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Nomura: lo shock energetico in Cina ed Evergrande contageranno il mondo? di Innocenzo Orlando

E’ quanto scrive la banca giapponese, in linea con Goldman Sachs e Morgan Stanley. Dai chip al cemento, al tessile, migliaia di fabbriche sono state chiuse o hanno dovuto ridurre la produzione. Tagliate le attese di crescita della Cina. Intanto Sinopec ha fatto il maggior acquisto a premio di gas naturale degli ultimi mesi.

 La crisi energetica sta iniziando a spostarsi dalle fabbriche alle case, con gli abitanti delle province settentrionali già colpiti da blackout, un fatto che sta creando rischi di instabilità sociale che si aggiungono alla probabilità di un rallentamento economico e al problema Evergrande. Le fabbriche cinesi consumano direttamente la maggior parte del gas importato nel Paese, sia come materia prima che per il riscaldamento. Il carburante genera solo una parte relativamente piccola dell’elettricità della nazione, dietro al carbone e all’energia idroelettrica. Il risultato finale potrebbe essere una carenza di tutto, dai tessili ai componenti elettronici, che potrebbe intaccare le catene di approvvigionamento e i profitti di una miriade di multinazionali.

 Nel Jiangsu, una provincia vicino a Shanghai con un’economia quasi grande come quelle del Canada, le acciaierie hanno chiuso e alcune città hanno spento i lampioni. Nel vicino Zhejiang, 160 aziende ad alta intensità di energia, comprese quelle tessili, sono state chiuse. Mentre nel Liaoning, nell’estremo nord, 14 città hanno ordinato interruzioni di corrente che sono state in parte attribuite all’aumento dei prezzi del carbone. Quest’ultimo (Eu carbon permits) oggi sale del 2,3% a 64,38 euro da 29 euro di un anno fa, è più che raddoppiato.

 Il taglio ai consumi energetici dipende dall’aumento della domanda di elettricità e dei prezzi del carbone e del gas, così come dai nuovi obiettivi di Pechino per ridurre le emissioni in vista delle Olimpiadi di febbraio 2022 e della neutralità sulle emissioni di CO2 entro il 2060. Anche perché quasi la metà delle regioni della Cina ha mancato gli obiettivi fissati da Pechino sul taglio dei consumi. Fra le aree più colpite vi sono Jiangsu, Zhejiang e Guangdong, che rappresentano quasi un terzo dell’economia del Paese.