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Avellino. Tentato omicidio nel carcere: 11 misure cautelari eseguite dopo una rivolta tra detenuti

Blitz all’alba nel carcere di Avellino. La Polizia di Stato e la Polizia Penitenziaria, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Avellino, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti di 11 detenuti, accusati di tentato omicidio aggravato ai danni di un altro recluso.

Il provvedimento, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Avellino, arriva dopo mesi di indagini su una violenta aggressione avvenuta all’interno dell’istituto penitenziario.

Una guerra tra gruppi criminali dietro l’aggressione

L’indagine ha ricostruito i dettagli dell’episodio, che sarebbe nato da una feroce contrapposizione tra due gruppi criminali attivi all’interno della struttura. Il carcere di Avellino si è trasformato in un vero e proprio teatro di scontri, culminati in una rivolta durante la quale il detenuto vittima del tentato omicidio è stato brutalmente aggredito. Secondo le ricostruzioni investigative, l’attacco aveva modalità tipiche di un’esecuzione interna, con l’intento di eliminare un membro della fazione rivale.

Le indagini e l’intervento delle forze dell’ordine

Le tensioni tra i due gruppi erano da tempo monitorate dalle autorità penitenziarie e investigative. Gli agenti della Polizia Penitenziaria avevano segnalato un’escalation di episodi di violenza all’interno del carcere, con minacce, aggressioni e atti intimidatori che hanno portato all’intervento della Procura. Dopo l’aggressione, la vittima è stata soccorsa in extremis e trasferita in ospedale in gravi condizioni, riuscendo però a sopravvivere.

Le misure cautelari eseguite oggi rappresentano un duro colpo alle dinamiche criminali interne al penitenziario, ma anche un segnale dell’allarme crescente sulla sicurezza nelle carceri italiane, sempre più teatro di regolamenti di conti tra bande.

Sicurezza in carcere: un problema sempre più grave

L’episodio di Avellino si inserisce in un contesto più ampio di criticità nel sistema penitenziario italiano. Sovraffollamento, carenza di personale e la crescente presenza di detenuti legati alla criminalità organizzata rendono sempre più difficile la gestione della sicurezza all’interno delle strutture. La Polizia Penitenziaria continua a denunciare la necessità di maggiore organico e strumenti adeguati per fronteggiare situazioni di emergenza come quella verificatasi ad Avellino.

L’operazione di oggi rappresenta un passo avanti nel contrasto alla violenza dietro le sbarre, ma resta alta l’attenzione sulle condizioni di sicurezza nelle carceri italiane.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

Bellizzi Irpino. Carcere, emergenza: lettori e addetti preoccupati invocano maggiore sicurezza

Segnalo quanto segue con espressa richiesta di non citare il mio nome per timore di eventuali ritorsioni:

Emergenza nel carcere di Bellizzi Irpino: agenti aggrediti, sicurezza sempre più a rischio

Negli ultimi giorni, il carcere di Bellizzi Irpino (Avellino) è stato teatro di violenti episodi ai danni della Polizia Penitenziaria, che mettono in evidenza ancora una volta la crescente emergenza sicurezza nelle carceri italiane. Diversi agenti sono stati aggrediti da detenuti, e uno di loro ha riportato la frattura del setto nasale, dimostrando la brutalità degli attacchi e la pericolosità della situazione.

Aggressioni ai danni degli agenti: una situazione fuori controllo

Uno degli episodi più gravi ha visto protagonista un detenuto con problemi psichiatrici, che ha aggredito due agenti, provocando ferite serie, tra cui la frattura al setto nasale di un poliziotto. Ma questo non è stato l’unico momento di tensione: nel penitenziario si sono registrati diversi atti di violenza in un clima di crescente instabilità.

La presenza di detenuti con disturbi mentali rappresenta uno dei principali problemi all’interno delle carceri italiane. La chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) ha trasferito queste persone nelle strutture penitenziarie ordinarie, che però non sono attrezzate né dotate del personale specializzato per gestire tali situazioni.

Gli agenti di Polizia Penitenziaria, spesso in numero insufficiente, si trovano a fronteggiare detenuti con gravi problematiche senza strumenti adeguati.

Denuncia dei sindacati: “Servono interventi immediati

I sindacati di categoria continuano a denunciare il peggioramento delle condizioni di lavoro nei penitenziari italiani. Il carcere di Bellizzi Irpino non è un caso isolato, ma rappresenta un’emergenza nazionale. Secondo i rappresentanti del personale, servono interventi urgenti per:

Incrementare l’organico: il numero di agenti è insufficiente rispetto alla popolazione carceraria.

Realizzare strutture idonee per i detenuti psichiatrici, garantendo loro un trattamento adeguato e togliendo questo onere dalle carceri ordinarie.

Migliorare la sicurezza interna, fornendo strumenti adeguati agli agenti per difendersi da aggressioni e gestire situazioni critiche.

Conclusione

La situazione nel carcere di Bellizzi Irpino è l’ennesima dimostrazione del fallimento del sistema carcerario italiano nel garantire sicurezza agli agenti e condizioni dignitose di detenzione. Se non verranno adottate soluzioni immediate e strutturali, il rischio è che la violenza diventi sempre più frequente e che il personale penitenziario continui a lavorare in un ambiente sempre più pericoloso e insostenibile.

(Lettera Aperta – Archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

Giustizia riparativa. Caritas Ancona-Osimo: “Film, gruppi di lettura in carcere, testimonianze per far conoscere questo paradigma”

Diffondere i principi della giustizia riparativa sul territorio diocesano di Ancona-Osimo. È stato questo l’obiettivo portato avanti dalla Caritas diocesana, nell’ambito del progetto sperimentale sulla giustizia riparativa promosso da Caritas italiana. “Un paradigma nuovo, poco conosciuto, di cui si parla poco e che si fa ancora fatica ad assumere”, dice al Sir Fabiola Sampaolesi, operatrice della Caritas diocesana di Ancona-Osimo, che ha partecipato al progetto. In diocesi opera l’équipe “Carcere e Giustizia”: sul territorio diocesano, infatti, insistono 2 carceri: “Una casa circondariale a Montacuto, che accoglie 370 detenuti, con il problema del sovraffollamento, dove non ci sono solo detenuti definitivi, ma anche appellanti, ricorrenti, non si fanno programmi di reinserimento perché la maggior parte è costituita da detenuti che nel giro di un paio di mesi possono uscire per benefici, misure alternative – spiega Sampaolesi – e una casa di reclusione, che ospita un massimo di 70/80 detenuti, struttura destinata al reinserimento dei detenuti nell’ultima fase del periodo di reclusione”.

(Foto Caritas diocesana Ancona-Osimo)

In realtà, ci racconta l’operatrice, “la Caritas diocesana si occupa di giustizia riparativa già da qualche anno, sia attraverso incontri formativi sia con l’organizzazione a gennaio 2020 dell’incontro pubblico ‘Giustizia riparativa. L’incontro che risana’. In seguito, due volontari hanno organizzato un gruppo di lettura sul libro ‘Un’altra storia inizia qui’ a cura di Marta Cartabia e Adolfo Ceretti, nella sezione di alta sicurezza della casa circondariale di Montacuto, a cui hanno aderito 12 detenuti”. Poi è partito il progetto sperimentale con Caritas italiana, che si è snodato lungo il 2023. “Abbiamo promosso a tal fine alcune azioni, a partire da una piccola rassegna cinematografica, durante la quale abbiamo presentato alla cittadinanza tre film che hanno toccato il tema del carcere, del reinserimento e della giustizia riparativa. In occasione delle proiezioni abbiamo spiegato alla cittadinanza il progetto sperimentale e che la Caritas di Ancona-Osimo è impegnata nel settore del carcere da diversi anni”. I film proiettati sono stati “Grazie ragazzi” di Riccardo Milani, “I nostri ieri” di Andrea Papini, “Le buone stelle” di Hirokazu Kore’eda.

(Foto Caritas diocesana Ancona-Osimo)

Sono stati organizzati anche incontri pubblici con testimoni che hanno raccontato la loro esperienza di giustizia riparativa. “A febbraio 2023 abbiamo ospitato Irene Sisi e Claudia Francardi, che hanno raccontato la loro storia: il marito di Claudia è stato ucciso nel 2011 dal figlio di Irene, ma le due donne si sono incontrate e hanno iniziato a dialogare. Nel giugno 2023 a Osimo il secondo incontro ha visto la testimonianza di Agnese Moro, Giovanni Ricci e M. Grazia Grena, che ci hanno parlato della loro esperienza: della lotta armata, della riconciliazione tra chi ha partecipato alla lotta armata e chi ha subito il danno, cioè Agnese e Giovanni. Dalla viva voce di chi è stato protagonista di questi fatti la cittadinanza ha potuto capire cos’è veramente la giustizia riparativa. È stato un momento importante, molto bello, partecipato e sentito”.



Sono stati previsti, poi, in estate incontri di carattere più giuridico, ma sempre aperti alla cittadinanza, oltre che a studenti della facoltà di Giurisprudenza, avvocati, volontari e operatori. “Per approfondire le novità introdotte dalla cosiddetta riforma Cartabia abbiamo invitato Lina Caraceni, docente di Procedura penale presso l’Università di Macerata, da anni impegnata nella sensibilizzazione sulle tematiche della giustizia e del carcere. Ha spiegato come funziona la giustizia riparativa all’interno della riforma, è stato importante per capire come la giustizia riparativa s’inserisce nella giustizia penale. La giustizia riparativa non si sostituisce, infatti, alla legge nel sistema giuridico penale italiano, ma si affianca”.

Ancora, prosegue l’operatrice, “abbiamo organizzato incontri nelle scuole, nello specifico con studenti delle quarte e quinte di 2 licei con indirizzo in Scienze sociali, uno di Ancona e uno di Osimo. Abbiamo spiegato cos’è la giustizia riparativa, i principi, i valori. Questi stessi ragazzi hanno partecipato anche al nostro convegno finale, promosso il 24 novembre 2023 ad Ancona, sulla giustizia riparativa. È stato importante il coinvolgimento dei giovani perché

la giustizia riparativa non è solo un paradigma riguardante la giustizia, ma uno stile di vita”.

Il convegno, intitolato “La giustizia che ripara – La via dell’incontro”, “ha avuto lo scopo di tirare le fila di tutto il nostro lavoro, è stato suddiviso in una parte più teorica e nozionistica e una parte più esperienziale, a cui ha partecipato il direttore dei servizi sociali per i minorenni di Ancona per spiegare che in Italia la giustizia riparativa nasce con i minori, la messa alla prova; Giovanna Terna, avvocato della Caritas di Avellino, dove hanno aperto un centro di giustizia riparativa; un ex detenuto del carcere di Montacuto, che ha partecipato all’esperienza del gruppo di lettura. È intervenuto anche un giovane regista anconetano: infatti, abbiamo lavorato anche su podcast nel quale abbiamo raccontato il nostro progetto attraverso i volontari del carcere, i detenuti di Montacuto, la direttrice del carcere, un funzionario di polizia, insomma tutti quelli che hanno partecipato al progetto sulla giustizia riparativa. Quando il podcast sarà pronto sarà uno strumento di diffusione significativo”.



Si è costituito all’interno della casa circondariale di Montacuto uno Sportello informativo sulla giustizia riparativa gestito dalla Cooperativa Lella e, sebbene ciò non fosse stato inserito nel progetto iniziale, “si è compresa la necessità di un’azione comune con la Caritas. È stato perciò organizzato un incontro tra le persone detenute che hanno partecipato al gruppo di lettura, promosso dalla Caritas diocesana, e le operatrici dello Sportello con lo scopo di approfondire i principi della giustizia riparativa e di illustrare le innovazioni introdotte dalla riforma Cartabia”.

Nel complesso, evidenzia Sampaolesi, “gli obiettivi iniziali del progetto sono stati in larga parte raggiunti anche se non tutte le azioni sono state realizzate mentre, nel farsi, sono emersi collegamenti con altre attività già presenti nella progettualità di Caritas diocesana e arricchimenti resi possibili da collaborazioni con altri enti e realtà del territorio”. Non sono mancate criticità: “Abbiamo rilevato una scarsa partecipazione degli ordini professionali, in particolare assistenti sociali, avvocati, operatori sociali. Al convegno finale sono intervenuti pochi avvocati ma avendo spesso contatti con molti di loro ci rendiamo conto di una scarsa conoscenza e di un sommario interesse da parte della categoria verso la giustizia riparativa. Registriamo poca partecipazione anche della comunità ecclesiale del territorio diocesano”. Non solo: “C’è difficoltà a creare reti di collegamento con i servizi pubblici del territorio, necessarie per creare collaborazioni al fine di gettare le basi per un tavolo di concertazione sui temi del carcere e della giustizia riparativa”.

In positivo, “la Caritas diocesana ha ottenuto visibilità e siamo riconosciuti come un soggetto di sensibilizzazione sul territorio, dagli enti pubblici e dalla comunità nel suo insieme. Questo ruolo ha facilitato la costruzione di percorsi operativi sulla giustizia riparativa organizzati da altre associazioni della Regione all’interno dei due istituti penitenziari con la prospettiva di ideare collaborazioni future”. Buono il rapporto con la scuola, “grazie alla collaborazione di alcuni insegnanti si è creato un clima educativo ispirato ai valori di questo paradigma che speriamo di poter portare avanti e approfondire nel corso dei prossimi anni”. Sampaolesi conclude: “In futuro, ma è un’idea al momento, potremmo pensare a uno sportello per le vittime: nella giustizia riparativa la vittima ha uno spazio privilegiato perché finalmente viene ascoltata”.

