L’Azienda ha diffuso un comunicato in cui minimizza la gravità della pubblicazione: non si è “registrata alcuna perdita di dati personali, custoditi negli archivi aziendali, ma è stata pubblicata la copia di alcuni. Dalle verifiche è emerso che i dati pubblicati rappresentano una minima parte di quelli complessivamente archiviati nei files server aziendali: 0,6 terabyte (pari a 612 gigabyte) su 29 terabyte totali. La maggior parte di questi dati copiati risulterebbe essere non sanitaria, o addirittura già soggetta a pubblicazione per legge sul nostro sito web. I restanti dati rappresenterebbero documenti frammentari con informazioni cliniche, molte delle quali peraltro datate”, si legge. Sulla vicenda la Procura di Verona ha aperto un’inchiesta: in parallelo, l’azienda ospedaliera ha fatto sapere di aver avviato una propria indagine e “intrapreso tutte le azioni legali atte a tutelare le vittime dell’attacco”.
Verona. Gli ospedali non pagano il riscatto e gli hacker pubblicano 612 gigabyte di file rubati
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Il “colpo” del 23 ottobre aveva creato gravi problemi alle attività sanitarie, mettendo fuori uso l’infrastruttura informatica e costringendo molti reparti a tornare ai documenti cartacei. Ad aumentare il clamore il fatto che la “vittima” dell’incursione fosse il nuovo sistema informatico ospedaliero Sio, avviato a giugno dalla Regione Veneto partendo proprio da Verona (negli ospedali di Borgo Trento e Borgo Roma) con l’obiettivo di estenderlo ad altre aziende sanitarie. Si tratta della cartella sanitaria unica che a regime darà benefici nella gestione dei dati, ma nella fase sperimentale ha dimostrato una serie di criticità, denunciate non solo dai sindacati, ma anche dagli operatori sanitari, a partire da medici e infermieri.
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