Che prezzi! a luglio l’inflazione in Italia è aumentata dello 0,4% su base mensile e dell’1,3% su base annua

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'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)
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L’Osservatorio di Economia e Società della città di Napoli è
stato costituito dal Comune su impulso del Sindaco Gaetano Manfredi e
dell’Assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta alla fine del 2023 con
l’obiettivo di elaborare studi e analisi sulle principali dinamiche economiche
e sociali della città. L’Osservatorio è coordinato da Gaetano Vecchione
(Università Federico II) ed è composto da: Salvatore Biondo (IFEL), Paola De
Vivo (Università Federico II), Giuseppe Lucio Gaeta (Università L’Orientale),
Claudia Gargiulo (Comune di Napoli), Francesco Izzo (Università Vanvitelli),
Benedetta Parenti (Università L’Orientale) e Paola Sabadin (Comune di Napoli).
L’Osservatorio opera in sinergia con la struttura dell’Amministrazione,
attraverso il coinvolgimento dell’Assessorato al Bilancio, delle Aree
Ragioneria ed Entrate, del Gabinetto del Sindaco, dell’Ufficio PNRR e Politiche
di coesione avvalendosi, inoltre, della collaborazione scientifica di SVIMEZ –
Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.
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Una città con un tessuto di imprese vivo e dinamico ma frammentato, disoccupazione in diminuzione anche se è ancora bassa la quota di lavoratrici e permangono sperequazioni tra le varie aree del comune. Il primo rapporto dell’Osservatorio Economia e Società Napoli restituisce l’immagine di una città dinamica e in forte crescita. Lo studio è stato presentato questa mattina dal sindaco Gaetano Manfredi e dall’assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta che hanno voluto l’istituzione dell’Osservatorio, il cui coordinamento è affidato al professor Gaetano Vecchione dell’Università Federico II.
Demografia, economia, lavoro e bilancio del Comune sono le tematiche approfondite.
Demografia
Napoli è la terza città più popolosa d’Italia, dopo Roma e Milano, sebbene sia interessata da un calo demografico che ha avuto inizio negli anni ‘80 del secolo scorso. La popolazione, oltre a ridursi, sta sperimentando un processo di graduale invecchiamento con un rapporto di 152,6 over 65 per 100 under 15 (dati del 2021). Sempre nel 2021 gli stranieri residenti erano 53.440, il 91% dei quali proveniente da paesi extra europei. Complessivamente rappresentavano il 6% della popolazione cittadina. Gli stranieri tendono a concentrarsi nei quartieri centrali del territorio cittadino, in particolare nelle Municipalità 2 e 4.
Lavoro
Nel 2023 gli occupati erano circa 255mila, il 71% della forza lavoro. Il tasso di occupazione, calcolato con riferimento alla popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni, è pari al 41%, risultando il più basso tra quelli osservati per le più popolose città del Paese. Tra il 2018 e il 2023 la città ha registrato un’evidente contrazione del numero di inattivi (-30.000) cui si sono accompagnate riduzioni molto meno accentuate del numero degli occupati (-1.500 circa) e dei disoccupati (-5.000 circa). Nel complesso, dunque, il tasso di attività e quello di disoccupazione sono migliorati. In ragione delle dinamiche demografiche, anche il tasso di occupazione è leggermente migliorato. L’inattività era decisamente più frequente tra le donne: il 54% degli uomini era occupato o in cerca di lavoro mentre tra le donne questo indicatore assumeva un valore pari al 31% circa.
Volgendo lo sguardo all’interno del contesto comunale e guardando ai dati 2021, che sono i più recenti disponibili, la situazione dell’occupazione appare piuttosto eterogenea tra le diverse aree della città. Il tasso di occupazione spazia tra il 52% della Municipalità 1 (Chiaia, Posillipo, S. Ferdinando) e il 38% della Municipalità 7 (Miano, Secondigliano, S. Pietro a Patierno).
Secondo i dati della Ragioneria dello Stato, del MEF e del Comune di Napoli (anni 2022-2023), circa 85mila persone (24% della forza lavoro in città) lavorano nella pubblica amministrazione.
Economia
Secondo i dati MEF (dichiarazioni IRPEF 2022), a Napoli il reddito medio annuo lordo dichiarato è di 22.600 euro, leggermente superiore alla media nazionale. Il 48% dei contribuenti dichiara meno di 15mila, a Milano sono il 39%, a Roma il 38%, a Bari e Palermo rispettivamente 43% e 47%. Napoli presenta il più basso tasso di contribuenti sulla popolazione residente rispetto alle altre grandi città: 53%. Il reddito medio a Chiaia-Posillipo è circa 50mila euro (a Roma-Parioli è 70mila euro a Milano-Breraè superiore a 100mila euro). Il reddito medio di Chiaia (il più alto) è circa quattro volte quello di Forcella-Porta Capuana (il più basso).
L’analisi dello stock di imprese con sede nel comune di Napoli si riferisce ai dati Istat 2023. Le imprese attive censite sono 78.477, in crescita di oltre 1.800 unità rispetto al 2020. Il 95,3% non raggiunge i dieci addetti mentre le unità locali con almeno 50 addetti rappresentano appena lo 0,6% del totale.
La dinamica di crescita più accentuata si coglie nel settore delle costruzioni dove si contano 4.475 imprese con un aumento di 800 imprese in soli due anni (+21,8% dal 2019). Nel segmento degli alberghi e della ristorazione si contano a Napoli 5.400 unità locali, di cui 1.000 nella categoria degli alloggi e 4.500 nei servizi di ristorazione. In crescita le imprese nei servizi di informazione e comunicazione che sono circa 2.400 con una quota dominante delle attività di produzione di software e di consulenza informatica (1.100 unità locali) e di servizi informatici (oltre 800 unità locali). Le attività professionali sono concentrate soprattutto nei segmenti degli studi legali e dei servizi di contabilità (9.600), degli studi di architettura e di ingegneria (2.700), della consulenza gestionale (1.500). Oltre 5.400 sono le unità locali che operano nel settore della sanità e dell’assistenza sanitaria, in aumento di oltre 500 unità dal 2019.
In generale, nel settore servizi, negozi e studi professionali rappresentano il 50% delle unità locali che operano in città.
Passando all’industria, non si interrompe il lento processo di erosione del patrimonio industriale del sistema urbano: le unità locali censite a Napoli sono 3.799, in diminuzione dal 2019 del 3,3% dal 2019, l’anno prima della pandemia.
L’analisi relativa alle imprese con sede operativa a Napoli restituisce una situazione di grande dinamismo. Le imprese osservate sono circa 11mila e quasi 45mila i bilanci analizzati. Se si consolidasse il fatturato di queste imprese, come se costituissero un unico grande gruppo, i ricavi totali nel 2022 ammonterebbero a 28,652 miliardi di euro, in aumento del 10,6% dal 2021 (25,913 miliardi di euro) e soprattutto in crescita anche rispetto al dato segnato nel 2019 (+23,4%).
Per quanto riguarda la distribuzione tra le Municipalità, il 40% delle imprese con sede operativa in città opera nelle seguenti aree: Municipio-Porto-Mercato; Arenaccia-Poggioreale-Centro Direzionale; Chiaia-Mergellina; Fuorigrotta-Agnano. L’area con la maggiore percentuale (oltre il 60%) di imprese che fatturano più di 500mila euro è Vomero-Arenella, seguita da Zona Ospedaliera – Rione Alto –Camaldoli – Colli Aminei – Capodimonte. Chiaia primeggia per startup innovative (31) e PMI innovative (13).
Dalla stima SVIMEZ emerge che il PIL a Napoli è pari a circa 28,4 miliardi di euro (prezzi correnti al 2021). Il contributo al PIL viene innanzitutto dal settore dei servizi (87,3%), poi dall’Industria (12,3%) ed in via residuale dall’Agricoltura (0,4%). Il PIL del comune di Napoli rappresenta il 25% del PIL della regione Campania e il 7% di quello del Mezzogiorno.
