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Salerno. Fonderie Pisano, sindacalisti CGIL ‘distratti’? sodalizi adiscono il segretario generale

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Riceviamo e pubblichiamo la seguente Lettera aperta al Segretario Generale CGIL, Maurizio Landini, in merito alle posizioni della RSU sulle Fonderie Pisano: dall’Associazione nazionale “Medicina Democratica” e dal Comitato/Associazione “Salute e Vita”:

Egregio Segretario Generale della CGIL Maurizio Landini,

questa lettera segue la precedente che le inviammo esattamente sei anni fa, quando lei era Segretario Generale della FIOM. A maggio 2016, infatti, come da allegati a questa missiva, contestammo il comportamento della rappresentanza interna dei lavoratori delle Fonderie Pisano di Salerno, non conforme ai principi che muovono il suo sindacato nella tutela della salute e delle condizioni di lavoro degli operai.

La mancanza del certificato antincendio metteva seriamente a repentaglio non soltanto la sicurezza dei lavoratori che prestavano la loro opera all’interno della fonderia, luogo intrinsecamente ad elevato rischio di incendio, ma anche la popolazione nel contesto urbano in cui lo stabilimento è inserito. Tale mancanza ci aveva portato alla mente la triste vicenda degli operai della Thyssenkrupp: anche in quel caso mancava il certificato prevenzione incendi.

In quell’occasione ci colpì profondamente che delegati delle RSU e RLS dell’epoca non avessero in precedenza denunciato questa grave omissione, lasciando al Comitato/Associazione “Salute e Vita” il compito di scoprire e rendere pubblica la preoccupante irregolarità. È merito quindi del Comitato popolare “Salute e Vita” se è stato sollevato il problema e si è evitata una tragedia come avvenne con la Thyssenkrupp. È merito della nostra battaglia, dunque, e non del sindacato, se nel 2017 l’imprenditore Pisano dovette fare investimenti per le modifiche necessarie a garantire la sicurezza ai lavoratori che quotidianamente erano esposti a rischi ingiustificati solo per garantire risparmi e profitti all’imprenditore.

Il silenzio di allora dei rappresentanti sindacali, appartenenti alla sua Confederazione, continuò anche quando la sentenza del TAR del 21 ottobre del 2018 mise in evidenza il pericolo ”esiziale” (secondo la definizione dell’ARPAC in una relazione del 3 ottobre dello stesso anno) a causa dei fumi emessi dalla fabbrica, che non venivano captati e filtrati dai camini. Un silenzio che, invece, avrebbe dovuto trasformarsi in protesta contro una proprietà che inquina e vuole risparmiare sulla pelle, oltre che dei cittadini, anche dei lavoratori. La loro protesta si sarebbe incontrata con la nostra pluridecennale lotta, ma questo non è avvenuto.

Vogliamo ancora una volta sottolineare che, in questa tormentata vicenda, nonostante l’atteggiamento del sindacato, abbiamo sempre ritenuto gli operai vittime alla stessa stregua dei residenti della Valle dell’Irno. Ci teniamo a farle sapere che abbiamo sempre prestato attenzione alle voci di disagio che provenivano dall’interno della fabbrica, testimonianze spesso sussurrate e timorose di rappresaglie, ma sempre preoccupate per la salute di chi è esposto a situazioni lavorative pesanti e rischiose, in particolare per la salute.

La stessa attenzione l’abbiamo riservata per le tante testimonianze di familiari di ammalati o deceduti, residenti nella Valle dell’Irno, e tra essi di molti ex lavoratori delle fonderie colpiti da enfisema, insufficienza respiratoria, tumori dell’albero respiratorio e non solo, tante vite segnate e spente anzitempo per avere avuto, direttamente o indirettamente, a che fare con l’impianto siderurgico di Fratte in Salerno.

