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AttualitàCaserta e Sannio

Rubrica “Massa Critica”/L’insostenibile leggerezza delle parole

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Aversa/Un guerra lampo. Per molti esperti militari questo era il tipo di guerra con cui Putin avrebbe desiderato raggiungere il suo obiettivo: invadere e conquistare l’Ucraina, facendo leva su un duplice dato, uguale e contrario.
Da una parte, la celere resa militare di Kiev e, dall’altra, la lenta reattività dei suoi alleati politici più importanti, Usa e Ue in primis.
L’ennesimo colpo di mano sul modello Crimea, dove la strategia puntiniana ha avuto la sua più recente applicazione.
Primum vincere, deinde Philosophari, potrebbe dirsi.
Prima vincere sul campo, poi trattare e solo per formalizzare il risultato già acquisito.
Eppure, una serie imprevista e imprevedibile di accadimenti ha impresso un’accelerazione al corso della storia addirittura più spiazzante di quanto lo stesso Putin potesse, forse, prevedere.
Ma siamo davvero così sicuri che una simile accelerazione si riveli, alla fine, benefica e positiva rispetto alle sorti non solo dell’Ucraina, ma dell’intero continente europeo?
Probabilmente si stanno accavallando letture troppo superficiali e dichiarazioni fin troppo definitive.
In realtà, sono molti gli elementi che dovrebbero indurre ad una più attenta e prudente visione degli eventi, a una netta decelerazione quanto meno di alcune dichiarazioni e finanche di alcune decisioni che stanno letteralmente rivoluzionando posizioni storiche ed equilibri geopolitici consolidati.
Tra i protagonisti indiscussi di questa guerra ci sono i social-media, che hanno iniziato a macinare e rilanciare ogni dettaglio dell’invasione.
Una copertura h24, un racconto del combattimento e dei suoi drammi umani minuto per minuto, che ha dato un’eco mai vista prima agli eventi.
Una guerra entrata nelle case di tutti e, così, nella coscienza e conoscenza di chiunque.
Non una bacheca di Facebook né una timeline di Twitter che non sia stata “coinvolta” dal conflitto.
Nemmeno la guerra in Iraq post 11/9 ha potuto godere di un’attenzione così globale e globalizzata.
Ebbene, l’effetto è stato l’attivazione di una spasmodica e costante attesa collettiva.
Di cosa? Di qualunque cosa.
Un tritacarne mediatico in cui tutto ha iniziato un po’ a confondersi: fatti e opinioni, analisi e auspici, politica e spettacolo.
Non solo.
Questa sorta di onda d’urto mediatica, infatti, non solo ha concorso in modo determinante a creare e amplificare il consenso popolare a sostegno dell’Ucraina, ma ha anche influito pesantemente sul posizionamento delle varie Istituzioni europee e mondiali.
Un condizionamento talmente rapido da spiazzare i tempi e le modalità della diplomazia più avveduta, con ricadute pericolose anche sul suo lessico.
Si pensi al sapiente uso dei social-media fin qui fatto dal presidente ucraino Zelens’kyj che, anche dando fondo alla sua esperienza di ex uomo di spettacolo, è riuscito con qualche tweet, non solo a determinare molta parte delle azioni di sostegno all’Ucraina, ma addirittura a orientare alcune scelte degli altri Paesi stranieri.
Nel rivolgersi alla gente senza intermediazione, è riuscito a creare una pressione pubblica senza precedenti sui vari decisori politici e istituzionali.
Con coraggio e sfrontatezza ha, di volta in volta, chiesto, redarguito, accusato e ottenuto.
Zelens’kyj ha capitalizzato in campo mediatico la velocità spiazzante che Putin ha solo vagheggiato sul campo di battaglia, così impartendo a quest’ultimo una vera lezione comunicativa e creando le condizioni per una valanga di conseguenze geopolitiche.
Si pensi a Finlandia e Svezia, improvvisamente orientate a rinunciare alla loro consolidata neutralità per aprirsi alla NATO e per inviare armamenti a Kiev.
Si pensi alla scelta storica della Germania di inaugurare una nuova stagione di ingentissimi investimenti in spese militari.
