A Ispica, nel ragusano, il cantiere educativo “Volere volare” costruisce integrazione
(da Ispica, Ragusa) – Sono anche giornalisti in erba i ragazzi e le ragazze che fanno parte del cantiere educativo “Volere volare” di Ispica (provincia di Ragusa), nella diocesi di Noto in Sicilia. Tra le attività c’è stata, infatti, anche la realizzazione di un simbolico giornale sul tema della pace, con interviste e foto a personalità locali e testimoni. “Volere volare” è una iniziativa mirata a sostenere tutto l’anno gli studenti italiani e maghrebini con attività di doposcuola, gioco e sport, per costruire una integrazione reale e aiutare le famiglie in difficoltà. Il cantiere educativo di Ispica si svolge ogni pomeriggio dal lunedì al venerdì nella parrocchia di Sant’Antonio Abate a Ispica. È nato pochi anni fa nel periodo della pandemia e si innesta nel cammino dei “cantieri educativi” della Chiesa di Noto. Si ispira al più grande progetto educativo “Crisci Ranni” (in siciliano “cresci forte, diventa grande”) che si svolge a Modica dal 2010. La Caritas di Noto (che comprende 9 comuni, tra cui Modica e Ispica) ha coinvolto da allora ad oggi migliaia di bambini, adolescenti e giovani, riproponendo il motto dell’antico rito collettivo del sabato di Pasqua, in cui i padri alzano al cielo i figli urlando “Crisci Ranni”, mentre le campane delle chiese suonano a festa. Il progetto di Modica va avanti tutto l’anno e prevede, in collaborazione con le scuole, accompagnamento allo studio, corsi di formazione per educatori e durante l’estate il Grest, che quest’anno sta coinvolgendo, fino al 3 agosto, tra i 200 e i 250 bambini e giovani dai 4 ai 13 anni, italiani e figli di immigrati, tra cui minori stranieri non accompagnati. Si svolge in un parco abbandonato restituito alla comunità, intitolato a don Pino Puglisi. D’estate, da questa parti, le giornate si trascorrono in un clima di continua festa, tra giochi a squadre, teatro, balli, sport, laboratori, gite al mare, incontri con testimoni. Non mancano i veli, tra le ragazze islamiche, perfettamente integrate nei gruppi.
“Volere volare” ha un approccio più ridotto ma risponde comunque ai bisogni del territorio. Al momento i volontari seguono 17 bambini e ragazzi di varie nazionalità: tunisini, marocchini, algerini, ucraini, argentini, siriani. Molte famiglie immigrate vivono a Ispica perché lavorano nelle aziende agricole del territorio. In alcune classi la percentuale di presenza straniera sfiora addirittura l’80%. “Purtroppo c’è una scarsa presenza di bambini italiani – spiega una delle volontarie, Carmeluccia Orefice -. Le famiglie straniere non hanno problemi a chiedere aiuto, gli italiani faticano di più”. Il cantiere educativo è centrato soprattutto sull’affiancamento scolastico, il gioco, lo sport, laboratori e attività formative. Al tempo stesso si cerca di seguire l’intero nucleo familiare, con la distribuzione di vestiti per i bambini e generi alimentari. “Nel tempo abbiamo superato la diffidenza iniziale delle famiglie, che pensavano volessimo convertirli – precisa -. Ora partecipiamo alle rispettive feste, il Natale e il Ramadan, ci scambiamo le ricette con le mamme, che sono ottime cuoche. Con loro organizziamo dei laboratori di cucina. Abbiamo anche preparato un calendario con passi del Corano e della Bibbia, per far vedere che il Dio dell’amore è universale. Vogliamo dimostrare che è semplice stare insieme nella diversità”.
Una “pista di decollo” per ragazzi italiani e maghrebini. “Nello spirito di relazione e fraternità si trasmettono valori e contenuti, esperienze e stili di vita”, scrive il vescovo di Noto, monsignor Salvatore Rumeo, in una pubblicazione che racconta il cantiere educativo di Ispica: “C’è un bisogno immenso di affiancare i ragazzi nella loro crescita, soprattutto nella vita quotidiana e nel tempo libero, per aiutarli a relazionarsi con gli altri, giocare, stare allegri ed essere utili agli altri”. Fabio Sammito, direttore della Caritas di Noto, spiega che “Volere volare” è “stata una scelta forte, apparentemente illogica (nel periodo della pandemia), considerate le restrizioni e le difficoltà di quel momento, ma che invece nasconde una chiarezza dettata dalla logica del Vangelo che si incarna attraverso gesti capaci di leggere il tempo in cui viviamo”. Per don Manlio Savarino, il parroco che li accoglie a San Antonio Abate, questo è “un luogo dedito alla cura e all’attenzione dei piccoli, luogo di incontro e di dialogo, luogo di crescita e maturazione, integrazione e creatività”, un posto “dove sentirsi famiglia e crescere come famiglia”. Una sorta di “piccola pista di decollo per nuove e giovani vite, con l’imperativo di ascoltare, aiutare e conoscere gli invisibili dei nostri quartieri, bambini e bambine che poco fanno notizia”.
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