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Musica al Teatro Municipale Giuseppe Verdi

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Le suggestioni delle musiche più belle nel cartellone natalizio del Teatro Municipale Giuseppe Verdi

SALERNO – Il Teatro Municipale Giuseppe Verdi celebra le festività natalizie con un cartellone spettacolare: in programma Turandot, il Concerto di Natale ed il doppio appuntamento del 1 gennaio. La grande musica, le suggestioni delle feste più belle dell’anno, la magia delle Luci d’Artista per vivere insieme emozioni indimenticabili. I dettagli degli spettacoli sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa lo scorso venerdì 23 dicembre nel foyer del Teatro Verdi in via Roma.

Alla presentazione hanno partecipato direttore artistico Daniel Oren, il segretario artistico Antonio Marzullo, e il cast delle rappresentazioni liriche e dei concerti.                                                     

Turandot

  • Lunedì 26 dicembre ore 18 TURNO B
  • Mercoledì 28 dicembre ore 21 TURNO A

Musica di Giacomo Puccini

Direttore d’orchestra, Daniel Oren

Regia, Riccardo Canessa

Maestro del Coro, Armando Tasso

Maestro del Coro di Voci Bianche, Silvana Noschese

Scene e Costumi, Alfredo Troisi

Coreografie, Corona Paone

Assistente al Direttore d’Orchestra, Andrea Albertin

Turandot,  Oksana Dyka

Altoum, Salvatore Minopoli

Timur, Carlo Striuli

Calaf, Jorge de Leòn

Liù, Lianna Haroutounian

Ping, Costantino Finucci

Pang, Enzo Peroni

Pong, Francesco Pittari

Un mandarino, Angelo Nardinocchi

Il principe di Persia, Nazareno Darizillo

Orchestra Filarmonica del Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno

Coro del Teatro dell’opera di Salerno

Coro di Voci Bianche del Teatro Verdi di Salerno

Nuovo allestimento del Teatro Verdi di Salerno

La favola di una gelida principessa per entrare nel Novecento europeo.

di Rosanna Di Giuseppe

In una Cina fiabesca dalla dimensione atemporale si svolge la vicenda di Turandot, l’ultima opera incompiuta di Puccini e uno dei grandi capolavori non finiti della musica del Novecento.  L’occasione di “tentare vie non battute” gli fu offerta dall’idea, proposta da Renato Simoni, grande conoscitore di storia del teatro, in una conversazione avvenuta intorno all’inizio del 1920, di musicare una delle fiabe di Gozzi. La scelta cadde su Turandotte(1762), la quarta delle dieci “fiabe drammatiche” scritte dal drammaturgo veneziano tra il 1761 e il 1765. Singolarmente la commedia gozziana fu letta in un primo momento dal musicista nella traduzione di Maffei dell’adattamento schilleriano in lingua tedesca realizzato per il Teatro Nazionale di Weimer (1802-1804). La mediazione dei preromantici tedeschi (tra gli ammiratori della commedia vi furono fra gli altri Goethe, Schlegel, Tieck e Hoffmann) influenzò Puccini, nel senso dell’accentuazione di un superamento del limite della realtà in chiave fantastica e anche nella realizzazione di una maggiore omogeneizzazione tra il linguaggio dei personaggi principali e quello prosaico delle maschere presenti nel testo di Gozzi, che Schiller aveva tradotto in versi lirici.

Puccini fu inoltre positivamente colpito dalla scenografia per la Turandot di Max Reinhardt realizzata a Berlino nel 1911 di cui aveva sentito parlare a Roma. Egli chiese ai suoi librettisti, che furono per l’appunto Giuseppe Adami e Renato Simoni, di semplificare la commedia nel numero degli atti (in Gozzi erano cinque), e lavorare il soggetto “per renderlo snello, efficace, e soprattutto esaltare la passione di Turandot per tanto tempo soffocata sotto la cenere del suo grande orgoglio”. L’opera tenne impegnato il musicista a partire dal 1920 fino alla morte avvenuta il 29 novembre del 1924 a Bruxelles, dove si era recato nel vano tentativo di curarsi da un cancro alla gola.

