Da Leopardi a Chopin, omosessuali tra le righe: spesso gli artisti camuffavano la loro natura nelle opere d’arte
Franco Buffoni ricostruisce le vite segrete degli artisti e svela censure, falsità e omissioni per celare la loro natura. Che spesso camuffavano dentro le opere d’arte.
“Definire e definirsi è un atto essenziale” scrive Franco Buffoni in questo suo ultimo Vite negate, in libreria dal 12 ottobre per Fve. Ecco perché, dismessi i panni del poeta, ha deciso di soffiare via la polvere della mistificazione da tante, troppe biografie.
L’autore varesino getta l’amo del suo outing dentro i secoli e riporta in superficie celebrità e anonimi lasciando sul fondo quella “patina di neutro grigiore eterosessuale” che ha disciplinato l’immaginario. Con l’acribia di un inquirente denuncia contraffazioni, ricompone testimonianze, scandaglia epistolari. Fedele a un’idea di metodo, richiamando le ambiguità di Pavese (“Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità”), Buffoni formalizza che “se uno è eterosessuale le evidenze ci sono sempre, se uno è omosessuale fa di tutto perché non si capisca”.
La valutazione estetica non è in discussione ma capovolgere le declinazioni dal maschile al femminile ha cambiato decisamente volto a tante opere dell’ingegno artistico. Se Gadda ha distrutto tutto ciò che riguardava la sua sfera privata, Palazzeschi ha camuffato le sue pulsioni omoerotiche nei personaggi femminili dei suoi romanzi.
Se Gozzano e Rebora si sono acquattati dietro il conformismo, altri letterati hanno messo in atto strategie di nascondimento: Eliot si è smarrito in “un universo di reticenze e di negazioni velate di perbenismo e ipocrisia”, Pessoa ha mimetizzato “la sua genialità gay nelle multiformi pieghe caratteriali dei suoi eteronimi”.
Senza contare ciò che è stato adulterato a posteriori per “preservare l’immagine” di icone universali: dai Sonetti di Shakespeare alle Rime di Michelangelo. Sotto la lente di Buffoni – che già vi si era misurato in Silvia è un anagramma – Leopardi è un gay innamorato e non corrisposto di Ranieri, il quale si premura di distruggere tutta la corrispondenza inviata al poeta di Recanati ma non le lettere a lui indirizzate. Leopardi gli scrive frasi come: “Ti ripeto ch’io t’amo quanto si può amare in questa vita, e che ogni giorno, ogni ora, ti sospiro”.
Buffoni contesta la minimizzazione critica per la quale espressioni di questo tenore fossero correnti nelle amicizie virili dell’epoca. Stessa sorte per gli struggimenti di Schubert. Gli amori infelici, per una nobile e una cantante, del compositore austriaco, non furono che patetiche coperture. Il simbolo del Romanticismo era omosessuale come il collega polacco Chopin (pura facciata la sua relazione con la scrittrice francese George Sand): il suo epistolario è stato massacrato dai censori, si legge donna dov’era scritto uomo. Il censimento di Buffoni contempla decine di casi prelevati dalla storia, dalla cronaca, dallo sport.
Senza timori il suo scavo desacralizza la filosofia (la relazione tra Parmenide e Zenone), l’antica Roma (a Eliogabalo le parate servivano per selezionare gli amanti più prestanti, “tra le prime transgender o queer o gender fluid della storia e dunque, volendo, anche l’unica imperatrice dell’Impero Romano”), il Risorgimento (il rapporto ambiguo tra Mazzini e Mameli, autore dell’Inno nazionale).
Le vite annientate dalla cosmesi eterosessuale allignano anche tra gli sportivi (dal pugile americano Emile Griffith al pilota di Formula Uno Ayrton Senna). Una vicenda emblematica raccontata da Buffoni è quella di Pierre Seel, deportato omosessuale in un lager nazista che occulta il suo passato mettendo su famiglia (“cercare di dimenticare tacendo”) e che quando la verità diventa pubblica viene ripudiato dai figli.
Nemmeno ciò che è stato “canonizzato” è al riparo dagli agguati. Quando Macron si è proposto di tumulare insieme nel Pantheon Verlaine e Rimbaud, una pro-pronipote dell’autore di Una stagione all’inferno ha messo di mezzo gli avvocati e impedito il trasferimento. A distanza di secoli ancora un soprassalto di oscurantismo su una delle più travolgenti storie d’amore che la Francia dell’Ottocento ricordi. La lezione che nel passato come nel presente sembra sfuggire alla coscienza collettiva è messa nero su bianco da Buffoni: “Omosessuali non si nasce né si diventa. Omosessuali si è”.
(di Crocifisso Dentello – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)