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Attualità

La vittoria dello Stato è di destra o di sinistra di Claudio Brachino

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scritto il 20 Gennaio 2023

L’arresto di Matteo Messina Denaro non è una vittoria di destra o di sinistra, ma dello Stato e dei suoi servitori coraggiosi: ecco perché.

di Claudio Brachino

La domanda del nostro titolo l’avevamo già fatta in questo contesto ma applicata alle questioni economiche. L’effetto semantico è un po’ stralunato, ma la provocazione sottostante riproduce sbeffeggiandola la malattia nazionale: affrontare tutti i temi rilevanti della nostra vita sociale come un duello medievale, sempiter guelfi o ghibellini. Ideologicamente, sempiter destra o sinistra.

Allora cominciamo col dire che la vittoria dello Stato nell’arresto di Matteo Messina Denaro (nel frattempo già diventato nella comunicazione MMD, quasi fosse una droga del sabato sera o una lotta estrema clandestina) è la vittoria dello Stato e basta.

Lo Stato è uno, unitario e di tutti, non è né di destra, né di sinistra. Se in questo frangente storico vola a Palermo in qualità di premier la Meloni perché ha vinto, anzi stravinto le elezioni, chi non ha provveduto se ne faccia una ragione. Mi riesce difficile stabilire chi combatte meglio la mafia e le mafie, il centrodestra o il centrosinistra, o stabilire vocazioni etiche o delinquenziali dalla tessera di appartenenza. Come se dicessi, vedi Qatargate, che quelli del Pd hanno un’inclinazione a rubare in Europa o hanno un non so che per cui sono i preferiti dei dittatori arabi per ricevere pacchi di soldi e dire baggianate a comando sui diritti umani.

In realtà di impresentabili ce ne sono da tutte le parti e a me piace ragionare su singoli fatti di cronaca e su precise responsabilità individuali.

Chiarito questo, torniamo alla vittoria dello Stato, in realtà la vittoria dei servitori dello Stato, magistrati coraggiosi e capaci e forze dell’ordinecarabinieri in primis. Gente che ha fatto anni di indagini pazienti e meticolose, gente che una piovosa mattina di gennaio è andata a prendere l’ultimo boss sanguinario dei corleonesi che si curava tranquillamente in ospedale facendo selfie con i medici.

Certo, subito dopo l’applauso, scatta l’inquietudine. Non per l’eterna questione della Trattativa, in bilico tra morale, giustizia e Storia, quella la lascio volentieri a chi ne sa più di me, ma per una sorta di sospensione della legalità in intere enclave formalmente del nostro Paese ma di fatto gestite dalla criminalità organizzata.

Evidentemente ci sono pezzi del nostro territorio dove lo Stato di cui sopra non c’è. Territori dove tanti cittadini non si riconoscono nelle istituzioni democratiche ma nel potere economico e relazionale di boss che diventano imprendibili proprio perché si nascondono alla luce del sole grazie alla complicità non di incalliti criminali ma di cittadini non più cittadini italiani ma di fatto di Cosa Nostra. Terra di mezzo, borghesia corrotta e collusa, antropologia siciliana almeno di quella Sicilia lì perché per fortuna ci sono altre Sicilie.

In queste ore sociologi, mafiologi, tuttologi, cercano la lingua giusta per un fenomeno che pensavamo alle spalle. Non è omertà, è un intreccio difficilmente districabile di interessi, un intreccio che si regge sul più potente binomio dell’umanità, Potere e danaro. E tanti affari.

Il boss di Castelvetrano gestiva un tesoro da 5 miliardi di euro grazie ai prestanomi. Supermercati, business dell’eolico, turismo, contrabbando della benzina, finanza. Ecco come la discussione sul nostro Meridione in termini di politica economica, non tiene mai del tutto conto, o rimuove, il tappo che le mafie sono per la modernizzazione di alcuni territori. E quanti soldi, anche pubblici, finiscono per arricchire quei pochi ai danni di un’intera società fintamente protetta. Come si fa a parlare di disuguaglianza, autonomia differenziata, differente accesso al diritto sacrosanto alla salute, senza questa drammatica contabilità criminale.

Altri particolari presto sapremo su questo arresto e su questa latitanza trentennale clamorosa. Se Matteo Messina Denaro collaborerà, altri pezzi di storia saranno riscritti, specialmente le stragi del 1993. Certo come ha detto giustamente il Procuratore capo di Palermo De Lucia, la mafia non è sconfitta e il debito con le vittime di Cosa Nostra solo parzialmente cancellato.

La gioia per le vittorie, del resto, dura poco, tuttavia anche se le ombre sono sempre in agguato nessuno cancellerà dalla nostra mente la forza pura, la nitidezza quasi infantile del biglietto posato sulla tomba di Falcone:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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