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(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Notiziario quotidiano dal carcere: 14 luglio 2024






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14 luglio 2024

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di Maria Antonietta Farina Coscioni*
La Stampa, 14 luglio 2024 La conversazione sarebbe durata una ventina di minuti. Era il 2014. Al termine Marco Pannella annuncia lo stop dello sciopero della sete, intrapreso per denunciare la terribilità delle condizioni dei detenuti e delle carceri italiane. “Ma sia coraggioso, Eh! Anche io l’aiuterò, contro questa ingiustizia”. Così Papa Francesco chiuse la telefonata al leader radicale, fatta per accertarsi delle sue condizioni di salute. “Ne parlerò di questo problema, ne parlerò dei carcerati”, aggiunse. Una promessa è una promessa e se si esclude il Giubileo dei carcerati, celebrato nel 2016 a Roma, nella tanto sospirata attesa, si continuano a contare numerosi suicidi.

di Don Vincenzo Russo*
thedotcultura.it, 14 luglio 2024 Il carattere afflittivo non è tra gli aspetti della pena in Costituzione. Leggo su un articolo comparso sulla stampa, che il carcere di Sollicciano, così come si presenta oggi, è praticamente inutile, impresentabile, e che non può restare tale. Leggo anche che l’ennesimo recente suicidio qui avvenuto, quello del ventenne tunisino, è una sconfitta, un lutto per lo Stato. Le affermazioni sopra riportate sono assolutamente condivisibili, ma appaiono oltremodo tardive. Da tempo e soprattutto negli ultimi anni, le condizioni detentive all’interno di Sollicciano presentano caratteristiche di inaccettabilità, dal punto di vista del rispetto dei principi umani e dei diritti costituzionali.

huffingtonpost.it, 14 luglio 2024 Nei penitenziari italiani 4 rivolte e 8 detenuti morti in una settimana. Nell’inferno delle carceri italiane, dopo i suicidi e le rivolte, sotto i riflettori finiscono adesso anche le ordinanze della magistratura di sorveglianza, che respinge i ricorsi dei reclusi contro la situazione di degrado degli istituti. Partiranno nelle prossime ore gli accertamenti del Garante dei detenuti su una serie di ricorsi rigettati in cui si chiedevano liberazione anticipata, sconto di pena o risarcimento dei danni presentati da vari detenuti nel carcere di Sollicciano a Firenze.

di Gigliola Alfaro
agensir.it, 14 luglio 2024 Rieducare il detenuto, reinserirlo nella società e abbattere anche il tasso di recidiva. È l’esperienza delle Comunità educanti con i carcerati (Cec), progetto promosso dalla Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) che ha portato nel tempo alla realizzazione di 10 strutture per l’accoglienza di carcerati che scontano la pena, dove i detenuti sono rieducati attraverso esperienze di servizio ai più deboli nelle cooperative dell’associazione. Per questo la Comunità, attraverso il presidente Matteo Fadda, ha salutato molto positivamente il decreto carcere, recentemente approvato dal Governo. Dell’esperienza Comunità educanti con i carcerati parliamo con Giorgio Pieri, biologo, erborista ed educatore professionale, responsabile del progetto per la Comunità Papa Giovanni XXIII.

di Salvatore Curreri*
Il Sole 24 Ore, 14 luglio 2024 Il Ddl Sicurezza confida più nella propaganda che nel garantire i principi della Carta, a partire dal ricorso alla sanzione penale solo come extrema ratio per assenza di altre tutele. Non potendo ricorrere, almeno stavolta, al decreto legge per evidente eterogeneità dei suoi contenuti, lo scorso 22 gennaio il Governo ha presentato un disegno di legge in materia di sicurezza, oggi all’esame della Camera. Si tratta di un provvedimento complesso (29 articoli), ispirato però ancora una volta a quella logica securitaria secondo cui i problemi sociali si risolvono introducendo nuovi reati e pene più severe.

di Giuseppe Anzani
Avvenire, 14 luglio 2024 Che i figli paghino per la colpa della madre, dalla quale non possono neppure esser separati quando essa vien messa in prigione, perché stanno ancora nel grembo, è una crudeltà dalla quale il nostro codice penale ci ha finora scampati, rinviando obbligatoriamente l’esecuzione della pena. Finora, ho detto, perché adesso si vuol cambiare. Si vuole che il rinvio della galera a più tardi non sia più obbligatorio per le donne incinte o col bimbo fino a un anno, ma solo facoltativo, secondo che al giudice parrà. Cosa che già funziona se i bimbi hanno passato l’anno anno e stanno sotto i tre, e devono andare in prigione insieme con la mamma condannata.

di Liana Milella
La Repubblica, 14 luglio 2024 Sia al Senato che alla Camera il Guardasigilli non è intervenuto sull’abuso d’ufficio a fronte di un florilegio di interviste. Certo, i cartelli e i “buhhhhhh…” devono far paura. Ma vestire i panni del ministro della Giustizia vuol dire anche questo. Assumersi la responsabilità in Parlamento, con la propria faccia, di quanto si scrive nei disegni di legge e nei decreti e di quanto, in abbondanza, si dichiara nelle interviste. È singolare dunque vedere un ministro che dedica tempo a discettare su Churchill ma poi, quando nelle aule parlamentari, al Senato prima e alla Camera poi, si vota il suo primo e finora (per fortuna) unico disegno di legge, non pronuncia una sola parola.

di Gianfranco Amendola*
Il Fatto Quotidiano, 14 luglio 2024 Per fortuna abbiamo Legambiente che, ogni anno, ci ragguaglia sull’andamento dei reati ambientali, ricordandoci che nel 2023 sono aumentati del 15,6 % specie nel Mezzogiorno. Così come sono aumentati sequestri ed arresti. Cè da dire, però, che si tratta di numeri certamente inferiori al reale in quanto sono, ovviamente, relazionati ai controlli sul territorio, sicuramente inadeguati. Ed è quindi logico che si riscontri una forte presenza di reati nel ciclo delle costruzioni abusive in quanto più facilmente evidenziabili mentre, per i reati di inquinamento vero e proprio, occorre tener presente che molto spesso essi possono essere rilevati solo attraverso indagini tecniche, a volte molto complesse, che richiederebbero organi specializzati, oggi assolutamente inadeguati.

di Giovanni Bianconi
Corriere della Sera, 14 luglio 2024 Due neofascisti furono condannati all’ergastolo. Ma ci sono ancora due imputati: uno aveva 16 anni. Celebrare un processo per strage politica davanti a un tribunale per i minorenni è un fatto insolito, ma non inedito. Dell’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, il più grave episodio di terrorismo italiano, si occuparono fra il 2000 e il 2004 i “giudici dei ragazzini” abituati ad affidamenti o episodi di violenza molto meno pesanti, poiché uno degli imputati all’epoca dell’eccidio non era ancora diciottenne. Ne scaturì l’altalena tra assoluzione, condanna, annullamento, fino all’ultima dichiarazione di colpevolezza.

di Massimiliano Nerozzi
Corriere di Torino, 14 luglio 2024 I penalisti scrivono a deputati e senatori: “Approvare subito la proposta di legge Giachetti”. Con il dramma dei suicidi in carcere ormai da tempo emergenza permanente – “sono 55 gli uomini e le donne, affidati alla cura e alla custodia dello Stato, che si sono tolti la vita dall’inizio di quest’anno ad oggi” – la Camera penale “Vittorio Chiusano” tiene alta l’attenzione sul tema e, con una lunga lettera aperta, chiama all’impegno i parlamentati eletti in Piemonte e Valle d’Aosta: “A fronte dell’eccezionale e drammatica emergenza nella quale si trova oggi la popolazione detenuta, costretta a vivere in una condizione disumana e degradante contraria alla Costituzione ed alle Convenzioni Internazionali – scrivono i penalisti – ed al fine di provare a ripristinare un minimo parametro legale …

di Hubert Londero
telefriuli.it, 14 luglio 2024 Le carceri italiane sono diventate una polveriera sociale, un luogo invivibile per i detenuti e per chi vi lavora, dove la dignità dell’essere umano è annichilita e l’inaccettabile diventa normalità. È il severo giudizio espresso delle quattro Camere penali del Friuli Venezia Giulia in un comunicato congiunto dopo la rivolta scoppiata giovedì nel carcere del Coroneo a Trieste e quella al Cpr di Gradisca del giorno precedente.

di Fabrizio Capecelatro
fanpage.it, 14 luglio 2024 Un uomo di 45 anni, detenuto nel carcere di Monza, si è suicidato nel pomeriggio di ieri, sabato 13 luglio. “Il detenuto, straniero, si è soffocato chiudendosi la testa in un sacchetto di plastica nella sua cella, che occupava da solo”, fa sapere il sindacato Uil pubblica amministrazione, che da tempo denuncia la grave situazione degli istituti penitenziari italiani. Si tratta, infatti, del 55esemi omicidio dietro le sbarre nel solo 2024.

di Angiola Petronio
Corriere di Verona, 14 luglio 2024 La Camera Penale e la lettera di una detenuta: “Ora basta”. “Non chiedo la luna, nè la libertà… Chiedo semplicemente quello che è il mio diritto…”. E ancora: “Ora basta! Ogni giorno si sente di un altro suicidio di detenuti… Un’altra morte inutile…. Un numero di matricola…”. E ancora: “Da una donna forte sono diventata una persona fragile, stanca. La mia mente non riesce più a ragionare. È facile perdere equilibrio, speranza, forza mentale e finire da un giorno all’altro, come l’altra ennesima vittima della disperazione. Siamo in molti che aspettano di scontare le pene alternative, ma le risposte alle nostre istanze non arrivano mai”.

di Matteo Lignelli
La Repubblica, 14 luglio 2024 Accertamenti del Garante su due ordinanze della magistratura di sorveglianza a Firenze. Gli era stata negata la liberazione anticipata perché il “tentativo di togliersi la vita mediante impiccagione” sarebbe incompatibile con il “presupposto” della liberazione stessa che è “la partecipazione all’opera rieducativa”. È quanto si legge in un’ordinanza dell’Ufficio di sorveglianza di Firenze. I fatti sono accaduti a Sollicciano, dove il 4 luglio si è tolto la vita impiccandosi nella propria cella un detenuto tunisino di venti anni di nome Fedi, che sarebbe stato libero tra circa un anno.

di Giuseppe Legato
La Stampa, 14 luglio 2024 Diffuso clamorosamente dall’interno del Lorusso e Cutugno ha raggiunto in poche ore 22mila visualizzazioni e continua a rimbalzare online. Il video su TikTok è online da poco più di 24 ore. Virale perché conta 22mila visualizzazioni ed è stato – con certezza – veicolato all’esterno da un detenuto. Accompagnato da una base neomelodica napoletana inneggia ai disordini che – da due giorni ormai – stanno scandendo la vita di alcuni spazi del carcere Lorusso e Cutugno: “Noi ragazzi di Torino abbiamo deciso di rompere cessi e lavandini così facendo le celle di pernottamento non saranno più agibili e quindi dovrà intervenire l’Asl per le condizioni n cui viviamo. Dobbiamo farci sentire”.

di Fabio Castori
Il Resto del Carlino, 14 luglio 2024 “Non presenta, se mai ne abbia avute, le caratteristiche che dovrebbe avere un istituto penitenziario”. Il tempo peggiore per il mondo del carcere è proprio l’estate, i giorni che si allungano, gli spazi che non bastano, il caldo e il sovraffollamento. Nelle Marche quella di Fermo è una delle situazioni peggiori, per una casa di reclusione che ha una struttura del tutto inadeguata e lo ribadisce Giancarlo Giulianelli, garante regionale dei diritti, che da tempo parla della necessità di ricostruire una nuova struttura altrove: “Su questo insisto ancora una volta, non può più essere allocato in una struttura che attualmente non presenta, se mai ne abbia avute, le caratteristiche che dovrebbe avere un istituto penitenziario.

di Emanuele Lombardini
perugiatomorrow.it, 14 luglio 2024 Blitz di Caforio nella struttura perugina: “Gli ambulatori raggiungono temperature di 40 gradi d’estate e sono gelidi d’inverno. Il ginecologo visita solo due volte al mese, la degenza è chiusa, gli ambulatori hanno attrezzature guaste”. Il Garante dei detenuti dell’Umbria, Giuseppe Caforio, ha effettuato un blitz nelle strutture sanitarie del carcere di Capanne di Perugia il 13 luglio, rispondendo alle numerose segnalazioni di detenuti e polizia penitenziaria riguardo a gravi carenze. Caforio ha annunciato un esposto alla Procura della Repubblica di Perugia per chiedere un accertamento giudiziale sulle condizioni delle strutture sanitarie, che, a suo avviso, violano i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione dei diritti dell’uomo e dal codice penale italiano.

di Marco Angelucci
Corriere dell’Alto Adige, 14 luglio 2024 Il nuovo carcere non si farà. Il progetto di realizzare, accanto all’aeroporto, una prigione modello in partnership pubblico-privato è stato definitivamente accantonato. Il ministero della giustizia infatti ha deciso di realizzare un nuovo carcere a Pordenone, è li che andranno i fondi destinati a Bolzano. La buona notizia è che in via Dante inizierà un importante lavoro di ristrutturazione. Non in un futuro lontano ma subito. “A fine mese dovremo partire con il rifacimento di tetto e facciata per eliminare le infiltrazioni” annuncia il direttore della Casa circondariale di Bolzano Giovangiuseppe Monti.