Pochi mesi prima, nel marzo di quello stesso anno egli aveva scritto ad Adami: Penso ora per ora, minuto per minuto a Turandot e tutta la mia musica scritta fino ad ora mi pare una burletta e non mi piace più, rivelando piena consapevolezza di una volontà di rinnovamento del melodramma italiano da lui esplicata in tale ultimo lavoro. La partitura rimase incompiuta, interrotta alla morte di Liù, per cui il suo completamento venne affidato per suggerimento di Toscanini a Franco Alfano che poté disporre degli appunti lasciati dal maestro.

Eppure alla prima della Scala, il 25 aprile 1926, nessuno poté ascoltare la conclusione dell’opera in quanto, come Puccini stesso aveva profetizzato, Toscanini terminò l’esecuzione dopo l’aria di Liù Tu che di gel sei cinta, pronunciando le seguenti parole: «Qui finisce l’opera perché a questo punto il maestro è morto».

La fiaba della barbarica e crudele principessa cinese Turandot che, mossa dall’odio verso il sesso maschile, mozza il capo ai suoi pretendenti sottoposti allo scioglimento di difficili enigmi, aveva radici antiche e trova numerose varianti di grande interesse antropologico in svariati miti di civiltà primitive. Gozzi si era ispirato in particolare a uno dei racconti di Le mille e una notte.

L’esigenza di Puccini da una parte era quella di superare gli aspetti marionettistici della favola del drammaturgo veneziano, e quindi quella di psicologizzare i personaggi rendendoli credibili in senso umano, dall’altra di conservare e sottolineare il clima rituale e notturno cui è consegnato il fascino della fiaba e del personaggio algido di Turandot che solo alla fine viene trasformato e umanizzato dall’esperienza dell’amore, e a quel punto la soluzione dello snodo drammatico si presentò assai problematica per l’autore. Egli, sia drammaturgicamente che musicalmente, fu stimolato alla ricerca di un nuova “maniera teatrale” non rinunciando a tutta la sua esperienza passata.

L’elemento lirico-sentimentale rappresentato da Liù, la schiava che si sacrifica per amore del principe Calaf, e quello eroico, incarnato dalla coppia Calaf- Turandot, si uniscono infatti con grande originalità all’elemento nuovo del grottesco identificato nei ministri dell’imperatore Ping, Pang e Pong che rappresentano una grande novità in quanto “commento disincantato, ironico e grottesco, talvolta perfino cinico della realtà che li circonda” al pari dei fools shakespeariani.

Le principali divergenze dalla fiaba gozziana consistono nella motivazione atavica fornita a Turandot per il suo comportamento, lo stupro e l’uccisione della sua ava Lo-u-Ling, che trasforma il suo agire in una missione vendicativa personale, e nel personaggio di Liù inesistente in Gozzi.

La morte di quest’ultima diventa in Puccini un elemento drammaturgicamente fondamentale, assieme al bacio di Calaf, per lo sgelamento e l’umanizzazione della protagonista. L’esotismo e l’allontanamento della storia in un remoto tempo delle favole, consentirono d’altronde una ricerca musicale avanguardistica in cui Puccini si apre alle tendenze più avanzate della musica novecentesca: impiego di liberi agglomerati armonici accanto ad arcaismi modali, politonalità e dissonanze.

Vi si riconoscono influssi, fra l’altro, di Debussy, Casella, Stravinskij e perfino Schönberg. Data la dimensione antirealistica, la vocalità si pone oltre quel tono di ‘conversazione’ perseguito in opere come la Bohème, per prediligere il lirismo teso, anche in un ripristino delle forme chiuse. Essa è tuttavia trattata in molti punti in maniera sperimentale, specie per quanto riguarda il personaggio Turandot. È un cantare fratto, interrotto da pause, antimelodico, che procede con movimenti aspri in contrasto con la passionalità di Calaf.

