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I giudici tributari contro Ferri&C.: “Hanno tutti i requisiti per la toga”

DOPO LA RIFORMA – L’organo di autogoverno chiede lumi all’avvocatura dello stato sui possibili nuovi arrivi

DI ILARIA PROIETTI

1 APRILE 2023

E per fortuna che per il governo Draghi la riforma della Giustizia tributaria era uno dei fiori all’occhiello del Pnrr: si scopre solo ora che il reclutamento dei magistrati che dovranno giudicare sul fisco si è rivelato un pasticciaccio brutto, ma meno geniale di quello uscito dalla penna di Carlo Emilio Gadda.

A fare domanda per transitare a tempo pieno come giudici tributari dalle rispettive magistrature di appartenenza sono stati davvero pochi, 34 appena. E la stragrande maggioranza di loro non avrebbe i requisiti prescritti: era richiesta l’illibatezza del curriculum sia rispetto a eventuali pregressi inciampi giudiziari e disciplinari sia per quel che riguarda la loro attitudine a lavorare sodo o almeno senza demerito.

Epperò a scorrere la lista di chi è entrato in graduatoria c’è da rimanere secchi. Vi compaiono i nomi di Cosimo Ferri, finito nel tritacarne per la combine delle nomine all’hotel Champagne, e altri due magistrati che per aver partecipato a quella stessa cena sono stati già sanzionati dal Csm di cui erano all’epoca consiglieri togati. E ancora: aspira a cambiare toga per vestire quella di giudice tributario a tempo pieno anche Baldovino De Sensi, ex segretario di Palazzo dei Marescialli pizzicato a chiedere favori di carriera in chat con Luca Palamara; Luigi Scimè, sotto processo con l’accusa di aver svenduto per danaro la propria funzione e per questo già sospeso in passato tanto dalla magistratura ordinaria che da quella tributaria, così come chi ha sul groppone note di demerito per il ritardo nel deposito delle sentenze.

Prima che il loro transito come giudici tributari a tempo pieno divenga definitivo, l’organo di autogoverno della magistratura di settore ha chiesto dunque un parere all’Avvocatura dello Stato per capire come valutare gli incidenti di carriera di lorsignori. Insomma: sono essi degni di vedersi dischiudere le dorate porte della giustizia tributaria o facciamo finta di nulla L’Avvocatura dello Stato non ha ancora risposto, ma in compenso in Parlamento si agitano le solite manine per provvidenziali emendamenti ad personam.La riforma varata dal governo Draghi nel caldissimo agosto del 2022 per professionalizzare la giustizia tributaria ha previsto innanzitutto di accaparrarsi a suon di ponti d’oro 100 giudici provenienti da altre magistrature. Questi i requisiti richiesti: non avere ricevuto un giudizio di demerito, né revoche, destituzioni o sospensioni dalle funzioni, avere una condotta incensurabile, non avere riportato condanne penali e non avere in corso procedimenti penali e infine non essere stati destinatari di provvedimenti disciplinari nella categoria giurisdizionale di appartenenza. Hanno risposto appena in 37 (scesi poi a 34 perché in tre ci hanno ripensato) e ora serve pure il conforto dell’Avvocatura dello Stato per decidere chi davvero meriti di ricevere l’ok al transito nella magistratura tributaria. Per non rischiare, al Senato c’è chi è già pronto a calare l’asso della norma ad personam: nel calderone degli emendamenti al decreto Pnrr, tra quelli segnalati ce n’è uno a prima firma della renziana Silvia Fregolent che pare teso ad affermare il principio che per il passato tutto è perdonato. Recita così: “Il giudizio di demerito può essere adottato solo con le garanzie del contraddittorio, nelle forme stabilite dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con propria delibera, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione”. Un altro, presentato dai Meloniani, garantirà ai magistrati che transitano nella giustizia tributaria di mantenere gli incarichi in essere in amministrazioni impegnate sul Pnrr.

Chi mai risponde a questo identikit? Certamente Massimiliano Atelli che potrà mantenere l’incarico di capo di gabinetto del ministro dello Sport e contestualmente diventare giudice tributario a tempo pieno. Anzi di più: essendo l’unico magistrato della Corte dei Conti che ha fatto richiesta di passare a giudicare le liti con il fisco, entrerà di diritto nell’organo di autogoverno e senza dover lasciare l’incarico al fianco di Andrea Abodi.

FONTE:

 

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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