di Paola Bulbarelli
La Verità, 14 luglio 2024 Il presidente dell’antica Accademia dei sartori racconta il progetto che vede coinvolti i reclusi di Rebibbia: “Insegniamo loro a creare pantaloni, giacche e gilet. Così imparano un mestiere per reintegrarsi in società”. Per una sera indossatori, per 650 ore in un anno (tanto dura il corso) sarti, e anche di più. Il riscatto per alcuni detenuti di Rebibbia parte da lì, dalla voglia d’imparare un mestiere e di tentare di farcela una volta fuori, dopo aver scontato la pena. La mano viene tesa, dal 2017, dall’accademia nazionale dei sartori, la più antica associazione italiana nel settore dell’abbigliamento che dimostra come la tradizione sartoriale possa essere non solo un simbolo di eleganza e stile, ma anche un potente strumento di trasformazione sociale.

di Diego Molino
La Stampa, 14 luglio 2024 Riunione dei commercianti con gli assessori di Politiche Sociali, Sicurezza e Commercio. Nasce un tavolo di lavoro permanente. Rosatelli: “Comune lasciato solo, intervenga l’Asl”. “È ora di fare qualcosa per affrontare la questione dei clochard, che ormai riguarda tutta la città e in tutti i periodi dell’anno”. Sono le “casette” di cartone, con materassi e tende sotto i portici e davanti alle vetrine dello shopping, uno dei problemi messi in cima alle urgenze dai negozianti torinesi. Il trend è in aumento e le difficoltà non mancano, come conferma l’assessore comunale alle Politiche Sociali Jacopo Rosatelli, che dice: “Anche l’Asl deve fare la sua parte, invece finora la Città è stata lasciata da sola”.

di Silvio Messinetti
Il Manifesto, 14 luglio 2024 A un anno da Cutro. Il 17 giugno sono sbarcati 11 migranti, i soli sopravvissuti. I familiari cercano ancora i parenti mentre il governo ha voltato loro le spalle. Una strage dimenticata, una strage silenziata. Gli eccidi del mare non fanno più clamore ormai. Una opaca coltre di indifferenza copre le donne, gli uomini e i bambini annegati nei barconi della disperazione. A Roccella Jonica la mattina dello scorso 17 giugno sulla banchina nord del porto turistico sbarcarono gli unici undici sopravvissuti della più grave tragedia dell’immigrazione del 2024. Un viaggio della speranza spezzato a più di 110 miglia dalla costa calabrese.

di Maurizio Ambrosini
Avvenire, 14 luglio 2024 Le rotte cambiano e cercano altri sbocchi, spesso più lunghi, costosi e pericolosi dei precedenti. E così le politiche di respingimento del Nord del mondo raggiungono i loro obiettivi. Sono calati gli sbarchi in Italia (28.376 all’11 luglio, contro 73.173 di un anno fa: meno della metà) e il governo canta vittoria. La strategia dell’esternalizzazione dei confini sembra ora dare frutti, mediante gli accordi con il governo autoritario tunisino e il rinnovo dei finanziamenti a governo e milizie locali libiche. Certo occorre cautela: partenze e sbarchi da anni oscillano, in dipendenza di vari fattori, tra cui il meteo e le condizioni del mare, quest’anno a lungo sfavorevoli. Le rotte cambiano e cercano altri sbocchi, spesso più lunghi, costosi e pericolosi dei precedenti.

di Andrea Malaguti
La Stampa, 14 luglio 2024 Dunque diventa tutto più violento, più cattivo, ancora più fuori controllo. A mezzanotte e mezza arriva la notizia: hanno sparato a Donald Trump, forse con una pistola, forse cinque colpi, forse sette, esattamente come quelli sparati contro Ronald Reagan nel 1981 da un pazzo innamorato di Jodie Foster. L’ex presidente è vivo e sta bene, grazie al cielo. Nulla è chiaro fino in fondo, ma le prime ricostruzioni, appoggiate da una serie di video, non sembrano lasciare dubbi. Lo hanno colpito a un orecchio, forse a una guancia, durante un comizio in Pennsylvania. C’è una folla immensa ad acclamarlo. Il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti indossa il solito cappellino Maga (Make America Great Again), arringa la sua gente, quando, all’improvviso si sentono dei colpi di arma da fuoco.

di Simone Ferrari, Gianpaolo Contestabile
Il Manifesto, 14 luglio 2024 Il 15 luglio 2020 il corpo di Mario Paciolla veniva ritrovato senza vita nella sua abitazione a San Vicente del Caguán, dove lavorava come funzionario della missione dell’Onu per la verifica degli accordi di pace. Sebbene l’autopsia svolta in Colombia abbia indicato il suicidio per asfissia come causa del decesso, fin da subito la famiglia ha rifiutato questa ricostruzione parlando di omicidio. I dubbi sono stati alimentati, in primo luogo, da una serie di depistaggi da parte degli stessi funzionari della missione Onu e dagli agenti di polizia accorsi sul luogo. Da alcuni anni i genitori di Mario, Anna Motta e Pino Paciolla, conducono una battaglia per la verità e la giustizia per il loro figlio, visitando scuole, università e luoghi di attivismo.

DOCUMENTI

Articolo. “Da San Marino a Padova, storie progettuali per la democrazia”, di Cesare Burdese
Associazione Antigone. Commento al decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 recante “Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia”
Radio Carcere, di Riccardo Arena. Puntata dell’11 luglio 2024: “A Sollicciano ci trattano peggio dei maiali. Parla l’ex detenuto del carcere di Firenze. A seguire le lettere scritte dalle persone detenute”
APPUNTAMENTI
Conferenza stampa dei Garanti territoriali: “Diritto alla vita e alla speranza dei carcerati” (Roma, 15 luglio 2024)
La Newsletter di Liberi dentro – Eduradio & Tv. Programmazione dal 15 al 21 luglio 2024
Convention del Movimento No Prison: “Le carceri incostituzionali” (Assisi-PG, 17 e 18 ottobre 2024)
Conferenza Stampa di presentazione di Pro.Digi, progetto pilota di formazione digitale rivolto a persone in esecuzione penale o sottoposte a misure di comunità (Parma, 19 luglio 2024)
Corso di formazione. “So-stare nel confitto. La Mediazione Umanistica, un altro sguardo sul futuro” (Brescia, 19 e 20 ottobre 2024)
Garante detenuti Emilia Romagna: “Conoscere il carcere per progettare il volontariato”. Visite formative nelle carceri di Bologna, Rimini e Ferrara (ottobre-dicembre 2024)
CONCORSI
Premio letterario “Maurizio Battistutta”. Riservato alle persone detenute nelle carceri di tutto il territorio nazionale (scadenza 31 dicembre 2024)
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(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Carinola. Fionda gigante per lanciare telefoni cellulari nel carcere: due persone scoperte e denunciate

Erano probabilmente destinati ai detenuti del carcere di Carinola i sei cellulari e relativi caricabatteria sequestrati, nella giornata di giovedì 4 luglio, dai carabinieri della locale Stazione ad un 38enne di Pontecagnano (SA) e ad un 25enne di Torre Annunziata (NA).

Sequestrata anche una fionda gigante idonea al lancio a lunga gittata.

Quando sono stati controllati dai carabinieri i due erano a bordo di un’autovettura Opel Corsa, ferma ai margini della strada, in via Annunziata di Carinola (CE), a circa 200 metri dal locale Carcere.

A destare inizialmente il sospetto dei carabinieri, che hanno deciso di procedere al controllo degli occupanti, è stata l’ingiustificata presenza di quel veicolo in una zona isolata a ridosso dal carcere.

E’ stato poi il forte odore di cannabis, proveniente dall’abitacolo a indurre i militari dell’Arma ad eseguire una perquisizione personale e veicolare che ha consentito loro di rinvenire e sequestrare, oltre a pochi grammi di hashish, anche sei cellulari con relativi caricabatteria nonché una fionda gigante con relative aste in metallo, idonea al lancio di oggetti a lunga gittata.

I telefoni cellulari come anche la fionda sono stati rinvenuti sul sedile posteriore.

Gli smartphone, in particolare, erano racchiusi all’interno di apposite forme realizzate in schiuma poliuretanica espansa e quindi confezionati in modo da non subire danni a seguito di caduta.

I due, uno dei quali (il 25enne) con anche a carico Misure della Sorveglianza Speciale e obbligo di presentazione alla P.G., sono stati denunciati per ricettazione.

Il 38enne, invece, anche per false dichiarazioni sulla identità o sulle qualità personali proprie avendo fornito false generalità all’atto del controllo.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

CRONACA GIUDIZIARIA  OMICIDIO COLPOSO PER LA MORTE DI ROMANO PICCOLO /IL PROCESSO AI MARIUOLI DEL COMUNE DI CASERTA /CASSAZIONE ANNULLA IL 41BIS PER EX BOSS BELFORTE RINVIANDO A NUOVA SEZIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI ROMA/AVVOCATI CONTRO GIUDICI  E GIORNALISTI – DETENUTI CONTRO AGENTI – NEL CAOS IL PROCESSO PER I PESTAGGI IN CARCERE 






CRONACA GIUDIZIARIA 

OMICIDIO COLPOSO PER LA

MORTE DI ROMANO PICCOLO 

Si aprirà l’11 novembre prossimo, davanti ai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere il processo per omicidio colposo a carico di un medico del Pronto Soccorso di Caserta, M.B., accusato di non avere eseguito tutti gli interventi necessari per evitare la morte di Romano Piccolo, un pezzo di storia della tradizione cestistica casertana, deceduto all’età di 83 anni in Day Surgery dove fu trasferito dopo l’accesso all’emergenza del nosocomio.

Il rinvio a giudizio è stato deciso dal gup del tribunale di Santa Maria Capua Vetere al termine della riserva durata qualche giorno. Il decesso di Piccolo risale alla fine di ottobre del 2020, nei mesi della pandemia, quando, a seguito di una caduta accidentale durante una passeggiata, la leggenda del basket casertano subì una frattura ossea. Una volta trasferito al Pronto Soccorso dell’ ospedale di Caserta, morirà in un reparto diverso dall’Ortopedia per emorragia: lo sostiene l’accusa, sulla base di alcune consulenze, contestate dalla difesa del medico. La sua «odissea» «sanitaria» inizia al Pronto Soccorso: di qui, dopo tutti gli esami che il medico dice di aver eseguito seguendo la procedura, viene trasferito, per motivi logistici in Day Surgery per mancanza di posti in ortopedia – ma sempre vigile e cosciente – in attesa di essere sottoposto a un esame che, per l’accusa, non fu mai disposto e, dunque, rientrante nell’imperizia e nella negligenza del professionista. Stando all’accusa a provocare il decesso dopo la frattura acetabolare, fu una improvvisa emorragia: circostanza che la Procura ritiene riconducibile alla parziale attività di intervento svolta dal medico la cui difesa ha sempre sostenuto di avere trattato in modo corretto il caso. Ad assistere la famiglia Piccolo è l’avvocato Alberto Coppo mentre il medico è assistito l’avvocato Angelo Rossi il quale durante le udienze ha fatto presente al giudice anche i valori dell’emoglobina incompatibili con l’emorragia e alla procedura di emergenza completa in tutti i passaggi eseguita dal medico, in un contesto sanitario particolarmente impegnativo, a causa di alcune decine di pazienti Covid in allarme. Nel corso dell’udienza preliminare il medico si è difeso spiegando la regolarità dei passaggi eseguiti da protocollo, sempre tenendo presente i valori dell’emoglobina e dello stato vigile del paziente, valutando dunque gli interventi necessari sulla base del riscontro degli accertamenti. Non la pensa così la Procura (sostituto procuratore Gerardina Cozzolino) che ha dato sostegno alla parte civile ipotizzando la responsabilità del medico che potrà dimostrare comunque la sua innocenza a dibattimento. In particolare, Piccolo entrò in Pronto Soccorso per una frattura all’osso del bacino sinistro: l’accusa contesta il mancato esame ecografico ad addome e pelvi necessario vista anche l’avanzata età del paziente. La scomparsa di Piccolo, nell’ottobre di quattro anni fa, gettò una intera città nello sconforto. Impossibile elencare in poche righe tutto ciò che è stato ed ha rappresentato nell’ambito sportivo. Giocatore di calcio cioè portiere della Casertana negli anni ’50; giocatore di basket da quando si chiamava palla a cesto-pallacanestro, cioè nello Sporting Club allenatore di Minibasket giornalista di cose di palla a spicchi, col Superbasket di Aldo Giordani settimanale nazionale vademecum di esperti e patiti anche dell’universo Nba stelle a strisce. Dopo la maglia della Casertana, la canotta della Juvecaserta, la tuta di allenatore della Zinzi Basket ha indossato anche il camice bianco col colletto verde comme volontario dell’Avo nell’ospedale di Caserta dove purtroppo è spirato.