Tutto il dramma si svolge su questo conflitto, l’atavico duello tra i sessi che si esprime in uno stile rinnovato. Potentemente concentrata e simbolica, la concezione drammaturgica di quest’opera ripristina l’unità di tempo aristotelica. L’azione ha inizio al tramonto, trova il suo culmine al sorgere della luna, simbolo di morte che coincide con l’apparizione di Turandot, si inoltra nella notte, una notte “torbida e folle” dove migliaia di cinesi vanno alla ricerca del nome del principe ignoto, e si conclude all’alba allorquando avviene il mutamento della protagonista. È lo stesso scorrere delle ore dopo lo scioglimento degli enigmi da parte di Calaf, a costituire l’oggetto centrale del dramma, nell’attesa che sia ora la principessa a sciogliere l’ultimo enigma postole dal principe tartaro riguardo allo scoprire il suo nome, pena il soccombere all’amore. Magistrale risulta la costruzione del primo atto, nella sua atmosfera primitiva e barbarica, con la rappresentazione suggestiva di un popolo oppresso dalla crudele legge di Turandot, ma a sua volta crudele e privo di coscienza nell’oscillare tra il fomentare lo spietato volere della principessa e la partecipazione pietosa alla sorte infausta delle vittime, come a quella del giovane principe di Persia. Fin dal prologo ascoltiamo il crudele motivo lacerante di Turandot, le quattro note taglienti con l’intervallo aspro del tritono (mi diesis-si) che connota sinistramente il corto motivo. Esso rappresenta un punto di riferimento che individua il personaggio secondo la tecnica dei leitmotive wagneriani.

La Turandot ha anche un altro tema, quello cerimoniale, che ascoltiamo per la prima volta da un coro di bambini, a simboleggiare la sua purezza, una melodia pentafonica intonata a bocca chiusa che proviene da dietro le quinte, doppiata da due sassofoni. Tale tema accompagna la sua apparizione regale che con grande effetto è ritardata e ancor più avvolta da mistero dal momento che al suo primo mostrarsi sulla scena la principessa non canta (“come una visione” indica il libretto), mostrando solo il suo gesto deciso che dà l’avvio alla decapitazione dell’ennesimo sfortunato pretendente.

Grandi tensioni attraversano l’atto, dominato dal coro e da sonorità percussive e dissonanti. Tra la folla vengono individuati e riconosciuti il vecchio Timur, padre di Calaf e la schiava Liù che lo accompagna. Ad essa è associato un sinuoso e commovente leitmotiv in contrasto con il restante contesto esotico.

Ben presto prende difatti il sopravvento l’ostinato e ossessivo motivo del “Gira la cote” che la folla rivolge al boia, mentre il delirio cresce attraverso una progressione cromatica con modulazioni a toni lontani. Quindi l’invocazione alla luna e la visione di Turandot che provoca l’immediato innamoramento di Calaf.

Questi cade preda di una forza sovrastante, decidendo di suonare il grande gong presente sulla scena e andando così inizio al gioco mortale. È solo nel secondo atto che Turandot canta la sua prima aria “In questa reggia” in cui spiega i motivi ancestrali del suo comportamento, non prima che il terzetto dei ministri abbia cantato una sorta di intermezzo dove essi rimpiangono i tempi felici quando la Cina non era sottoposta alla legge omicida di Turandot.

Di grande efficacia in tale atto risulta inoltre la scena quasi ipnotica dei tre enigmi, mutati rispetto a Gozzi e a Schiller, resi umani e vicini alla vicenda nelle risposte che sono: “speranza”, “sangue”, “Turandot”.

Puccini nell’intenzione di accentuare la ritualità della scena utilizza la stessa musica per la loro formulazione in stile declamatorio da parte di Turandot e per le risposte appropriate di Calaf, salvo salire di mezzo tono per l’ultimo indovinello.

Il terzo atto, dominato nella prima parte dal tema dell’amore che si espande nell’aria di Calaf Nessun dorma – dopo la grande scena di insieme che si conclude con il sacrificio di Liù – pose all’autore i problemi più ostici. Tormentosa era stata per lui e i suoi librettisti la messa a punto di quel duetto d’amore finale (Puccini ne ottenne cinque versioni, prima di accontentarsi) che avrebbe sancito lo sgelamento finale della principessa e la definizione di due nuovi caratteri dell’opera (Turandot e Calaf). La morte sopraggiunse ad impedirne il compimento, ma non si può negare una particolare difficoltà avvertita dall’autore nella risoluzione drammaturgica del finale, come è ampiamente testimoniato dall’epistolario di quegli anni.

Alcuni hanno voluto vedere nella morte di Liù la morte del melodramma, l’impossibilità del linguaggio operistico di inoltrarsi in un mondo così diverso da quello che aveva visto la sua massima fioritura.

