abbiamo registrato una partecipazione ancora più ampia, a testimonianza della crescente sensibilità verso questi temi da parte delle nostre aziende. Alcune di queste hanno confermato i risultati positivi della prima edizione, altre hanno intrapreso un percorso di valore. Come ASI Salerno, siamo davvero felici di questo dinamismo sul territorio”.

Il Premio ASI Salerno Awards si è avvalso della partnership strategica con l’Osservatorio ESG della Sapienza Università di Roma, della Fondazione Saccone e del Gruppo Stratego.

Salvatore Esposito De Falco dell’Osservatorio ha dichiarato: “È stato particolarmente stimolante e arricchente sviluppare il questionario per la seconda edizione degli ASI Awards, un’edizione che ha messo al centro le imprese con un alto rating di sostenibilità e una spiccata propensione all’innovazione responsabile. In qualità di Osservatorio ESG ABILITY della Sapienza di Roma e come startup universitaria Ermes, siamo fortemente convinti dell’importanza di promuovere la cultura della sostenibilità. La survey che abbiamo realizzato ha mirato a indagare la consapevolezza e l’abilità delle imprese nel campo ESG, poiché riteniamo che l’adozione di pratiche sostenibili non sia solo un costo, ma piuttosto un investimento strategico, una vera e propria assicurazione per il futuro”.

Premi e Riconoscimenti Durante la cerimonia di premiazione, sono stati assegnati i riconoscimenti alle aziende che si sono distinte per il loro impegno in ambito sostenibile. In particolare, le imprese sono state suddivise in due categorie, con premi speciali consegnati dai rappresentanti delle istituzioni, delle Banche di Credito Cooperative del territorio e di Banca Sella:

Categoria Ability – ICAB SPA, Premio consegnato da: Gerardo Candido di Banca Sella; GALDIERI AUTO SRL;

Categoria Alta Ability – TRANS ITALIA SPA – Premio consegnato da: Antonio Marino, Vicepresidente Vicario BCC Aquara, ha ritirato: Emilia Lamberti; SARIM SRL, Premio consegnato da: Camillo Catarozzo, Presidente Banca Campania Centro; ha ritirato: Augusto Ferrentino;

GRUPPO SADA – Premio consegnato da: Roberto Manzo, Consigliere della Fondazione Cassa Rurale Battipaglia: ha ritirato: Antonello Sada.;

D&D ITALIA – Premio consegnato da: Michele Pierri, Referente territoriale per l’area Salerno Valle dell’Irno di Banca Montepruno, ha ritirato: Maria D’Amico;

AGRIOL SPA – Premio consegnato da: Lucio Alfieri, Presidente BCC Magna Grecia, ha ritirato: Maria Carmela Calabrese.

Una menzione speciale è stata assegnata al GRUPPO INDUSTRIALE DI GIACOMO per il contributo significativo nel campo della sostenibilità.

Cerimonia conclusiva:

Alle aziende partecipanti è stato conferito il titolo di “Ambasciatori della Sostenibilità” con una pergamena celebrativa. Al termine dell’evento, una foto di rito ha immortalato i premiati insieme ai rappresentanti delle istituzioni, tra cui il Presidente Visconti e il Professore De Falco.

La seconda edizione di ASI Salerno Awards è stata patrocinata da FICEI, Camera di Commercio di Salerno, Confindustria Salerno, Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili della provincia di Salerno, Fondazione Cassa Rurale Battipaglia e Legambiente, in collaborazione con BCC Aquara, Banca Campania Centro, BCC Capaccio Paestum e Serino, BCC Magna Grecia, Banca Montepruno e Sellalab.

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Napoli. ‘Nord Sud Invest’, il sottosegretario Ferrante: ‘Autonomia partita con il centrosinistra, oggi l’attuiamo’

Il deputato De Luca: “Il Mezzogiorno ha meno risorse, riforma va contro l’Italia”.

L’autonomia differenziata di cui si parla oggi altro non è che l’attuazione di una legge costituzionale del 2001 varata da un governo di centro-sinistra che ha cambiato, che ha innovato l’articolo 116 della Costituzione. Oggi siamo davanti a un’attuazione di una legge costituzionale fatta da altri”. Lo ha detto il sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Tullio Ferrante, nel corso dell’evento “Sud Nord Invest” organizzato dalla Ficei e dall’Asi di Salerno, presiedute da Antonio Visconti.

È opportuno dire che, credo 5-6 anni fa, proprio la Regione Campania, in persona del suo Presidente, chiedeva con un’apposita deliberativa il decentramento di alcune competenze allo Stato. Nell’ambito di quelle competenze c’erano materie come i porti, come le Zes, come la trasformazione urbana. Richieste che la Regione Campania ha fatto qualche anno fa al governo” ha sottolineato Ferrante.