IL PROCESSO AI MARIUOLI DEL COMUNE DI CASERTA 

E’ terminata nel tardo pomeriggio di ieri la trepida attesa in città, sotto il profilo giudiziario ma soprattutto politico, sull’esito del Tribunale del Riesame che ha deciso sull’annullamento degli arresti domiciliari per il dirigente Franco Biondi e per l’imprenditore Gioacchino Rivetti coinvolti nella vicenda di presunta corruzione a Palazzo Castropignano. I rispettivi difensori, gli avvocati Giuseppe Stellato e Vittorio Giaquinto, avevano improntato le memorie su due profili, quello cautelare e quello indiziario. Per capire su cosa si è basata la decisione del Tribunale della Libertà, si dovrà aspettare due settimane, ovvero il tempo del deposito della motivazione che potrebbe contemplare anche i due stessi profili. L’accusa aveva chiesto il carcere per l’imprenditore (che il gip ha mutato in domiciliari) e i domiciliari per Biondi contestando i reati di corruzione, violazione del decreto legislativo 165 che disciplina le attività di governo di un ente dalle funzioni dei dirigenti e falso relativamente all’ affidamento diretto dei lavori di riattazione del canile municipale di Caserta per un compenso di circa sessantamila euro. Tesi rigettata in sede di interrogatorio dai due indagati soprattutto per quanto riguarda alcuni lavori eseguiti a casa di Biondi in virt di una amicizia datata. Lavori che secondo la difesa non sono provati in assenza di chiare intercettazioni. Il Tribunale della Libertà oggi vaglierà anche le posizioni dell’assessore Massimiliano Marzo, quella del dipendente comunale Giuseppe Porfidia e del dirigente Giovanni Natale. Ma c’è una sesta udienza che il Tribunale dovrà fissare in queste ore. Ovvero quella che riguarda l’impugnazione al Riesame della decisione del gip da parte della Procura: per Nunziante era stato chiesto l’arresto in carcere ma il gip aveva rigettato la misura cautelare – ed anche una decina di capi dei 18 capi di imputazioni contestati nell’ordinanza di 100 pagine – sulla quale ora l’accusa insiste nuovamente. Non si esclude che le decisioni del Riesame possano arrivare in blocco per tutti tra domani e giovedì. Nell’inchiesta, come si ricorderà, figurano in tutto 14 indagati (si procede separatamente invece per il titolare della ditta «Un seme per la vita»), tra cui un altro dirigente comunale, Luigi Vitelli e il vice-sindaco Emiliano Casale, che risponde di voto di scambio in relazione alle elezioni comunali del 2021 che portarono alla conferma del sindaco Marino. Per la Procura, Casale avrebbe chiesto nell’ottobre 2021 il voto all’imprenditore Gennaro Rondinone (indagato), promettendogli in cambio l’affidamento di lavori, cosa poi avvenuta visto che Rondinone nel settembre 2022 si vide assegnare dall’assessore Marzo, e su mandato di Casale, i lavori presso la scuola materna statale nella frazione Santa Barbara. Oltre a Nunziante, la Procura aveva chiesto l’arresto in carcere per l’imprenditore Rivetti e l’assessore Marzo, ma il gip ha negato l’arresto per Nunziante disponendo gli arresti domiciliari per Rivetti e Marzo. Oltre a Nunziante, la Procura aveva chiesto l’arresto in carcere per l’imprenditore Rivetti e l’assessore Marzo, ma il gip ha negato l’arresto per Nunziante disponendo gli arresti domiciliari per Rivetti e Marzo. Le accuse contestate dalla Procura (procuratore Pierpaolo Bruni e procuratore aggiunto Carmine Renzulli) di corruzione, falso in atto pubblico e voto di scambio al Comune di Caserta e confermate su alcuni capi di imputazione dal gip, sono partite proprio dall’ufficio inquirente di Santa Maria Capua Vetere, in particolare un’indagine su reati di droga avviata due anni fa e condotta dai sostituti procuratori Armando Bosso e Giacomo Urbano. Il fascicolo, in ordine ai profili di alcuni indagati, fu trasmesso alla Dda per le valutazioni di competenza dell’ufficio napoletano per poi tornare a Santa Maria dove è proseguita sfociando nel terremoto giudiziario al Comune di Caserta. L’inchiesta ha provocato un vero e proprio terremoto a Caserta, dopo quello del 2021, quando per una vicenda di appalti dei rifiuti truccati furono arrestati altri dirigenti del Comune.

 

 

 

CASSAZIONE ANNULLA IL 41BIS PER EX BOSS BELFORTE RINVIANDO A NUOVA SEZIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI ROMA

SI ERA OPPOSTO AL DECRETO DEL MINISTERO SU PROROGA REGIME MA RESTA AL CARCERE DURO A SASSARI FINO A NUOVA DECISIONE GIUDICI CAPITOLINI SORVEGLIANZA.

Sarà una diversa sezione del Tribunale di Sorveglianza di Roma a decidere sulla proroga del 41 bis per Domenico Belforte che aveva presentato personalmente un ricorso contro la decisione del ministero di Giustizia di prorogare il 41 bis. Il noto esponente dei Mazzacane di Marcianise aveva contestato la decisione ai giudici del Tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva rigettato. Di qui l’impugnazione in Cassazione presentata dal suo legale, l’avvocato Mariano Omarto e la decisione degli ermellini della prima sezione penale di annullare l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza rispedendo gli atti ad una nuova sezione degli uffici giudiziari capitolini. Formalmente, l’accoglimento da parte della Cassazione annullerebbe il regime di 41 bis per Belforte detenuto a Sassari, ma l’applicazione potrà avvenire soltanto quando avrà deciso la nuova sezione dei giudici della Sorveglianza. La prima motivazione di rigetto era basata su alcune informative della Dia e della Dda che indicherebbero ancora oggi Belforte come personaggio in grado di mantenere presunti contatti con il mondo criminale, tutto ciò a fronte di sentenze, ordinanze e atti di tribunali che parlano oramai di cosca inesistente. Documentazione probatoria sottoposta alla Sorveglianza che aveva ritenuto invece basarsi sulle mere informative. Anche Domenico Belforte ha manifestato di voler collaborare ma non ha mai avuto riscontri.

AVVOCATI CONTRO GIUDICI  E GIORNALISTI – DETENUTI CONTRO AGENTI – NEL CAOS IL PROCESSO PER I PESTAGGI IN CARCERE 

UDIENZE DA STRESS AL MAXI PROCESSO SUI PESTAGGI AL CARCERE: STOP DI TRE GIORNI DEI PENALISTI E ASSEMBLEA CON LE PARTI PER STABILIRE UN CALENDARIO AGEVOLE PER L’ATTIVITA’ DIFENSIVA. SI RIPRENDE IL 4 LUGLIO E SALTANO LE DUE UDIENZE PROGRAMATE PER LUNEDI E MERCOLEDI. AVVOCATI CRITICANO ANCHE ALCUNI SERVIZI TV INQUISITORI.

 – Terminerà domani – con la convocazione di un’assemblea – la tre giorni di astensione dalle udienze proclamata dalla Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere presieduta da Alberto Martucci. Il focus è il noto maxi processo ai penitenziari per i presunti pestaggi ai detenuti commessi nel carcere sammaritano nell’aprile del 2020. Udienze troppo lunghe, che si tengono due volte a settimana e si protraggono per oltre 8 ore mettendo a dura prova la lucidità di tutte le parti processuali, non consentendo soprattutto agli avvocati, la cui attività difensiva non si esaurisce con l’udienza, di esercitare il proprio ruolo garantito dalla Costituzione. Sono questi i motivi – insieme ad un’ingerenza mediatica (un servizio «accusatorio» de Le Iene dello scorso mese) che rendono poco sereno l’ambiente processuale relativo al maxi-processo in corso all’aula bunker della stessa casa di reclusione con 105 imputati tra poliziotti penitenziari, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici dell’Asl di Caserta. Lo sciopero ha fatto saltare due udienze dello stesso processo di Corte di Assise che erano programmate per ieri e domani e qualche altro procedimento in corso, tranne quelli con detenuti o dove non aderiscono gli imputati. «L’attività professionale degli avvocati – recita la delibera – non si esaurisce nella sola presenza in udienza. In relazione al processo per la mattanza in carcere, la celebrazione di due udienze a settimana per oltre otto ore continue al giorno non consente ai difensori di esercitare adeguatamente la propria funzione costituzionalmente garantita.

L’attività istruttoria prevedendo l’escussione di testi in simultanea con la visione di filmati, si presenta di densità e complessità tale da impegnare per l’intero svolgimento delle udienze tutto il collegio difensivo, senza possibilità di poter frazionare la presenza dei singoli difensori in relazione a specifici atti istruttori. Lo sforamento sistematico del termine di ogni udienza nel pomeriggio inoltrato, non solo mette a dura prova la lucidità e la resistenza di tutti i protagonisti del processo, con conseguenti tensioni e attriti emersi in più occasioni, ma comporta l’impossibilità di studiare gli atti e predisporre la difesa per l’udienza successiva». «Gli avvocati penalisti – spiega il presidente Alberto Martucci – pur nella consapevolezza della rilevanza sociale e mediatica del processo e pur avendo sempre manifestato la massima collaborazione per una sua celere definizione, chiedono comunque di contemperare le esigenze istruttorie con quelle dell’esercizio del diritto di difesa che per essere svolto appieno necessita di tempi minimi di concentrazione, di studio, di disponibilità di atti e di programmazione e preparazione delle varie attività professionali. Nella prossima assemblea di mercoledì (domani N.d.R.) discuteremo sui temi proposti da giudici e pubblici ministeri e cercheremo una soluzione mediata tra le diverse visioni. Numerosi, in effetti, i momenti di tensione che finora ci sono stati nel processo d’Assise dai grandi numeri, con 178 parti civili e 200 testimoni di accusa e difesa da sentire con oltre 150 avvocati impegnati: tensioni soprattutto tra le vittime che vengono a testimoniare e i difensori degli imputati. Per alcuni mesi fino a giugno, il presidente della Corte d’Assise Donatiello aveva deciso di riprogrammare il calendario, venendo incontro alle richieste degli avvocati difensori, e di far tenere sei udienze al mese, con l’alternanza di un’udienza una settimana e due udienze la successiva, poi si è tornati al vecchio programma di due udienze settimanali, decisione criticata dagli avvocati.

FONTE:

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IL POTERE DI COSENTINO DENTRO E FUORI DAL CARCERE: NESSUNO SCONTO PER L’EX SOTTOSEGRETARIO

Nessuno sconto di pena per Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia del Governo Berlusconi. La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Vito Di Nicola, ha respinto il ricorso del politico di Casal di Principe contro l’ordinanza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che negava il vincolo della continuazione tra i reati imputatigli.

Cosentino aveva chiesto il riconoscimento della continuazione tra due reati: il concorso esterno in associazione mafiosa (con il clan dei Casalesi) e la corruzione di un agente della polizia penitenziaria. Quest’ultimo reato è stato commesso durante la custodia cautelare in carcere, quando Cosentino avrebbe corrotto un agente promettendo l’assunzione dei suoi familiari presso una cooperativa gestita da persone a lui politicamente vicine, in cambio di trattamenti di favore come l’ingresso in carcere di un tablet e di diversi chilogrammi di mozzarella.

Il giudice dell’esecuzione aveva già escluso l’identità del disegno criminoso, rilevando il carattere estemporaneo della corruzione del pubblico ufficiale, non riconducibile a una programmazione unitaria e anticipata.

I legali di Cosentino hanno sostenuto che il giudice di merito non aveva tenuto conto della tesi secondo cui il loro assistito avrebbe strumentalizzato a fini illeciti il proprio potere politico e istituzionale, utilizzando una logica di scambio sia nel reato associativo che in quello di corruzione, avvalendosi della medesima rete di relazioni. Secondo questa tesi, la corruzione non era imprevedibile anteriormente alla detenzione, essendo collegata alla figura di uomo politico e di potere che Cosentino esercitava da sempre.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che mancava “il filo unitario della condotta criminosa”. Secondo la Corte, “Cosentino non poteva ragionevolmente sapere, quando iniziò a fiancheggiare il clan dei Casalesi prima del 2009, se e quando sarebbe stato inquisito e arrestato, né se avrebbe avuto necessità in carcere di comprare i favori della custodia, né quale tipologia generale di accordo corruttivo mettere in campo”.

Per queste ragioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Anche il sostituto procuratore generale, Fulvio Baldi, aveva avanzato la richiesta di inammissibilità.

Cosentino, dunque, dovrà scontare per intero la pena senza alcuno sconto, rimanendo un esempio emblematico di come il potere politico e le relazioni illecite possano influenzare negativamente la giustizia e la società.

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S.Maria C. Vetere. Carcere, personale carente: i sindacati sollecitano interventi e minacciano agitazioni

Dopo oltre due settimane dalla precedente richiesta, tornano alla carica le organizzazioni sindacali della “Triplice” casertana, dichiarando lo stato di agitazione del personale e rinnovando la richiesta di un incontro urgente.
Carenza di personale C.C. di S. Maria C.V. Prot. Pec del 21/05/2024.
Le scriventi Organizzazioni sindacali di CGIL FP, CISL FP e UIL FPL provinciali di Caserta, facendo seguito alla precedente nota pari oggetto, chiedono con urgenza un incontro di merito sulla gravissima carenza di personale sanitario, in special modo infermieristico e medico.
Carenza, che si è acuita di recente anche per le innumerevoli limitazioni alle mansioni dalle attività espletate in Casa Circondariale.
Il personale residuo è stremato, deve andare in ferie e allo stesso tempo si devono garantire i LEA.
Pertanto, rinnoviamo la richiesta di un incontro urgente per trovare soluzioni alla questione, anche attraverso l’utilizzo della graduatoria dell’avviso pubblico di mobilità per Infermieri.
Della quale graduatoria, prendemmo precisi impegni ad ottobre 2023, sulla sua utilizzazione anche per i Carceri e il 118.
Impegni, sottoscritti con il precedente direttore sanitario aziendale dr. Iodice.
Nell’attesa, si dichiara lo stato di agitazione del personale dipendente degli Istituti Penitenziari della ASL Caserta.
Qualora non si riscontri la richiesta in tempi celeri, saremmo costretti ad attivare tavoli istituzionali in altre sedi.
Caserta, 07/06/2024 Firmato: CGIL FP. CISL FP. UIL FPL – C. VETTONE N. CRISTIANI M. FALC.
(Salvatore Candalino – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

P. Crivelli (cappellano del carcere): “I detenuti sono emozionati. Hanno sete di relazioni e bisogno di dignità”

Il lavoro di preparazione fa dimenticare l’enorme emozione per l’attesa della visita di Papa Francesco, nella casa circondariale di Montorio, sabato prossimo. Nell’ambito del viaggio nella diocesi di Verona, il Pontefice ha voluto inserire anche l’incontro con i detenuti. Non è la prima volta che Francesco cerca il confronto con chi sta dietro le sbarre. Come racconta padre Paolo Crivelli, da settembre cappellano della casa circondariale che attende il Papa, i detenuti sono emozionati e impazienti. Di loro assicura: “Hanno bisogno di aver riconosciuta la dignità e di imparare a riconoscerla loro stessi, per sentirsi nuovamente persone umane dal valore infinito come tutte le vita umane”.

