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Napoli-Milano. ‘Copia e incolla’ in qualche tribunale: dove per arrestare; dove invece, per scarcerare?!

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“Non è mafia”: contro la Procura il gip copia il testo di un avvocato.

INCHIESTA

Su 154 richieste 11 arresti, ma l’ordinanza è un plagio. Il giudice usa stralci di testo online per svilire l’impianto dei pm: “Solo un postulato”.

Milano. Il giudice per le indagini preliminari, Tommaso Perna, boccia l’impianto dell’inchiesta di ieri della Procura di Milano sul “sistema mafioso lombardo”. Non è mafia per il gip del tribunale, il quale – in punta di diritto – per chiarire cos’è oggi il reato ex 416 bis impiega cinque pagine della sua ordinanza (916-921). Dopodiché affronta la vicenda scrivendo che quella del pm è “una mera ipotesi investigativa, non sufficientemente suffragata dagli elementi di prova raccolti”. E “sia pur esistenti elementi indiziari” questi vengono “esponenzialmente elevati al rango di prove”. Sostenendo che quello della Procura di Milano è “un postulato che trova scarsa aderenza con il dato fattuale”.

Ma che succede se – come risulta da una comparazione dei testi – si scopre che, per evidenziare come il 416 bis debba avere anche “una concreta estrinsecazione della capacità intimidatoria” e che per questo “il tessuto sociale in cui” opera il clan “abbia avuto obiettiva contezza”, il dottor Perna ha copiato e incollato buona parte di un testo dell’avvocato napoletano Salvatore Del Giudice che si occupa, leggendo dal suo sito, di reati contro la persona, contro il patrimonio, contro la Pa Un bel guaio per il giudice e per l’ufficio gip di Milano, che per bocciare l’impianto della Procura utilizza le parole di un legale, che in generale è parte avversa al pm nel processo. E che, il gip di Milano, proprio su questi punti (intimidazioni e allarme sociale) ha bocciato l’associazione mafiosa contestata nell’inchiesta Hydra di ieri.

Del resto i tanti copia e incolla facilmente individuabili sono stati segnalati anche dalla Procura, che dopo aver letto il contenuto dell’ordinanza (con 11 arresti autorizzati rispetto a una richiesta di 154) ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame. Il titolo, del testo, riportato sul sito dell’ignaro legale alla data del 12 settembre 2022, è “Il reato di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p. – I criteri legali di accertamento”. L’attacco del legale è questo: “L’associazione mafiosa, come l’associazione semplice delineata nell’art. 416 c.p., integra, dal punto vista strutturale, un reato di pericolo, giacché la sola sua esistenza compromette il bene giuridico tutelato dalla norma (l’ordine e la sicurezza pubblica, nonché la libertà individuale)”. A pagina 916 dell’ordinanza sotto il paragrafo “Premessa in diritto” e “in senso contrario” alla Procura “il decidente osserva quanto segue”. Le prime righe del gip sono: “L’associazione mafiosa, come l’associazione semplice delineata nell’art.416 c.p., integra, dal punto vista strutturale, un reato di pericolo, giacché la sola sua esistenza compromette il bene giuridico tutelato dalla norma (l’ordine e la sicurezza pubblica, nonché la libertà individuale).” Identiche, comprese le parentesi.

Dopodiché inizia a copiare interi paragrafi senza nemmeno avere la cura di cambiare qualche termine, come farebbe anche uno studente di liceo. Così ancora il legale sui requisiti del 416 bis: “Quello della concreta estrinsecazione della capacità intimidatoria; per integrare il delitto di associazione mafiosa è necessaria, oltre alla sussistenza del vincolo associativo, un’attività esterna obiettivamente riscontrabile e concretamente percepibile”. Il gip a pagina 917: “…della concreta estrinsecazione della capacità intimidatoria; per integrare il delitto di associazione mafiosa è necessaria, oltre alla sussistenza del vincolo associativo, un’attività esterna obiettivamente riscontrabile e concretamente percepibile”. Circa 15, in sei pagine di ordinanza, gli spezzoni che il giudice copia. L’elenco è lungo.

E ora che succede? Anche perché altri elementi depongono per una sottovalutazione dell’impianto dell’accusa. A giugno, quando il gip sta già scrivendo la sua ordinanza, la Procura chiede una proroga di intercettazioni per Filippo Crea, secondo l’accusa membro del consorzio mafioso, poiché si sta infiltrando negli appalti milionari per il dopo alluvione in Emilia Romagna. Più avanti il pm segnala che una sparatoria a Dairago potrebbe aprire una faida. Per tutta risposta il gip scrive che queste integrazioni “nulla aggiungono al quadro sinora delineato peraltro scarsamente argomentate e confluite in poche pagine ciascuna”. E le rigetta. Nemmeno leggerà l’ultimo atto della Procura in cui si riportano i verbali dei pentiti che già riferivano l’esistenza in Lombardia del consorzio. Insomma porta in faccia al pm Alessandra Cerreti, all’aggiunto della Dda Alessandra Dolci e al procuratore Marcello Viola, che assieme al sostituto hanno firmato la richiesta di arresto per 154 indagati. Tutti magistrati (Viola, Dolci, Cerreti) che da tanti anni mangiano solo pane e antimafia. Un muro contro muro inspiegabile. E che rischia di rimanere tale, visto che ieri la Procura non ha fatto la conferenza stampa. Troppo delicato il tema per rispondere alle domande. Fin dall’inizio dell’ordinanza, il gip scrive: “Non si condivide a monte ogni aspetto riguardante la supposta esistenza di un accordo stabile e duraturo tra le diverse componenti calabrese, siciliana e romana”. Era prima di ieri e della scoperta della copiatura.

( – Fonti: Fatto Quotidiano – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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