Teleradio-News ♥ qui mai spam o pubblicità molesta

'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

Teleradio-News ♥ qui mai spam o pubblicità molesta

erdogan”

AttualitàTempo libero, sport, cultura, fede, salute, curiosità, eccetera.

Turkey. Msgr. Bizzeti’s congratulatory message to President Erdogan: “Do not act alone but in partnership with all the realities present in the country”

“I sincerely wish him to continue fostering a collaborative approach with all political, social, religious and cultural groups present in the country. Turkey is a country blessed with a wealth and variety of resources, and these are an asset to be enhanced, as opposed to being penalised.” Msgr. Paolo Bizzeti, Apostolic Vicar of Anatolia, President of Caritas Turkey, offered his congratulations to Recep Tayyip Erdogan who won 52% of the vote, making him President of Turkey for the next five years and for a third presidential term. It was an unprecedented electoral competition: for the first time since Erdoğan came to power the opposition had a real chance of defeating the outgoing president. With almost all the votes already counted, Erdoğan won with a lead of just over four percentage points over the centre-left candidate representing all opposition parties Kemal Kılıçdaroğlu, who stood at 47.9%.

Your Excellency, let’s start from here. It was a narrow victory. Did you expect it?

It is nevertheless a victory. “It was widely believed that these elections would mark the end of the Erdoğan era, but that’s not what has happened.”

In my opinion, this also reflects a lack of analytical insight into the current situation in Turkey. Personally, for various reasons, I had largely predicted Erdoğan’s victory, but many expectations were built up about his defeat, which ultimately proved to be inconsistent.

In your view, what are the reasons for this victory?

The Erdoğan government has undeniably made great achievements, especially on the international stage. Erdogan’s party, the AKP, propelled the country into the global arena over the past few years, and this is obviously appreciated by all, regardless of political affiliation. Admittedly, the fact that the media is largely in the hands of the government is something to be reckoned with. And despite it being a time of crisis the government has also delivered economic results – for example, major public works projects – that citizens applaud. Moreover, the Turkish society, or rather a considerable part of Turkish society, is extremely attached to a set of values that include the family, stability, traditions, and religion, which has a place in public life. Erdogan’s success can be explained in many ways, alongside his unquestionable personal charisma.

This morning the President is set to go and pray at St Sophia, which he reconverted into a mosque in 2020, indeed stripped back. Here in Europe it is widely believed that we are looking at a five-year regime, or, at the very least, a highly restrictive human rights policy. Are the Turkish people aware of this? What kind of future is in store?

With regard to the Saint Sophia incident, admittedly it was accorded considerable importance in the West, but once that moment passed, no one showed much interest. Suffice it to note the declarations of numerous Western governments after Erdoğan’s victory, which expressed more than just formal and almost due congratulations. In fact, some went further still and mentioned common values. Nevertheless, the election results highlight a division in Turkish society, with almost half of the population voting against Erdoğan, which means that a large number of people do not share this government’s views. His figure is likewise viewed very differently across the international spectrum. But the fact remains that the people have voted for him, that the President has won and many consider him an important interlocutor – even outside Turkey. Therefore, it can hardly be called a “regime.”

What are the expectations of the Catholic Church?

I doubt we will see any changes. It must be said that this government has not adopted a restrictive policy towards the Catholic Church.

However, a number of important issues remain unresolved, such as the recognition of legal personality, the possibility of building new churches, offering appropriate assistance to Christian refugees, that they may have a place of worship of their own… All of these issues should be addressed, but there is no a priori attitude of closure.

You are also president of Caritas Turkey. In social terms, what kind of country will Erdoğan be heading?

The earthquake was a huge tragedy that requires major structural interventions and a rethinking of the Turkish construction industry, a sector that developed in an abnormal and unregulated manner.

Action must be taken to prevent a new tragedy, which is always lurking, given that we live in an earthquake-prone region. Then comes the urgent situation of people still living in tents and trailers, and clearly, once the elections are over, it will be necessary to tackle the plight of the poor and of those who have lost everything. These are serious situations. The upcoming summer heat and the threat of epidemics, for example, are a cause for concern.