120 cartelle cliniche sono state da noi inviate in Tribunale, di queste 50 sono state analizzate dai periti per dimostrare la nocività della fabbrica in questione e sono attualmente al vaglio della Magistratura. Secondo i consulenti dello stesso Tribunale (il medico legale e l’oncologo), in 44 di esse è possibile considerare il nesso causale con l’esposizione ai fumi ed ai metalli pesanti dispersi dalla fonderia e tra tutte le cartelle cliniche ben 10 riguardano ex dipendenti della Pisano: una percentuale considerevole se si considera che è solo una piccola parte del problema. Queste nostre considerazioni ed attenzioni non sono comprese dal sindacato che si accontenta delle rassicurazioni del padrone della fabbrica, più o meno ufficiali e più o meno certificate.

Gentile Segretario, le rendiamo noto inoltre che:

1) dal piano regolatore della città, questo impianto siderurgico obsoleto doveva andare via già nel 2006, poiché nell’ambito del PUC fu lo stesso Comune di Salerno a definirlo “un vetusto impianto industriale, assolutamente incompatibile con il contesto urbano nel quale è inserito, cui potrebbe recare danno per inquinamento atmosferico”;

2) lo SPES, studio di biomonitoraggio ambientale che ha interessato varie aree della terra dei fuochi e dei siti inquinati della Regione Campania, ha accertato il disastro ambientale nei Cluster I e II relativi al territorio dove si svolge da decenni l’attività delle fonderie (https://www.dropbox.com/sh/m4y520onqup1zf9/AADApPVQ6kUY7DdEuAY0Q0jja?dl=0);

3) le relazioni dei Consulenti del Tribunale di Salerno, un pool di esperti di fama nazionale già impegnati nella vicenda ILVA di Taranto, hanno dimostrato in maniera incontrovertibile la gravità dei danni alla salute nella Valle dell’Irno (https://www.dropbox.com/sh/tpkkk34lfqirvdr/AADzkbWXWYqNkZ9nWUeJ6Jrga?dl=0&fbclid=IwAR3046S60uV_BW6KxMkDV7sqdhlQEUD9lPfKxl2GuZI9hom7SupUtfLPwzs).

Tutto questo è la dimostrazione di quanto già abbiamo denunciato in questi anni ed è uno scandalo che, alla luce di tutto ciò, i rappresentanti sindacali siano sempre rimasti sulla linea di negare la gravità della situazione e di difendere la parte padronale, addirittura sostituendosi all’imprenditore nei contraddittori pubblici. È evidente che la loro preoccupazione principale rimane il posto di lavoro, ma è altrettanto ovvio che la presenza di un impianto siderurgico, oltretutto obsoleto, è inconciliabile con il tessuto urbano per sua natura e quel tipo di attività produttiva a Fratte ineluttabilmente è destinata a sparire a meno che non si trovi una soluzione immediata delocalizzando e rinnovando profondamente la sua impiantistica. Fermo restando che, come Associazioni, considerando il quadro di disastro ambientale e sanitario che è emerso da SPES e dagli studi epidemiologici, a nostro giudizio lo stabilimento di via dei Greci va fermato ad horas: non si può più attendere oltre.

Chiediamo pertanto il suo intervento sulla vicenda, anche nella prospettiva di preservare il lavoro: ufficialmente il passaggio della delocalizzazione è stato annunciato per la prima volta un anno e mezzo fa con la garanzia – si diceva – che la proprietà avesse acquistato un’area nel Comune di Buccino, in cui realizzare un nuovo impianto di ultima generazione. Dopo questo annuncio ci fu una reazione avversa del Comune individuato a ricevere l’industria dei Pisano. Si faceva circolare quindi la notizia che la proprietà Pisano aveva vinto al TAR il ricorso che bocciava la variante del sindaco di Buccino, ostativa all’insediamento della fonderia sul suo territorio, che era ufficiale l’appoggio della Regione Campania per creare uno stabilimento a norma e che tutte le procedure erano in regola per il passaggio finale. Insomma, si era realizzato un quadro ideale per avviare questo processo di delocalizzazione, che però tardava a partire. Pochi giorni fa il vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola (alleghiamo articolo) rivelava il mistero dello stallo, dichiarando che non risulta ad oggi alcuna richiesta del PAUR (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale), un passaggio indispensabile per poter spostare lo stabilimento ed interrompere i danni creati. Questa grave anomalia in realtà era già stata rilevata in precedenza dal nostro comitato, ma evidentemente la nostra voce era rimasta inascoltata.