Bilancio del Comune
La spesa corrente è aumentata nel 2023 del 55% rispetto al 2019 passando da 480 a 750 milioni circa. Considerano lo stesso periodo di riferimento, le missioni che hanno registrato il maggior incremento di spesa sono state: Istruzione e diritto allo studio (+123%); Cultura (+96%); Politiche giovanili (+71%); Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente (+1400%); Trasporti e mobilità (+85%); Lavoro e formazione professionale (+72%); Turismo (+277%).
Particolarmente importante il contributo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: nel 2023 il Comune ha stipulato contratti PNRR per un valore complessivo di circa 450 milioni cui sono da aggiungere contratti per circa 75 milioni stipulati tra il primo gennaio e il 6 febbraio 2024. Parallelamente è significativa la riduzione del ricorso a nuovi prestiti che si è gradualmente azzerato tra il 2019 e il 2023.
Per rispettare gli obiettivi del Patto per Napoli, il Comune ha attivato un partenariato pubblico privato per la riscossione coattiva dei tributi locali e delle sanzioni amministrative e statali. L’obiettivo è raccogliere gettito addizionale per circa 90 milioni di euro annui.
L’OSSERVATORIO
L’Osservatorio di Economia e Società della città di Napoli è stato costituito dal Comune su impulso del Sindaco Gaetano Manfredi e dell’Assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta alla fine del 2023 con l’obiettivo di elaborare studi e analisi sulle principali dinamiche economiche e sociali della città. L’Osservatorio è coordinato da Gaetano Vecchione (Università Federico II) ed è composto da: Salvatore Biondo (IFEL), Paola De Vivo (Università Federico II), Giuseppe Lucio Gaeta (Università L’Orientale), Claudia Gargiulo (Comune di Napoli), Francesco Izzo (Università Vanvitelli), Benedetta Parenti (Università L’Orientale) e Paola Sabadin (Comune di Napoli). L’Osservatorio opera in sinergia l’Amministrazione comunale avvalendosi, inoltre, della collaborazione scientifica di SVIMEZ – Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.
(Fonte: Comune di Napoli – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
La Cassazione fa chiarezza sulla cedolare secca e da’ il via ad una battaglia di equità fiscale nel mondo delle locazioni; Casa Mia, Ania e Cam-Fimaa Palermo plaudono alla sentenza.
Finalmente una sentenza che dà pari dignità e rispetto fiscale a quei proprietari che affittano la loro abitazione ad un’impresa che la userà per i suoi dipendenti.
Finalmente la ragionevolezza, anche se attualmente solo del “Potere Giudiziario”, ha prevalso contro le posizioni ideologiche di certa politica che continua a vedere le imprese come il “diavolo” da abbattere o come le classiche mucche da mungere per raccattare soldi.
Finalmente una battaglia di civiltà e di pari dignità fiscale tra i proprietari ed i conduttori è vinta.
Da tempo l’Associazione dei Proprietari CASA MIA con il sindacato degli inquilini ANIA si battono affinchè l’applicazione della cedolare secca venga estesa alle unità immobiliari abitative affittate ad un’azienda e alle unità immobiliari non abitative.
Nel caso delle unità immobiliari non abitative chiaramente ci riferiamo a quelle utilizzate dalle tante microimprese che da sempre sono l’asse portante del sistema produttivo italiano e che non certamente ai grandi contratti locativi.
Su questo fronte, sia ANIA che CASA MIA, hanno sempre avuto un importante alleato nell’O.S. degli Agenti Immobiliari CAM-FIMAA Palermo che, in quanto importanti e qualificati conoscitori del mercato immobiliare, sanno bene quali sono le reali dinamiche che in questi anni stanno mettendo a dura prova il mercato della locazione e della compravendita di tutte quelle unità immobiliari non abitative con superficie al di sotto di mille mq.
L’annosa battaglia che ANIA, CASA MIA e CAM-FIMAA Palermo hanno condotto affinchè venisse fatta giustizia nel mondo delle locazioni dando la possibilità di poter applicare la Cedolare Secca anche alle unità immobiliari non abitative e a quelle abitative ma con inquilino un’impresa, finalmente ha fatto un concreto passo avanti.
La Sentenza n. 12395 del 7 maggio 2024, della Corte di Cassazione, ha fatto chiarezza almeno sul diritto ad applicare la cedolare secca quando l’inquilino è un’impresa che prende in locazione un immobile ad uso abitativo per i propri dipendenti, clienti o fornitori.
Questa Sentenza ha finalmente aperto uno squarcio sull’ostracismo dell’Agenzia delle entrate nel voler pervicacemente interpretare in maniera restrittiva l’art. 3, sesto comma, del d.lgs. n. 23 del 2011.
Ci auguriamo vivamente che adesso l’Agenzia delle Entrate annulli tutti quei contenziosi ancora in essere in merito all’applicazione della cedolare secca all’ipotesi evidenziata dalla Sentenza della Corte di Cassazione, mettendo fine a infiniti contenziosi che di fatto ottengono solo il risultato di “svenare” i contribuenti con eccessivi costi necessari a poter ottenere il riconoscimento di questo diritto.
Quindi dopo questa Sentenza ci chiediamo come la Politica voglia intervenire affinchè l’Agenzia delle entrate annulli tutti i contenziosi pendenti sulla questione.
Inoltre visto che questa Sentenza ha spazzato via ogni “ragionevole dubbio” sul diritto dei cittadini a poter applicare la Cedolare Secca anche in questo caso, diventa importante capire con che tempistica verrà riprogrammato il software che gestisce la registrazione dei Contratti di locazione togliendo il blocco che attualmente non permette di scegliere l’opzione cedolare secca in un contratto avente come inquilino un’impresa.
Se ciò non avvenisse in tempi brevi i cittadini sarebbero defraudati di un loro diritto sancito anche dalla Corte di Cassazione.
Comunque l’ANIA, CASA MIA e il CAM-FIMAA Palermo continueranno la loro azione sindacale in difesa dei contribuenti italiani affinchè possano pagare le giuste imposte nel comparto delle locazioni, contribuendo, in tal modo, all’emersione delle locazioni in nero o all’eliminazione di forme contrattuali “truccate” con l’obiettivo di risparmiare sulle imposte.
Questa sentenza non è il risultato finale ma l’inizio di una battaglia di equità fiscale nel comparto delle locazioni.
Angelo Virga, Andrea Monteleone, Cetty Moscatt (Fimaa Palermo, Inquilini ANIA, Proprietari CASA MIA)
(Dr. Franco Lipari, Ufficio Promozione Sindacale ania Sicilia – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)
Parla della contrapposizione generazionale tra giovani e anziani da studioso ma anche da esponente di una delle due parti. Stefano Zamagni, economista, 81 anni, indica la via per dirimere una questione che tocca il cuore del nostro Paese. Parla di “reciprocità” e di “longevità attiva”. Due forme concrete e pratiche che, a suo avviso, permetterebbero – esempi alla mano – di sfatare una serie di luoghi comuni e problemi reali.
Professore, nel messaggio per la prossima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, il Papa indica come un frutto della cultura dello scontro la contrapposizione generazionale tra loro e i giovani. Secondo lei, perché si verifica ciò?
Nell’attuale fase dello sviluppo capitalistico, caratterizzata dalla globalizzazione e dalla finanziarizzazione dell’economia, la nuova competizione è tale per cui chi non raggiunge certi livelli di produttività e certi livelli di efficienza viene eliminato. In passato non era così, perché chi era meno efficiente, meno produttivo, gli o le si affidavano compiti di minore rilevanza, però non lo si buttava via. Oggi invece, coloro i quali sono poco produttivi darebbero fastidio agli altri se continuassero a essere inseriti nei luoghi di produzione. Questo colpisce diverse categorie di persone, gli anziani sicuramente, ma anche i portatori di disabilità e anche in parte, un po’ meno che non nel passato, le donne. E quindi ecco perché quello che denuncia il Papa va letto in controluce. Come dire, se vogliamo porre rimedio alla cultura dello scontro, bisogna avere il coraggio di cambiare il modello di funzionamento del mercato capitalistico.