L’opera d’altronde non contiene nessuna vera scena d’amore come se questa possibilità fosse ormai negata. Questo duetto redentore in cui Puccini sentiva di doversi confrontare con il Tristano (vi è una precisa annotazione nei suoi appunti: “poi Tristano”), era difficile da scrivere senza compromettere l’equilibrio drammaturgico dell’opera. Altrettanto difficile era trasformare musicalmente un personaggio che aveva dominato tutta l’opera come personaggio notturno e selvaggio in donna amorevole e sottomessa.

Per altri il motivo è psicoanalitico (Carner), Turandot non può evolversi in quanto incarnazione della Madre dominatrice, eroina profondamente diversa da tutte le donne delle sue precedenti opere, vittime di un amore vissuto come colpa tragica, semmai è Liù a richiamarsi ad esse, ma presentandosi pur sempre come un personaggio di grande forza e non semplicemente come un ricalco delle eroine del passato.

Per Fedele D’Amico erano i tempi nuovi a negare il canto di … valori assoluti e unanimi: in un’Europa in pieno travaglio non si potevano pretendere dalla musica di Puccini certezze che nessuno era più in grado di dare.

O ancora si è voluto vedere in Turandot la prefigurazione della donna aggressiva e vampiresca del genere della Lulu di Berg, esprimente “il gelo” e “la crudeltà” che “andavano impossessandosi della nostra vita” (Rubebs Tedeschi). Ma al di là di tutte le possibili interpretazioni cui dà adito un’opera che rimane aperta e dunque enigmatica, va sottolineato l’effettivo percorso compiuto da Puccini per non rimanere “nella retroguardia”(Puccini a Clausetti, 9.7.1911).

Il soggetto di Turandot rappresenta una sfida che il musicista raccoglie e risolve rifiutando ogni retorica piccolo borghese e attraverso un rinnovamento del linguaggio musicale in cui pure fissa, in una sorta di sospensione (Titone), con atteggiamento mentale tipicamente novecentesco, tutti i meccanismi  e stilemi espressivi della sua esperienza compositiv 

  • Domenica 25 dicembre ore 11

Concerto di Natale

Orchestra del Liceo Statale Alfano I di Salerno

Direttore Silvana Noschese

Coro di Voci Bianche del Teatro Giuseppe Verdi di Salerno

Programma:

  • Down in the river to pray – arr. J. Wittig
  • White Christmas
  • Sing Ding-a, Ding-a Dong! – L.S. Bailey (1955)
  • Husabye/Nanita Nana – arr. M. Donnelly, G.L.O. Strid
  • Listen to the wind – J.M. Martin (1959)
  • Skowronki girls’ choir/ Patapan
  • Will you take my hand – J. Papoulis (1961)
  • Cantemos a Maria – arr. J.T. Guzman (1959)
  • La bella e la bestia – elab. M. Lanaro (1957)
  • What a wonderful world – arr. M.A. Brymer (1958)
  • Nuovo cinema Paradiso – arr. G. Mirra
  • All On a Silent Night – B.S. Mayo (1956)
  • Buon Natale a tutto il mondo – arr. R. Marino
  • Santa Claus is coming to town – arr. R. Di Marino, M. Carasia

Il Coro di Voci Bianche del Teatro Verdi di Salerno è nato nel 2000. È costituito da circa 60 bambini di Salerno e della Provincia che si incontrano settimanalmente per dedicarsi allo studio della musica, della vocalità e del repertorio usufruendo di una preziosa opportunità formativa, educativa culturale e musicale. Il coro ha partecipato regolarmente alle produzioni d’opera e concertistiche del Teatro “Giuseppe Verdi” di Salerno. Tra queste ricordiamo: La Bohème, Edgar e Tosca di Giacomo Puccini, Carmen di Bizet, Pagliacci di Mascagni e Werther di Massenet. Il coro ha partecipato

a numerose manifestazioni distinguendosi anche fuori dalla realtà cittadina, nelle produzioni Hansel e Gretel e Carmina Burana al Teatro di San Carlo di Napoli.

