APOLOGIA DI UN ASSASSINO: FILIPPO TURETTA E LA SOCIETÀ CHE ROMANTICIZZA IL FEMMINICIDIO
C’è un nuovo eroe nelle piazze digitali, e il suo nome è Filippo Turetta. Non lasciatevi ingannare dalla sua storia: non è solo un uomo che ha perseguitato, manipolato e infine ucciso la sua fidanzata Giulia Cecchettin. No, per una preoccupante fetta di internet, Filippo è “un ragazzo ferito”, un esempio di come “l’amore può portare alla follia”. E così, nel circo macabro della nostra società, un femminicida diventa quasi un simbolo di sofferenza.
Sì, avete letto bene. Un uomo che ha pianificato il controllo ossessivo della sua compagna, stilando addirittura una lista per “essere la sua priorità”, viene oggi difeso, giustificato e addirittura compianto. Dove? Su TikTok, ovviamente, la piattaforma che più di ogni altra sa trasformare un crimine atroce in un’opportunità per guadagnare like e visualizzazioni.
La lista dell’orrore e il romanticismo tossico
La lista trovata nelle indagini è un capolavoro di manipolazione patologica: regole per diventare il centro assoluto della vita di Giulia, per farla sentire in colpa se osava avere pensieri propri, per annullarla emotivamente. Questo non è amore, questo è controllo. Un controllo che, tragicamente, è sfociato nell’omicidio.
Eppure, ecco il colpo di scena: utenti su TikTok che si commuovono. “Poverino, voleva solo essere amato!”, “Si vede che soffriva molto!”. Ah, certo, poverino lui. Lei è morta, ma concentriamoci sul suo dolore. Perché questa è la società in cui viviamo: una in cui la narrazione è così distorta che persino chi uccide una donna riesce a raccogliere empatia e sostegno. Il femminicidio diventa un dramma romantico, e la vittima si dissolve, dimenticata.
Chi deve essere rinchiuso?
A questo punto, parliamoci chiaro: chi difende Turetta non è solo ignorante, ma rappresenta una minaccia sociale. Questi individui non comprendono il concetto di femminicidio, di violenza patriarcale, di manipolazione tossica. Anzi, la legittimano, la romanticizzano, e la normalizzano. E se questa è l’opinione di massa, forse è giunto il momento di rinchiudere non solo Turetta, ma anche buona parte della società. Un bel manicomio collettivo, dove le persone possano riflettere sulla differenza tra amore e controllo, tra empatia e stupidità.
L’ossessione della redenzione maschile
Il problema non è solo Filippo. È il mondo che, di fronte a un crimine efferato, si affanna a cercare giustificazioni per l’uomo e a ignorare il dolore della donna. È sempre così: quando un uomo uccide una donna, si cercano attenuanti. Era fragile. Era innamorato. Era disperato. E la vittima Ah, lei diventa solo una comparsa nella narrativa del carnefice. E poi ci chiediamo perché il femminicidio sia così radicato.
Lo schifo di una società senza memoria
In un mondo normale, Filippo Turetta sarebbe visto come ciò che è: un assassino. Punto. E invece no. La nostra società non solo lo giustifica, ma lo eleva quasi a simbolo di sofferenza. Ma, cari romantici della domenica, ricordate una cosa: ogni volta che giustificate un Turetta, state dicendo alle future vittime che il loro dolore non conta. Che essere perseguitate e uccise è solo una tragica appendice dell’amore.
E allora, sì: forse davvero dovremmo chiuderci tutti in una stanza e riflettere. Ma fino a quando continueremo a romanticizzare la violenza, la colpa non sarà solo di Filippo Turetta. Sarà nostra.
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