E verso quale direzione?
Non è vero che, per continuare a svilupparsi, per continuare a progredire nella direzione della redditività, del benessere, occorra operare in questa maniera. Ciò che succederà, se non si cambia, è l’eccessiva competitività. Non dimentichiamo che la competitività è una forma di aggressione, perché ‘io devo battere te, ti devo battere, ti devo vincere’. Una volta, chi perdeva poteva essere reinserito. Oggi non lo è più. Quindi, se non si cambia il rischio è che, poiché c’è sempre qualcuno più competitivo di un altro che era competitivo, alla fine non rimane nessuno: è esattamente la legge della giungla.
Un’accusa che – ricorda il Papa – viene spesso rivolta agli anziani è di “rubare il futuro” ai giovani…
Il problema è concreto e alimenta quella conflittualità sociale che, in certi casi, prende la forma proprio dell’odio sociale. C’è una parola greca famosa ormai anche in Italia che è aporofobia. Aporofobia vuol dire il disprezzo del diverso. In questo caso, il diverso è l’anziano che è già uscito dall’attività lavorativa. Il punto è semplice, perché è ovvio che il sistema pensionistico che abbiamo creato in Italia, come in altri Paesi dal dopoguerra a oggi, non può più reggere: è evidente che presuppone un equilibrio tra la popolazione ancora in attività e la popolazione.
E come si può modificare, secondo lei, questa dinamica
I risultati della medicina stanno allungando – e questa è una cosa buona – la vita media. Oggi, in Italia è 83 anni, nel dopoguerra era di 60. Quindi, si è allungata di 23 anni ed è destinata ad aumentare. Ecco il punto: attivare quei progetti di longevità attiva, come io li chiamai in un saggio di circa un po’ meno di vent’anni fa, però nessuno ascoltò.
Prevale ancora un approccio, secondo me sbagliato, nei confronti degli anziani, che è l’approccio tipico compassionevole e paternalistico. L’anziano viene umiliato se non gli o non le si consente di essere ancora capace di generare valore. Quindi, la longevità attiva vuol dire che dobbiamo trovare nuove forme di attività per gli anziani, ovviamente tenendo conto delle loro condizioni.
Un’incognita è la salute…
Io che sono un super anziano, avendo quasi 82 anni, lavoro 12 ore al giorno. Il Signore mi dà la salute e io la spendo. E come me, migliaia, migliaia di altri anziani. Perché se uno è ammalato è fuori discussione, ma ammalato può esserlo anche un giovane. Quindi il punto è che dobbiamo trovare delle forme di attività lavorativa, non di tipo tradizionale in senso sindacale – questo è chiaro, perché allora sì che porterebbe via il lavoro ai giovani, che è quello che sta succedendo oggi -.
Oggi nelle imprese si invitano i pensionandi a rinviare di due o tre anni la pensione. E questo vuol dire portare via il lavoro ai giovani. Io non propongo questo. Io propongo per gli anziani, tenuto conto del loro curriculum vitae, della loro biografia, e di tanti altri aspetti, di trovare forme che esistono nelle quali loro possono essere ancora generativi, cioè generatori di valori.
Ci sono degli esempi in Italia
Il più famoso è il Civitas vitae di Padova. È una cittadella vicino alla prima periferia di Padova, di due o tre mila persone, dove bambini, giovani, coppie sposate, anziani, portatori di handicap, vivono e ognuno dà quello che la sua condizione è in grado di fargli dare. Per cui l’anziano che è stato professore o insegnante di scuola perché non può usare il suo tempo per il cosiddetto ‘dopolavoro’, per insegnare certe attività ai ragazzi? Pensiamo agli stessi lavoratori manuali. Ci sarebbe un bisogno enorme di gente che si metta a disposizione e questo è generare valore. Allora se questo si facesse, prima l’odio scomparirebbe – perché i giovani direbbero ‘ah, vedi… dagli anziani io ottengo qualcosa’ – e quindi si metterebbe in moto il meccanismo della reciprocità. Ecco la parola magica, di cui io non sento mai parlare.
Questo avrebbe una ricaduta anche nel welfare per gli anziani…
Si dice che gli anziani vadano aiutati. È chiaro che vanno aiutati, ma in che modo vanno aiutati? Dando loro la possibilità di essere attivi. Dando loro la possibilità di sentirsi ancora validi per generare valore. E questo stimola la reciprocità. Perché nel momento in cui l’anziano fa questo, il meno anziano o il giovane reciproca – ma non scambia-. La reciprocità non è lo scambio, è un’altra cosa. In questa relazionalità che si viene a stabilire scompaiono gli odi. Invece si va avanti ancora con la politica, con quell’atteggiamento stereotipato del ‘poverino’, dell’RSA. Ma questa è una conseguenza del fatto che non si vuole cambiare la mentalità. Io ho motivo di ritenere che non ci voglia molto prima che si arrivi a questo, però bisognerebbe pensarci sin da adesso perché bisogna pensare come rendere attivi gli anziani. Non li possiamo mandare in fabbrica, non li possiamo mandare nei laboratori.
Ma il valore si crea solo nelle fabbriche, nei laboratori o negli uffici? Ecco allora la soluzione.
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L’Economia della cultura come fattore di sviluppo, questo il titolo del Convegno che si svolgerà a Napoli il prossimo 28 febbraio nella splendida cornice di Palazzo Fuga. Organizzato e promosso dalla Fondazione Nazionale Ricerca dei Dottori Commercialisti presieduta da Antonio Tuccillo, con il patrocinio del Consiglio Nazionale dell’Ordine, del Ministero della Cultura e del Ministero dell’Economia e della Finanza, oltre che di Federculture e del Comune di Napoli, il convegno intende riflettere su come la cultura ed il nostro grande patrimonio, entrino a far parte del Pil nazionale e contribuiscano, anche grazie al turismo ad essere leve di sviluppo reale dei territori.
“Gli interventi del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e del vice ministro all’Economia Maurizio Leo – ha esordito Gianni Lepre, economista – intendono da un lato valorizzare e diffondere la filiera produttiva della Cultura quale fattore di sviluppo degli investimenti privati anche attraverso l’implementazione della recente disciplina normativa delle Imprese culturali e creative, e dall’altro individuare in maniera sinergica le vie di riqualificazione e promozione di sezioni ancora poco conosciute sottostimate”. Il noto economista che tra l’altro è consigliere del ministro Sangiuliano con la delega al Made in Italy e presidente della Commissione Economia della Cultura del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ha poi continuato: “Questo confronto interistituzionale è fondamentale non solo per Napoli, ma per l’intero Mezzogiorno d’Italia che vanta un patrimonio culturale immenso che anche grazie ai numeri generati dal turismo, contribuisce in maniera matura al Sistema Paese”. Lepre ha poi concluso: “Programmare le risorse del Pnrr e quelle più generiche del Recovery Fund indirizzandole alle specifiche esigenze della filiera culturale e delle sue criticità, è una modalità coraggiosa di affrontare il problema nella consapevolezza che al Sud le carenze sono quasi esclusivamente infrastrutturali rispetto all’ampia richiesta del turismo di massa. In questo i dottori commercialisti si pongono come interlocutori tra le imprese culturali e le Istituzioni in modo da trovare la quadra di una promozione a tutto tondo che riporti l’Italia ad essere, come è sempre stata, il giardino d’Europa”.
(Rosario Lavorgna – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)
Ancora una volta… regna l’incertezza. Questo, in estrema sintesi, il messaggio inviato dalla Commissione europea con le Previsioni economiche d’inverno, illustrate a Bruxelles giovedì 15 febbraio. I conflitti in Ucraina, nel Medio Oriente e nel Mar Rosso, l’altalena del settore energetico, l’inflazione: sono alcuni degli elementi che impongono prudenza e che comunque lasciano intravvedere mesi di economia europea tutt’altro che “esuberante”. Un dato positivo giunge almeno dal mercato del lavoro che, mediante nei 27 Paesi Ue, sembra per ora reggere alla frenata del Pil.
