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Ruviano. Lo storico Michele Russo ci ‘seduce’ anche a tavola: stavolta proponendoci la ‘genovese campana’

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La genovese: un’antica prelibatezza campana.
In una domenica invernale fredda e piovosa non c’è niente di meglio che mettersi ai fornelli e preparare una antica pietanza corposa e calda della tradizione napoletana e più in generale campana: la genovese.
È più di un condimento; è una vera pietanza a base di cipolle e carne di manzo da associare, come da tradizione, alla zita spezzata, la pasta di grano duro per eccellenza.
Di per sé la ricetta classica prevede pochi ingredienti ma ha bisogno di una lunghissima preparazione che va dalle tre alle cinque ore a seconda del grado di tenerezza della carne. Il risultato di tanta attesa e attenzione è però uno spettacolo per l’olfatto, per la vista e per il gusto. Vale sempre la pena impegnarsi per prepararla.
Sull’origine della ricetta e in particolare sulla denominazione “genovese” si sono fatte numerose ipotesi tra loro spesso discordanti.
Come spesso accade è la ricerca storica a correre in aiuto e a dipanare le querele. In una fonte antica risalente al 1285, il “Liber de coquina”, un libro di cucina scritto in latino volgare, presumibilmente a Napoli, dedicato a Carlo II d’Angiò e ritrovato nell’Archivio Nazionale di Parigi è riportata la “triam ianuenssem” ossia la tria Genovese (dove “tria” è un termine che risale al basso Medioevo per indicare la pasta), che rappresenta la più antica ricetta della genovese.
Ad triam ianuenssem suffrige cipolas cum oleo et mite in aqua bullienti decoque et super pone species et colora et assapora sicut uis cum istis potes ponere caseum grattatum uel incisum et da quandocumque placet com caponibus et cum ouis uel quibuscumque carnibus“.
Per la tria genovese soffriggi delle cipolle con dell’olio e mettile in acqua bollente a cuocere e versavi delle spezie e colora e insaporisci come desideri, a questo puoi aggiungere formaggio grattato oppure tagliato a pezzi. E servile ogni volta che ti piace con capponi ed uova oppure con qualunque carne“.
Dal XIII secolo la pietanza è chiamata genovese ed è preparata a Napoli; questo è certo. Ottocento anni sono più che sufficienti per definire la pietanza come tipica napoletana.
Tra l’altro la Campania ed il Molise sono le uniche due regioni in cui questa ricetta ha continuato nel tempo ad essere preparata mentre non c’è traccia di essa o di ricette similari nelle altre regioni italiane Liguria compresa e questa è un’altra cosa da tenere ben presente: si chiama genovese ma è napoletana. Questo basta.
Gli ingredienti principali sono due: le cipolle e la carne vaccina.
La ricetta tradizionale prevede l’uso della cipolla dorata mentre per la carne il taglio più adatto è il muscolo che con una lunga cottura si sfalda.
Il fondo è composto da un trito di carota e sedano tagliati finemente e soffritto in due giri di olio evo.
Le cipolle, aggiunte al soffritto devono rosolare per pochi minuti come pure la carne aggiunta a tocchi di dimensioni uguali. Si eviterà così di far evaporare i liquidi delle cipolle e della carne in cui esse saranno cotte.
La cottura è lenta, a fuoco basso, col coperchio dopo aver aggiunto il prezzemolo e l’alloro, per un tempo che va dalle due alle tre ore fino a quando la carne non si sfalderà premendola con la cucchiaia di legno.
A questo punto si toglierà il coperchio e si irrorerà il composto con un bicchiere di vino bianco secco, mettendolo poco per volta e facendolo sfumare. La cottura continuerà così per circa un ora fino a quando esso non si sarà addensato.
Quindi si aggiusterà di sale e pepe e il sugo sarà pronto per condire la zita tagliata, rigorosamente, creando un piatto tipico della cucina campana cui non si può proprio rinunciare.
Per accedere alla “video-lezione” di Michele Russo, cliccare sulla foto oppure sul seguente link:
https://www.teleradio-news.it/wp-content/uploads/2025/01/la-genovese-michele-russo-720p_HD.mp4
(Michele Russo – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)
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