A dicembre 2008 ha partecipato alla realizzazione di Nativitas oratorio di G. Panariello eseguito a Napoli e a Pompei, nel settembre 2009 si è distinto a Positano nello spettacolo Voglio essere libero omaggio a Rudolf Nureyev, e il 25 dicembre 2009 si è esibito in un concerto natalizio al Teatro Verdi di Salerno. Nel 2010 oltre a concerti e manifestazioni è stata impegnato nell’opera Carmen con regista Gigi Proietti e alla realizzazione dell’opera per bambini Al lupo, al lupo del compositore G. Panariello al Teatro Verdi. Nel 2011 sotto la direzione orchestrale del M° Daniel Oren i piccoli coristi si sono esibiti nelle opere Tosca e Pagliacci e nel concerto Carmina Burana.

Nel 2012 si sono esibiti nel Concerto di Pasqua con La Messa degli angiulilli del compositore Gaetano Panariello ed hanno partecipato alla V rassegna “Arti di maggio 2012” a Salerno.

Negli ultimi anni il Coro ha partecipato agli allestimenti de La Bohème, Carmen, Turandot ed è stato protagonista di varie edizioni del Concerto di Natale.

  • Domenica 1 gennaio ore 18.30 e 21.30

Gran Concerto di Capodanno

Direttore d’orchestra, Andrea Albertin

Orchestra Filarmonica del Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno

Programma:

  • Inno di Mameli
  • Gioachino Rossini La Gazza ladra, Ouverture La Danza, tarantella napoletana
  • Ruggero Leoncavallo Mattinata
  • Luigi Arditi Il bacio
  • Johann Strauss Jr. Frühlingsstimmen (Voci di Primavera) op. 410

Unter Donner und Blitz, Polka (Tuoni e fulmini) op.324

  • Eduard Strauss Bahn frei! – Polka Schnell, op. 45
  • Giacomo Puccini Da La Bohème: Valzer di Musetta. Da Gianni Schicchi: O mio babbino caro
  • Agustin Lara Granada
  • Johannes Brahms Danze ungheresi n° 1, n° 5
  • Johann Strauss  Il Pipistrello, Ouverture
  • Gerónimo Giménez La Boda De Luis Alonso, Intermezzo

Al suo ventiduesimo anno di vita, l’Orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno vanta un curriculum già molto ricco e prestigioso.

Nel corso di questi anni, la direzione ed il potenziamento musicale dell’orchestra sono stati affidati a direttori del calibro di Peter Maag, Janos Acs, Nicola Luisotti, Yoram David, Daniel Lipton, Donato Renzetti, Roberto Tolomelli, Paolo Arrivabeni, Massimo Pradella, Piero Bellugi, Yves Abel, David Garforth, Ralph Weikert, Miguel Gomez Martinez, Giampaolo Bisanti, Frederic Chaslin, Antonio Pirolli, Antonino Fogliani, Kery Linn Wilson.

Celebri solisti hanno impreziosito l’attività della Filarmonica con concerti di grande livello: Massimo Quarta, Felice Cusano, Carlo Chiarappa, François Joel- Thiollier, Laura De Fusco, Michele Campanella, Marco Postinghel, Guido Corti, Paolo Restani, Vadim Repin, Nicola Martinucci, Ghena Dimitrova, Neil Shicoff, Fiorenza Cedolins, Maria Dragoni, Katia Ricciarelli, Luciana Serra, Juan Diego Flores, Marcelo Alvarez, Sergej Levitin, Giovanni Allevi, Stefano Bollani, Zukermann Chamberplayers, Luca Vignali, Giampiero Sobrino, Paolo Guelfi, Josè Cura, Annick Massis, Roberto Aronica, Elena Mosuc.

La compagine orchestrale salernitana dal 1997 è ormai protagonista di tutte le produzioni liriche effettuate al Teatro “G. Verdi” di Salerno. Dalla prima rappresentazione (Falstaff con Rolando Panerai, dir. J.Acs) sono state messe in scena la Traviata, Rigoletto, il Trovatore, Aida, Macbeth, Un ballo in maschera, Nabucco, Cavalleria Rusticana, Pagliacci, La Bohème, Tosca, Edgar, Manon Lescaut, Turandot, Madama Butterfly, Nozze di Figaro, Don Giovanni, Norma, Carmen, Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola, Hänsel e Gretel, Werther, L’elisir d’amore, Sonnambula, Lucia di Lammermoor, Vedova Allegra, Francesca da Rimini, Romeo e Giulietta.