“Situazione più debole del previsto”. “Dopo la crescita modesta dello scorso anno, l’economia dell’Unione europea è entrata nel 2024 in una situazione più debole del previsto”. Le Previsioni economiche esordiscono così, rivedendo le cifre della crescita: quest’anno il Pil si assesterebbe allo 0,9% nell’Ue27 (in autunno la previsione era più ottimistica, all’1,3%) e allo 0,8% (da 1,2%) nella zona euro. “Nel 2025, si prevede che l’attività economica crescerà dell’1,7% nell’Ue e dell’1,5% nella zona euro”.
Dunque ripresa ritardata o rimandata, secondo le stime dell’Esecutivo.
Un dato positivo invece sull’inflazione, la cui corsa dovrebbe rallentare più rapidamente di quanto previsto in autunno. Si prevede infatti che l’inflazione dei prezzi al consumo scenderà nell’Ue27 dal 6,3% nel 2023 al 3,0% nel 2024 e al 2,5% nel 2025. Nell’area dell’euro, dovrebbe decelerare dal 5,4% nel 2023 al 2,7% nel 2024 e al 2,2% nel 2025.
Bene occupazione e investimenti. “L’economia europea si è lasciata alle spalle un anno estremamente impegnativo, in cui una confluenza di fattori ha messo a dura prova la nostra resilienza”, è il primo commento di Paolo Gentiloni, commissario all’Economia. “La ripresa prevista nel 2024 sarà più modesta di quanto previsto tre mesi fa, poi riprenderà gradualmente ritmo”. Al dato positivo dell’occupazione si aggiunge il fatto “che gli investimenti reggeranno”. Nel 2025 “la crescita è destinata a stabilizzarsi e l’inflazione a scendere fino a livelli prossimi al livello del 2%”, obiettivo indicato dalla Bce. Non ultimo: “le tensioni geopolitiche, un clima sempre più instabile e una serie di elezioni cruciali in tutto il mondo quest’anno sono tutti fattori che aumentano l’incertezza” per l’economia europea.
Recessione “evitata per un pelo”. “Nel 2023 la crescita è stata frenata dall’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, dalla forte stretta monetaria, dal ritiro parziale del sostegno fiscale e dal calo della domanda esterna. Dopo aver evitato per un pelo una recessione tecnica nella seconda metà dello scorso anno, le prospettive per l’economia dell’Ue nel primo trimestre del 2024 rimangono deboli”, si legge ancora nelle Previsioni economiche della Commissione. “Tuttavia, si prevede che l’attività economica accelererà gradualmente quest’anno. Poiché l’inflazione continua a diminuire, la crescita dei salari reali e la resilienza del mercato del lavoro dovrebbero sostenere una ripresa dei consumi”.
Una ripresa che però potrebbe realmente manifestarsi, anche nei numeri, solo il prossimo anno.
“Nonostante il calo dei margini di profitto, gli investimenti dovrebbero beneficiare di un graduale allentamento delle condizioni creditizie e della continua attuazione del Recovery and Resilience Facility. Inoltre, si prevede che il commercio con i partner esteri si normalizzerà, dopo la debole performance dello scorso anno”.
Panorama globale incerto. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha confermato: “dopo un 2023 difficile, l’economia europea è emersa un po’ più debole del previsto, anche se la ripresa dovrebbe accelerare gradualmente quest’anno e nel 2025. L’inflazione continua il suo calo generalizzato; la crescita dei salari reali, abbinata ad un mercato del lavoro resiliente, dovrebbe aiutare la domanda dei consumatori domanda”. I fondi dell’Ue “continueranno a svolgere un ruolo vitale in termini di investimenti”. Detto questo, ribadisce, “il panorama globale rimane altamente incerto. Stiamo seguendo da vicino le tensioni geopolitiche, che potrebbero avere un impatto negativo sulla crescita e sull’inflazione”. “Anche i rischi climatici e la crescente frequenza di eventi meteorologici estremi continuano a rappresentare una minaccia”.
Energia e… trattori. Durante la conferenza stampa svoltasi a Bruxelles, il commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha affrontato numerosi altri argomenti, spesso sollecitato dalle domande dei giornalisti. Si prevede, ad esempio, “che l’aumento dei costi di spedizione a seguito delle interruzioni del commercio nel Mar Rosso avrà solo un impatto marginale sull’inflazione. Ulteriori interruzioni potrebbero, tuttavia, provocare nuovi colli di bottiglia nell’offerta che potrebbero soffocare la produzione e far salire i prezzi”.
Uno dei temi tornati più volte è stato quello energetico.
I prezzi del petrolio sono diminuiti dall’autunno e “dovrebbero continuare a diminuire gradualmente nel 2024 e nel 2025″. Non è mancato un cenno alla protesta dei trattori. “Come Commissione stiamo ascoltando e agendo rispetto alle questioni sollevate dagli agricoltori. Non vedo però all’orizzonte possibili interruzioni sulle catene di approvvigionamento legate a quanto sta avvenendo”.
Germania, Italia, Paesi dell’est. L’analisi delle singole economie svela una debolezza persistente della Germania, il cui Pil quest’anno dovrebbe crescere solamente dello 0,3%, per poi salire all’1,2% nel 2024. Meglio la Francia: rispettivamente 0,9% e 1,3%. I dati riguardanti l’Italia, contenuti nelle Previsioni economiche, segnalano la crescita del Prodotto interno lordo allo 0,7% per il 2024, per poi risalire all’1,2% il prossimo anno (nel 2023 il dato del Pil si era assestato allo 0,6). L’inflazione in Italia sembrerebbe invece rimanere sotto controllo: 2,0% nel 2024, 2,3% nel 2025. Dall’attuazione del Pnrr potrebbero arrivare ulteriori elementi positivi di rilancio economico. Nel complesso la Spagna va abbastanza bene: 1,7% quest’anno e 2,0% nel 2025. Dati più confortanti si hanno dai Paesi del centro ed est Europa, con una crescita del Pil fra il 2 e il 3% sia quest’anno che il prossimo: ciò vale per Croazia, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria, Ungheria, Polonia e Romania.
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L’Istat lo definisce un “lieve rimbalzo”, ma l’aumento c’è. Secondo le stime provvisorie, l’inflazione sale allo 0,8% rispetto allo 0,6% di dicembre. Colpa dei beni energetici, ma anche – spiega l’Istituto di statistica – del “permanere di tensioni sui prezzi dei beni alimentari non lavorati, i cui effetti si manifestano anche sulla accelerazione del cosiddetto ‘carrello della spesa’” che registra un aumento del 5,4%. Non propriamente quello che ci si poteva augurare, dopo aver appreso che nel 2023 le retribuzioni orarie sono cresciute solo del 3,1%, appena più della metà dell’inflazione, e che nel 2022 l’andamento dei prezzi ha colpito duramente la ricchezza netta delle famiglie italiane, che è scesa in termini reali del 12,5%, come ha rilevato una recente nota di Istat e Banca d’Italia.
I numeri degli ultimi mesi del 2023, diffusi in questi giorni dall’Istituto di statistica, ci dicono che l’anno scorso poteva anche andare peggio, ma bisogna fare attenzione a sopravvalutare gli zero virgola, soprattutto se si guarda alla prospettiva dell’anno iniziato da poco. L’economia italiana – misurata dal Prodotto interno lordo – è cresciuta nel quarto trimestre dello 0,2%. Molti analisti prevedevano un andamento piatto o un incremento dello 0,1 e il risultato stimato, per quanto provvisorio, ha fatto tirare un generale sospiro di sollievo. L’annata si è chiusa complessivamente con un Pil in aumento dello 0,7%, di due decimali superiore alla media europea. Ma si sa come funziona con le medie: la Germania è rimasta sotto zero (e non c’è nulla di cui gioire perché si tratta di un mercato importantissimo per l’Italia) mentre la Spagna è balzata in avanti del 2,5%.