Padre, è pronto per accogliere il Papa
Siamo emozionati ma il lavoro ci permette di non pensarci e andare avanti. È un evento epocale. Visitare le carceri è una qualità di Papa Francesco che dona speranza ai detenuti. Anche loro hanno una dignità, sebbene il mondo civile non la riconosca oppure venga loro negata.

Chi incontrerà il Papa
Francesco non ha chiesto di incontrare gruppi in particolare, ma solo il maggior numero possibile di persone.

I detenuti come si stanno preparando?
Solo una piccola parte non è interessata. La maggior parte chiede continuamente della visita. La casa circondariale conta oggi 580 detenuti. Con buona parte di loro ci sarà un incontro con il Papa nel campo da calcio e poi a pranzo, preparato in parte all’interno dove abbiamo un forno e in parte con la collaborazione di associazioni e cooperative della zona. I risottari dell’Isola della Scala verranno per esempio a cucinare il risotto, gli chef che hanno già fatto dei corsi con i detenuti saranno qui per il secondo, mentre un’associazione di pasticceri farà la torta e gli allievi della scuola alberghiera si occuperanno del servizio.

I detenuti che conosce di cosa hanno bisogno?
Di dignità. Hanno bisogno di aver riconosciuta la dignità e di imparare a riconoscerla loro stessi, per sentirsi nuovamente persone umane dal valore infinito come tutte le vita umane.

Come descrive questo carcere?
Sono cappellano qui da settembre. Nonostante sia una casa circondariale, dedicata alle pene brevi, di fatto, abbiamo anche gli ergastolani, perciò copriamo un range d’età che va dai 19 anni agli 80. Questo rende complicata la gestione perché i bisogni sono diversi. Una problematica comune è vivere con grande fatica la detenzione e la quantità enorme di detenuti che hanno problemi psichiatrici. La detenzione acuisce la situazione che genera problemi anche a chi psichiatrico non è. La sofferenza da questo punto di vista è tanta; le prospettive all’uscita sono poche e per molti permane la mancanza di speranza.

Qual è l’aspetto più doloroso che nota nella popolazione che è dentro?
Mi rendo conto che ci siano persone per le quali è necessaria la detenzione, perché c’è la pericolosità, ma c’è poca attenzione a fare in modo che il periodo sia di trasformazione. Senza questa fase, il problema sociale si ripropone. È importante conoscere le persone e i percorsi che fanno. Le decisioni possono essere prese sulla carta, ma se non si conoscono le persone e ciò che stanno facendo, le decisioni rischiano di non capire e di essere errate. La detenzione non ha un valore riabilitativo al momento. Oggi è più l’aspetto punitivo a predominare perché si investe poco: il personale e le risorse sono scarse (anche se la polizia penitenziaria fa un ottimo lavoro, spesso di sacrificio) e la costruzione stessa delle carceri è fatta per contenere.

Come cappellano, riesce ad ascoltare tutti?
Coloro che vogliono condividere sì. Hanno molta sete di relazioni e se sentono che c’è la possibilità di confrontarsi, lo fanno.

Rammenta un esempio di successo?
Sono tanti. Ci sono persone che hanno fatto un percorso straordinario prima di entrare e che hanno continuato compiendo una revisione critica, che vivono il dolore del proprio errore. Sono persone straordinarie, di una bellezza unica. Questa è la grande speranza che ci fa dire che il percorso libera. Dipende molto da loro. Sono persone e attraverso la detenzione hanno capito.

E chi non riesce a riconciliarsi con la vita
Il 75% delle persone detenute ha problemi di dipendenza da droga, alcol e gioco che li porta a commettere reati. La dipendenza trasforma la persona che vede solo l’oggetto della dipendenza. Abbiamo moltissimi stranieri che non hanno o non avranno più, anche usciti di qui, un permesso di soggiorno che rimarranno nel territorio. Questo genera insicurezza, perché come clandestino la persona lavorerà o vivrà in una casa fuori dalla legge. E mi chiedo quale sia il vantaggio per la persona e lo Stato.

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Istituti penali minorili. Lovato: “Più che sul carcere, per i ragazzi dobbiamo puntare su prevenzione e accompagnamento abitando le periferie”

Sono terribili alcune immagini diffuse dalla Polizia penitenziaria e tratte dal sistema di videosorveglianza dell’Istituto penale per i minorenni Cesare Beccaria di Milano, che hanno per vittima del pestaggio un giovanissimo. “È da una trentina d’anni che vado come volontario al carcere minorile e credo che quanto è successo al Beccaria rientri in episodi orribili ma molto delimitati”. A dirlo al Sir è Marco Lovato della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da molti anni in Sicilia, è responsabile con la moglie Laura di una casa famiglia in cui, fino al Covid, ha accolto anche ragazzi provenienti dal carcere minorile, offrendo loro una diversa prospettiva di vita. È responsabile della cooperativa sociale “Rò La Formichina”, nata nel 2001 dall’esperienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, per supportare le case famiglia presenti sul territorio e dare una risposta concreta ai bisogni delle persone accolte dalla comunità. L’obiettivo di “Rò La Formichina”, infatti, è favorire il reinserimento sociale e lavorativo di persone che sono state escluse dalla società a causa della loro condizione fisica o del loro passato. La cooperativa risponde ai bisogni socio-assistenziali ed educativi delle persone con disabilità e dei ragazzi in situazioni di svantaggio. Allo stesso tempo, promuove l’inserimento lavorativo di ragazzi con procedimenti penali in corso e delle persone con disabilità, attraverso l’acquisizione di competenze professionali principalmente nei settori della falegnameria e dell’apicoltura.

(Foto ANSA/SIR)

Le violenze al Beccaria hanno molto colpito…

Vado spesso nel carcere minorile di Acireale. Le carceri minorili al momento in Italia sono 17, di queste 4 sono in Sicilia e due in provincia di Catania, già questo fa capire l’emergenza della criminalità minorile nel nostro territorio. Don Oreste Benzi diceva che nell’errore di una persona che sbaglia c’è l’errore di tutta la società, io l’ho pensato sempre per i ragazzini che incontravo in carcere, sono ragazzi che abbiamo relegato nelle periferie delle grandi città. I ragazzi che stanno al minorile hanno tutti la solita storia fotocopia: o vengono dalle periferie delle nostre città o sono ragazzi immigrati che non siamo riusciti a integrare nella nostra società. Purtroppo c’è un errore nel loro cammino: oggi mi viene da pensare che anche nei 25 agenti di custodia del Beccaria ci sia un errore di tutta la società perché abbiamo relegato al carcere risolvere un problema che abbiamo e che non vogliamo vedere.

Sono molti i ragazzi in carcere?

Oggi ci sono 500 minori nelle carceri minorili, era da tanto che non succedeva in Italia, questo ci fa capire che c’è un’emergenza che non vogliamo vedere. Sono triplicati i ricoveri nelle psichiatre infantili perché gli adolescenti stanno male, ci danno dei segnali veramente pericolosi che facciamo fatica a cogliere, che vogliamo risolvere con un colpo di spugna: nei confronti dei ragazzi che delinquono abbiamo inasprito le pene con il decreto Caivano, dando risposte forti con uno Stato duro, che non si piega, fa retate. Mandiamo i ragazzi nelle carceri minorili, ma non abbiamo dato una risposta di un esempio più forte come società in questi quartieri dove noi non ci siamo, dovrebbe essere più presente la Chiesa, dovrebbe essere più presente la società. In carcere, poi, magari non riusciamo a fare progetti educativi come si deve, quindi rimandiamo il problema, anzi li mettiamo in incubatrice, emarginiamo ancora di più questi ragazzi, diventa poi un problema la loro gestione. Negli ultimi anni ho visto nel carcere minorile ragazzi molto più violenti, molto più agitati, specchio anche delle crisi adolescenziali che abbiamo in questo momento.

Cosa sarebbe opportuno fare al posto dell’opzione carcere?

Credo che dovremmo puntare molto sulla prevenzione e ancora di più sull’affido familiare.

Dovremmo essere più disponibili ad appoggiare famiglie in difficoltà, con ruoli educativi di vicinanza, amicizia, dovremmo essere più attenti come Chiesa ad intervenire nelle nostre periferie. Il sogno di Papa Francesco della Chiesa in uscita è fantastico: questa Chiesa che esce e va ad abitare le periferie, non va a visitare, non va a fare volontariato, ma va ad abitare, a vivere con altre persone, non vede questi ragazzi come oggetto del nostro volontariato, ma come protagonisti della società da ascoltare e con cui camminare, dovremmo impostare così le nostre scuole, che andrebbero rivoluzionate, perché certi ragazzi non riescono a tenere il passo delle scuole. Sul territorio dovrebbero essere molto più presenti, oltre alle attività educative, anche quelle di cura, ma in tanti posti manca anche il medico di base, figuriamoci lo psichiatra. Insomma, dovremmo puntare su un discorso di cura, di aggregazione, è una ricetta a lungo termine, molte volte siamo abituati a questo colpo di spugna, ma non è il modo per operare nella nostra società.

(Foto Marco Lovato)

Cosa suggerisce, quindi?

Abbiamo accolto nella nostra casa famiglia e in altre case famiglia dei ragazzi in pena alternativa al carcere, sono state sempre esperienze molto belle, come cooperativa “Rò la Formichina” diamo borse lavoro ai ragazzi dell’area penale minorile, ho sempre visto dei ragazzi che hanno voluto riscrivere la loro vita, ho visto gruppi Scout che hanno accolto ragazzi dell’area penale che hanno fatto un cammino bellissimo. Bisogna ragionare anche all’interno della Chiesa: a volte mi sembra che confondiamo la pastorale giovanile con la pastorale degli studenti, ma ci sono dei ragazzi che hanno bisogno di percorsi completamente diversi, molto più vivaci, ma che hanno bisogno anche di più vicinanza, bisogna camminare assieme, bisogna legare la nostra vita con la loro, ci viene chiesto di rivoluzionarci completamente. Come Stato dobbiamo avere coscienza che alcuni ragazzi sono da contenere, quando un ragazzo è violento, continua a sbagliare, va fermato ma non va punito, agganciandolo per ripartire con un percorso nuovo, nuovi modelli, nuovi strumenti.

Inasprire le pene con un adolescente non funziona.

Mi ha detto che è da molti anni volontario in carcere: ci racconta la sua esperienza

Quello che vedo di bello nel carcere minorile di Acireale è che si crede molto nei ragazzi; malgrado momenti veramente difficili che si attraversano, ho sempre visto la direttrice, gli educatori, gli agenti di polizia credere nei ragazzi, essere molto aperti al territorio e a tutte le attività che il territorio può offrire. In carcere ci sono ragazzi molto fragili, ci sono problemi enormi anche tra loro, ci sono anche situazioni pesanti, ma gli educatori hanno sempre creduto che si poteva ricominciare, non hanno mai perso la fiducia nei ragazzi nel proporre qualcosa di diverso rispetto alla detenzione. Penso che sia un richiamo anche per noi volontari, dovremmo essere molto più presenti. Vedo tante uova di Pasqua, tanti panettoni dentro il carcere, però durante l’anno non vedi persone che vengono a fare ripetizioni, che vanno a giocare a pallone, che vanno a vedere un film, che partecipano alla messa all’interno del carcere. Credo che ci sia bisogno di questo scambio molto più forte. Come casa famiglia abbiamo iniziato anni fa ad andare nel carcere minorile a giocare a pallone, a fare teatro, ma abbiamo capito che i ragazzi ci chiedevano di passare del tempo con loro, si è creata un’amicizia, abbiamo trovato una disponibilità bellissima da parte della direzione e dell’area educativa e ben presto ci hanno dato l’autorizzazione a entrare con i nostri ragazzi. Abbiamo iniziato con i ragazzi portatori di handicap e i bambini a fare teatro in carcere. I minori ristretti hanno dimostrato una grandissima maturità nell’essere attenti ai bambini e ai ragazzi portatori di handicap, è stato molto bello fare con loro le rappresentazioni, poi abbiamo iniziato a fare delle ripetizioni scolastiche, c’è stata la possibilità che i ragazzi potessero uscire, abbiamo accolto dei ragazzi che sono venuti nelle nostre case in pena alternativa alla detenzione perché potevano avere l’affidamento alla comunità. Questo però prima del Covid, adesso no. Sono stati sempre dei cammini molto belli, una volta al mese noi come casa andiamo alla messa in carcere minorile con i nostri ragazzi, si creano proprio dei percorsi di amicizia. Nel carcere di Acireale ho vissuto le preghiere delle varie religioni assieme, c’è una grande attenzione alle diverse fedi, la festa di Pasqua come per la fine del Ramadan, un grande rispetto per tutti e penso che questo abbiamo aiutato nella relazione.

(Foto ANSA/SIR)

E l’esperienza lavorativa in “Rò la Formichina”?

Anche nella nostra cooperativa sociale, mettere a lavorare fianco a fianco ragazzi portatori di handicap e minori ristretti tira fuori il più bello da questi ultimi, dare a loro l’opportunità di fare cose belle è quello che serve. Nella nostra cooperativa, abbiamo il settore del miele, vicino al carcere minorile di Catania, e la falegnameria, che è vicina al carcere minorile di Acireale, dove tantissimi ragazzi sono passati per fare un periodo di sei mesi come tirocinio, sono sempre state esperienze positive.