Rispetto a questa legge, il ruolo del governo, è quello di garantire la determinazione e la quantificazione dei livelli essenziali di prestazioni e ovviamente l’impegno massimo nel far sì che i negoziati sulle materie lep possano partire contestualmente alle materie non lep. Ma dati alla mano il governo italiano ha deciso di destinare il 56,5% delle Risorse PNRR e PNC alle 8 regioni del Sud. Voglio ricordare che il 40% delle risorse destinate al potenziamento delle reti metropolitane, al potenziamento delle linee ferroviarie lato merci, il 40% delle risorse destinate alla digitalizzazione della catena logistica andranno al Sud. Voglio ricordare che il 41% delle risorse destinate ad interventi portuali andranno al Meridione. Quindi questi sono dati che smentiscono categoricamente quella versione che invece vuole un sud in qualche modo isolato o poco preso in considerazione dall’Esecutivo”, ha concluso Ferrante.

L’autonomia differenziata è solo propaganda elettorale. Come è stata concepita, senza fondi, non può essere altrimenti, ora. Dire che non abbiamo 100 miliardi, che sono i soldi che servono per far partire i lep, vuol dire che si fa solo propaganda”, ha detto invece Michele Gubitosa, Deputato e vicepresidente del Movimento 5 Stelle.

Da deputato del sud mi viene detto che non bisogna fare più assistenzialismo. Ma nella realtà hanno distrutto le Zes, non ci sono più le decontribuzioni. Fino al 2018 ho avuto la fortuna di avere un’azienda con oltre 100 dipendenti qui in Campania, un’azienda con oltre 100 dipendenti a Roma, e un’azienda con oltre 100 dipendenti a Cernusco. Io sulla mia pelle posso dire che avere un’azienda, uno stabilimento, con centinaia di dipendenti a Cernusco sul Naviglio non è la stessa cosa di avere un’azienda qui al Sud. Quando io ho creato lo stabilimento in provincia di Benevento, ho dovuto asfaltare la strada pubblica per far arrivare i miei dipendenti verso il mio capannone. Ho dovuto fare i parcheggi, tutto a spese mie. Quindi come si fa a dire che un’azienda del sud deve avere le stesse condizioni economiche di un’azienda del Nord?”, ha chiosato Gubitosa.

“La realtà è che il tema dell’autonomia è utilizzato oggi come grimaldello del centrosinistra. Raccontare che c’è un tema Nord contro Sud e che questa riforma acuirà il divario è una cosa semplice da raccontare perché non esiste una controprova. Perché l’autonomia differenziata ad oggi è una riforma che non è stata attuata e allora l’elencazione di cose che non funzionano è un’elencazione per me interessante. Ma tutto quello che oggi non funziona non è dovuto dall’autonomia differenziata, che non è entrata ancora in funzione, è frutto delle amministrazioni passate” ha ribattuto Gianpiero Zinzi, deputato della Lega e commissario del partito in Campania.

Da campano dico che il divario nord-sud non esiste per l’autonomia differenziata e non l’ha creato questa legge. Io credo che la Campania debba cominciare a coltivare l’ambizione di competere. I tanti primati annunciati e mai realizzati ci dimostrano che in tutti questi anni c’è stata una volontà, un tentativo a cui sono seguiti una serie di fallimenti. Io mi sono convinto della bontà dell’autonomia differenziata nel 2019, quando ero consigliere regionale e paradossalmente mi ha convinto Vincenzo De Luca”, sottolinea Zinzi.

È evidente che questa riforma proposta dal governo di centrodestra si appoggia su una modifica del titolo quinto fatta nel 2001 che ha aperto la strada, ha aperto un varco su cui avremmo potuto discutere” ha detto invece Piero De Luca, deputato Pd che ha aggiunto: “Ma è un varco che questo governo ha aperto e ha squarciato andando nella direzione che non era quella ipotizzata da chi ha realizzato questa riforma. Perché questa riforma c’era un elemento di equilibrio, si diceva c’era la possibilità di devolvere alcune competenze, alcune materie. Si prevedeva un elemento di compensazione ulteriore legato al 119 e non al 116”.

Noi veniamo da decenni in cui, per responsabilità di tutte le forze politiche, il riparto di risorse veniva fatta nel nostro Paese sulla base di un criterio che è la spesa storica il Mezzogiorno ha oggi meno risorse di quante non arrivino al nord questa è la realtà. Ma questo Governo ha un’idea in testa che non è volta a creare unità e coesioni nazionali. Io sono d’accordo, non è una riforma che va contro il Sud, è una riforma che va contro l’Italia intera”.

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Autonomia Differenziata, Patriarca (Fi): ‘Può essere una risorsa straordinaria, ma ragionare da sistema’

Realacci (Symbola): “Italia creda di più in se stessa, sulle rinnovabili la strada è tracciata”.

L’autonomia differenziata può essere una straordinaria risorsa. L’idea principale, la parola chiave per tutto è semplificazione. È importante che costituisca una risorsa per il territorio, è importante soprattutto per il sud riuscire, in questo momento, con queste scelte che si stanno concludendo nel Paese. Perché l’autonomia non nasce oggi, ma si scrivono oggi delle regole. Nella scrittura delle regole si ragiona insieme, quello che va cambiato o modificato. C’è la necessità del contributo di tutti”. Lo ha affermato l’onorevole Annarita Patriarca, deputato di Forza Italia nel corso dell’evento “Sud Nord Invest” organizzato dalla Ficei e dall’Asi di Salerno, presiedute da Antonio Visconti.

