Marcianise. Sempre più preoccupati i lavoratori della Jabil, per la chiusura dell’impianto.

Sempre più fermento contro la chiusura dello stabilimento Jabil di Marcianise, che dopo l’annuncio ufficiale della multinazionale sta per mandare in mezzo ad una strada 419 lavoratori con annesse famiglie. Il 31 Marzo 2025 si avvicina, infatti, è quella la data della dismissione del sito marcianisano, dove i lavoratori si troveranno di fatto disoccupati senza alcuna colpa. L’azienda come un fulmine a ciel sereno, comunicò ai sindacati, al Mimit, (ministero delle Imprese e del Made in Italy), al ministero del Lavoro, alla Regione Campania, il disimpegno dallo stabilimento di Marcianise entro marzo 2025. Questo è l’atto finale di un percorso a ritroso dell’azienda americana, che partendo da un monte di 900 unità acquisito dalla Ericson, ha via via ridotto il proprio organico, fino alla comunicazione di annientare la forza lavoro in carico con la chiusura del sito produttivo casertano. Oggi nuova protesta dei lavoratori, davanti al ministero del lavoro a Roma, dove l’azienda ha presentato un piano sociale di dismissione, che è stato rigettato in toto dai sindacati. Il piano, non chiaro secondo le RSU presenti, prevederebbe una cessione ad un connubio tra una società di Portico di Caserta e di Invitalia. Il due settembre le parti si dovrebbero reincontrare. Su questo tema è intervenuto il deputato aversano, del Partito democratico Stefano Graziano, che sulla sua pagina Facebook scrive: I lavoratori e le lavoratrici della Jabil, azienda leader nella produzione di sistemi elettronici, stanno protestando davanti al Ministero del Lavoro. Jabil gestisce circa 100 stabilimenti a livello globale e impiega circa 250.000 persone. Non è accettabile che, nonostante la sua presenza globale, l’azienda abbia deciso di smantellare lo stabilimento di Marcianise, mettendo a rischio il sostentamento di circa 440 famiglie. Marcianise possiede tutte le competenze, le maestranze e le risorse umane necessarie per mantenere questi posti di lavoro. È indispensabile che il Governo intervenga per fornire risposte concrete e immediate, garantendo la continuità occupazionale. Parliamo di oltre 400 famiglie, lavoratori e lavoratrici che hanno rifiutato la cassa integrazione perché desiderano lavorare. Questo è il vero volto della “Terra di Lavoro” che non chiede ammortizzatori sociali né soluzioni temporanee. Ho già chiesto chiarimenti al Governo e al Ministro mesi fa, ma non ho ricevuto risposta. È tempo di azioni concrete e tempestive. Ogni ulteriore ritardo è inaccettabile e mette a rischio il futuro di centinaia di famiglie.
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