Il governo, nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, a fine settembre aveva previsto una crescita dello 0,8%. Tenuto conto di quel che è accaduto in Medio Oriente pochi giorni dopo il varo della Nadef la lieve sfasatura è più che comprensibile. Ma è il 2024 che fa preoccupare. L’esecutivo aveva programmato per l’anno in corso un incremento dell’1,2% e oggi tutte le stime sono lontane da quel livello: la più recente, quella del Fondo monetario internazionale, ci attribuisce un +0,7%. L’Istat, del resto, ha calcolato che la “variazione acquisita” per il 2024, cioè il livello che si otterrebbe se nel corso dell’anno il Pil restasse fermo – in altre parole l’eredità del 2023 – è soltanto dello 0,1%. Il 2022 aveva portato in dote un +0,4% e il 2021 addirittura un +2.4, nella fase di ripresa post-Covid.
La crescita di quest’anno, insomma, è tutta da conquistare e l’effetto di questa mancanza di rincorsa è forse la principale incognita dei prossimi mesi. Anche rispetto ad altre situazioni più specifiche. Prendiamo il caso dell’occupazione. L’ultima rilevazione dell’Istat, relativa allo scorso dicembre, ha registrato un aumento degli occupati (+0,1) il cui numero complessivo ha toccato l’ennesimo livello record. Ovviamente bisogna rallegrarsene, ma se l’economia non cresce o cresce pochissimo com’è possibile che si crei tanto lavoro? Che una quota di questa occupazione si riferisca a un lavoro “povero” è sicuramente una parte della spiegazione, ma non tutta, perché altrimenti l’Istat non avrebbe registrato mese per mese un ricorso prevalente ai contratti a tempo indeterminato. Gli analisti si sono allora soffermati sull’impatto del fattore demografico e quindi sulla progressiva diminuzione del numero di giovani candidati disponibili o comunque attivabili. A maggior ragione se si pensa che presto andranno in pensione i figli del boom economico e questo provocherà ulteriori problemi di ricambio. In questo quadro, insomma, le aziende tenderebbero ad assicurarsi e a conservare l’apporto di giovani già formati e sperimentati o attingerebbero a fasce di età più elevata in cui l’accettazione dei contratti a termine risulta evidentemente più problematica. Ipotesi molto significative e credibili che però probabilmente dispiegheranno nel tempo il grosso dei loro effetti.
È verosimile, allora, che nel 2023 abbia agito anche o soprattutto lo slancio della ripresa del periodo precedente, atteso che le ripercussioni dell’andamento generale dell’economia sulle dinamiche occupazionali avvengono spesso con una notevole sfasatura temporale. Se questo fosse confermato, le conseguenze della crescita debole sul mercato del lavoro dovrebbero ancora arrivare. Qualche segnale forse già si intravede. A novembre si era verificato un aumento dei contratti a termine che non si registrava dallo scorso agosto e così pure un incremento degli inattivi (coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano) il cui precedente risaliva addirittura all’agosto 2022. La rilevazione dell’Istat per dicembre ha confermato entrambe le tendenze: rispetto al mese precedente, i dipendenti a termine sono cresciuti dello 0,7% e gli inattivi dello 0,2%.
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“Promuovere un rinnovamento dell’economia all’insegna dell’universale fraternità di tutti gli esseri umani a partire dalla condizione e dagli interessi dei più umili e disagiati, nella prospettiva evangelica dell’unica paternità di Dio e del suo disegno di amore per tutti i suoi figli”: è questo l’obiettivo del Premio internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis, come previsto nello Statuto e nel Regolamento. L’edizione del premio per il 2024 è stata presentata, martedì 5 dicembre, alla Filmoteca vaticana, alla presenza dell’arcivescovo-vescovo delle diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, mons. Domenico Sorrentino, il card. Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento, suor Alessandra Smerilli, segretario del Dicastero per lo Servizio dello sviluppo umano integrale, padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali della diocesi di Roma e membro della Commissione valutativa del Premio, mons. Anthony Figueiredo, coordinatore del Premio, e suor Roberta Arcaro, responsabile del Segretariato delle missioni delle Suore Francescane Angeline, vincitrici dell’edizione 2023.
“Questo Premio è un riconoscimento concreto alla fraternità vissuta in maniera intelligente ed efficace anche sul piano economico.
È un sostegno che va ad aiutare realtà imprenditoriali minori che hanno bisogno di una spinta di avvio ma che sono un esempio di quella nuova economia, solidale, umana, circolare e fraterna di cui c’è tanto bisogno, specialmente nelle regioni più povere del mondo”, ha spiegato mons. Domenico Sorrentino, in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’edizione 2024 del “Premio internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per una economia della fraternita”. “Da Assisi – ha aggiunto il presule – diamo concretezza al messaggio di San Francesco e del beato Carlo Acutis, in linea con l’iniziativa del Santo Padre che, con The Economy of Francesco, ha invitato giovani economisti, changemakers e imprenditori a rifondare l’economia, dandole un’anima. Grazie alla generosità di imprenditori lungimiranti, attenti alle persone più che al profitto, con questo premio già negli anni scorsi abbiamo permesso a realtà svantaggiate economicamente ma ricche del capitale della fraternità di essere un modello di speranza e di cambiamento”. Anche quest’anno, ha osservato mons. Sorrentino, “ci aspettiamo candidature da tanti luoghi del mondo.
Sarebbe bello riceverne dai luoghi di guerra dell’Ucraina e della Terra Santa dove c’è davvero bisogno di ricostruire legami fraterni e umani”.
“Come Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale – ha affermato suor Alessandra Smerilli – siamo felici che la diocesi di Assisi-Nocera-Gualdo abbia promosso questa iniziativa. Noi lavoriamo a servizio del Papa e di tutte le Chiese del mondo perché sia vera la parola di Gesù ‘Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’. Il nostro lavoro è di fare in modo che si rimuovano gli ostacoli allo sviluppo: e le attività imprenditoriali possono essere una via di sviluppo e di pace e l’impresa può diventare promotrice di fraternità e di pace. Non dobbiamo dimenticare che la diocesi è diventata la culla di Economy of Francesco, da cui è nato un momento di tantissimi giovani da tutte le parti del mondo e di tutte le età che stanno dando la vita per la fraternità e la pace”.
“Sono convinto – ha sostenuto padre Giulio Albanese – che questo Premio sia stato concepito dopo un lungo discernimento.
Mai come oggi le diseguaglianze gridano vendetta al cospetto di Dio e mai come oggi è importante affermare un messaggio all’insegna della comunione e della fraternità, come Papa Francesco ha dimostrato nel suo illuminato magistero.
Se uno legge lo Statuto del Premio, vedrà che è una straordinaria lezione di dottrina sociale: leggendo gli orientamenti si riescono a cogliere le coordinate per innescare il cambiamento. Indipendentemente dal denaro a disposizione non possiamo cambiare il mondo ma ritengo che, così come è stato concepito, questo Premio sia il lievito che fa fermentare la massa”.
Mons. Anthony Figueiredo ha ricordato i premiati delle edizioni precedenti sottolineando che “questo premio vuole dare voce alle piaghe dei fratelli scartati e spogliarci dalla mentalità odierna, passando da un’economia del profitto a un’economia della fraternità. L’anno scorso le domande sono arrivate da quattro continenti, 23 nazioni, 18 dall’Africa. La generatività è uno dei criteri per le domande: i vincitori del premio devono essere protagonisti del loro riscatto per sviluppare i loro territori e le loro comunità, ma anche per custodire la casa comune”.
“Grazie – le parole di suor Roberta Arcaro – perché il premio non è servito a costruire un panificio, ma a cambiare mentalità. I nostri sono ragazzi che vivono in un ambiente di totale povertà ma che ora sono formati alla gestione di quello che verrà prodotto. Noi stiamo cercando di lavorare come se dovessimo andare via il giorno dopo lasciando l’opera in mano ai ragazzi. La formazione ci impegna, non solo per imparare il mestiere ma anche per formare l’uomo e la donna”.