These are challenging issues that the government must address with the support of other organisations, including Caritas.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

AttualitàTempo libero, sport, cultura, fede, salute, curiosità, eccetera.

Turchia. Gli auguri di mons. Bizzeti al presidente Erdogan: “Non lavori da solo ma in collaborazione con tutte le forze presenti nel Paese”

“Gli auguro di continuare a incrementare una politica di collaborazione con tutte le forze politiche, sociali, religiose e culturali presenti nel Paese. La Turchia è un Paese ricco di tante risorse e varietà che sono una ricchezza da valorizzare e non da penalizzare”. È mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia e Presidente d Caritas Turchia, a formulare questa mattina gli auguri a Recep Tayyip Erdogan che con il 52% dei voti, sarà il presidente della Turchia per i prossimi cinque anni e per un terzo mandato. In realtà, è stata una sfida elettorale senza precedenti. È la prima volta infatti da quando Erdoğan è al potere che l’opposizione aveva concrete possibilità di battere il presidente uscente. Con la quasi totalità dei voti già contati, Erdoğan ha ottenuto la vittoria con un vantaggio di poco più di quattro punti percentuali sul candidato unico delle opposizioni, il laico di centro-sinistra Kemal Kılıçdaroğlu, che si è fermato al 47,9%.

Eccellenza, partiamo da qui. È stata una vittoria sul filo di lana. Se lo aspettava

È comunque una vittoria. Molti si aspettavano da queste elezioni la fine dell’era Erdoğan e invece non è stato così. Questo – a mio parere – manifesta anche una certa inadeguatezza degli strumenti analitici sulla situazione che c’è in Turchia. Personalmente, avevo largamente previsto, per vari motivi, una vittoria di Erdoğan ma si erano create una serie di attese circa una sua sconfitta che poi si sono rivelate inconsistenti.

Quali sono i vari motivi che secondo lei ci sono dietro questa vittoria

Ci sono gli indubbi risultati del governo Erdoğan soprattutto sul piano internazionale. In questi anni, il partito di Erdogan, l’Akp, ha portato sulla scena internazionale questo Paese e questo ovviamente fa piacere a tutti, a prescindere dal partito. Certamente c’è anche il fatto che i mezzi di comunicazione sociale sono largamente in mano al governo. Sebbene poi sia un momento di crisi, ci sono dei risultati anche sul piano dell’economia che questo governo ha realizzato – pensiamo per esempio alle grandi opere pubbliche – e che la gente apprezza. E poi c’è una serie di valori su cui la società turca, o meglio una buona parte della società turca, è molto sensibile: la famiglia, la stabilità, la tradizione, la religione con un suo posto anche pubblico. Sono molti i motivi che spiegano come mai ancora una volta Erdoğan è riuscito a vincere, oltre al suo carisma personale indiscutibile

Questa mattina, il presidente si recherà a pregare a Santa Sofia, da lui riconvertita in moschea nel 2020, anzi strappata. Molti dicono qui in Europa, che si prospettano altri cinque anni di regime o quanto meno una politica con forti restrizioni dei diritti umani. Il popolo turco è consapevole? E che tipo di futuro si prospetta

Riguardo alla vicenda di Santa Sofia, è vero che in Occidente gli si è dato tantissimo peso ma, passato il momento, nessuno ha poi manifestato un grande interesse. Basta vedere le dichiarazioni che ci sono state dopo la vittoria di Erdoğan da parte di molti governi occidentali che non hanno espresso solo congratulazioni formali e quasi dovute. Alcuni si sono spinti oltre ed hanno parlato di valori comuni. I risultati elettorali evidenziano comunque una scissione nella Turchia perché se quasi la metà della popolazione ha votato contro Erdoğan , vuol dire che ci sono tantissime persone che non condividono questa prospettiva di governo. Anche la società internazionale è molto divisa riguardo a questa figura. Ma rimane comunque il fatto che la gente lo ha votato, che il presidente ha vinto e che per molti – anche fuori dalla Turchia – rappresenta un interlocutore importante. Non si può quindi parlare di “regime”.