L’obiettivo generale – ha spiegato Annarita Patriarca – è che sia una risorsa per il Sud. Ma c’è bisogno che il Sud impari a ragionare come sistema territoriale, impari a capire che bisogna avere strategie integrate. Che bisogna avere una visione globale di tutta l’area territoriale del Mezzogiorno. Bisogna imparare a collaborare e ragionare assieme. Il governo ha dato una linea con la legge che ha istituito la Zes Unica. L’obiettivo è quello di fare in modo che il sud non sia l’ultima carrozza, ma sia il motore trainante dell’intera locomotiva economica italiana. Si è parlato di imprese, di sostenibilità, di PNRR. C’è stata una svolta epocale perché il PNRR è stato e deve essere un’occasione fondamentale. Quello che è mancato, spesso, è a una visione generale di sviluppo integrato di un territorio. Per i tempi contingentati, si è scelto di privilegiare i progetti che erano nei cassetti dei comuni. Quello che c’era pronto veniva finanziato. È un errore strategico. Bisognava avere coraggio. L’obiettivo oggi per noi è ottimizzare e cercare di crescere insieme e di fare in modo che gli investimenti siano focalizzati nei punti dove sono fondamentali” ha concluso.

Si è parlato di energia, di rinnovabili e di prospettive con Letizia Magaldi, presidente del Kyoto club. “Questo – ha esordito – è un momento molto particolare, in cui c’è in un corso una rivoluzione industriale, quindi la possibilità per le nostre industrie di fondare una nuova modalità di sviluppo e anche il momento di cogliere l’utilità delle energie rinnovabili”.

Ci sono investimenti importanti, 2.000 miliardi nel 2023, c’è stata una riduzione del 50% del costo delle batterie elettrochimiche. Cioè vuol dire che c’è un trend fortissimo, guidato dalla Cina, dall’Europa e da altri paesi, ma il trend è che se già le fonti rinnovabili sono economiche, a calare saranno le economiche attuali”. Molti parlano di costi, ma bisogna cambiare prospettiva. “Sono investimenti, non soltanto per l’Europa, lo dovrà fare il mondo e in questi territori potranno arrivare le nostre tecnologie se l’industria si organizza” ha sottolineato.

L’Italia è l’unico paese europeo che si vede peggio di come lo vedono gli altri. Tutti gli altri paesi europei si vedono meglio di come lo vedono gli altri. Gli altri si vedono meglio di come sono visti dal resto del mondo” ha tenuto a precisare Ermete Realacci, presidente della Fondazione “Symbola”.

Sulle rinnovabili, nonostante il dibattito ideologico, la direzione è chiara. Queste misure possono essere fatte anche male, perché non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene, ma la direzione è chiara. Ma la direzione è dovuta al fatto di una tendenza mondiale che se noi perdiamo, la nostra economia perde. L’auto elettrica è una brutta bestia, perché è un cambiamento molto rilevante e forse è l’unico settore in cui perdi il lavoro. Perché l’auto elettrica è più semplice, ci sono meno componenti e quindi c’è bisogno di meno lavoratori. Ma è quella la direzione da perseguire” ha rilevato Realacci.

Dal punto di vista dell’energia ora si parla tanto del nucleare ma sono balle. La ricerca deve andare avanti, magari verranno fuori delle cose interessanti. Il nucleare, infatti, è calato l’anno scorso. Gli impianti che hanno chiuso sono più di quelli che hanno aperto. Allora dobbiamo capire come gestire la questione energetica e farlo all’italiana perché l’Italia è forte quando fa l’Italia” ha concluso.

Il bilancio dell’evento “Sud Nord Invest” è estremamente positivo. È soddisfatto il padrone di casa Antonio Visconti che aggiunge: “I lavori sono stati intensi. Abbiamo avuto stamattina la relazione del Presidente De Luca che come al solito non ha fatto mancare il suo punto di vista e ci ha sottoposto una serie di spunti. La manifestazione si conclude a valle di un’assemblea di tutti i consorzi di sviluppo industriale che quest’anno, proprio qui a Salerno, si sono riuniti per fare un po’ il punto sullo stato delle aree produttive”.

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Napoli-Salerno. I vertici dell’industria campana bocciano l’autonomia differenziata: spaccherà il Paese

Visconti (Ficei e Asi Salerno): “Le Regole varieranno tra regioni, sarà un danno per il sistema”.

«L’autonomia differenziata, posta nella riforma del titolo quinto della Costituzione, introdotta nel 2001, per anni è rimasta disattesa e questo governo, proseguendo il lavoro iniziato dai governi precedenti, ha inteso rilanciare. L’autonomia differenziata prevederà nell’impianto attuale una contrattazione tra le regioni e il governo per la delega di una potestà legislativa esclusiva in una serie di materie rilevantissime, che sono elencate nell’articolo 117 della Costituzione. Molte impattano anche la politica industriale». Lo ha detto Antonio Visconti, presidente Ficei e Consorzio Asi di Salerno in apertura dell’evento “Sud Nord Invest” In corso alla Stazione Marittima di Salerno.

