«“Dell’orfanatrofio ricordo solo le botte e che noi bimbi vivevamo nel terrore”». Con questa frase del baritono Daniel Giulianini comincia sul Corriere della Sera un servizio di Alessandro Fulloni. Il quale più avanti insiste: «Non lo vide più all’orfanatrofio». Abolito l’orfanotrofio. Il gender dilaga.

In un articolo sul Foglio, intitolato «Populisti alla riscossa», il vicedirettore Salvatore Merlo scrive: «Non responsabilità personale, ma responsabilità oggettiva. Tipo la Salem del 1642, ma con Toninelli giudice religioso: bruciamo sul rogo i Benetton e chiunque sia stato con loro». Duole correggere il sapido Merlo, ma il processo di Salem si celebrò mezzo secolo dopo, nel 1692, e non comportò l’accensione di alcun rogo: le 15 sventurate accusate di stregoneria furono impiccate, insieme con 4 maschi, tanto che il luogo dell’esecuzione fu per molto tempo chiamato Gallows Hill (Collina del patibolo). Un uomo fu lapidato per essersi rifiutato di testimoniare.

Titolo d’apertura sulla prima pagina di Libero: «Di Maio segue la crisi in costume dalla spiaggia». Le crisi in costume sono una nuova evenienza politica? No? Allora bisognava scrivere: «Di Maio in costume segue la crisi dalla spiaggia».

Titolo a tutta pagina da Avvenire: «“Kabul addio” tra una settimana». Non era Lugano? Urge interpellare Ivan Graziani.

La Verità pubblica una grande foto di un’elegante signora, che nella didascalia viene qualificata come Marella Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli, deceduta nel 2019. Peccato che si tratti invece di Allegra Caracciolo, vedova di Umberto Agnelli, la quale è tuttora viva e vegeta.

In un duro editoriale contro Luciana Lamorgese, ministro dell’Interno, Vittorio Feltri commenta su Libero: «Poveraccia, dopo aver spalancato le porte a migliaia di immigrati, molti dei quali infettati dal virus, ella ora è alle prese con l’arrivo dei talebani e supponiamo non sarà capace di amministrare la nuova invasione». È in corso una diaspora di talebani verso l’Italia?

«La storia della televisione non sarebbe la stessa senza Bianca Maria Piccinino, triestina, oggi 97 anni (gli stessi della Rai), prima telegiornalista italiana», scrive Benedetta Moro sul Corriere della Sera. È vero che l’Uri (Unione radiofonica italiana) – poi trasformata in Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) – nacque nel 1924, l’anno in cui venne al mondo Piccinino. Ma la Rai (Radio audizioni italiane) vide la luce soltanto il 26 ottobre 1944, quindi ha 76 anni, non 97.

Riferendosi sul Fatto Quotidiano al collega Renato Farina, Ilaria Proietti parla di «un cursus honorum iniziato nel 1999 quando aveva avviato la sua collaborazione con i servizi segreti in occasione della guerra in Serbia, che da allora non si era più fermata, come del resto pure la carriera di giornalista». Ci rallegriamo che la carriera di Farina non si sia più fermata, ma non ci risulta che la guerra in Serbia sia ancora in corso. È probabile che non risulti neppure a Ilaria Proietti, solo che non sa come scriverlo.

Incipit di un commento sul Giornale a firma di Pier Luigi del Viscovo: «L’erogazione della giustizia è un servizio labor intensive». Eh certo, chiarissimo, lo sanno tutti.