Quali sono invece le aspettative da parte della Chiesa cattolica

Non credo che ci saranno dei cambiamenti. Questo governo onestamente nei confronti della chiesa cattolica non ha fatto una politica restrittiva. Ci sono delle questioni insolute di fondo come il riconoscimento della personalità giuridica, la possibilità di costruire nuove chiese, dare una adeguata assistenza ai rifugiati cristiani in modo che possano avere delle loro strutture in cui ritrovarsi a pregare… Sono tutte questioni che vanno affrontate ma non c’è una chiusura a priori, anzi.

Iskenderun, mons. Paolo Bizzeti (Foto p. Antuan Ilgıt)

Lei è anche presidente della Caritas Turchia. Dal punto di vista sociale, che Paese riprende in mano Erdoğan ?

Certamente il terremoto è stato una grandissima tragedia che impone interventi molto importanti, strutturali e un ripensamento dell’edilizia che è cresciuta in modo abnorme e senza regole. Bisognerà intervenire in modo che non si creino di nuovo le condizioni per una tragedia che è sempre in agguato, visto che siamo su un territorio sismico. C’è poi l’emergenza immediata delle persone che vivono ancora sotto le tende e nei container e qui è chiaro che passate le elezioni, bisognerà affrontare le situazioni soprattutto di chi è povero e ha perso tutto. Sono situazioni gravi. Preoccupa per esempio l’arrivo del caldo e il pericolo di epidemie. È un impegno molto grosso che il governo può affrontare con l’aiuto di altre organizzazioni, tra cui Caritas.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

AttualitàTempo libero, sport, cultura, fede, salute, curiosità, eccetera.

Elezioni in Turchia: verso il ballottaggio. Marsili (Ispi): “Una mezza vittoria per Erdogan”

Per la prima volta in 20 anni di potere in Turchia Erdogan costretto al ballottaggio. Nelle elezioni di ieri, infatti, il presidente turco in carica ha ottenuto il 49,4% delle preferenze, rimanendo così sotto la soglia del 50%, mentre il suo avversario, il socialdemocratico Kemal Kiliçdaroglu, si attesta sul 44,96%. Un terzo candidato, il nazionalista Sinan Ogun, ha ottenuto il 5,2% dei consensi diventando così l’ago della bilancia al ballottaggio del prossimo 28 maggio tra Erdogan e Kiliçdaroglu. Con la quasi totalità delle schede scrutinate, l’Alleanza popolare formata dall’Akp di Erdogan e altri partiti di estrema destra e islamisti ottiene la maggioranza con 322 parlamentari su 600, mentre alla coalizione di opposizione ne vanno invece 212. L’Alleanza del lavoro della Libertà, formata dal Partito della Sinistra Verde (Ysp) di orientamento filocurdo e dal Partito dei lavoratori di sinistra, ottiene 66 deputati di cui 62 dello Ysp, che diventa il terzo partito più rappresentato nell’assemblea. Significativa l’affluenza alle urne che ha sfiorato il 90%, maggiore dell’88% raggiunto alle elezioni del 2018: hanno votato, infatti, quasi 61 milioni di turchi, tra cui più di 3,4 milioni di espatriati. Alta affluenza anche nei collegi elettorali del sud-est del paese, la zona devastata dal terremoto del 6 febbraio.

Carlo Marsili (foto Ispi)

A non essere sorpreso del ballottaggio è Carlo Marsili, ambasciatore di Italia in Turchia dal 2004 al 2010, che in qualche modo capovolge la prospettiva: “Sorprendente – spiega al Sir – è che dopo 20 anni al potere Erdogan riesca ancora ad ottenere dei successi abbastanza consistenti. È vero che è stato costretto ad andare al secondo turno – cosa che può essere considerata un successo dell’Opposizione – però nel contempo ha ottenuto la maggioranza parlamentare che gli consentirebbe una governabilità maggiore. Il punto sarà capire a chi darà il sostegno il terzo incomodo, Sinan Ogun, che vanta il 5,2% di consensi. Al prossimo turno io vedo maggiori possibilità per Erdogan che ha conseguito una mezza vittoria.

