Spiccioli di spiritualità, Focus su San Nicola

Per la rubrica “Spiccioli di spiritualità” diretta dal prof. P. Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla di San Nicola.
Per la fede cattolica, “santo” è colui che sull’esempio di Gesù Cristo, animato dall’amore, vive e muore in grazia di Dio, in pratica vuol dire che la sua anima si trova già ora al cospetto di Dio in quel “luogo” che comunemente chiamiamo paradiso. Se la sua anima sta nella pace di Dio, spesso non si può dire altrettanto del suo corpo che spesso è stato, soprattutto nel passato, soggetto a trafugamenti e a smembramenti da parte di fedeli un po’ troppo ferventi e forse attratti magicamente più alle presunte capacità curative di tali reliquie che non alla meditazione sulla vita del santo.
È quello che è accaduto a un santo fra i più celebri della cristianità e dal quale scaturisce anche la leggenda di Babbo Natale. Ma di questo parleremo dopo. Ritorniamo alle reliquie, che originariamente si trovavano a Myra, un’antica città ellenica nell’attuale Turchia meridionale. San Nicola ne fu vescovo nel IV secolo d.C., precisamente dal 300 al 343, anno della sua morte. Quando Myra venne conquistata dai musulmani, nel X secolo, la città di Bari, era stata da poco conquistata dai Normanni e aveva perduto l’antico prestigio di capitale bizantina in Italia. Alla ricerca di una nuova visibilità 62 marinai baresi in missione commerciale in Turchia pensarono bene di irrompere nella chiesa di Myra e di impadronirsi delle reliquie del santo locale, portandole a Bari la domenica del 9 maggio 1087. Già a Myra le ossa del santo furono trovate immerse in un liquido oleoso e profumato che veniva chiamato mirra. Trasportate nella città pugliese, il fenomeno della trasudazione della manna dalle ossa del santo continuò nel nuovo sepolcro. Il liquido, raccolto e custodito in boccette diluito con acqua, veniva distribuito ai pellegrini che le usavano come talismani.
Nella città di Bari c’era un quartiere abitato da Veneziani. Bisogna dire che Venezia ha sempre avuto rapporti di amicizia con la città di Bari, dall’anno 1002 quando il doge Pietro Orseolo II la liberò dall’assedio dei saraceni. Dati gli stretti rapporti con Venezia, i baresi si rivolsero ai vetrai muranesi per la produzione delle bottiglie che poi venivano decorate con l’effigie del santo e riempite con la manna che sgorgava dalle sue ossa. Tutta l’Europa venne a conoscenza dell’evento (oggi diremmo che la notizia divenne virale), tanto che il popolo barese ottenne che l’antica residenza del governatore bizantino fosse ristrutturata e da palazzo civile divenne la splendida basilica che possiamo ammirare ancora oggi.
Ma la storia delle reliquie non finisce qui. I marinai baresi avevano tralasciato, volutamente o per errore, le ossa più piccole del santo. I veneziani nel 1099-1100, durante la prima crociata, approdarono a Myra e si fecero indicare il sepolcro vuoto dal quale i baresi avevano prelevato le ossa, dove peraltro ancora si celebravano cerimonie religiose. Nel sepolcro i veneziani rinvennero una gran quantità di minuti frammenti ossei, che vennero trasportati a Venezia, nell’abbazia di San Nicolò del Lido.
Dunque i trafugamenti furono due, a seguito dei quali il culto di San Nicola si diffuse anche in Occidente oltre che in Oriente, dove del resto la devozione non era mai cessata nonostante i trafugamenti. Per questo motivo San Nicola è il santo ecumenico per eccellenza e nella città di bari giungono ancora oggi pellegrini dei paesi di tradizione latina, ma anche quelli slavi, a testimonianza di una devozione comune più forte della stessa divisione della Chiesa tra cattolici e ortodossi.
E adesso un accenno anche alla storia di Babbo Natale. La leggenda vuole che san Nicola regalò una dote a tre fanciulle povere perché potessero andare spose invece di prostituirsi e – in un’altra occasione – salvò tre fanciulli. Nel Medioevo si diffuse l’uso di commemorare questi episodi con lo scambio di doni nel giorno del santo (6 dicembre). L’usanza è ancora in auge nei Paesi Bassi, in Germania, in Austria e in alcuni posti dell’Italia. Nei Paesi protestanti poi san Nicola perse l’aspetto del vescovo cattolico ma mantenne il suo ruolo benefico col nome di Samiklaus, Sinterclaus o Santa Claus. Con la scoperta del Nuovo mondo i festeggiamenti si spostarono anche in America dove lo scrittore Clement C. Moore, nel 1822 scrisse una poesia in cui lo descriveva come ormai tutti lo conosciamo, con la slitta trainata dalle renne. Questo nuovo Santa Claus ebbe grande successo tanto che, nella prima metà del Novecento, conquistò anche l’Europa diventando, in Italia, Babbo Natale, con l’iconografia dell’omone col pancione e le renne, vestito di rosso e dispensatore di regali, complice anche la nota azienda americana della Coca-cola che in quegli anni ne fece un testimonial della sua famosa bibita. E così uno sconosciuto santo di Myra, attraverso varie vicende storiche, è diventato il Babbo Natale che tutti noi conosciamo. A volte, quando si dice il destino…
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