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Un allievo ricorda il professor Gianni Cerami, che sapeva fare dell’Urbanistica una lieve poesia

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Ero giovane, studente alla facoltà di Architettura di Napoli.

Avevo come professore di Urbanistica un uomo splendido, che parlava dei problemi della città e della metropoli facendo leggere ai noi studenti i libri di Lewis Carroll e le poesie di Paul Valery.

Quel professore durante le lezioni amava parlare del vuoto, della leggerezza, della meraviglia di Alice quando scopriva che oltre al suo mondo c’era un mondo diverso, onirico, dove i gatti portavano gli stivali, dove i fiori parlavano, dove Alice si poteva sentire a volte grande come un gigante, altre volte piccola, piccola come un insetto.

Quel professore spiegava in aula che la necessità di sottrarre peso alle città e la bellezza intesa come una qualità irrinunciabile, dovevano essere priorità assolute nel progetto urbano.

Immaginava una città accogliente, disegnata da decisioni non autoritarie, prese dalla comunità. Trasferiva alla sua disciplina l’idea di armonia che dominava la sua visione della vita.

La città doveva essere pensata per il piacere della gente.

Per lui una grande necessità era quella di sottrarre peso alla città. Gli spazi vuoti, i parchi urbani, centro dei suoi studi di urbanista, erano intesi come spazi di esaltazione della città, luoghi in cui poter vivere il proprio tempo nella sua globalità, senza negare una parte a favore di un’altra parte del tempo dell’uomo.

Per lui la classificazione del tempo dell’uomo, che aveva prodotto le città fino a quel momento, doveva essere rivisto. Il tempo per lui doveva essere considerato come tempo unico e non diviso in tante parti e conseguentemente lo spazio urbano doveva essere inteso come lo spazio del tempo della gente visto nella sua globalità.

Era un uomo straordinario, prima che un urbanista era un poeta, perché sapeva rendere la sua vita una poesia.

La leggerezza, la gentilezza, la poesia, erano per lui valori irrinunciabili nella costruzione di un racconto e quindi anche nel racconto di una città, nel lavoro di un urbanista.

Lui, quegli stessi valori, li faceva studiare, analizzare, applicare con lo stesso impegno e la stessa dedizione di come un qualsiasi altro professore di urbanistica faceva studiare ed analizzare ai propri studenti statistiche, indicatori, numeri.

Era capace col suo modo, gentile e sensibile, con la sua immensa cultura, di rendere poesia una materia che tutto era considerata dagli studenti tranne che poesia.

Era Gianni Cerami, era… è il mio Professore di Urbanistica.

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