“Complimenti al vescovo Sorrentino – il saluto finale del card. Francesco Montenegro – per questo coraggio di mostrarci San Francesco non solo come un uomo umile e mite ma forte e con i muscoli, che sa fare e andare lontano. E grazie perché la restituzione non è soltanto un gesto di carità, ma un atto di giustizia. Vedendo i bambini vincitori della scorsa edizione pensavo ai morti di Lampedusa: i morti nel mare, nel deserto, in Albania, sono persone che graffiano l’anima. E mi auguro che questa restituzione non avvenga solo perché Francesco e Carlo sono diventati due capisaldi. Mi auguro che facciano riflettere la Chiesa sul cambiare stile, per poter vivere l’economia diversamente”.
Il bando dell’edizione 2024 del Premio è pubblicato e sostenuto dalla Fondazione diocesana di religione-Santuario della Spogliazione, istituita dalla diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, ed è online sul sito www.francescoassisicarloacutisaward.com. Le domande di partecipazione devono essere presentate entro il 31 gennaio 2024. Il progetto vincitore del Premio riceverà una corresponsione in denaro al massimo di 50mila euro, frutto della sensibilità di un comitato di sostenitori. Al vincitore sarà inoltre consegnato un foulard con l’immagine della spogliazione, in ricordo del gesto con cui l’allora vescovo di Assisi, Guido, coprì il giovane Francesco Bernardone nel momento della sua spogliazione, e un’icona con il logo del Premio, portando i volti di San Francesco e del Beato Carlo Acutis.
Il Premio, nella sua edizione inaugurale del 15 maggio 2021 è stato assegnato, a titolo emblematico e fuori concorso, all’Istituto Serafico di Assisi, in occasione del 150° anniversario della sua fondazione. Nel 2022 il riconoscimento da 50mila euro è stato assegnato al progetto Ecobriqs Charcoal Briquettes, realizzato da un gruppo di 15 persone con disabilità della diocesi di Pasig, nelle Filippine (Manila metropolitana), che usando rifiuti, scarti e ninfee infestanti producono – tramite una tecnologia rivoluzionaria – i bricchetti di carbone. I promotori avevano anche deciso di sostenere Farm of Francesco, progetto frutto di Agriculture & Justice Village, uno dei villaggi di Economy of Francesco, con 15mila euro. Infine, nel 2023, il premio da 50mila euro è stato assegnato alla “Casa del Pane”, un laboratorio per la panificazione e la vendita di prodotti da forno, in Ciad, che sarà gestito da ragazzi e ragazze disoccupati, orfani o in difficoltà, con il sostegno delle suore francescane angeline.
Il Premio internazionale “Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per una economia di fraternità” è stato istituito dal vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, arcivescovo Domenico Sorrentino, il 10 ottobre 2020, giorno della beatificazione di Carlo Acutis. Ed è nato per promuovere un rinnovamento dell’economia all’insegna della fraternità a cominciare dalla condizione e dagli interessi dei più umili e disagiati. L’obiettivo del premio è fornire un aiuto concreto ad avviare processi economici che nascono dal basso nel rispetto della persona, in un clima di fraternità e che siano d’esempio per la diffusione di un’economia fraterna, umana e solidale. Possono partecipare al premio persone, enti, associazioni e società, di qualunque parte del mondo, e specialmente nelle regioni più povere, in partenariato. Il premio, dunque, mira a incoraggiare progetti economici fraterni “dal basso”, a cominciare “dalle difficili condizioni in cui versano i nostri fratelli e sorelle più piccoli e sofferenti e ad ispirare in modo generativo le persone con scarse possibilità economiche, in particolare i giovani al di sotto dei 35 anni e nelle regioni più povere del mondo, a riunirsi (‘Fratelli tutti’) e presentare, come cambiamento- makers, un progetto specifico e valido, sottoposto all’attento esame e giudizio di una Commissione di valutazione, per beneficiare e soddisfare i bisogni concreti dei più disagiati e bisognosi in mezzo a loro”.
Come ha espresso continuamente Papa Francesco nel suo pontificato, San Francesco d’Assisi è ispirazione per un nuovo rapporto con le nostre sorelle e fratelli poveri ed emarginati: “San Francesco ci offre un ideale e, in un certo senso, un programma. Per me, che ho preso il suo nome, è una costante fonte di ispirazione” (Lettera per l’evento “Economia di Francesco”, 1° maggio 2019). Per questo “crediamo che da Assisi, le parole di Gesù dal Crocifisso di San Damiano debbano risuonare oggi in un mondo colpito dalla pandemia: ‘Va’, Francesco, ripara la mia casa che, come vedi, sta cadendo in rovina’. Spogliandosi delle vesti e dei beni materiali davanti al padre, Pietro Bernardone, e all’allora vescovo di Assisi, Guido, il giovane Francesco avviò, attraverso il segno concreto della sua nudità, un’economia diversa da quella del padre terreno: la fiducia sulla provvidenza come strumento generativo per il bene di tutti e, soprattutto, dei più poveri e abbandonati. Così Francesco potrebbe esclamare: ‘D’ora in poi dirò: Padre nostro che sei nei cieli’ e non più ‘Padre Pietro Bernardone’”.
Ispirato da san Francesco, il beato Carlo Acutis, sepolto ad Assisi nel Santuario della Spogliazione, è egli stesso un esempio di “economia della fraternità”, soprattutto per i giovani.
La sua spiritualità profondamente eucaristica si è manifestata nel suo amore per i poveri, caratterizzato non solo dall’elemosina, ma dalla vicinanza e dall’amicizia con i bisognosi, cosa che Papa Francesco ha spesso incoraggiato nei nostri rapporti con i poveri. “Ciò che solo ci renderà veramente belli agli occhi di Dio», ci dice Carlo, «è il modo in cui amiamo Dio e il nostro prossimo”. In un mondo scosso dalla pandemia e dalla guerra e confrontato a tante altre sfide, il Premio internazionale “Francesco d’Assisi e Carlo Acutis, per un’economia di fraternità” vuole essere “ispirazione di santità, bellezza e bontà attraverso nuovi modelli di economia, necessario per questi tempi”.
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Il professor Stefan Enchelmaier, docente di Diritto romano e comparato all’Università di Oxford, è appena tornato da una vacanza sulle isole greche e si ritiene molto fortunato. “Molti dei miei colleghi, quest’anno, sono rimasti a casa perché l’aumento dell’interesse sul costo dei mutui, dovuto alla disastrosa politica finanziaria dell’ex premier Liz Truss, li mette a rischio di finire nei debiti e potrebbe costringerli a vendere la casa”. Con il docente approfondiamo la questione…
Il declino, negli standard di vita, dei professori universitari è una situazione diffusa anche in altri atenei?
Certo. A Oxford siamo molto privilegiati perché la nostra è un’università ricca, con tante proprietà, che garantisce ai suoi professori uno stipendio; mentre, negli atenei meno noti, i docenti sono alla costante ricerca di fondi per autofinanziarsi. Il governo ha fissato un limite di 9.250 sterline all’anno, oltre 10.800 euro, per le tasse che gli studenti britannici devono pagare, una somma ferma da dieci anni e non sufficiente a coprire tutti i costi di un’università.
Che impatto ha avuto la Brexit su questa situazione?
Disastroso. Le università britanniche hanno perso miliardi di fondi per la ricerca provenienti dai programmi europei. Non solo. Gli studenti europei che vogliono venire nel Regno Unito sono diminuiti perché, prima della Brexit pagavano le stesse tasse dei britannici e, adesso, devono sborsare oltre 22.000 sterline, quasi 26,000 euro all’anno. Siamo costretti a dipendere dagli studenti asiatici, cinesi soprattutto, che, spesso, sono riuniti in società che non hanno a cuore la libertà di parola e protestano quando, in una conferenza o un convegno, mettiamo un punto di domanda sui diritti umani in Cina.
