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Spiccioli di spiritualità, focus su San Tommaso d’Aquino

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Per il consueto numero domenicale della rubrica “spiccioli di spiritualità, diretta dal prof. P, Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla  di San Tommaso d’Aquino.
Si può dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio? E la fede è qualcosa da accettare passivamente senza porsi tante domande o è il risultato di una esperienza razionale, sensibile, che esige il coinvolgimento di tutto l’essere: anima, corpo e intelletto?
Sono domande interessanti, che toccano la coscienza di ognuno di noi, ma c’è stato un uomo, un santo, che ben prima che sorgessero queste domande aveva già intuito che la fede passasse anche attraverso l’intelletto. Si tratta di Tommaso d’Aquino, che la Chiesa cattolica celebra come santo il 28 gennaio. Nato tra il Lazio e la Campania, a Roccasecca, nella prima metà del XIII secolo, figlio minore della famiglia dei conti d’Aquino, fu destinato fin da piccolo alla vita ecclesiastica, e per questo mandato a studiare nella vicina abazia di Montecassino. A Napoli, dove nel 1231 era stato fondato un convento, Tommaso conobbe i domenicani, l’ordine mendicante fondato da Domenico di Guzman nel 1215, in cui entrò a far parte. Fece la sua vestizione, come si diceva allora, nell’aprile del 1244. Successivamente fu a Roma, a Parigi, a Colonia, dove studiò sotto la direzione del grande Sant’Alberto Magno, maestro in teologia e sapiente in tutti i campi del sapere. Furono anni fondamentali per la sua formazione religiosa, letteraria e teologica. Prima che terminasse gli studi, sorpreso dall’intelligenza di Tommaso, Alberto decise di sottoporgli un quesito che egli difese con tale abilità da smentire le argomentazioni addotte dal suo maestro. A Tommaso, forse per la sua tendenza a parlare poco e il suo aspetto corpulento, i compagni avevano dato il simpatico appellativo di “bue muto”. Allorché Alberto disse di lui: “Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un’estremità all’altra della terra!”.
Come assistente di Aberto, Tommaso continuò il suo studio della teologia e all’età di solo 27 anni ricevette l’incarico di insegnare all’Università di Parigi, ma il suo impegno di studio e di scrittore non lo distoglievano da una profonda spiritualità. In seguito fu in Italia, con vari incarichi, a Roma, dove iniziò la stesura della sua opera più importante, la Summa Teologica, poi di nuovo a Parigi per l’insegnamento, di nuovo in Italia e a Napoli dove abitò per oltre un anno a San Domenico Maggiore nell’ultimo periodo della sua vita.
Tommaso è riuscito nell’impresa di coniugare in modo perfetto la filosofia con la teologia. Scrive nella Summa contra gentiles: “Ciò che si accetta per fede sulla base della rivelazione divina non può essere contrario alla conoscenza naturale… Dio non può indurre nell’uomo un’opinione o una fede contro la conoscenza naturale”.
Per lui la conoscenza si acquisisce tramite lo studio, ma anche come esperienza del mistero. Per Tommaso il compito del teologo è quello di ricercare Dio, e la sua è una ricerca ininterrotta, attraverso la filosofia, quella aristotelica in particolare, di cui fu grande cultore, ma con l’intenzione di scorgerlo nelle realtà create e di avvicinarsi a lui con l’intelletto, ma soprattutto con amore. È convinto che ogni verità, da chiunque venga affermata, proviene dallo Spirito Santo, essendo Dio l’unica fonte di verità. In questo è straordinariamente attuale se il Concilio Vaticano II, nel documento Nostra Aetate afferma che “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo nelle religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”.
Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio lo definisce “maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia, e non c’è dubbio che la Chiesa stessa riconobbe in lui la teologia fattasi santità.
Ha un amore particolare per la Vergine, per l’Eucaristia e Cristo crocifisso. La sua vastissima scienza non spegne mai in lui il senso profondo dell’umiltà. Ama la povertà e dona tutto quello che può ai poveri. È in continua ricerca della verità, con incessante preghiera e contemplazione. È considerato “il più dotto dei santi e il più santo dei dotti”. È chiamato “Dottore angelico” ed è il più grande filosofo della cattolicità.

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