«Immaginiamo nell’ambito del governo del territorio, quindi la disciplina industriale, la disciplina urbanistica che potrebbero variare da regione a regione e vedere regolamenti diversi tra di esse. Ci potremmo ritrovare ad avere 20 sistemi diversi di gestione in tantissimi campi come la produzione e il trasporto di energia. Tutto ciò un lato potrebbero migliorare il rapporto tra le imprese e le istituzioni, potendo contare su una catena di gestione di comando più corta, ma dall’altro lato si potrebbe correre il rischio di favorire una frammentazione, una perdita di competitività del nostro sistema Paese» ha sottolineato Visconti.

Per il presidente di Confindutria Salerno, Antonio Ferraioli, l’Italia è riconosciuta a livello mondiale per «il Made in Italy, e poter consentire alle regioni di presentarsi come il Made in Veneto, il Made in Lombardia, piuttosto che il Made in Campania, è una cosa assolutamente controproducente. Due settori come la moda e l’agroalimentare sono un pilastro dell’export a livello nazionale, non a livello territoriale. Siamo riconosciuti perché come italiani sappiamo fare bene le cose. Mi auguro che si possa trovare una soluzione perché, sono convinto, andare al referendum sarebbe negativo proprio per l’unità stessa del Paese».

«La posizione di Confindustria Campania è quella che ha anticipato l’amico Antonio Ferraioli, ma noi l’approccio che abbiamo avuto rispetto a questa norma è e deve essere per forza laica perché credo che proprio questo approccio ci dia maggiore forza per demolire questa riforma» ha affermato invece Emilio De Vizia, presidente di Confindustria Campania.

«Corriamo – ha spiegato ancora – il rischio di fare un passo in avanti e tre indietro. Sarebbe utile che sulle riforme istituzionali, i partiti tutti si ritrovassero e discutessero. Non credo che ci voglia molto per dire che è una legge un po’ pasticciata, un po’ fatta in fretta. Una legge che può dare una serie di competenze a regioni che hanno natura e storia diverse. A regioni che hanno 10 milioni di abitanti, e a regioni che ne hanno 100 mila. Credo che sia davvero un qualcosa che non porterà benefici ma appesantirà la vita di tutti».

«L’Italia è una parte importante dell’Europa, ma l’immagine di andare a frazionare il Paese in particelle non convince, immaginiamo cosa succederà se accadesse questo. State certi che poi, una volta entrata in vigore l’autonomia differenziata e frazionato il Paese in settori regionali, nel loro interno ci saranno le province più ricche e le province più povere. Cominceranno a dire: ma perché i soldi devono rimanere solo nella regione? Dobbiamo ritornare alle province perché certe province hanno prodotto di più di altre» rileva invece Andrea Prete, presidente di Unioncamere che aggiunge: «il tema mi è sembrato, lo dico serenamente, una cambiale da pagare per il governo».

«È vero che in tutti i decenni che ci hanno preceduto ci sono state delle misure per rilanciare lo sviluppo, per rilanciare le imprese, però queste misure viaggiano molto spesso in una cornice ben definita di quello che è lo sviluppo del Paese. Oggi parliamo di Stati Uniti d’Europa e noi parliamo invece di Stati divisi in Italia, cioè un paradosso veramente di grande dimensione» ha detto invece Costanzo Carrieri, vicepresidente Ficei e presidente del  Consorzio Asi di Taranto

«Bisogna – ha continuato – avere una logica e un quadro d’insieme. È vero che molto spesso queste risorse vengono messe a disposizione, a nord con le Zls, le zone logistiche semplificate, al sud con la ZES unica, però è comunque vero che manca un quadro di coesione, manca una strategia, manca una visione di insieme che possa dare al Paese connotati sani, connotati veri, connotati concreti di una politica che possa permetterci di competere non al nostro interno, dove molto spesso siamo costretti ad azzannarci. Ci deve permettere di agire e di confrontarci oltre confine con un mercato certamente globale».

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Napoli. Autonomia differenziata, Visconti (Ficei): Troppi limiti e dubbi, alle imprese serve certezza

Uno studio della Federazione mette in evidenza le criticità del provvedimento. E un duplice paradosso.

L’autonomia differenziata delle Regioni, così come approntata, presenta numerose criticità che non fanno bene all’economia dell’Italia e del Sud in particolare. Sempre più a Roma si parla di voler attrarre investimenti stranieri ma sempre meno si mette gli imprenditori nelle condizioni di poter produrre ricchezza in tranquillità nel sistema italiano”. Lo afferma in una nota Antonio Visconti, presidente dell’Asi di Salerno e numero uno della Federazione italiana consorzi enti industrializzazione.

La Ficei ha esaminato la materia attraverso uno studio che approfondisce l’argomento anche dal punto di vista economico. E sono emerse diverse criticità. A partire dalla difficoltà della determinazione dei Lep (Livelli Essenziali di Prestazione), il loro finanziamento. Dallo studio sono emerse anche numerose perplessità sul tema delle risorse umane e amministrative necessarie ad applicare sul campo tutti i trasferimenti di competenze e attribuzioni.

