Giustizia – Il pm geloso che processa la ex, il sindaco che ostacola il suo rivale, il medico che ruba i pazienti al Ssn, il carabiniere che molla schiaffi: senza abuso d’ufficio adesso si può
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IL DOSSIER
Colpo di spugna sui “baroni” dei concorsi: effetto Nordio
Giustizia – Il pm geloso che processa la ex, il sindaco che ostacola il suo rivale, il medico che ruba i pazienti al Ssn, il carabiniere che molla schiaffi: senza abuso d’ufficio adesso si può
19 Settembre 2024
Il governo Meloni decanta il merito come un totem, tanto da avergli intitolato un ministero. Ma i fatti, ancora una volta, svuotano le parole d’ordine della destra. Cancellando il reato di abuso d’ufficio, la legge Nordio ha di fatto legalizzato l’usanza più anti-meritocratica che si possa immaginare: truccare i concorsi pubblici, in particolare universitari, per cooptare candidati amici o raccomandati. Soltanto l’anno scorso, infatti, la Corte di Cassazione ha stabilito che la fattispecie appena abrogata (articolo 323 del codice penale) era quella “giusta” per colpire questo tipo di condotte, mentre sono inapplicabili i reati di turbativa d’asta (articoli 353 e 353-bis), riferibili solo a gare per l’acquisto di beni e servizi. Così, dal 25 agosto scorso – giorno di entrata in vigore della riforma – nel nostro ordinamento si è creato un “vuoto di tutela”, come lo definisce il giurista Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale alla Statale di Milano: truccare i concorsi non è turbativa (perché lo ha detto la Cassazione) ma non è nemmeno abuso d’ufficio (perché il reato non esiste più). Quindi, par di capire, è penalmente irrilevante. E i processi in corso in tutta Italia contro “baroni” accusati di aver cucito bandi su misura e pilotato selezioni si avviano su un binario morto, alla faccia delle assicurazioni del ministro della Giustizia, secondo cui “non ci saranno colpi di spugna” perché “il nostro arsenale contro i pubblici ufficiali infedeli è il più fornito d’Europa”.
Con la riapertura degli uffici giudiziari, i tribunali di mezza Italia sono destinati a essere sommersi. Il primo effetto potrebbe un’amnistia mascherata: dal 1997 al 2022 ci sono state 3.623 sentenze di condanna per abuso d’ufficio. Una ricercatrice dell’Università di Milano, Cecilia Pagella, ha raccolto 500 casi tra i più significativi. C’è il carabiniere condannato per aver fermato due ragazze e averle costrette ad aspettare una pattuglia, solo perché avevano respinto le sue avance. C’è il pm geloso, che per vendetta chiede il processo per la ex. Il sindaco che revoca l’incarico a un dirigente perché questi si era candidato contro di lui. La giunta che prima del voto annulla gli avvisi di pagamento dell’Ici. Il medico che dirotta i clienti del servizio sanitario pubblico al suo studio privato. E poi appalti affidati in modo illegittimo, favoritismi nelle nomine, appalti affidati aggirando le gare, pressioni su funzionari pubblici per ottenere decisioni favorevoli ad amici o parenti. Questa casistica è lo specchio dell’abuso di potere in Italia, comportamenti che potranno facilmente diventare oggetto di revisione, perché “il fatto non costituisce più reato”. Nei casi di procedimenti ancora aperti, pm e giudici potrebbero provare a riqualificare le contestazioni, addebitando altri reati.
Dove è difficile, se non impossibile, come nelle concorsopoli universitarie di mezza Italia, il rischio è che si vada verso una pioggia di ricorsi alla Corte Costituzionale. Nel frattempo, a restare sole, sono le vittime: ce n’è una, se non di più per ogni abuso. Ma il governo sembra averle dimenticate.
Uno dei casi più emblematici è l’inchiesta della Procura di Genova, che nel 2022 ha provocato un terremoto alla Facoltà di Giurisprudenza. Tutto nasce dalla denuncia di una tributarista preparatissima, Caterina Corrado Oliva, che però viene sistematicamente bocciata in vari concorsi, perché priva di raccomandazioni e invisa alle cordate dominanti. Succede prima a Firenze, la Procura indaga sessanta persone. L’inchiesta finisce con tutti assolti, ma per il Tar aveva ragione Oliva: è stata penalizzata ingiustamente. È finita qui? Macché. Da quel momento la candidata viene messa da parte in molti altri concorsi, come se le venisse fatta terra bruciata intorno, in vari atenei. È così che un’altra Procura, Genova, nel 2022 arresta due nomi importanti della giurisprudenza, l’ex ordinario Pasquale Costanzo e la sua pupilla Lara Trucco, diventata nel frattempo prorettrice, indagati per truccato una dozzina di concorsi, spesso con favori scambiati con altri professori italiani. A Genova, Oliva viene addirittura scartata da un assegno di ricerca, affidato al figlio di Costanzo, molto più giovane e secondo pm con molti meno titoli. Dalle carte dell’indagine, soprattutto, emerge uno spaccato inquietante dell’accademia italiana.