Con i ragazzi del carcere minorile stiamo facendo degli strumenti con il legno dei barconi dei migranti.

Saranno inseriti due ragazzi del carcere minorile insieme al nostro liutaio, abbiamo iniziato a fare chitarre con il legno dei barconi dei migranti, è un progetto molto bello in cui crediamo molto.

(Foto Marco Lovato)

Che riscontri avete con i ragazzi a cui date una possibilità lavorativa

Dare a questi ragazzi la possibilità di fare qualcosa di diverso, credere in loro è importante, ma una volta che finiscono la pena devono essere accompagnati perché sono molto fragili, incentivando i servizi sociali e attività nel territorio per loro. Come Chiesa dovremmo essere molto attenti nel proporci a loro anche come presenza, seguendoli nelle loro famiglie, proprio quella Chiesa di cui parla Papa Francesco, molto viva, molto attenta a chi è più in difficoltà, avendo chiaro che abbiamo qualcosa di grande da proporre, qualcosa che è pienezza. Mi ha colpito una volta un ragazzo, che mi ha detto: “Basta, so già cosa non devo fare, perché me lo dicono tutti, ma ditemi cosa devo fare, datemi l’occasione di fare qualcosa di bello”. Questo ragazzo oggi è papà di tre bambini ed è educatore in una comunità. Ha incontrato, infatti, delle persone che non lo sgridavano per quello che faceva, ma gli hanno dato la possibilità di fare delle cose belle ed è un operatore stupendo oggi. Ma a 14 anni aveva iniziato con lo spaccio, cercava qualcosa di grande: o gli davamo Gesù oppure avrebbe continuato a cercare nella delinquenza qualcosa di più grande.

Il desiderio di Assoluto che tutti abbiamo anche questi ragazzi ce l’hanno fortissimo, ma spesso non sanno indirizzarlo.

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Notiziario quotidiano dal carcere: 25 aprile 2024

 

 

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25 aprile 2024

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Archivio storico: 25 anni di informazione dal carcere LINK

di Ornella Favero*
Ristretti Orizzonti, 25 aprile 2024 Gentile dottor Russo, il ministro della Giustizia il 27 marzo al Question Time alla Camera ha comunicato che è stato istituito un Gruppo di lavoro multidisciplinare per studiare le modalità di attuazione dei colloqui intimi delle persone detenute con la persona convivente non detenuta, che la sentenza 10/2024 della Corte Costituzionale ha reso possibili, anzi necessari. Quando, come Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, l’abbiamo incontrata online il 16 febbraio, abbiamo sostenuto con forza che il primo tema che ci sta a cuore è la tutela degli affetti, che decliniamo in particolare con gli obiettivi della liberalizzazione delle telefonate e della messa a regime dei colloqui intimi, sottolineando l’urgenza di garantire questo diritto e chiedendo di essere chiamati a far parte del Gruppo di lavoro che dovrà occuparsi di questa questione.

di Valentina Stella
Il Dubbio, 25 aprile 2024 Contro il sovraffollamento, dice D’Ettore, serve “una risposta sistemica ampia” E ricorda: su 61.351 reclusi, 23.583 sono potenziali fruitori di misure alternative. Una “misura tampone” che, da sola, “non risolve” i problemi che affliggono il sistema carcerario italiano perché ha “un effetto deflattivo immediato, ma non rappresenta una risposta sistemica ampia”. Con queste parole il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Felice Maurizio D’Ettore, ha definito la proposta di legge all’esame della Camera sulla liberazione anticipata speciale, presentata dal deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, per affrontare il problema del sovraffollamento che – dati aggiornati a due giorni fa e resi noti dal Garante – vede 61.351 detenuti presenti nelle carceri del Paese …

di Eleonora Martini
Il Manifesto, 25 aprile 2024 Proposta Giachetti sulla liberazione anticipata, il M5S si schiera con la maggioranza. Il “no” del ministro Nordio alla proposta Giachetti sulla liberazione anticipata speciale trova un supporter molto speciale: il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Felice Maurizio D’Ettore. Che ieri alla Camera, in Commissione Giustizia, ha definito la pdl presentata dal deputato di Iv per contrastare il sovraffollamento carcerario – con 60 giorni di sconto di pena anziché 45, per i detenuti con buona condotta – una “misura tampone” che da sola “non risolve” i problemi perché ha “un effetto deflattivo immediato, ma non rappresenta una risposta sistemica ampia”. Come, spiega, “già sperimentato nel 2013, dopo la sentenza Torreggiani”.

di Paolo Frosina
Il Fatto Quotidiano, 25 aprile 2024 Fino a 5.080 detenuti – uno ogni 12 – uscirebbero dal carcere dalla sera alla mattina. E tra loro fino a 777 condannati per i reati più gravi: mafia, terrorismo, tratta di esseri umani, schiavitù, violenza sessuale di gruppo. Ecco l’effetto dell’indulto mascherato previsto dal disegno di legge presentato dal renziano Roberto Giachetti e in discussione in Commissione Giustizia alla Camera. A illustrare i numeri è stato Felice Maurizio D’Ettore, il nuovo Garante nazionale dei detenuti: dalla relazione emerge come siano, appunto, oltre cinquemila le persone con pena residua pari o inferiore a otto mesi, cioè i potenziali interessati.

di Damiano Aliprandi
Il Dubbio, 25 aprile 2024 Il caso Cospito ha riportato alla luce il tema del 41 bis, un regime detentivo speciale caratterizzato da misure restrittive volte a recidere i collegamenti dei detenuti con la criminalità organizzata. Nonostante l’acceso dibattito, il 41 bis sembra essere tornato nell’ombra, con la situazione dei detenuti sottoposti a tale regime che rimane poco conosciuta e dibattuta. Parliamo di un’analisi dettagliata a cura dell’associazione Antigone e che la ritroviamo nel ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione Antigone ricorda che il 41 bis si applica a detenuti condannati o imputati per reati gravi, come terrorismo o associazione mafiosa, per i quali vi sia concreto pericolo di collegamenti con la criminalità organizzata.

di Chiara Daina
Corriere della Sera, 25 aprile 2024 Più difficili la messa in prova e la comunità. E cresce del 30% la spesa per antipsicotici. Il carcere per un adolescente è sempre stata l’extrema ratio, non la soluzione a carenze educative e di assistenza sociale. In questo l’Italia era un esempio internazionale. Qualcosa sta cambiando? “Prima – spiega Michele Miravalle, coordinatore nazionale dell’Osservatorio sulle carceri dell’associazione Antigone – solo negli istituti penali per adulti riscontravamo condizioni di sovraffollamento e un diffuso malessere psicofisico: oggi anche in quelli minorili. I giudici, anche quando disposti a concedere percorsi alternativi sul territorio, si scontrano sempre più spesso con l’oggettiva difficoltà di collocare i ragazzi con misure penali nelle comunità, perché sono più problematici da gestire.

difesapopolo.it, 25 aprile 2024 Il Coordinamento esprime “profonda preoccupazione per i fatti emersi dall’inchiesta. Il carcere che non educa produce violenza e malessere”. “La carcerazione deve essere una misura del tutto residuale per i minorenni”: lo ricorda il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), esprimendo “profonda preoccupazione per i fatti emersi con l’inchiesta che ha coinvolto numerosi agenti dell’Istituto penale minorile Beccaria di Milano”. In base al Dpr 448/88, che regolamenta la giustizia minorile nel nostro paese, infatti, “l’ordinamento prevede altre possibilità che vanno intese come prioritarie, a cominciare dall’istituto della messa alla prova – ricorda ancora Cnca – Un approccio che ha subito un netto passo indietro con l’approvazione del cosiddetto Ddl Caivano …

di Claudio Burgio*
Avvenire, 25 aprile 2024 “Un certo numero di detenuti, anche se si comportavano da duri durante la giornata, spesso si addormentavano piangendo, la sera. C’erano anche altri pianti e diversi da quelli indotti dalla paura e dalla solitudine. Erano più bassi e soffocati: la voce dell’angoscia. Pianti che possono cambiare il corso di una vita. Pianti che una volta sentiti non li cancelli più dalla memoria”: sono le parole tratte dal film “Sleepers”, uscito nelle sale cinematografiche nel 1996. Purtroppo, sono espressioni che non appartengono più solo ad un capolavoro del cinema americano, ma diventano tremendamente attuali dopo i fatti sconvolgenti emersi lunedì scorso al carcere minorile Beccaria di Milano.

di Youssef Hassan Holgado
Il Domani, 25 aprile 2024 Il Cpt del Consiglio d’Europa, nel suo rapporto sull’Italia, parla dei maltrattamenti in carcere e del sovraffollamento. Cita anche il pestaggio di Santa Maria dove gli agenti sono accusati di tortura. Reato che FdI vuole eliminare. Alcuni deputati di Fratelli d’Italia hanno presentato una proposta di legge per abrogare il reato di tortura. Una decisione che arriva a poche ore di distanza dalla sospensione di 23 agenti della polizia penitenziaria, accusati di tortura di stato nei confronti di tre detenuti a Biella, e nel giorno in cui l’organo anti tortura del Consiglio d’Europa segnala evidenti problematicità legate al sistema carcerario italiano. La proposta intende abrogare gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale, rimarrebbe in vigore soltanto una sorta di aggravante nell’articolo 61.

di Simona Musco
Il Dubbio, 25 aprile 2024 Pene fino a otto anni per le notizie frutto di un reato. Mantovano: “Il governo rifletterà”. Il carcere per i giornalisti esce dalla porta e rientra dalla finestra. Sono stati presentati due emendamenti – uno a firma Enrico Costa (Azione), sottoscritto anche da Maria Elena Boschi (Iv), e uno a firma Tommaso Calderone (Forza Italia), i partiti più garantisti del Parlamento – che, partendo dal presunto scandalo dossieraggi (sebbene il termine sia utilizzato impropriamente) puntano a spezzare il passaggio di informazioni tra fonti e giornalisti, per punire chiunque pubblichi notizie raccolte illecitamente.

di Davide Varì
Il Dubbio, 25 aprile 2024 La galera non è la soluzione. Chi oggi vuole quella legge rischia di tradire i valori per i quali ha combattuto e ancora combatte. Gli onorevoli Maria Elena Boschi, Enrico Costa e Tommaso Calderone sono amici di questo giornale. Meglio: sulla giustizia condividono una chiara e limpida posizione garantista. Da sempre e senza sbavature. Esattamente come noi. Per questo siamo sorpresi, forse addirittura dispiaciuti, della loro posizione sul decreto Cybersicurezza che prevede la galera fino a 8 anni di carcere per i giornalisti che consapevolmente divulgano notizie frutto di reato. Certo, sappiamo bene che qualcuno di loro ha vissuto sulla propria pelle la ferocia del processo mediatico giudiziario.

di Francesco Machina Grifeo
Il Sole 24 Ore, 25 aprile 2024 Il Consiglio dei ministri di ieri ha approvato un disegno di legge in materia di IA. L’investimento è di 1miliardo di euro. Limitato l’utilizzo della IA nella giurisdizione a funzioni organizzative e di ricerca. Obbligo dei professionisti di informare il cliente sul relativo utilizzo. Nasce un nuovo reato: l’illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di intelligenza artificiale punito con la pena da uno a cinque anni di reclusione, se dal fatto deriva un danno ingiusto. Inoltre, si cerca di delimitare (articolo 14, in tutto sono 26) l’utilizzo della IA nella giurisdizione prevedendone l’utilizzo unicamente per “l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario” e per “la ricerca giurisprudenziale e dottrinale”.

di Francesco De Felice
Il Dubbio, 25 aprile 2024 L’avvocato Rossi Albertini: “Confermata la linea difensiva, non c’erano le basi per il fine pena mai”. Sono definitive le condanne a 23 anni e a 17 anni e 9 mesi di carcere per gli anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino. Lo hanno deciso i giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione che hanno respinto, dichiarandoli inammissibili, i ricorsi del pg della corte di Appello di Torino e delle difese, presentati dagli avvocati Flavio Rossi Albertini e Caterina Calia, di fatto confermando le condanne per i due imputati nel processo per l’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, nel Cuneese, avvenuto nel 2006.

di Francesco Machina Grifeo
Il Sole 24 Ore, 25 aprile 2024 Lo ha chiarito la Quinta Sezione penale, con la sentenza n. 17152 depositata ieri, dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo condannato per furto. Se la Riforma Cartabia è sopravvenuta alla proposizione dell’appello, la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva può (in forza della norma transitoria) essere avanzata anche in sede di discussione, e dunque anche se non presente tra i motivi di impugnazione. Tuttavia, non è sufficiente addurre che né il reato né la pena (entro i quattro anni) sono ostativi al riconoscimento per ottenere un pronunciamento, perché si tratta di elementi che da soli non esauriscono i presupposti per decidere sull’applicazione della pena sostitutiva.

di Luigi Ferrarella
Corriere della Sera, 25 aprile 2024 “Zero giorni di prognosi” al detenuto ridotto in semi incoscienza dagli agenti. Agenti in malattia per protestare contro il nuovo corso della comandante di Polizia penitenziaria. Vigeva un concetto molto elastico di malattia o non malattia nel carcere minorile Beccaria di Milano. “Malattia” era quella da cui facevano finta di essere tutti di colpo contagiati gli agenti (lunedì scorso arrestati in 13, sospesi in 8 e indagati in altri 4) come forma di polemica protesta nei confronti del nuovo corso della comandante di polizia penitenziaria, indisponibile a far finta di niente: “Oggi tutti i colleghi hanno mandato “malattia” nel pomeriggio e vogliono mandarla ad oltranza… perché il collega l’hanno mandato in Procura (denunciato, ndr), quindi è una protesta verso il comandante nuovo e il direttore” …

di Monica Serra
La Stampa, 25 aprile 2024 Le due dirigenti sono accusate di omissione. Si allarga l’inchiesta: undici perquisizioni, sequestrato l’archivio sanitario dell’Ipm. Nell’inchiesta sulle torture al carcere Beccaria, due ex direttrici dell’istituto sono finite sotto inchiesta. Oltre a Maria Vittoria Menenti, oggi a capo dell’Ipm Casal del Marmo di Roma, un avviso di garanzia ha raggiunto anche Cosima Buccoliero, candidata del Pd alle ultime Regionali, insignita dell’Ambrogino d’oro per il suo lavoro al carcere di Bollate, ex direttrice del Lorusso e Cutugno di Torino, oggi al carcere di Monza. Entrambe sono state perquisite per sequestrare il contenuto di pc e cellulari.