La difficile situazione degli atenei sembra rientrare in un quadro più ampio di danni economici provocati dalla Brexit. È d’accordo?
Senza dubbio. Definirei l’economia del Regno Unito, dopo l’uscita dalla Ue, come la gomma di una bicicletta che si sta sgonfiando lentamente. Il nostro Pil è ancora al di sotto dei livelli pre pandemici e destinato a scendere ulteriormente. Le piccole e medie aziende, il motore di un’economia, non commerciano più con l’Europa perché non sono in grado di accollarsi i costi delle formalità burocratiche. Benché i governi Tory abbiano promesso di chiudere le frontiere, le statistiche ci dicono che i livelli di immigrazione sono aumentati nel post Brexit. Ma, ad arrivare, invece della manodopera qualificata europea, sono persone non utili al mercato del lavoro. Siamo tornati indietro di decenni, a quando dovevi aspettare settimane per trovare un idraulico disponibile. I lavoratori, dai medici ai conducenti dei treni, dai postini agli insegnanti, sanno di essere indispensabili. Il loro stipendio non è stato aumentato dal 2008, danneggiato per anni dall’inflazione, e scendono in sciopero, come non succedeva dagli anni Settanta, prima che la Thatcher distruggesse il potere dei sindacati. Le ragioni del declino economico britannico sono anche più profonde della Brexit, ma i politici che hanno portato la Gran Bretagna fuori dalla Ue hanno mentito dando la colpa all’Unione europea.
Vede una possibilità che il Regno Unito rientri in Europa
Nonostante sia un grande amante della Ue, e vorrei che questo avvenisse, non penso proprio che succederà nei prossimi anni. La Ue non è certo disposta a concedere alla Gran Bretagna tutte le eccezioni pre Brexit, sconti sui contributi al budget europeo, non partecipazione all’euro e alla legislazione sulla giustizia criminale. Farlo vorrebbe dire che qualunque Paese può entrare e uscire dall’Europa come vuole. D’altra parte il partito Tory non può ammettere di aver commesso un gravissimo errore, con il referendum del 23 giugno 2016, perché almeno un terzo dei suoi membri sono fanatici euroscettici. Né il partito laburista è disposto a riaprire questo vaso di Pandora che divide il Paese a metà. Per non parlare del fatto che esiste molta ignoranza, nel Regno Unito, su che cosa sia veramente la Ue e, quando si parla di lasciare o rientrare in Europa, molti non sanno di che cosa stanno parlando.
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Due importanti incontri su economia e territorio si terranno nella Fondazione Banco di Napoli (Via dei Tribunali, 213): Lunedì 25 settembre alle 10 è in programma il convegno dal titolo “Un nuovo codice dei contratti pubblici, obiettivi e aspetti problematici, con la partecipazione di Luigi Maruotti, Presidente del Consiglio di Stato; Martedì 26 settembre alle 10 è in programma l’incontro dal titolo L’economia regionale differenziata, opportunità di sviluppo o disgregazione del Paese?
Le nuove disposizioni in materia di appalti pubblici, sono il tema dell’incontro in programma lunedì 25 settembre alle 10 nella sede della Fondazione Banco di Napoli, dal titolo Un nuovo codice dei contratti pubblici, obiettivi e aspetti problematici.
All’incontro partecipano: Marcello D’Aponte Presidente del Museo dell’Archivio Storico Immacolata Troianiello Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, Luigi Maruotti Presidente Consiglio di Stato, Paolo Carbone Presidente Metropolitana di Napoli Spa, Luigi Maria D’Angiolella Vice Presidente Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti, Angelo Lancillotti Presidente ANCE Napoli Vincenzo Nunziata Presidente Aeroporti di Roma, Mario Rosario Spasiano Prorettore Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Giancarlo Montedoro, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, saluti di Orazio Abbamonte Presidente Fondazione Banco Napoli.
«La Fondazione Banco di Napoli – spiega D’Aponte – continua con la sua missione, di porre attenzione all’evoluzione sociale ed economica del territorio. Stavolta lo fa con un importante incontro sulle nuove disposizioni in materia di appalti pubblici (D.Lgs.31 marzo 2023 n.36).
Obiettivo: valutare l’influenza del provvedimento sull’economia del Mezzogiorno, sia in termini di miglioramento delle procedure e degli standard di qualità della gestione del sistema degli appalti, che di prevenzione dei fenomeni corruttivi, in un quadro di efficientamento e di semplificazione delle procedure».
Di economia in Campania si parlerà martedì 26 settembre alle 10, durante l’incontro dal titolo “L’economia regionale differenziata, opportunità di sviluppo o disgregazione del Paese?”. Modera Ottavio Lucarelli, Presidente Ordine Giornalisti della Campania, partecipano: Paolo Tosato Senatore della Repubblica, correlatore del disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario, Sandro Staiano Ordinario di Diritto Costituzionale, Paolo Macry Professore Emerito Università degli Studi di Napoli Federico.
(Federica Riccio – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)
*già parlamentare
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
Le imprese italiane stanno vivendo in questi mesi un periodo molto delicato, e ancora di più lo sarà l’autunno.
L’analisi “Congiuntura Flash” del Centro Studi di Confindustria, ad esempio, ha messo in evidenza una frenata del PIL che nel secondo trimestre del 2023 è rimasto sostanzialmente fermo.
L’aumento dei tassi sta frenando la crescita, visto che la BCE ha portato a 4,25% il tasso di sconto.
La conseguenza è che il credito, sia per le imprese che i consumatori, costa di più ed aumenta anche la difficoltà ad ottenerlo: il costo del denaro è aumentato di 4,81 punti, e il credito bancario tende a ridursi (-2,9% annuo a maggio).
Istat e Banca d’Italia, infatti, stanno rilevando una domanda del credito fortemente rallentata dal costo eccessivo, con il 6% delle imprese che non ottiene credito, e il 56,3% delle stesse che rinuncia per le proibitive condizioni.
Per non parlare del costo dei carburanti che continua a salire, nonostante la discesa del greggio.
I carburanti poi continuano a correre: per la benzina siamo ai massimi da metà aprile, per il gasolio dai primi di marzo.
Sembrerebbe che a causare tutto ciò sia il calo delle scorte Usa di prodotti raffinati, insieme allo stop di alcune raffinerie in Europa, Stati Uniti e Asia.
E con le vacanze tutto è diventato più salato: per esodo e controesodo estivo si ipotizzano in 800 milioni i maggiori costi sostenuti dai cittadini, cosa che potrebbe impattare sui consumi dell’autunno.
Secondo le stime delle associazioni di categoria infatti, dopo la stagione turistica si avrà un rallentamento forte dei consumi nell’ultima parte dell’anno.
Con questo scenario nel 2023 rischiano di chiudere ben 120mila imprese, a causa di costi fuori controllo e indicatori di produttività crollati, secondo i dati di Confcommercio.
“Le imprese che non studiano attentamente i loro numeri rischiano di saltare” afferma Pasquale Abiuso (nella foto), presidente della Banca di Credito Cooperativo di Gambatesa, ed esperto di strategie di gestione aziendale.
“I costi improduttivi che non portano un ritorno certo vanno immediatamente tagliati così come vanno liquidati immediatamente i prodotti in magazzino che non girano o i servizi che non si vendono per recuperare cassa.
E’ arrivato il momento per gli imprenditori di diventare maniacali circa i numeri aziendali, imparare a fare marketing, studiare la concorrenza e non navigare a sensazione come spesso accade nelle PMI italiane” continua Abiuso.
“_Le aziende italiane devono strutturarsi velocemente per fronteggiare i momenti avversi del futuro e gli imprenditori devono mettere in atto dei processi efficaci di delega lasciando da parte il tanto blasonato ‘chi fa da sé fa per tre’. e in tutto ciò la ricerca di talenti da inserire in azienda sarà un tema cruciale per il prossimo futuro” conclude il Presidente Abiuso.