Costanzo, intercettato, si lamenta dei concorsi “nati male”, dove si fanno “prima i bandi” e solo dopo” “si cercano i vincitori”. Nella testa del barone dovrebbe essere il contrario. E chi si presenta senza sponsor, colpevole di credere nella meritocrazia, è un “rompicoglioni”. Il pm Francesco Cardona Albini, per rafforzare le contestazioni di abuso d’ufficio, ha aggiunto la turbativa d’asta e il falso. Ma la prima ipotesi di reato, come già anticipato, ha già trovato il muro della Cassazione. E dunque il processo, basato su du anni di indagine, rischia di essere spazzato via.
Genova non è però un caso isolato. Le prime conseguenze potrebbero arrivare presto anche a Milano, dove pochi giorni fa i pm hanno chiesto di condannare a un anno e due mesi il rettore della Statale Elio Franzini, e a sei mesi quello del San Raffaele Enrico Gherlone, nel processo di primo grado sulla presunta concorsopoli a Medicina. Il reato ipotizzato, anche qui, è la turbativa d’asta: se i giudici seguiranno l’orientamento della Cassazione (ribadito in ben tre sentenze nel corso del 2023) dovranno assolvere. Come per lo stesso motivo, in un filone parallelo, è già stato assolto Massimo Galli, virologo-star ai tempi del Covid, accusato di aver turbato un concorso da professore associato in favore di un suo collaboratore, ma condannato solo per la marginale accusa di falso. Per i pm i rettori si sono accordati per spartirsi due posti da ordinario di Urologia agli ospedali San Paolo e San Donato, facendo ritirare i candidati “nemici”: se l’abuso d’ufficio esistesse ancora, il tribunale potrebbe riqualificare l’accusa di turbativa e condannare comunque.
Ma poiché quell’opzione non c’è più, l’esito più probabile è un’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.
Situazione diversa a Firenze, dove sono imputati 33 accademici, compreso l’ex rettore Luigi Dei, per l’accusa il dominus di un sistema che assegnava in anticipo i posti da professore all’Ateneo e agli ospedali Careggi e Meyer. Qui i pm contestano (anche) l’abuso d’ufficio a ben 29 imputati: in teoria dovrebbero chiedere per tutti l’assoluzione, ma è probabile che tentino di convincere il tribunale a portare alla Consulta la legge Nordio. Come hanno già fatto i loro colleghi di Reggio Emilia impegnati nel processo sul presunto business degli affidamenti di minori a Bibbiano: dopo l’assoluzione definitiva dello psicologo Claudio Foti – che ha scelto il rito abbreviato – sono ancora imputati in primo grado in 17, tra cui l’ex sindaco Pd Andrea Carletti, accusato di aver affidato alla onlus di Foti il servizio di psicoterapia per minori sotto tutela “in assenza di qualsivoglia procedura ad evidenza pubblica”.
Di abuso d’ufficio, tra gli altri, doveva rispondere anche una dirigente dei servizi sociali, per aver “finanziato” la sua ex compagna versandole quote di affido superiori a quelle previste dalla legge. Prima di arrendersi a chiedere l’assoluzione, nei giorni scorsi la pm Valentina Salvi ha domandato ai giudici di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione di vari principi della Carta, tra cui l’eguaglianza sostanziale e il diritto di azione in giudizio, oltre che l’adesione dell’Italia a convenzioni internazionali, che prevedono il perseguimento del reato.
Allargando lo sguardo, emerge una moltitudine di vittime di piccoli e grandi soprusi, a cui lo Stato non sarà più in grado di dare risposta. L’abolizione dell’abuso d’ufficio toglierà l’ultimo lumicino di speranza alla famiglia di Stefano Puddu, imprenditore sardo morto a Budapest nel 2022, a soli 37 anni, per una meningite mal curata. I suoi avvocati avevano denunciato alcuni i funzionari dell’ambasciata italiana in Ungheria, accusati, tra le altre cose, di aver comunicato in ritardo la notizia del decesso e di aver imposto un’agenzia di onoranze funebri di fiducia dell’ambasciata.
A Latina, invece, due giorni fa è stato assolto l’ex assessore all’urbanistica e coordinatore di Forza Italia, Giuseppe Di Rubbo, accusato di aver autorizzato la realizzazione di una palazzina di quattro piani a Borgo Piave con cubatura triplicata rispetto al previsto.
A Salerno, nessuna soddisfazione per l’avvocata Licia Cicchiello, che si è vista costruire una piscina dai suoi vicini, con un “permesso illegittimo”.
Mentre, a Torino, i giudici hanno assolto una guardia carceraria processata per aver schiaffeggiato un detenuto. Senza una querela di parte, il reato di lesioni non è procedibile. E l’abuso di potere, da ora in poi, è legale.
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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