Il voto di ieri potrebbe indurre Erdogan a rivedere alcune sue politiche interne così da riportare il consenso attorno alla sua persona ai livelli degli anni scorsi?
Non credo. Nei miei 7 anni trascorsi in Turchia come ambasciatore ho visto e conosciuto bene Erdogan e non è cambiato mai. In realtà aveva un volto più liberale e aperto nei primi anni di Governo anche perché c’era il negoziato in corso per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Poi è andato per la sua strada e credo che proseguirà così, senza cambiamenti, sia sul piano della politica interna che estera. Ci potranno essere alcune concessioni come far entrare la Svezia nella Nato in cambio di qualche gesto da parte svedese. Non credo voglia provocare vere e proprie rotture. Lo stesso vale anche sul piano interno. Erdogan dovrà rispondere ai suoi alleati di coalizione che non sono dei migliori. Tra loro c’è il partito nazionalista estremista e una piccola fazione che invoca la sharia in Turchia che è rappresentata da 3 deputati.

Crede che Stati Uniti e Europa vedano con occhi più favorevoli la vittoria di Kemal Kiliçdaroglu che porterebbe a politiche interne e regionali più allineate all’Occidente?
Penso che una vittoria di Kiliçdaroglu porterebbe dei cambiamenti piuttosto significativi nella politica turca ma non in quella estera caratterizzata dalla particolare collocazione geostrategica del Paese. Anche se al governo, Kiliçdaroglu non potrà cambiare la politica verso la Russia, Paese poco amato sia da Erdogan che da Kiliçdaroglu ma di cui la Turchia ha bisogno per le forniture energetiche, per il turismo, per il gas a prezzi favorevoli. Si tratta in definitiva di una politica obbligata: la Turchia diffida della Russia, Erdogan e Kiliçdaroglu diffidano di Putin, però devono in qualche modo trattarci. Nei confronti dell’Europa Kiliçdaroglu avrebbe probabilmente un atteggiamento meno ostile di quello di Erdogan e più dialogante. Per quanto riguarda il rapporto con gli Usa bisogna ricordare che l’antiamericanismo in Turchia è di casa. Ed è un dato di fatto.

Quanto peso ha avuto nell’esito elettorale il terremoto dello scorso 6 febbraio?
Si pensava che il sisma potesse favorire l’oppositore Kiliçdaroglu. In realtà se guardiamo la mappa del voto si può notare che Kiliçdaroglu ha rivinto, senza guadagnare un voto, nelle sue roccaforti, le province della costa egea e mediterranea dove si era affermato nel voto del 2018. Tutto il sud-est turco a maggioranza curda ha votato compatto per Kiliçdaroglu. Invece l’Anatolia escluse Ankara ed Eskisehir, ha votato per Erdogan. Terremoto ed economia che sembravano dovessero giocare contro Erdogan hanno pesato meno del previsto.

Nei venti anni al potere Erdogan ha posto particolare enfasi sull’Islam e sulla tradizione islamica, sostenendo movimenti islamisti regionali come i Fratelli Musulmani affiliato alla Fratellanza musulmana e i palestinesi di Hamas. Dopo il voto giudica possibile un cambio di direzione turco in questo ambito anche nel tentativo di migliorare le relazioni con Israele?
Il sostegno ai Fratelli Musulmani è già stato in parte rivisto per poter riprendere il dialogo con l’Egitto. Per riaprire quello con Israele Erdogan ha dovuto ridurre il suo atteggiamento pro-palestinesi. Credo che Erdogan voglia continuare su questa linea: mantenere un rapporto con Israele e migliorare le relazioni con Egitto e, aggiungo, anche con la Siria di Assad. Cosa che il suo oppositore Kiliçdaroglu ha già annunciato di voler fare in caso di vittoria.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)