Per quanto riguarda le materie ‘non Lep’ – si legge nello studio del raggruppamento dei Consorzi Enti Industrializzazione – la legge stabilisce che il funzionamento delle attribuzioni eventualmente devolute alle Regioni, ovvero alla Regione richiedente, avverrà attraverso il gettito tributario regionale. È altamente probabile che gli enti regionali che disporranno di maggiore base imponibile, potranno a loro volta disporre di maggiori risorse, anche in misura superiore rispetto a quelle necessarie a sostenere le nuove attribuzioni. Ma ci saranno difficoltà anche relative alla distribuzione delle funzioni amministrative; l’assenza di misure di perequazione, ovvero dell’istituzione di un fondo perequativo; l’assenza di specifiche misure a tutela dell’interesse nazionale; l’assenza di una determinazione specifica in relazione ai costi e agli oneri dell’intervento”.

In quest’ottica ci troveremmo davanti a un duplice paradosso: ogni Regione potrebbe chiedere l’attribuzione di una o più materie, con la conseguenza che ci si potrebbe trovare al cospetto di una pluralità di discipline normative riferite a medesime fattispecie. L’altro ulteriore paradosso che potrebbe verificarsi è dato dall’extragettito delle risorse nelle Regioni con maggiore base imponibile, la quale cosa porrebbe problemi di equità nazionale, e genererebbe un sistema di finanza pubblica a detrimento di risorse finanziarie per lo Stato” afferma il presidente Visconti.

Inoltre alcune materie come produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia sono difficilmente frazionabile, e investono anche le tematiche relative alla valorizzazione di beni ambientali, parchi e riserve naturali, inquinamento, smaltimento rifiuti, risorse idriche, difesa del suolo, acque e acquedotti e altri. Un esempio può essere il commercio con l’estero nel cui ambito rientra l’importante area tematica dell’internazionalizzazione delle imprese, già oggi interessata da una disciplina farraginosa.

In definitiva, secondo lo studio, il sistema produttivo, e con esso le imprese, potrebbero trovarsi al cospetto di una disciplina differenziata tra diverse regioni, in tema di autorizzazioni edilizie, regolazione portuale, commercio con l’estero, e tutela dell’ambiente, e tanti altri.

È evidente che da un lato le Regioni rappresentano uno strumento di maggior coordinamento con le politiche insediative e che spesso i primi interlocutori proprio in questi ambiti sono le Regioni, ma dall’altro lato immaginare dei settori differenziati tra Regione e Regione o delle discipline diversificate può aumentare l’incertezza e anche diminuire l’attrazione del nostro Paese per gli investimenti. Il tutto, tra l’altro, è quasi contraddittorio rispetto alla disciplina sulla Zes unica che vede una macro regione composta da otto regioni, che hanno un unico soggetto chiamato ad autorizzare gli insediamenti produttivi, proprio nell’ambito della struttura di emissione della Zes”, rileva Visconti.

Per cui riteniamo che questo provvedimento – conclude il numero uno della Federazione – abbia ancora oggi dei grossi limiti, apra una serie di dubbi e anche perplessità su quelle che potrebbero essere degli interventi da parte dei legislatori regionali poco utili al sistema delle imprese, che chiede certezza delle regole, uniformità, snellimento burocratico, accelerazione degli interventi. Auspichiamo davvero che materie così complesse non creino una frammentazione delle politiche insediative industriali”.

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Napoli. ‘ZES’ interregionale bocciato da Visconti (Ficei): ‘budget ridotto e piano insufficiente, si rischia flop’

Il numero uno dell’Asi Salerno: «Definire interventi infrastrutturali per ridurre il gap».

«L’idea di eliminare tante micro-Zes a livello locale e creare un’unica Zes a livello interregionale, che riguardasse tutto il Sud Italia, sin dal primo momento ci ha trovato favorevoli. Ma la sua attuazione, col passare del tempo, ha mostrato notevoli criticità che, in più occasioni, la Ficei aveva già sottolineato, indicando al contempo anche alcuni rimedi. Adesso però, i nodi sono arrivati al pettine».

Lo afferma Antonio Visconti, numero uno della Federazione Italiana Consorzi Enti Industrializzazione e presidente dell’Asi di Salerno.

«Più volte abbiamo spiegato come il budget a disposizione per il credito d’imposta, considerata l’enorme area di applicazione, fosse insufficiente. Da quanto emerso dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, si è appreso che a fronte del previsto 60% di credito d’imposta sull’investimento, verrà erogato solamente il 10% invece del previsto 17% per le tantissime aziende che ne hanno fatto richiesta. Le risorse stanziate, quindi, sono assolutamente insufficienti e sicuramente inadeguate a garantire un impatto significativo. La percentuale di agevolazione, a conti fatti, risulta molto più bassa di quella attesa, ben il 50% in meno, e con una riduzione sostanziosa, addirittura, rispetto al credito d’imposta previsto prima dell’entrata in vigore della Zes unica che era del 45%. Tutto ciò rende praticamente nullo l’impatto sui conti degli imprenditori facendo perdere appeal alla misura» rileva Visconti.

«Altra criticità – spiega – è rappresentata dalle bozze del piano strategico che stanno circolando in queste ore. Un documento fondamentale che avrebbe dovuto spiegare l’orientamento strategico della Zes con gli obiettivi che ci si pone. Invece sembra più una ricognizione di tanti pareri su quello che è lo stato attuale del Mezzogiorno.

