Caiazzo. S. Giovanni e Paolo: dalle promesse prima delle elezioni ai (non) fatti del dopo e… al Camposanto
Durante il comizio per le elezioni comunali di due anni fa, la candidata, poi eletta e insignita, nonostante gli esigui consensi, di delega per la frazione, aveva promesso con enfasi l’immediata apertura del chiosco.
“Sono stufa di sentire dire che il paese è morto: appena dopo le elezioni mi attiverò per la riapertura del chiosco, per consentire agli anziani di avere un luogo di ritrovo, per fare una partita a carte, per socializzare, sorbire un caffè. Il paese non è morto, è addormentato, e io lo risveglierò“!
Questa la sintesi dell’intervento della delegata alla frazione, Rosetta De Rosa.
Perché il chiosco rimane ancora chiuso?
Si era saputo che alla intellighènzia caiazzana era sfuggita un’incombenza fondamentale, indispensabile per rendere legalmente fruibile la struttura, peraltro intanto utilizzata: sappiamo tutti per quale ragione ovvero per la festa di chi.
Costruito su fogliame e terreno argilloso, squarciatosi clamorosamente dopo poco tempo: spesi altri 45 mila euro e, dulcis in fundo, non accatastato? Lo stesso ingegnere dei loculi stretti, fiduciario di chi era?
Nel 2005 si inaugura in pompa magna la piazzetta e il fantomatico ufficio anagrafe (diventato chiosco: senza cambio di destinazione d’uso?!).
Dopo poco tempo, chiuso il chiosco, squarciatosi clamorosamente: pericolante, inagibile e interdetto al pubblico.
Inquietante il cedimento strutturale.
Nuovo cantiere e nuovi interventi per il recupero del chiosco-bar, per un importo complessivo di 45.500 euro.
L’opposizione tentò di sapere, fare chiarezza sulla vicenda, ma la perizia geologica, non vide mai la luce!
Verosimilmente il cedimento strutturale fu determinato dalla carenza di stabili fondamenta in cemento armato, atteso che il terreno sul quale posava il manufatto era di tipo argilloso.
Il responsabile dell’ufficio tecnico che progettò all’epoca, lo stesso dei nuovi lavori? Lo stesso anche dei loculi cimiteriali striminziti, nei quali i morti non entravano, come dimostrò con un banale metro l’inviato RAI dal cimitero, mentre dal Comune, al telefono con lo stesso inviato, ancora cercavano di negare, e un volontario si calava in una bara misurandone, con un altro, banalissimo metro, la maggiore larghezza?
Il progettista, l’impresa costruttrice, l’ingegnere responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale, il direttore dei lavori, l’attuele sindaco (che sempre un geometra è), il collaudatore, non si resero conto che le fondamenta, che si stavano realizzando, non erano idonee a sopportare il peso della struttura, su quel terreno di riporto, vegetale ed argilloso, e poi che una bara col morto non entrava nei nuovo loculi? Occorrevano forse tecnici più vivi?
Chi ha pagato per gli errori del chiosco, costati altri 45 mila euro: chi ha pagato per quei loculi (oltre ai morti, giocoforza interrati) e per i tanti altri orrori commessi, non solo al cimitero, perfino con gli ossari fra la monnezza (che tuttora vigili ASL e Buoncostume ignoreranno) nella città del presunto buon vivere?
Padre… perdona loro…
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