di Rosario Di Raimondo
La Repubblica, 25 aprile 2024 Il capo del Dipartimento per la giustizia minorile: “Il governo hanno fatto tutto ciò che doveva”. La Cisl: “Sistema allo sfascio, serve un piano straordinario”. Una squadra di 14 nuovi agenti della Polizia penitenziaria sono entrati in servizio al carcere minorile Beccaria, subito dopo gli arresti scattati nei confronti di 13 divise, mentre altre otto sono state sospese per un’inchiesta della procura di Milano in cui si ipotizzano maltrattamenti e torture contro una dozzina di ospiti minorenni. Lo spiega Antonio Sangermano, capo del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che annuncia anche nuovi agenti della polizia penitenziaria “che abbiamo chiesto al Dap (Dipartimento dell’amministrazione giudiziaria, ndr) che sono sicuro vorrà corrispondere a questa richiesta”.

di Giuseppe Guastella
Corriere della Sera, 25 aprile 2024 La presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, Maria Carla Gatto: “Nel carcere non c’era un direttore stabile e il comandante era assente nei momenti cruciali. Occorre una formazione specifica per gli agenti”. Subito dopo l’arresto dei 13 agenti di custodia e la sospensione di altri 8, la presidente del Tribunale per i minorenni di Milano Maria Carla Gatto si è recata al Beccaria.

di Gad Lerner
Il Fatto Quotidiano, 25 aprile 2024 Nella città di Cesare Beccaria, padre dell’illuminismo lombardo e antesignano della civiltà giuridica, 160 anni dopo la pubblicazione di “Dei delitti e delle pene”, ancora dei ragazzi sono stati torturati in una sede preposta alla loro custodia e rieducazione. Anzi, a ben vedere sono due a Milano le istituzioni per giovani reclusi trasformate in luoghi di tortura: il carcere minorile che porta con disonore il nome dello stesso Beccaria; e il Centro di Permanenza per i Rimpatri di via Corelli, commissariato dal dicembre scorso. Due buchi neri, in cui precipitano dei giovanissimi, che Milano preferisce ignorare. Due luoghi della vergogna ai bordi di una città che intanto festeggia gli afflussi record del Salone del mobile e del turismo ricco.

di Cristina Giudici
Il Foglio, 25 aprile 2024 L’arcivescovo Delpini riflette su violenza e alternative al carcere minorile. “Ci troviamo di fronte a un tema complesso, quello della carcerazione, a cui dovremmo trovare alternative”, dice al Foglio l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, riflettendo sulle violenze nel carcere Beccaria: “E poi ci sono le persone, i ragazzi minorenni che commettono un reato, vanno contenuti ma anche aiutati a distinguere il bene dal male. Soprattutto se sono stranieri e soli”. “Non li possiamo trattare come numeri ma dobbiamo trattarli come persone da accogliere, da seguire con attenzione. Ci vorrebbe un maggior investimento nell’educazione, nella possibilità di trovare più soluzioni alternative alla detenzione, nelle comunità”, chiosa monsignor Delpini.

di Alessia Candito
La Repubblica, 25 aprile 2024 Mancano mezzi e uomini per garantire che la pena abbia funzione rieducativa. “Politica e istituzioni mute”, denuncia il Garante cittadino. “Gli istituti di pena sono usati come discariche sociali”, tuona il presidente siciliano di Antigone. Di carcere si muore. Troppo, se è vero che dall’inizio dell’anno sono già tre i detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri dell’isola. Ecco perché in tanti hanno risposto all’appello del Garante delle persone private della libertà personale, di Palermo Pino Apprendi, che oggi ha chiamato tutti ad un sit-in di fronte al nuovo tribunale.

di Irene Carmina
La Repubblica, 25 aprile 2024 “Gli fu diagnosticata una schizofrenia, quando invece il problema era la droga”. Le appare spesso in sogno, di notte. “Mamma, sei la vita mia, mi dice. E tu sei la mia, gli rispondo io”. Quel figlio impiccato con i lacci delle scarpe, in una cella del Pagliarelli, Lucia Agnello lo vede sempre. Samuele Bua aveva 29 anni quando si uccise. E ora che non c’è più, è rimasto per sempre bambino nelle foto incorniciate a casa. Non ha buttato via niente, Lucia. Il pigiama, i maglioni, gli orologi, i dischi di Samuele: ogni cosa è al suo posto. Come in un museo dei ricordi, tutto è fermo a quel 4 novembre di sei anni fa. Anche il dolore: “Non si supera mai, ci si convive”. Trema la voce di Lucia Agnello, si spezza nel pianto.

di Maurizio Cirillo
Il Centro, 25 aprile 2024 “A Pescara e Chieti abbiamo un tasso di sovraffollamento delle carceri che è superiore alla media nazionale: siamo nell’ordine del 170% a fronte del 125% nazionale”. Lo afferma Sergio D’Elia, segretario dell’associazione Nessuno tocchi Caino. Ieri, con i rappresentanti delle camere penali delle due città, ha visitato i due istituti di pena. “In carceri così affollate”, prosegue D’Elia, “non si riesce neppure ad assicurare quei beni fondamentali: qui non si parla solo di luoghi di privazione della libertà, ma di tutto, della salute, della vita”.

di Micaela Cappellini
Il Sole 24 Ore, 25 aprile 2024 La Cooperativa Giotto dal 1991 ha dato un impiego a oltre 2mila detenuti. La testimonianza: “Lavorare non mi pesa, anche dietro le sbarre si ha bisogno di soldi”. Per il New York Times il panettone della Pasticceria Giotto è il più buono d’Italia. Non il più giusto. Proprio il più buono. Dove viene preparato, però, i coltelli non hanno lame d’acciaio, ma solo di plastica. Perché i pasticcieri sono i detenuti del carcere Due Palazzi di Padova. Dietro le sue sbarre nascono molti altri dolci, come le colombe di Pasqua per esempio, che per la rivista Forbes stanno di diritto tra le dieci migliori artigianali presenti sul mercato, accanto a quelle dimostri sacri come Cracco e Cannavacciuolo.

laguida.it, 25 aprile 2024 Le pagnotte prodotte nei laboratori nelle carceri di Cuneo e Fossano che non corrisponderanno alle forme richieste per il commercio, verranno donate nei ristoranti dei soci della cooperativa. Non tutte le ciambelle vengono col buco, ma comunque sono buone. Con questo proverbio un po’ rivisitato si potrebbe riassumere la nuova iniziativa che la società cooperativa sociale Panatè lancerà in anteprima nel mese di maggio con un duplice appuntamento: sabato 4 alle 10.30 presso l’Open Baladin di Cuneo, in piazza Foro Boario, e sabato 11 maggio, sempre alle 10.30, nel ristorante di Mondovì “Mondofood”, sito in piazza della Repubblica 5.

di Marco Erba*
Avvenire, 25 aprile 2024 “Ho letto gli articoli sul carcere Beccaria con tanto dolore”. Così mi ha scritto Donata Posante, Direttore della Casa Circondariale di Piazza Armerina, nel cuore della Sicilia. Donata è una persona piena di luce, che ho avuto modo di incontrare pochissimi giorni fa, quando, come scrittore, sono stato invitato in quel carcere da una educatrice, che con un gruppo di detenuti aveva letto uno dei miei romanzi. La prima volta che ero stato a Piazza Armerina ci ero andato per visitare la celebre Villa romana del Casale, con i suoi strepitosi mosaici, tra i più belli al mondo. Allora non immaginavo nemmeno lontanamente che sarei tornato lì non per visitare le bellezze della Sicilia, ma per entrare in un luogo dove le persone sono recluse.

di Sofia Coletti
La Nazione, 25 aprile 2024 Lo spettacolo di Vittoria Corallo al carcere di Capanne e al Morlacchi. Coinvolti gli studenti. Riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza. Si gioca in queste parole chiave il senso e il valore più profondo del progetto “Per Aspera ad Astra” promosso da Acri (Associazione nazionale delle fondazioni di origine bancaria), realizzato con il sostegno di Fondazione Perugia e prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria. Il risultato, frutto di un appassionato laboratorio con i detenuti di Capanne, è lo spettacolo “La popola del futuro ama” diretto da Vittoria Corallo, in scena giovedì 9 maggio alle 18 nella Casa Circondariale di Capanne e lunedì 13 maggio alle 19 al Morlacchi.

di Piero Sansonetti
L’Unità, 25 aprile 2024 È fascista la xenofobia, è fascista la moltiplicazione dei reati e delle pene, sono fascisti il 41bis e l’ergastolo: perché ogni volta che vengono compiuti atti fascisti in Italia la stampa, i partiti e gli intellettuali non si alzano in piedi per denunciare? Per me l’antifascismo è il contrario del fascismo. Cioè è lotta contro la xenofobia, il giustizialismo, il securitarismo.

di Pasquale Pugliese*
Il Fatto Quotidiano, 25 aprile 2024 La foto vincitrice del World Press Photo Contest del 2024, scattata nella striscia di Gaza dal fotografo dell’agenzia Reuters Mohammed Salem, mostra una donna palestinese che abbraccia una bambina morta – sua nipote, uccisa insieme alla mamma e alla sorella dai bombardamenti israeliani – avvolta in un sudario. Si tratta di una foto che si inserisce nella storia delle immagini di guerra, sulle quali è necessario farsi ancora le domande fondamentali che si è posta Susan Sontag davanti al dolore degli altri: “Si sarebbe potuto evitare? Abbiamo finora accettato uno stato delle cose che andrebbe invece messo in discussione?

di Paolo Lambruschi
Avvenire, 25 aprile 2024 Precedente pericoloso. Entro tre mesi il governo conservatore britannico di Rishi Sunak inizierà le deportazioni in Ruanda dei richiedenti asilo arrivati illegalmente nel Regno Unito dopo il 2022. I cargo sono pronti a lavorare tutta l’estate per “trasferire” 2.220 persone nel cuore dell’Africa. La notizia, arrivata dopo l’ennesimo naufragio nella Manica sulle coste francesi costata la vita a cinque persone, svela la versione 2024 del famoso piano Ruanda, più volte presentato in Parlamento e bocciato lo scorso novembre dalla Suprema corte per gli sfregi al diritto internazionale. Perché i profughi verranno espulsi nei Grandi Laghi in pratica prima che vengano esaminate le richieste d’asilo. Infatti, avranno solo una settimana di preavviso sulla deportazione e cinque giorni per presentare eventuale ricorso, tempi troppo stretti.

di Umberto De Giovannangeli
L’Unità, 25 aprile 2024 “Difendersi dall’aggressione di Hamas è un dovere. Difendersi dall’esistenza stessa del popolo palestinese è un crimine contro l’umanità. L’assumere criteri avvocateschi e corporativi a protezione acritica da ogni critica è il maggior contributo che gli ebrei possano dare all’antisemitismo”. Intervista a Stefano Levi Della Torre, saggista, critico d’arte, che è tra le figure più autorevoli, sul piano culturale e per il coraggio delle sue posizioni, dell’ebraismo italiano.