Si pensi all’Unione Europea, che si spinge a finanziare un Paese in guerra e apre le porte ad un percorso speciale di adesione dell’Ucraina.
Si pensi al Regno Unito, che fornisce anch’esso armi e si espone a parlare apertamente di un intervento diretto nel conflitto.
Si pensi addirittura alla Svizzera, che si allinea alle durissime sanzioni finanziarie stabilite contro le principali banche russe e gli oligarchi vicini a Putin.
Si pensi poi a Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia, che hanno immediatamente invocato l’art. 4 del Trattato NATO, per attivare le consultazioni di emergenza dei suoi membri in caso di minacce alla propria integrità territoriale, all’indipendenza politica e alla sicurezza.
Si pensi anche all’Italia, che decreta l’invio di propri militari sul fianco est europeo presidiato dalla NATO e supera ogni perplessità dettata dal ripudio della guerra fissato nell’art. 11 della Costituzione per offrire un rifornimento diretto di armi offensive all’Ucraina.
E si pensi, da ultimo, alla marginalizzazione punitiva o alle espresse condanne della Russia da parte delle altre varie istituzioni a livello mondiale, dall’Assemblea Generale dell’ONU alla FIFA fino al Comitato paralimpico internazionale.
Tutti accadimenti né prevedibili né scontati, prodottisi in un tempo fulmineo rispetto a qualunque altra presa di posizione del passato.
Tutti accadimenti che potrebbero sì segnare in un prossimo futuro la fine dell’era Putin in Russia, ma che stanno già ora delineando nuovi equilibri e nuovi scenari – europei e globali – il cui impatto è ancora difficilmente valutabile.
Un’accelerazione che oggi appare, rispetto alla insensata guerra sferrata dalla Russia contro l’Ucraina, positiva e doverosa, ma che meriterebbe e meriterà di essere più meditata nel suo dispiegarsi.
E qui il pallino è tutto in mano alla politica e alla sua capacità di governare fenomeni e percorsi, non di subirli.
Sarebbe pericoloso, infatti, se essa si facesse attrarre troppo e indugiasse più del necessario in quel tritacarne mediatico che impone sempre risposte istantanee, in un’escalation rapidissima di dichiarazioni, uscite, annunci e azioni per saziare consenso e opinione pubblica.
Al netto di tutto quanto vada concretamente fatto per tutelare la pace, è poi sempre bene salvaguardare equilibrio e razionalità, onde evitare che qualcosa di irreparabile possa sfuggire al controllo nell’ansia frenetica di dimostrare reattività sempre e comunque.
Prova ne sia qualche assurda voce levatasi per un immediato coinvolgimento diretto della NATO nella guerra sul terreno, che vorrebbe dire un’estensione del conflitto dagli esiti più drammatici.
Prova ne sia la volontà di qualcuno non solo di opporsi alla folle opzione putiniana della “Grande Russia”, ma anche di mortificare il nemico senza offrigli alcuna “via d’uscita”.
Eppure, il rischio di questa scelta sarebbe proprio una reazione scomposta e definitiva di chi potrebbe convincersi di non avere più nulla da perdere.
È facile presagire che, in quel caso, a perdere saremmo davvero tutti.
Si lavori e si agisca, dunque, per stanare e intrappolare il topo, ma senza rincorrere gli eventi o farsi dettare tempi e modi dalla pressione pubblica del momento o dal circuito mediatico.
La politica e le diplomazie, invece, preservino lucidità, raziocinio, saggezza, strategia e moderazione, non solo nell’azione, ma anche e soprattutto nel linguaggio, perché la leggerezza di certe parole sprezzanti o di talune espressioni dal “sen fuggite” potrebbero compromettere ogni residua possibilità di pace e fare tante vittime quante le bombe.
Lo impone la finalità ultima e condivisa da perseguire, ovverosia proteggere e salvaguardare il bene supremo della vita, non solo per il popolo ucraino, ma per tutti coloro che sono coinvolti o potrebbero essere coinvolti nell’assurdità della guerra.

(di Luigi Massa – dalla Rubrica “⚡️massa critica ✍️” – n. 5/2022 – edizioni Pensiero Libero -®️ diritti riservati)

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