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Terra di Lavoro. Il trapianto di testicoli, le arringhe difensive: cronache passate ma attuali più che mai

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Il processo delicato sotto ogni punto di vista fu trattato alla 15/a Sezione (Presidente, il cav. Giuseppe Ricciulli;  P. M. il cav. Antonio Petrocelli, giudici i cav. Domenico Vestini e  Federico Ferrazzani).

La discussione fu quanto mai interessante. In una dotta requisitoria, confortata da una smagliante replica, il P. M. Professor Petrocelli sostenne in pieno l’accusa, soffermandosi sull’aspetto del procedimento, diverso dall’ordinario trattamento medico-chirurgico; sull’elemento del dolo e sulla distinzione tra il fondamento della norma generale dell’art. 50 del nuovo codice che stabilisce il principio della efficacia discriminatrice del consenso in relazione ai beni di cui l’offeso possa legittimamente disporre, e gli articoli 579 rinnovato nel codice e 589 del Progetto preliminare, i quali, per i casi in cui il consenso non fosse efficace, stabiliscono una diminuzione di pena per gli autori di omicidio e lesione del consenziente.

Sorsero a confutarlo l’avv.  Mario Consiglio, che disse in una arringa minutè – dei lavori preparatori  del codice, riuscendo ad interessare e a piacere. Ebbe nel gesto ciò che aveva nella mente. L’avv. Andrea Valentino, composto ed arguto insieme, che portò nel dibattito una nota di vivacità e di causticità che sollevò gli spiriti. Bisogna convenire che l’argomento si prestava.

Più anatomico l’avv. Pietro Di Lauro, che fece una scorribanda attraverso il corpo umano per dimostrare il carattere secondario e complementare della glandola che fu innestata, illustrando quella che è la funzione della stessa.

Storico invece fu l’avv. Francesco Manfredi, che rivendicò i diritti dell’intelletto e della scienza, rievocando financo la grande ombra di Galileo, processato per avere proclamato delle verità. Seguì l’on. Simmaco Jannelli del foro Salernitano, pacato ma penetrante, satirico ma signorile, pungente ma sottile, il quale confutò passo per passo l’accusa del P. M. attraverso le teorie tecnico-giuridiche, e riuscì esauriente ed acuto. Sembrava una scure che affilasse il suo taglio sulle carni avversarie.

Alla replica del P. M. rispose Giovanni Porzio con una  orazione che andrebbe studiata a scuola, in cui, oltre a dare la più diritta interpretazion, della legge, ha dato una delle più vibranti manifestazioni di eloquenza. Si può proprio dire che la sua arte ha avuto lampi di luce.

E la perorazione, in cui ha rappresentato il tormento della scienza che, illuminata dalla fede, ricerca i rimedi per attenuare il dolore umano, è degna di rimanere tra le più belle pagine della letteratura oratoria contemporanea.

La tesi difensiva fu pienamente accolta dal Tribunale, che mandò assolti tutti gli imputati. E la sentenza fu integralmente confermata dalla Corte d’appello e dalla Corte di Cassazione investite dai gravami del P.M.

Fine (la prima parte è stata pubblicata domenica scorsa)

(di Ferdinando Terlizzi – Fonte: Giovanni Porzio, Arringhe, Jovene Editore, 1963, Napoli –  Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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