Chi è Pasquale Abiuso
Pasquale Abiuso è Presidente dal 1996 della Banca di Credito Cooperativo di Gambatesa, Vice Presidente della Federazione delle Banche di Credito Cooperativo Abruzzo-Molise, Senior Guerrilla Marketing Coach, consulente di strategie di gestione aziendale. Nel 2013 ha gestito l’incorporazione nella BCC di Gambatesa della BCC Molisana di Credito Cooperativo.
Per interviste e contatti: Pasquale Abiuso Presidente della banca di credito cooperativo di Gambatesa, ed esperto di strategie di gestione aziendale – pasqualeabiuso@gmail.com – www.linkedin.com/in/pasquale-abiuso-81929040 [2]
(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)
Economia circolare, le istituzioni europee favoriscono la creazione di strumenti finanziari per uno sviluppo sostenibile con il progetto Be.CULTOUR
Supportare gli investimenti in start-up innovative e a vocazione sociale per realizzare iniziative circolari. Questo l’obiettivo del Progetto Be.Cultour, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito di Horizon2020.
Partner strategico del Progetto, coordinato dal CNR, la società di consulenza Iniziativa che ha predisposto per la sua realizzazione un modello basato sull’autonomia decisionale degli investitori. Si tratta di un Pledge Fund, concepito ad hoc, per finanziare le iniziative di turismo culturale circolare e sostenibile previste dal Progetto, che devono essere allineate agli Obiettivi dell’Agenda 2030 e prestare particolare attenzione alla rigenerazione urbana, alla valorizzazione delle aree rurali, dei territori e degli ecosistemi dell’innovazione locale, alla creazione di impatto positivo nella comunità di riferimento.
Il bando per partecipare scade il 31 agosto.
Il progetto punta a promuovere le risorse culturali e naturali abbandonate, sottoutilizzate e meno conosciute, valorizzare capitale umano e diritti umani, ridurre la pressione turistica su territori sovrasfruttati, nonché i rifiuti e il consumo di risorse naturali (energia, acqua, suolo, biodiversità), aumentare l’utilizzo di energia pulita e mezzi di trasporto verdi, riciclare e riutilizzare materiali e prodotti, valorizzare le produzioni alimentari e artigianali locali, culturali.
Il tutto ricorrendo anche all’ausilio dell’innovazione tecnologica: i sistemi ICT, AI, 5G e IoT possono essere utilizzati per una migliore gestione dei flussi turistici per evitare il sovraffollamento, migliorare l’accessibilità e la sicurezza e promuovere politiche basate su prove per migliorare il benessere delle comunità locali, nonché l’esperienza dei visitatori.
Con Be.Cultour Iniziativa, conferma la leadership sui temi della finanza sostenibile e dei fondi europei, e supera i 500 milioni di euro di progetti di Ricerca e Sviluppo di aziende italiane, supportati da risorse nazionali e dell’Unione Europea negli ultimi 12 anni.
Per il progetto Be.CULTOUR – spiega il CEO di Iniziativa Ivo Allegro – nell’ambito della nostra crescente specializzazione sugli strumenti finanziari innovativi, abbiamo disegnato un modello di investimento che si ispira ad alcuni elementi caratteristici del “Pledge Fund” (centralità del team di gestione e autonomia decisionale degli investitori), semplificandoli e rendendoli ibridi con la logica del club deal. Ciò in considerazione sia del carattere di “iniziativa pilota” del Progetto in questione, sia del campo di riferimento che, ancorché estremamente attrattivo e con un’attenzione crescente alla luce della nuova centralità che l’impatto sociale assume nel paradigma della sostenibilità, ha delle sue peculiarità come asset class.
In questa prospettiva, nel nostro Pledge fund gli investitori possono fare investimenti ibridi (denaro o conferimenti in natura) su una base deal by deal, in cui possono assumere la decisione di cosa investire e come. La selezione e la valutazione delle opportunità di investimento è affidata ad un team di specialisti, definito management team, con l’incarico di sviluppare lo scouting delle opportunità d’investimento secondo determinati parametri e di presentarle agli investitori precedentemente selezionati, i quali provvedono a esaminarle e a decidere eventualmente di investirvi in che misura e in che forma. Questa libertà di apporto (sia nella quantità che nella tipologia) differenzia, quindi, lo strumento da un normale fondo di private equity e mira ad attrarre tutti i soggetti attenti alle tematiche di riferimento. Nel caso di specie, i gestori non possono contare su un impegno irrevocabile dei sottoscrittori a investire né nella possibilità per il Management team di allocare le risorse del fondo in sostanziale autonomia, dal momento che l’investitore di un Pledge Fund è libero di decidere se partecipare o meno a una determinata operazione di investimento e, quindi, i gestori devono di volta in volta lavorare per trovare le opportune leve di attrattività dell’investimento.
Il “Pledge Fund”, è una soluzione finanziaria innovativa per conseguire obiettivi di carattere sociale, anche in chiave ESG, con investimenti mirati, sia in denaro che in natura, in iniziative di economia circolare in ambito turistico, culturale, creativo. Al “fund” possono partecipare sia investitori professionali che persone giuridiche e fisiche, nonché aggregazioni di persone, che desiderino partecipare all’iniziativa di investimento. L’apporto degli investitori partecipanti al “Pledge Fund” nelle singole iniziative potrà essere conferito sia sotto forma di equity, di partecipazione azionaria, che come contributo in-kind, rappresentato da servizi, disponibilità di beni mobili e immobili e know-how.
Le iniziative – spiega la partner della società Aliona Lupu – dovranno essere allineate agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 e prestare particolare attenzione alla valorizzazione delle aree rurali, alla rigenerazione urbana e al turismo culturale sostenibile, contribuendo attivamente al rinnovo dell’ecosistema turistico e alla valorizzazione del patrimonio culturale.
Le iniziative selezionate avranno l’opportunità di usufruire di un pacchetto di servizi mirati quali la rivisitazione del modello di business, l’aggiornamento del piano finanziario, il supporto allo sviluppo commerciale e all’ingresso e all’espansione in nuovi mercati (dove, ad esempio, l’apporto in natura dei soci può giocare un ruolo rilevante), l’assistenza nell’organizzazione aziendale e molto altro ancora. Il Management team provvederà anche a individuare ulteriori opportunità di finanziamento come, ad esempio, bandi nazionali ed europei e altre fonti di finanziamento disponibili in base alle esigenze finanziarie specifiche per supportare lo sviluppo e l’espansione delle singole start-up.
Per maggiori informazioni:
Per partecipare all’iniziativa di “Pledge Fund” Be.CULTOUR, le start-up innovative e le start-up a vocazione sociale interessate possono inviare il proprio Pitch e un breve video, consultando la documentazione dell’Avviso.
Dopo aver visionato il Regolamento del “Pledge Fund”, gli investitori interessati a partecipare al modello di investimento, possono manifestare il proprio interesse sul sito della Commissione Europea a questi link:
compilando il form per le persone giuridiche
compilando il form per le persone fisiche
Per ulteriori domande, informazioni aggiuntive o assistenza riguardante l’iniziativa pilota, invitiamo gli interessati a contattare il nostro team dedicato all’indirizzo support@iniziativa.cc.
Documenti “Pledge Fund” Be.CULTOUR
Regolamento “Pledge Fund” Be.CULTOUR
Avviso per la partecipazione delle start-up innovative e start-up a vocazione sociale
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Da oltre 40 anni è un advisor di nicchia il cui posizionamento si caratterizza per comprovata capacità di supportare lo scale up delle imprese e delle organizzazioni e competenze esclusive nell’integrazione di servizi di corporate finance e finanza agevolata, nella capacità di abilitare l’accesso al capital market, nell’accelerazione dello sviluppo per linee esterne mediante M&A e nell’abilitazione di proposte innovative verso il mercato della PA attraverso l’utilizzo del Project Financing/PPP, con presenza operativa articolata su 4 sedi italiane oltre a quelle di Londra e di Bruxelles.
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