Prende spunto da tanti documenti preparati dalla Comunità europea, da altri importanti istituti, spiega il gap infrastrutturale tra Nord e Sud ma non indica le soluzioni. Indica invece gli assi di sviluppo su cui si dovrebbe intervenire e le filiere produttive da valorizzare ma poi rinvia ogni discorso a piani da stipulare con le singole regioni».

Per il presidente della Ficei è positivo che vengano «citati i consorzi industriali. Si dice che una parte delle opportunità di attrazione degli investimenti e di rafforzamento degli investimenti verrà fatta con l’aiuto dei consorzi di sviluppo industriale. Quindi noi dovremmo dare delle notizie che consentano alle aziende di insediarsi o di ampliarsi, di dare la disponibilità dell’area».

Ma la vera opinione condivisa «è che il Sud ha un profondo gap infrastrutturale e su questo, tranne in alcuni punti, il documento strategico non interviene. Non spiega se si vuol rafforzare i porti, i grandi collegamenti stradali, l’alta velocità. Non c’è una vera e propria riflessione o strategia. In sintesi – conclude Visconti – non ci sono riferimenti agli interventi infrastrutturali strategici da effettuare».

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Campania. Visconti (Ficei): il ritardo dei fondi FSC danneggia imprese e famiglie, intervenga il Governo

ANTONIO VISCONTI FICEI

Il presidente dei consorzi industriali italiani: «Il Governo accolga l’appello della Regione».

«L’attivazione immediata dei fondi Fsc è cruciale per la Campania, una regione che necessita urgentemente di risorse per sostenere il suo sviluppo economico e sociale. Ogni giorno di ritardo nell’erogazione dei fondi rappresenta un danno significativo non solo per le imprese e le amministrazioni comunali, ma anche per le famiglie che dipendono dai servizi e dalle opportunità che tali finanziamenti possono generare».

A dirlo è Antonio Visconti, presidente Ficei (Federazione italiana consorzi enti industrializzazione) e numero uno dell’Asi (Area di sviluppo industriale) di Salerno.

«La burocrazia e alcune incomprensibili valutazioni politiche stanno ostacolando progetti vitali, come la messa in sicurezza del territorio e la promozione di iniziative culturali, che sono essenziali per il benessere collettivo – aggiunge Visconti –. Senza questi fondi, interi comparti soffrono, limitando la crescita e la prosperità della regione».

«È necessario che il governo centrale risponda con urgenza e serietà alle richieste della Regione Campania, eliminando gli ostacoli e garantendo l’effettiva distribuzione delle risorse. Solo così – conclude il presidente di Ficei – sarà possibile rilanciare l’economia locale, creare posti di lavoro e migliorare la qualità della vita per tutti i cittadini».

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‘ZES’ unica e credito d’imposta, Visconti (Ficei): ‘Il budget è insufficiente, allungare al 2026’

TLB courtesy: 20/03/2024 – Lucianelli|

Il presidente dei Consorzi Industriali: “Bisogna dare sicurezza agli imprenditori per investimenti”.

Lo sblocco del credito d’imposta per la Zes unica è una buona notizia ma non bisogna commettere l’errore di credere che, magicamente, tutti i pezzi di un complesso iter procedurale e amministrativo andranno a posto da soli.

Ci sono tante criticità da risolvere ancora per avviare la macchina della Zes unica, e tanti sono ancora i miglioramenti che è possibile ottenere. A cominciare dal budget a disposizione.

Il credito di imposta è infatti una misura varata su un orizzonte temporale di 10 mesi (fino al 15 novembre 2024) che però inizia operativamente al sesto mese, rischiando quindi di comprometterne l’efficacia”.

A dirlo è Antonio Visconti, numero uno di Ficei (Federazione Italiana Consorzi Enti Industrializzazione) e presidente dell’Asi di Salerno.

Il plafond di 1,8 miliardi non è probabilmente sufficiente per raggiungere gli obiettivi di uno sviluppo su larga scala”, aggiunge Visconti. “È un errore infatti fare una comparazione tra il plafond della Zes unica, che investe i piani di sviluppo di otto regioni, con quello della precedente Zes che riguardava, invece, mini nuclei industriali sparsi qua e là nella sola Campania. È un discorso completamente diverso”.

Il presidente Ficei lancia per questo una proposta: “Rifinanziamo la Zes unica almeno fino al 2026 così da agganciarla anche alla stessa finestra temporale del Pnrr, anche senza aumentare il plafond per il credito di imposta. Offriremmo così agli imprenditori una programmabilità di medio periodo, non proiettata alla data limite del 15 novembre prossimo, che è praticamente dietro l’angolo”.

Capisco perfettamente che le risorse non sono infinite e che esiste un problema di finanza pubblica, ma se non possiamo toccare i parametri della dotazione finanziaria possiamo però muovere la variabile tempo così da renderla funzionale a una pianificazione almeno biennale da parte degli imprenditori”.

Dunque, l’idea è: “Allarghiamo la finestra fino al 15 novembre 2026 e prevediamo un rifinanziamento per i prossimi due anni (2025 e 2026) con appositi fondi stanziati nelle relative manovre finanziarie”.

