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Donne orientale e donne occidentali: raffronto tra le rispettive condizioni ed usanze

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Bentornati all’appuntamento con la rubrica “Per ogni donna… e non solo”, diretta dal Professor Pasquale Vitale e curata dall’avvocato Giulio Amandola e dalla dottoressa Speranza Anzia Cardillo.

Oggi cercheremo di fare un parallelo tra la condizione della donna occidentale e quella orientale.

Ovviamente non si potrà riassumere in un’unica trattazione un argomento così complesso, per questo motivo riteniamo che questo di oggi sia, più che altro, un numero introduttivo, che sarà seguito da altri articoli ed interventi con i quali cercheremo di delineare un quadro più completo.

Intervento della dottoressa in Giurisprudenza e Criminologa Speranza Cardillo:

Quando affrontiamo il tema della diversità tra donne facciamo, ovviamente, riferimento ad un argomento che é nato con il mondo.

Fin dagli albori della creazione e della vita, infatti, la donna era un’appendice dell’uomo che doveva vivere alla sua ombra senza che ciò fosse considerato ingiusto o anormale.

Con il passare dei secoli, però, le donne hanno rivendicato tanti diritti, ma questo non vuol dire che tutte loro possano vantare una condizione di parità rispetto all’uomo, sia in società che in famiglia. Tuttavia la differenza rispetto ai diritti delle donne esiste fortemente se mettiamo a confronto la realtà occidentale con quella orientale.

Molti Stati d’Oriente, infatti, non riconoscono alle donne gli stessi diritti riconosciuti agli uomini. Nonostante la donna orientale si prodighi tanto per la famiglia e la società, vede alcuni suoi importanti diritti fortemente limitati o addirittura negati.

Tutto ciò accade non perché non ci siano donne orientali forti, determinate e preparate, ma solo perché, per motivi culturali e religiosi l’uomo esercita la sua superiorità, tra l’altro riconosciuta dall’ordinamento di questi stessi Stati.

Anche la donna occidentale, anche se ovviamente in minor parte, trova  qualche difficoltà. La stessa alta percentuale di femminicidi riscontrata anche in Italia denota come la società e gran parte dell’universo maschile contrasti fortemente il ruolo di parità rivendicato dalle donne.

Nei Paesi occidentali molti passi avanti sono stati fatti a livello legislativo, anche se nel mondo del lavoro c’è ancora una certa disparità tra uomo e donna.

Concludendo, anche se le donne del mondo occidentale hanno vinto sicuramente più battaglie sia a livello culturale che in fatto di riconoscimento di parità da parte del sistema giuridico, c’è ancora tanta strada da percorrere per il riconoscimento di una piena parità.

Intervento di Lucia di Bello, Avvocato e dottoressa in psicologia, autrice di pubblicazioni giuridiche, di opere monografiche e collettanee per riviste e case editrici di rilievo nazionale. Relatrice in convegni su temi giuridici e sociali:

In molti paesi a maggioranza islamica, il divario tra condizione maschile e femminile è notevole, ma per lo più si tratta di paesi in cui è in atto un lento processo di alienazione religiosa e culturale, un’occidentalizzazione rampante che ha colonizzato una parte importante della produzione simbolica di queste società.

In esse si è fatto strada il concetto che ‘maggiore libertà significhi maggiore occidentalizzazione’ e di ciò fanno le spese proprio le donne, che finiscono per essere strumentalizzate da dittature sanguinarie che non riconoscono i loro diritti. Non a caso, le condizioni più critiche riguardano proprio le donne appartenenti a tali società “occidentalizzate”, come la Tunisia, il Marocco e l’Algeria.

È sbagliato, però, identificare l’Islam con i modelli afgani o sauditi, poiché questi sistemi, negando alle donne l’accesso alla conoscenza, sono in opposizione con i principi islamici che non tollerano coloro che sono inclini ai pregiudizi contro le donne o che operano discriminazioni tra i sessi.

Secondo l’Islam, infatti, la donna musulmana è la compagna dell’uomo e quest’ultimo non ha alcun potere sulla stessa, tranne che nello specifico contesto familiare. La donna, inoltre, può scegliere di diventare musulmana indipendentemente dalla fede dei suoi parenti più prossimi e di accettare un matrimonio che, in assenza del suo consenso, non può essere considerato valido.

Nessuno, nell’ordine islamico, può porre ostacoli alla donna, la quale è chiamata a contribuire al benessere generale ed alla realizzazione degli obiettivi religiosi. Uno dei diritti fondamentali della donna musulmana è, inoltre, quello di non essere considerata un oggetto di piacere ad uso e consumo degli uomini. Il Corano fa chiaramente intendere che la modestia nell’abbigliamento, obbligatoria anche per l’uomo, ha proprio il compito di preservare l’integrità della donna ed il rispetto nei confronti dell’uomo.

Il punto di vista islamico, pertanto, non è quello di vietare i rapporti tra uomo e donna, ma di fare in modo che essi siano improntati alla solidarietà ed alla mutua collaborazione per la costituzione di una società pura e devota.

L’Islam non mira alla repressione e ad ingiuste limitazioni imposte alle donne ma all’educazione, all’istruzione e alla conoscenza dei testi sacri poiché tutto ciò che rappresenta un divieto inibisce la condotta legittima dell’individuo. Il riferimento autentico all’Islam e la lotta all’ignoranza religiosa rappresentano, quindi, le uniche forze in grado di vivificare la condizione umana, femminile e maschile.

Ciò che emerge da queste considerazioni è che spesso la fonte delle discriminazioni nei confronti delle donne non sta nella religione, ma nella cultura e nelle tradizioni tribali che ad essa si sono sovrapposte.

Molte donne musulmane tentano, pertanto, di legittimare le proprie rivendicazioni di parità e di piena cittadinanza come progetti in sintonia con il messaggio della religione islamica, nel tentativo di contrastare coloro che attaccano i loro diritti definendoli alieni all’Islam”.

Video del dott. Giulio Amandola (cliccare)

(Fonte: BelvedereNews – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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