DOCUMENTI

Articolo: “Voci di Dentro in piazza per il 25 aprile”, di Francesco Lo Piccolo
Radio Carcere, di Riccardo Arena. Puntata del 23 aprile 2024: “Senza Dignità”. La realtà detentiva descritta da Marcello Bortolato, Giacinto Siciliano, Claudia Clementi e da Gennarino De Fazio
APPUNTAMENTI DI RISTRETTI
Giornata nazionale di studi “Io non so parlar d’amore…” (Venerdì 17 maggio 2024, ore 9.00-17.00 – Casa di reclusione di Padova)
APPUNTAMENTI
5° Convegno Nazionale dei Cappellani e degli Operatori della Pastorale penitenziaria (Assisi-PG, fino al 27 aprile 2024)
La Newsletter di Liberi dentro – Eduradio & Tv. Programmazione fino al 28 aprile 2024
Mostra “Evasioni”. Opere realizzate nei laboratori di pittura, “Teliamo”, e di scultura, “Scolpiamo” nel carcere di Padova (Padova, fino al 28 aprile 2024)
Ordine degli Avvocati di Firenze. Convegno “Dicono di noi. Gli avvocati visti da fuori” (Firenze, 3 maggio 2024)
Mostra del Laboratorio Arte Solidale: “Fiori dal muro. Prove di colore dentro spazi ristretti” (Latina, fino al 5 maggio 2024)
Seminario: “Legalità e giurisdizione: crisi e rifondazione del garantismo penale” (Milano, 8 maggio 2024)
Teatrocarcere Due Palazzi: “Nel segno di Giona”. Nell’ambito del Festival Biblico 2024 (Casa di Reclusione di Padova, 8 e 9 maggio 2024)
Presentazione libro: “Storie di diritti e di democrazia. La Corte costituzionale nella società”, di Giuliano Amato e Donatella Stasio (Brescia, 9 maggio 2024)
Convegno Simspe: “Le misure di sicurezza per l’infermo di mente: stato dell’arte e nuove prospettive tra diritto, scienza psichiatrica e prassi applicative” (Salerno e online, 10 maggio 2024)
“Contro l’isolamento”. Presentazione delle Linee guida internazionali sulle alternative all’isolamento penitenziario (Roma, 13 maggio 2024)
Lettura scenica: “Della mia anima ne farò un’isola” (Casa circondariale di Ivrea-TO, 17 e 18 maggio 2024)
XI Giornata Nazionale del Teatro in Carcere. “Due mesi di Promozione del Teatro e della Danza in Carcere: fino al 31 maggio 2024”
“Dialoghi in libertà. Racconti dal carcere”. Ciclo di seminari organizzato dal Polo Universitario Penitenziario (C.C. Siena, fino al 4 giugno 2024)
Ordine degli Avvocati di Firenze e Università di Firenze: “Ciclo di incontri sui diritti umani” (Firenze, fino al 10 luglio 2024)
BANDI E CONCORSI
Premio “Carlo Castelli, concorso letterario riservato ai ristretti delle carceri italiane e degli istituti per minori” (Scadenza 10 giugno 2024)
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UNA LEGGE PER LE MADRI DETENUTE CON FIGLI, LA PROPOSTA DI  GENNARO OLIVIERO AL PARLAMENTO: “MAI PIU’ BAMBINI IN CARCERE, TUTELIAMO I DIRITTI DELL’INFANZIA”






UNA LEGGE PER LE MADRI DETENUTE CON FIGLI, LA PROPOSTA DI  GENNARO OLIVIERO AL PARLAMENTO: “MAI PIU’ BAMBINI IN CARCERE, TUTELIAMO I DIRITTI DELL’INFANZIA”

Questa mattina si è svolta la visita istituzionale del Presidente del Consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero, all’Istituto a custodia attenuata per madri situato a Lauro, in Irpinia.
Il Consiglio regionale della Campania lo scorso anno approvò all’unanimità la proposta di legge per consentire alle madri in carcere con figli di essere ospitate in ambienti più accoglienti per i minori quali le case-famiglia. Tale istanza, approvata nella scorsa legislatura, ha poi subito uno stop. All’incontro ha preso parte anche Paolo Siani – fratello del giornalista assassinato dalla camorra Giancarlo Siani – primario di pediatria dell’ospedale Santobono di Napoli ed ex deputato, gli onorevoli Michela Di Biase e Marco Furfaro ed il Garante dei detenuti Samuele Ciambriello.
“Il Consiglio regionale della Campania, lo scorso anno, approvò all’unanimità la proposta di legge avanzata da Paolo Siani in Parlamento per ottenere maggiore tutela dei minori reclusi con le loro madri. Il fine ultimo era quello di non avere più bambini in carcere. Una proposta che venne però emendata e non approvata. Siamo pronti a riprovarci e ci aspettiamo che gli altri Consigli regionali facciano altrettanto. La detenzione dei bambini è un trattamento inumano, bisogna accelerare per dare concretezza alla nostra istanza e tutelare i diritti dell’infanzia”, ha concluso Oliviero.

 

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MONDRAGONE: CONFESSA IL DELITTO IN CARCERE, VIENE SCARCERATO E POI ARRESTATO DI NUOVO:






CONFESSA IL DELITTO IN CARCERE, VIENE SCARCERATO E POI ARRESTATO DI NUOVO:

FRAGNOLI JR MANDANTE DI UN DELITTO COMMESSO AL BAR ROXY ALLA VIGILIA DI FERRAGOSTO DI 21 ANNI FA. IL PRIMO KILLER FATTO ARRESTARE DA UNA MAESTRINA CHE AVEVA UNA DITTA DI PULIZIE.

Aveva confessato in carcere, mentre era detenuto per altri reati, la partecipazione ad un delitto avvenuto all’esterno del Bar Roxy a Mondragone nell’estate del 2003. Lo scorso gennaio era stato scarcerato, ma le indagini sul delitto confessato sono proseguite fino al suo arresto avvenuto ieri. Giuseppe Fragnoli, 54 anni, è stato arrestato ieri dai carabinieri sulla scorta di un ordinanza cautelare firmata dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della Procura antimaia partenopea. Fragnoli, ritenuto reggente del clan camorristica Fragnoli subentrato al clan La Torre dopo il pentimento del boss Augusto, è accusato di essere il mandante dell’omicidio avvenuto nel 2003 di Giuseppe Mancone, freddato con diversi colpi di pistola all’esterno del Bar Roxy: al 54enne è contestato anche l’associazione camorristica. Fragnoli, figlio di Giuseppe, esponente di spicco della camorra mondragonese, ha già scontato una condanna per associazione camorristica ed estorsione nel carcere di massima sicurezza de L’Aquila ed è uscito tre mesi fa tornando subito a Mondragone. Nel frattempo si era già messa in moto la macchina delle indagini, in relazione all’omicidio di Giuseppe Mancone, ucciso in una calda notte alla vigilia di Ferragosto di 21 anni fa. Per il delitto erano già stati individuati e arrestati – sulla scorta di una testimonianza di una giovane donna – i presunti esecutori materiali, Salvatore Cifarielli, di Cercola e poi Marco Durantini, ritenuti elementi del clan Birra di Ercolano (Napoli), con cui il gruppo camorristico Fragnoli aveva stretto all’inizio degli anni 2000 un’alleanza. Mancava però il mandante del delitto, indicato in Giacomo Fragnoli da alcuni collaboratori di giustizia, che hanno fatto riaprire le indagini. E’ emerso così che il 54enne avrebbe organizzato e pianificato l’omicidio perché Mancone si sarebbe rifiutato di pagare un cospicuo rateo mensile relativo all’attività di spaccio di stupefacenti da lui stesso gestita: va detto che fino al comando dei La Torre lo spaccio di droga era vietato per scelta del clan. Fragnoli, che invece poi l’avrebbe avviato, chiese poi al clan Birra di occuparsi della esecuzione materiale del delitto. L’individuazione del primo arrestato e poi condannato, fu possibile grazie alla testimonianza di Carmela P. una donna titolare di una ditta di pulizie con il diploma da maestra ha riconosciuto l’assassino.

Il suo coraggio è stato riconosciuto finanche in un libro del pubblico ministero antimafia, Raffaele Cantone (peraltro titolare della stessa inchiesta ed oggi a capo della Procura di Perugia) che la definì «una rosa nel deserto». La giovane si trovava con alcune amiche nei pressi del patio del bar: erano da poco trascorse le 2 del 14 agosto 2003 quando si consumò l’omicidio di Giuseppe Mancone. Indicò le fattezze del killer disegnando lei stessa un identikit e sparì da Mondragone per alcuni anni vivendo in un albergo come testimone di giustizia protetto. Quando è tornata nella cittadina del litorale domizio per suo volere ha poi raccontato la sua decisione di lasciare il programma di protezione per una serie di delusioni avute dallo Stato. Dopo alcuni anni ha rivelato di aver perso un lavoro, amici e famiglia oltre ad essere stata additata e insultata come una persona che era un peso per lo Stato. Poi ha lasciato la Campania incassando una cospicua somma di liquidazione e si è riavvicinata nella zona. Poi, una serie di investimenti sbagliati oltre a tante spese mediche affrontate per curare i genitori malati le hanno provocato un dissesto finanziario.

FONTE: di Biagio Salvati

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Lavoro in carcere, incontro a Caserta tra Terzo Settore ed Istituzioni per superare stereotipi, pregiudizi e disinformazione

Caserta – Si è svolto presso il palazzo della Provincia di Caserta l’incontro “Lavoro in Carcere – gli stereotipi, i pregiudizi e la disinformazione” organizzato dall’ETS Generazione Libera insieme a CSV Assovoce Caserta, Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA) sezione di Santa Maria Capua Vetere ed ACLI Caserta con il patrocinio di Provincia di Caserta, Regione Campania, Garante dei Detenuti della Regione Campania e dall’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere.
Il lavoro in carcere.
L’evento ha visto la presenza di quattro realtà campane impegnate i progetti di lavoro e formazione dei detenuti, un tema di fondamentale importanza sia per combattere l’alienazione dell’ambiente carcere che per ridurre significativamente i tassi di recidività. La costruzione di nuove opportunità e di occasioni in grado di accrescere il livello di formazione dei detenuti sono, infatti, lo strumento migliore per evitare la ricaduta tra le file della criminalità di quanti lasciano il carcere dopo il periodo di detenzione.
A discuterne sono stati Rosario Laudato, Presidente dell’ETS Generazione Libera, Elena Pera, Presidente CSV Assovoce Caserta, Sergio Carozza, Presidente provinciale ACLI Caserta, Rita Caprio, della COOP L’Uomo ed il Legno, Francesco Pascale, della COOP Terra Felix, Giuliana Tammelleo, Presidente AIGA sezione di Santa Maria Capua Vetere, Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della regione Campania, e Carlo Brunetti, Direttore del carcere di Carinola. I saluti istituzionali sono stati tenuti da Gianni Solino, Direttore del Museo Provinciale Campano di Capua, in vece del Presidente provinciale Giorgio Magliocca, e da Angela Del Vecchio, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere.

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Caserta. ‘Lavoro in carcere’: contro pregiudizi e stereotipi vertice fra istituzioni e ‘Terzo Settore’

Si è svolto giovedì mattina, presso il palazzo della Provincia di Caserta, l’incontro “Lavoro in Carcere – gli stereotipi, i pregiudizi e la disinformazione” organizzato dall’ETS Generazione Libera insieme a Csv Assovoce Caserta, Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga) sezione di Santa Maria Capua Vetere ed Acli Caserta con il patrocinio di Provincia di Caserta, Regione Campania, Garante dei Detenuti della Regione Campania e dall’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere.

IL LAVORO IN CARCERE

L’evento ha visto la presenza di quattro realtà campane impegnate i progetti di lavoro e formazione dei detenuti, un tema di fondamentale importanza sia per combattere l’alienazione dell’ambiente carcere che per ridurre significativamente i tassi di recidività. La costruzione di nuove opportunità e di occasioni in grado di accrescere il livello di formazione dei detenuti sono, infatti, lo strumento migliore per evitare la ricaduta tra le file della criminalità di quanti lasciano il carcere dopo il periodo di detenzione.

A discuterne sono stati Rosario Laudato, presidente dell’ETS Generazione Libera, Elena Pera, presidente Csv Assovoce Caserta, Sergio Carozza, presidente provinciale Acli Caserta, Rita Caprio, della Coop L’Uomo ed il Legno, Francesco Pascale, della Coop Terra Felix, Giuliana Tammelleo, presidente Aiga sezione di Santa Maria Capua Vetere, Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della regione Campania, e Carlo Brunetti, direttore del carcere di Carinola. I saluti istituzionali sono stati tenuti da Gianni Solino, direttore del Museo Provinciale Campano di Capua, in vece del presidente provinciale Giorgio Magliocca, e da Angela Del Vecchio, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere. A moderare è stato Gianrolando Scaringi, giornalista de “Il Mattino”.

LE ESPERIENZE

Al centro del dibattito si è posto il dualismo tra la diffidenza ed il pregiudizio che vivono i detenuti e l’esperienza che l’ETS Generazione Libera vive quotidianamente nel carcere di Carinola – attraverso il progetto “I faRinati”, un laboratorio di produzione di prodotti da forno di alta qualità – così come l’esperienza di produzione agricola vissuta presso la casa circondariale di Secondigliano dalla cooperativa L’Uomo e il Legno.

«In Italia ci sono circa sessantamila detenuti, di questi solo il 30% lavora – ha dichiarato Rosario Laudato – e solo mille all’esterno delle carceri. Gli esempi virtuosi sono tutti al Nord, costruiti realizzando sinergie importanti tra Terzo Settore, istituzioni e case penitenziarie. In provincia di Caserta ci sono ben cinque carceri (Arienzo, Aversa, Carinola e due a Santa Maria Capua Vetere, militare e non) ai quali va aggiunto anche il centro semiresidenziale per minori (anch’esso a Santa Maria Capua Vetere). Tante case circondariali, tanti detenuti e tante occasioni da cogliere e far cogliere, soprattutto agli imprenditori che, con la Legge Smuraglia, possono godere di una serie di sgravi contributivi e fiscali assumendo detenuti in stato di reclusione o ammessi al lavoro all’esterno. Ma c’è anche tanto da fare per sostenere i progetti già in atto».

«Conosciamo bene i problemi delle carceri che l’Europa continua a sottolinearci – ha commentato il garante Samuele Ciambriello – come il sovraffollamento ed il delicatissimo problema dei suicidi, i quali hanno anche incidenza sul personale penitenziario. Dobbiamo pensare agli istituti di pena sempre più come comunità ed aiutarli a costruire relazioni sia interne che esterne per facilitare progetti di lavoro e permettere la circolarità dei prodotti realizzati dietro le sbarre. È, altresì, necessario creare rete tra queste realtà costruendo anche una filiera virtuosa tra produttori della materia prima e trasformatori finali, sempre nelle carceri».

«Il lavoro è un elemento imprescindibile dell’impegno educativo rivolto ai detenuti – ha concluso il direttore Carlo Brunetti – e precisato sia nell’art.27 della Costituzione che nella Riforma Penitenziaria del 1975. Ci sono tanti esempi virtuosi, che includono anche realtà formative e scolastiche, ma, purtroppo, ci vuole tempo per passare dalle parole ai fatti, spesso troppo tempo. Questo non vuol dire che le cose non possono cambiare ma, al momento, è necessario lavorare sui territori. Per combattere i pregiudizi è necessario comunicare e sensibilizzare, a partire dal Terzo Settore e dal mondo dell’impresa del territorio».

(Gianrolando Scaringi – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)