Pochi giorni prima, uno dei rappresentanti sindacali, operaio delle fonderie, il sig. Angelo Clemente (responsabile all’epoca del certificato incendi), in un confronto pubblico (https://fb.watch/cXvaGk97Y8/), continuava a parlare di delocalizzazione come tappa programmatica fortemente voluta dagli imprenditori Pisano, ma non spendeva una parola sulla mancata richiesta di PAUR, che rimane la prova concreta della volontà imprenditoriale di spostare l’impianto. Possibile non fosse informato? Poi è arrivata l’ultima sorpresa. Un’intervista, la settimana scorsa (https://www.radioalfa.fm/fonderie-pisano-a-radio-alfa-il-rappresentante-dei-lavoratori-della-fabbrica-di-salerno-domenico-volpe/), in risposta al vicepresidente della Regione e a difesa dell’operato dei proprietari dell’azienda siderurgica, è stata rilasciata non da un legale degli industriali, ma da rappresentante dei lavoratori della fonderia, il sig. Domenico Volpe, RSU, che ha sostenuto come giustifica della mancata richiesta di autorizzazione ambientale la tesi che gli imprenditori erano in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato, dichiarando che “aspettavano prima che il Consiglio di Stato si esprimesse sulla sentenza del TAR che ha bocciato la variante urbanistica”. Praticamente, la proprietà faceva sapere, per bocca di un lavoratore, che pur avendone avuto la possibilità, non ha fatto un investimento di poche decine di migliaia di euro perché in attesa del Consiglio di Stato. E questo per oltre quattordici mesi! Ci chiediamo a questo punto che senso abbia avuto spendere una cifra davvero ingente, circa due milioni e mezzo di investimento in euro, fatto nel 2021, e poi non fare il passo successivo che richiedeva una spesa di gran lunga inferiore, ma che ne avrebbe permesso l’apertura. Inutile dire che, se si fossero fatti i passaggi giusti in maniera tempestiva, le necessarie autorizzazioni sarebbero arrivate e questo sarebbe stato fondamentale per far deliberare urgentemente sulla vicenda: l’ultimo atto per aprire la fabbrica è proprio il Consiglio di Stato, ed il suo pronunciamento non è ostativo per la concessione delle autorizzazioni regionali.

Ancora una volta il fatto gravissimo, ripetiamo, è che sia stato un sindacato a parlare a difesa degli interessi e dell’immagine dei signori Pisano. E ribadiamo che non capiamo perché la proprietà non esca allo scoperto manifestando le sue vere intenzioni e spinga invece a fare certe dichiarazioni i rappresentanti sindacali. Gli operai sono i nostri padri e fratelli, sono i nostri parenti, sono parte delle famiglie che vengono avvelenate e teniamo a cuore la loro salute. Quello che temiamo è che le Fonderie Pisano non abbiano chiesto le autorizzazioni perché non hanno realmente interesse a realizzare un nuovo stabilimento, temendo i costi eccessivi di materie prime e dell’impiantistica di nuova generazione che non garantirebbero i profitti desiderati. L’obiettivo non dichiarato sembrerebbe essere quindi quello di “tirare avanti” finché possibile, con il silenzio complice della politica e del sindacato. La prospettiva reale su questa strada è la fine della fabbrica così com’è e la perdita di posti di lavoro con il gravoso lascito di nocività e morte.

Questa è il nostro timore ed è una preoccupazione che riteniamo che anche lei, nel suo ruolo di Segretario Generale della CGIL, dovrebbe avere.

Le rinnoviamo pertanto la richiesta di un incontro e di un intervento nazionale e restiamo a sua disposizione per ulteriori informazioni. Se questo non avverrà, come già successo nel 2016, sarà da noi letto come l’ennesimo atto di complicità di un sistema che non è rispettoso dei diritti democratici, né dei cittadini né dei lavoratori, utilizzati in questo caso come merce di scambio dalla proprietà Pisano.

(Lorenzo Forte, Presidente dell’Associazione Salute e VitaComunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)

 

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