Nel 2001 ha portato in scena il balletto Romeo e Giulietta di Prokof’ev, con la direzione di David Garforth e in seguito, nel corso della stagione 2004, si è particolarmente distinta nella rappresentazione de Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota e Vedova allegra con la regia di Gino Landi e la prestigiosa partecipazione di Vincenzo Salemme (2008).

Grazie alla convinta determinazione dell’Amministrazione Comunale presieduta dall’allora Sindaco Vincenzo De Luca, l’Orchestra Filarmonica “Giuseppe Verdi” di Salerno ha avuto ed ha nelle fantastiche mani di Daniel Oren una guida considerata dal pubblico internazionale una delle migliori in assoluto. Ed è per merito di Daniel Oren che la “Verdi” ha potuto “lavorare” con protagonisti di altissimo valore artistico in molte produzioni liriche come Renato Bruson con un memorabile Falstaff; Dimitra Theodossiou, intensa Luisa Miller; Daniela Dessy, una delicatissima Francesca da Rimini; Fabio Armiliato, Leo Nucci, un tragico Nabucco; Hui-He, Cio-Cio-Sun particolarissima; e poi Marco Berti, Kristin Lewis, Nino Machaidze, Markus Werba, Celso Abelo, Tarmar Ivery. Non ultima la preziosa e puntuale regia di nomi eccelsi del firmamento cinematografico e televisivo: Franco Zeffirelli (Traviata, Aida), Hugo De Ana, Renzo Giacchieri, Gigi Proietti, Michele Mirabella, Lorenzo Amato, Vittorio Sgarbi, Riccardo Canessa, Giancarlo Del Monaco, Ivan  Stefanutti, Pier Paolo Pacini, Lamberto Pugelli, Lina Wertmüller.

La lunga serie degli interpreti è arricchita da altre stars internazionali che si sono avvicendate sul palco del “Verdi”: Quartetto di Tokio, Grigory Sokolov, Angela Hewitt, Nicolaj Luganskij, Shlomo Mintz, e Roberto Bolle, Mischa Maiskij, Uto Ughi, Salvatore Accardo, Fazil Say, Matthias Rexroth, Alexei Volodin.

La notevole crescita interpretativa, diventata punto di riferimento nel mezzogiorno d’Italia, ha fatto in modo che la Filarmonica “Verdi” si imponesse anche a Catanzaro (Teatro Comunale), Napoli (Are-a Flegrea), Isernia, Roma, e al di fuori dei confini nazionali, in particolare con tournée in Germania (Stoccarda e Kessel Kirchen), un’acclamata tournée in India (New Delhi e Mumbay) con Il barbiere di Siviglia di Rossini, in occasione del Vertice UE 2003, in Giappone e in Portogallo con Carmen e una tournée in Francia con Turandot – regia di Yang-Zimoun.

Si è esibita, inoltre, alla presenza di Papa Giovanni Paolo II, della Regina di Svezia e dell’emerito Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, diretta da Daniel Oren e in presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Il 18 dicembre 2011 l’Orchestra diretta da Daniel Oren è stata protagonista della XV edizione del Concerto di Natale, grande evento promosso dal Senato della Repubblica tenutosi nell’Aula di palazzo Madama con diretta televisiva su Rai Uno, trasmesso in Eurovisione, in diretta radiofonica su Radio3 nonché in differita su Rai International.

L’l’Orchestra Filarmonica “Giuseppe Verdi” di Salerno, diretta dal M° Oren, durante la stagione Lirica 2013 ha registrato per conto della casa discografica Brillant tre opere: La Gioconda, Robert Le Diable e Les Pêcheurs de perles.

La compagine salernitana nel 2014 è stata protagonista di due importanti appuntamenti internazionali: al Daegu Opera Festival con La Traviata e all’Opera di Pechino con Carmen.

Il 14 maggio 2015 l’Orchestra si è esibita nel Concerto della Pace in Vaticano al cospetto di Sua Santità Papa Francesco.

L’Orchestra Filarmonica “Giuseppe Verdi” di Salerno è stata protagonista, negli ultimi anni, di prestigiosi concerti al Festival di Ravello: con il Concerto all’Alba e con il Concerto di Capodanno.

 

 

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