Ad oggi, infatti, non si capisce se dopo il 15 novembre 2024 esisterà ancora la Zes unica. Io sono convinto di sì ma servono impegni scritti, parole chiare da parte del governo. L’invito è fare una operazione strutturata così da consentire agli imprenditori di investire in relativa tranquillità sapendo che ci sono almeno altri due anni e mezzo davanti e non appena sei mesi per terminare investimenti complessi che hanno bisogno non solo di risorse ma anche di tempi che la burocrazia non sempre rispetta”.

Conclude Visconti: “Peraltro, bisogna anche specificare che non esiste soltanto il credito di imposta. Ci sono altri strumenti, come la decontribuzione, che possono essere valorizzati in combinato disposto nella Zes. Ma c’è sempre bisogno di una parola chiara, forte e autorevole dell’esecutivo che consenta agli imprenditori di investire e, di conseguenza, di attivare tutti quei circuiti virtuosi di crescita, a cominciare dal reclutamento di nuova forza lavoro”.

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Sud, Visconti (Ficei): ‘Il Governo faccia chiarezza sulla Zona economica speciale unica, il tempo stringe’

Il presidente della Federazione: “Troppe criticità, si rischia di mandare in fumo investimenti”

Mercoledì, 28 febbraio, scadrà la proroga concessa ai vecchi commissari Zes ma la struttura governativa di Palazzo Chigi non è ancora pronta. La Zona economica speciale unica, appena varata dall’esecutivo Meloni, rischia di partire già in ritardo”.

Così Antonio Visconti (nella foto), presidente Asi di Salerno e numero uno di Ficei, la Federazione italiana consorzi enti industrializzazione.

“Allo stato attuale, quella che sembra una grossa opportunità rischia di diventare un potenziale fallimento. A meno di 24 ore non si è ancora stabilito, infatti, quali saranno i successivi passi e che cosa si troveranno ad affrontare” spiega Visconti.

“Sono tutte da chiarire inoltre le conseguenze dell’accentramento amministrativo-burocratico. Un tema che abbiamo già sottolineato in passato e che trova concorde anche una parte del mondo sindacale. Con un’unica tecnostruttura romana sarà difficile gestire pratiche che arrivano da ogni regione meridionale che necessitano invece di centri di elaborazione e di gestione delle istanze radicati sul territorio”.

“Inoltre ci sono criticità anche sul tema del credito d’imposta. A oggi non è stato ancora approvato lo schema di richiesta che, secondo quanto stabilito, ha dei tempi strettissimi. Secondo le norme attuali, infatti, bisognerebbe, entro il 15 novembre, completare gli investimenti. Ma siamo già al 27 febbraio ed è impossibile completare un’opera, che sia un capannone o una fabbrica, in soli 9 mesi”.

“Ultimo, ma non per importanza, è il tema delle infrastrutture, su cui siamo fortemente preoccupati.  Molti progetti finanziati dal Pnrr, tramite le Zes, sono in corso. Non vorremmo che subissero battute d’arresto. Alcuni addirittura vedono le Asi coinvolte nella gestione del cantiere con la nomina dei Rup. Allo stato attuale quindi, proprio ora che si entra nella fase applicativa del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, si rischiano possibili danni economici e la perdita di una grossa opportunità per la ripresa del Sud”, conclude Visconti.

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Napoli e Mezzogiorno. Visconti (FICEI): ‘La Zes unica rischia di rallentare tutte le procedure’

Il presidente dell’Asi di Salerno: “Impossibile accentrare le istanze di otto regioni su Roma”.

“Le Zes, come le conoscevamo fino a dicembre, hanno funzionate bene. Hanno creato una semplificazione amministrativa con l’utilizzo dello sportello unico e quindi con il rilascio di un’autorizzazione unica in maniera più veloce e semplificata, una leva fiscale con il credito d’imposta e una riduzione dell’Ires che sicuramente ha stimolato molto gli investimenti”.

A dirlo è Antonio Visconti, presidente Asi di Salerno e numero uno di Ficei, la Federazione italiana consorzi enti industrializzazione.

C’è stato uno studio di Ambrosetti sulla Zes campana che ha messo in luce come abbia generato due miliardi di euro di nuovi investimenti creando circa 5mila posti di lavoro e notevoli interventi privati e opere pubbliche. La vecchia Zes prevedeva un sistema a tre “punte” di utilità: semplificazione amministrativa, sgravi fiscali e rafforzamento delle infrastrutture”.

Ma il passaggio alla Zes unica rischia di diventare un boomerang, secondo Visconti.

La Zes unica è auspicabile, noi l’abbiamo invocata. Non era possibile avere regole differenti alla destra o alla sinistra della vecchia strada perché creava inevitabilmente fenomeni divisivi nei territori. La perimetrazione tagliava fuori chi non era all’interno di esso. Tuttavia critichiamo, anche con una certa forza, le scelte fatte dal governo. Perché in primis è stato smantellato quanto di buono c’era in precedenza. Immaginare che un’unica tecnostruttura romana possa analizzare, istruire ed evadere richieste d’insediamento produttivo, così spesso dettagliate e anche specifiche, di 8 regioni, è difficile”.

