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‘Trust Offshore’: ecco i metodi più redditizi per riciclare il denaro ‘sporco’

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Fatti un trust offshore anche tu: ecco come

Dagli spalloni ai diamanti fino alle cripto: i modi per lavare il nero e spenderlo felici. Ovviamente, serviranno fior di professionisti..

Prima regola del “Black Club”: non parlare mai del “Black Club”. Seconda regola: mai parlare del “Black Club”. Ma, se serve, qualche esperto c’è.

D’altronde il “nero” è uno sport nazionale: ogni anno in Italia l’economia sommersa fattura centinaia di miliardi. Tutti nascosti sotto il materasso? Nient’affatto, se ne occupa uno stuolo di professionisti. Il contante è delizia e croce: mai commettere l’errore di farlo transitare in banca o di frazionare le operazioni allo sportello perché nulla sfugge a database e segnalazioni di operazione sospetta di riciclaggio. Nemmeno le cassette di sicurezza: gli istituti registrano se vi si accede. Come metterlo al sicuro e poterlo spendere senza risultarne titolari? Come farsi un bel trust oltremare come i vip dei Pandora Papers, tra cui Roberto Mancini e Gianluca Vialli? Ecco come gira il fumo (sempre che uno abbia abbastanza fumo da far girare: mica a tutti conviene l’offshore…).

Gli spalloni. Nei doppifondi delle auto, a volte ipertecnologici, dentro zaini di montagna, nei pannolini dei bambini, mutande e panciere, addirittura nelle borracce dei ciclisti: tutti i casi citati sono reali perché la fantasia degli italiani e dei loro aiutanti non ha limiti quando si tratta di esportare il cash. Ma occhio ai costi: per ogni trasbordo i professionisti chiedono intorno il 2% del valore al Nord, il 3 al Sud. Di solito gli spalloni sono gente irreprensibile – niente di peggio che fregare i clienti: chi ci prova finisce spesso male perché rovina “la ditta” – e lavorano in gruppo. Alcune banche svizzere avevano reti di servizio “a domicilio”: concordati luogo e ora, mandavano addetti a prendere i soldi, li portavano fuori o li riportavano al cliente. A San Marino, per le grosse somme, ti offrivano pure la scorta. Ma dopo gli scudi fiscali e la voluntary disclosure le operazioni di “esfiltrazione” ormai sono quasi impossibili ai privati: le banche estere non hanno più convenienza ad aprire conti anonimi o a gestire il “nero”, specie per piccole somme. Restano le fiduciarie, ma quelle poche che lo fanno ancora chiedono commissioni annue micidiali. Capita anche che qualche intermediario si appropri del denaro esportato illegalmente: per riprenderlo va portato in tribunale. Sicuri di volervi autodenunciare? Come dimostrerete che è vostro?

Il “back to back”. Per evitare i problemi quando si spostano da e per l’estero grandi o piccole somme, una soluzione esiste: non muoverle. Sembra un paradosso, ma non lo è. Immaginiamo che il cliente A voglia spostare all’estero la somma X e il cliente B (da solo o con altri) voglia riportare la stessa somma in Italia: l’intermediario di B lo mette in contatto con A, al quale girerà il conto estero di B, mentre B (da solo o con altri) riceverà direttamente i contanti da A. All’intermediario andrà una commissione pagata da A e B. Così i soldi andranno e torneranno dall’estero senza spostarsi.

Diamanti, oro, arte. Per le grandi somme, invece di mazzette di banconote si possono esportare oro, diamanti, tele. Il back to back funziona benissimo anche con questi strumenti. Basta depositarli in un porto franco, farsi rilasciare un titolo di deposito e una polizza e oplà, non servirà spostarli: il titolo e la polizza passeranno di mano a fronte di contanti.

Criptovalute. Cosa c’è di più anonimo di un token che vale migliaia o decine di migliaia di euro, è stoccato su memorie Usb, viaggia sulla blockchain o dentro un pc? Vai a capire chi sono i detentori dei file e dei relativi wallet. Se si vuol fare il salto di qualità, si possono fondare società che emettono criptovalute e ricevono in cambio milioni. Non a caso, reti di “specialisti” in passato hanno battuto palmo a palmo l’Italia in cerca di chi avesse milioni da riciclare o far emergere, offrendo “chiavi in mano” l’emissione di nuove cripto in Ticino o nel Cantone di Zugo.

Specialisti e fiduciari. Basta un giro sul web: sono migliaia i professionisti dell’“escapologia fiscale” a portata di un click. Singoli o in studi associati, avvocati, consulenti, ex bancari, fiduciari offrono per centina o qualche migliaio di euro l’anno la costituzione di società anonime, l’apertura di conti bancari intestati a queste, carte di credito e a volte pure il passaporto nei paradisi fiscali.

Le imprese. Esportare capitali? Un paio di storie vere: un prosciuttificio vende merce in Russia per 3 milioni, ma dichiara di non essere stato pagato. In realtà si fa accreditare il denaro sul conto di una società anonima e spesa la perdita a bilancio ottenendo pure benefici fiscali. Una cava di marmo esporta negli Emirati un carico da 20 milioni ma ne fattura 5: il resto finisce su un conto emiratino.

Le società offshore. Per questo ricorriamo a Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia e consulente di numerose Procure. Secondo lui, la situazione oggi è peggiore che mai ed è questa: “L’esportazione di capitali non si è fermata: i soldi in nero o sporchi dal Nord Italia vanno ancora in Svizzera, quelli del Sud a Malta. Basta impacchettarli in qualche società o fondo e si muovono ancora nelle banche svizzere, rigidissime solo verso le persone fisiche, ma che se arriva una società lussemburghese non si fanno problemi. Poi magari la scatola lussemburghese è controllata da una ‘buca delle lettere’ olandese, questa da un veicolo alle Antille… Il denaro va nei Paesi dell’anonimato bancario e finanziario, da lì in Lussemburgo, nel Regno Unito con il suo Commonwealth che comprende Cayman, British Virgin Island, Isole del Canale, negli Usa con il Delaware, Nevada, South Dakota e da lì rientra in Europa. Alle società con il ‘nero’ servono scatole in Paesi con un sistema finanziario e una ‘specialità’: l’Irlanda ha la tassazione di vantaggio sui redditi d’impresa, l’Olanda le società di comodo e le regole di diritto societario, il Lussemburgo non tassa i dividendi e registra società costituite da veicoli offshore. Un ruolo fondamentale negli schemi fiscali ce l’hanno i network globali della consulenza aziendale. I contanti per la criminalità organizzata sono riciclati e rientrano soprattutto dall’Europa dell’Est, dai Paesi baltici alla Romania, da Montenegro, ex Jugoslavia, Albania. Invece per chi vuol movimentare o rimpatriare grandi somme evase o frutto di attività illecite i veicoli migliori sono i fondi di investimento privati collocati in Paesi con sistemi bancari laschi che accettano denaro di provenienza ignota. Sarà un caso che a Milano alcune grandi operazioni immobiliari sono effettuate da fondi di private equity degli Emirati, il nuovo centro del riciclaggio internazionale? Come mai i fondi privati sono interessati a comprare squadre di calcio italiane, nonostante la crisi del settore e le voragini nei bilanci?”.

 

(di Nicola Borzi – Fonti: Il Fatto Quotidiano – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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