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IL GIOVANE CRITICO E LO SCRITTORE IROSO – Esce oggi la corrispondenza tra i due, i circa 30 saggi di Piccioni su Gadda e due interviste al grande misantropo

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Pasticci, Piccioni e Gadda. “Ora sono un Sofio Loren”

IL GIOVANE CRITICO E LO SCRITTORE IROSO – Esce oggi la corrispondenza tra i due, i circa 30 saggi di Piccioni su Gadda e due interviste al grande misantropo

DI DANIELA RANIERI 
7 GIUGNO 2022
Quando nel 1946 esce a puntate Quer pasticciaccio brutto de via Merulana sulla rivista Letteratura, pochissimi tra gli intellettuali italiani si accorgono che è appena esplosa una supernova nei cieli delle Lettere. A vederla nel suo fulgore inaudito è un giovane critico, Leone Piccioni, che avvisa tutti i conoscenti della comparsa del semisconosciuto Carlo Emilio Gadda: “Ho veduto Ungaretti un pomeriggio”, scrive in una lettera, “e poi Angioletti e Cecchi: da tutti e tre ho raccolto un unanime grido di sdegno (forse è troppo forte) per il racconto di Gadda (specie la 2° puntata)”.Piccioni nel 1950 recensisce il romanzo sul Piccolo con parole lusinghiere. Gadda gli scrive un mese dopo, scusandosi più volte – come di prassi – per l’imperdonabile “dilazione”. Esce oggi per Succedeoggi Libri, a cura di Silvia Zoppi Garampi, la corrispondenza tra i due, i circa 30 saggi di Piccioni su Gadda e due interviste al grande misantropo, protagonista di una serie comica e disperata di aneddoti, idiosincrasie, manie, abbattimenti.

È nota la scrupolosità deformante di Gadda nelle questioni burocratiche e quotidiane: Contini riferì che egli numerava le pagine delle lettere e scriveva l’indirizzo del destinatario 4 volte tra intestazione, firma e involucro anteriore e posteriore della busta; mentre del mittente, scritto a grossi tratti di penna, scriveva anche un indirizzo alternativo; poi si accertava ripetutamente se fossero arrivate, sottoponendo il destinatario a prove e controprove. Spesso si vedeva tornare indietro il plico, “perché le poste e il povero postino non erano riusciti a capir nulla tra quegli indirizzi e quei nomi”.

I suoi giudizi sul prossimo erano sulfurei. Saragat era un “somaro”; gli editori, i questuanti, i giornalisti erano “opinanti” e “farabuttoidi”; Moravia, che nel 1952, con la complicità dei tanti ignoranti intellettuali italiani, gli soffiò lo Strega con una raccolta di racconti nemmeno inediti, è un finto “martire”, colpevole di “inflazione poetica, logorrea critica, e adesso martirologio-Parioli: le baggianate dell’epoca”.

Una volta Giulio Cattaneo (autore de Il gran lombardo, biografia di Gadda) gli disse che Padre Pio appariva a un amico comune; e Gadda: “Possibile che si valga del dono dell’ubiquità per apparire a G.?”.

Nel 1959 esce il film di Pietro Germi tratto dal Pasticciaccio, intitolato Quel maledetto imbroglio. Invitato alla visione privata, Gadda “avvertì affannosamente un amico per telefono di rivolgersi immediatamente ai carabinieri se lui non avesse ritelefonato entro una certa ora” (Cattaneo).

Nel 1960, ormai famoso (“sono diventato un Sofio Loren, un Gino Lollobrigido”), scrive a Piccioni: “La continua, spietata mondanità letteraria non mi ha dato tregua, le incessanti e strane richieste di scritti, di autografi, le proposte di signore che vogliono da Losanna, da Pietra Ligure, da Venezia venirmi a sollevare lo spirito e a curare la casa sono piovute a grandine”. Proprio riguardo alle donne, riferisce Piccioni che Gadda raccontò questo episodio: quand’era tenente presso gli Alpini, alloggiato in una locanda, si ritrovò nel letto la figlia della proprietaria: “Ma quella smaniava, mugulava, si lamentava, gridava. Ed io a dirle: ‘Stia zitta, per carità, stia zitta, il Capitano ci potrebbe sentire’. Al che Piccioni e gli altri gli domandavano: ‘Ma come: ci stavi facendo all’amore e le davi del lei?’, e Gadda: ‘L’avevo appena conosciuta!’”.

Sebbene deluso dalla “Patria” dopo l’orribile esperienza in guerra, “seppe un giorno che il cieco di guerra Delcroix avrebbe tenuto uno dei suoi interminabili discorsi e più o meno sottovoce disse: ‘Almeno fosse stato un muto di guerra’”.

Si ricordano le sue gite in macchina con Parise, il quale “a ogni pur prudente aumento di velocità, s’accorgeva che Gadda, con aria indifferente, piano per non farsi accorgere, inevitabilmente tirava su il freno a mano”, nell’illusione che la velocità fosse frenata e senza supporre che il freno rischiasse di bruciarsi o di fare un testacoda.

Ciò che in Gadda uomo era dominante, secondo Piccioni, era “il trascorrere degli umori e sentimenti, il loro accavallarsi, incastrarsi, sovrapporsi, sì che i diversi stati d’animo… non sono momenti che si succedono a momenti: costituiscono una mutevole fissità, un superbo modo di sapiente interpretazione della realtà”. E cosi sarà nel Gadda scrittore, genio inarrivabile: “I momenti di slancio lirico, e quelli di controllato ritegno ironico, e quelli di infuriante polemica”: tutto concorre a creare un prodigio, “uno stesso mutevole fluire dell’unico e coerente moto del suo sentire drammatico”.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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