Pensare che a Roma, presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, venga analizzato il progetto per la realizzazione di un piccolo opificio in provincia di Ragusa, per chi ogni giorno è sul campo e sa quali sono le criticità, lascia davvero perplessi. Spesso c’è la necessità di un’interlocuzione fitta e costante con gli uffici anche per risolvere questioni di tipo urbanistico o ancora più banali come l’allaccio alla condotta idrica, piuttosto che i servizi di depurazione. C’è un tema di accentramento che sicuramente è auspicabile da un punto di vista politico e del coordinamento delle misure ma non certo da un punto di vista amministrativo, perché rischia di creare un collo di bottiglia e di allontanare le esigenze dal soggetto che è chiamato ad analizzarle”.

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Roma. Energia, Visconti (FICEI): ‘ASI possono diventare comunità energetiche’, grazie a ina nuova norma

Il presidente della Federazione: “Svincolare il Paese da dipendenza estera.

È entrato in vigore nei giorni scorsi il decreto CER, un provvedimento voluto dal governo per provare a stimolare la nascita e lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo in Italia. Un primo passo per dare il via a un progressivo processo di indipendenza italiana dalle fonti estere. Si tratta certamente di una buona notizia per tutto il comparto industriale, e non solo, che negli ultimi tempi è stato messo alla prova da costi energetici fuori controllo”.

Lo afferma Antonio Visconti (nella foto), presidente Federazione Italiana Consorzi Enti Industrializzazione.

Adesso, però, c’è bisogno di continuare sulla strada intrapresa con maggiore convinzione. Un buon piano per i combustibili rinnovabili, in Italia, infatti, può rendere la nostra nazione meno vincolata, a livello internazionale, dai grandi players energetici oltre a rafforzare la nostra economia. Non è un miraggio: basti pensare, infatti, che ci sono già potenziali infrastrutture in grado di operare in quest’ottica. Mi riferisco alle aree industriali che per la loro conformazione sono un’entità ideale per la costituzione di un’identità energetica. Nelle Asi ci sono grandi consumatori di energia, le imprese, che possono, tramite dei processi produttivi caldo-freddo, diventare grandi produttori”.

L’ente pubblico, che gestisce le aree industriali, può e deve svolgere una funzione decisiva. Esso, infatti, ha il coordinamento di tutti i soggetti, ha la proprietà dei sottoservizi, delle infrastrutture, delle aree di sedime sulle quali impiantare i pannelli fotovoltaici. Può, inoltre, rilasciare autorizzazioni in deroga sugli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed è a sua volta un grande consumatore di energia con la pubblica illuminazione e gli impianti di depurazione. Quindi è parte di questo processo sia come soggetto promotore che come parte della comunità energetica”, spiega.

Molti hanno visto nella transizione energetica e nel Superbonus un’opportunità per ridurre il fabbisogno di energia nel Paese ma quantificare l’energia prodotta è impossibile; d’altro canto, capire quanto effettivamente queste misure impattino, almeno per il momento, sul consumo e di conseguenza sull’importazione di energia elettrica e sull’uso di combustibili fossili è altrettanto complesso.

Inoltre, secondo alcune stime, nel 2022 i lavori sull’efficientamento hanno prodotto un risparmio di soli 3 miliardi di euro a fronte di una spesa, per lo Stato di centinaia di miliardi di euro. Tutto ciò, quindi, non dà certezze e prospettive se non si agisce con l’aumento del fronte della produzione. Solo la creazione di impianti fotovoltaici o di energia rinnovabile può quindi ridurre i consumi di energia primaria e contenere la fattura energetica nazionale.

Tutto ciò rappresenta anche un’opportunità industriale alla luce anche del fatto che la transizione energetica è una grande occasione anche per le industrie, per produttori di pannelli, per i produttori di cavi, di impianti, dei sistemi di accumulo ma anche di tutto l’indotto. Un buon esempio è la comunità di Buccino, in provincia di Salerno, dove insistono aziende che con le forme di alimentazioni tradizionali sarebbero andati fuori mercato visto gli alti costi. Adesso, invece, è in funzione un’impresa che sta sviluppando una batteria a sabbia”.

Per fare tutto ciò c’è bisogno di un cambio di mentalità e di conseguenza delle regole di “ingaggio”.

“È assolutamente improponibile, infatti, il limite alla produzione di energia che oggi è fissato a un megawatt. Questo limite può andare bene per una piccola industria ma un’impresa di grandi dimensioni ha bisogno di importi più elevati. C’è inoltre bisogno di norme tutelino e salvaguardino le realtà produttive. Mettere pannelli fotovoltaici sui terreni industriali può significare impoverire le opportunità delle industrie. Servono sistemi che riconoscano il ruolo dei consorzi come entità di promozione e di sviluppo di un modello virtuoso che è, aldilà dell’aspetto ambientale della decarbonizzazione, anche un’opportunità”.

Un’occasione per attuare, finalmente, l’autonomia energetica nazionale di cui si parla da decenni ma che, finora, non ha avuto sviluppi reali. “Adesso c’è l’opportunità di interrompere questa ruota e, una volta per tutte, non dipendere da fonti estere che, come abbiamo visto negli ultimi tempi, sono soggette a mutamenti radicali dovuti a guerre, pandemie o semplici cambiamenti politici.

Solo così – conclude Visconti – si potrà essere un grande paese industriale, autonomo sotto tutti i profili”.

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