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I processi d’appello? Nascono…

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Ma le conseguenze più nefaste del Salvaladri sono quelle giudiziarie, perché rovinano irrimediabilmente la vita dei cittadini: quelli onesti, si capisce. Per fregare gli allocchi grillini col loro consenso, Draghi ha spiegato che il termine massimo di 2 anni (o di 3 per i reati contro la Pa) basta e avanza per celebrare i processi d’appello prima che scatti la mannaia della “improcedibilità”, visto che le statistiche dicono che i processi d’appello durano in media 2 anni. Un trucchetto da magliari che non funzionerebbe neppure con un cerebroleso. Per due motivi. 1) I 2 anni non si calcolano dalla prima udienza alla sentenza, ma da quando viene proposto l’appello (dopodiché passano mesi, a volte anni, prima che inizi il dibattimento). 2) Se anche la durata media dei processi d’appello fosse 2 anni (falso: è di 2 anni e 3 mesi), vorrebbe dire che metà dei processi durano di più e l’altra metà di meno. Quindi, a spanne, diventerebbe improcedibile (cioè morto) un processo d’appello su due. Anzi, certamente di più. La legge Bonafede incentivava i patteggiamenti e riduceva i dibattimenti: se so di essere colpevole, vedo che il mio processo di primo grado non fa in tempo a prescriversi e dopo la prima sentenza non c’è più prescrizione che tenga, mi conviene patteggiare una pena scontata e smettere di pagare l’avvocato. Così il numero dei processi cala e quelli rimasti durano meno. Ora invece, col Salvaladri Draghi-Cartabia, chi patteggia è un coglione: gli basta ricorrere in appello anche se sa di essere colpevole e tirarlo in lungo fino a 2 (o 3) anni e un giorno, dopodiché il suo reato neppure si prescrive, ma diventa financo improcedibile (che è ancora più conveniente: il colpevole impunito non rischia nemmeno di risarcire la vittima).

Quindi non patteggerà più nessuno, le impugnazioni dilatorie si moltiplicheranno e con esse il numero e la durata dei dibattimenti. Già ora i tempi sono incompatibili con la barzelletta dei 2 anni, visto che in media le Corti d’appello hanno due anni di processi arretrati, che mandano in coda quelli nuovi: ciascuno dei quali parte con un handicap di 2 anni, cioè morto. È quella che Davigo, a pag. 5, chiama “amnistia mascherata”. E far passare i 2 anni è un gioco da ragazzi: basta che uno dei giudici si ammali, o muoia, o vada in pensione, o venga trasferito, e si deve ricominciare tutto da capo, con l’aggiunta dei cavilli degli azzeccagarbugli (inclusi gl’impedimenti parlamentari). Il che è tanto più probabile quanto grave è il reato: nei maxiprocessi alle associazioni per delinquere semplici o mafiose, ma anche per omicidi colposi plurimi tipo Morandi ed Eternit o per bancarotte tipo Parmalat e Cirio, non c’è neppure bisogno di incidenti od ostruzionismi per far passare i 2 anni. Quindi il Salvaladri non solo smantella la Bonafede; ma peggiora le cose anche rispetto a prima, facendo rimpiangere persino la prescrizione modello B..

Facciamo il caso di una rapina a mano armata: scatta l’allarme, la polizia insegue il rapinatore e lo arresta in flagrante. Processo per direttissima e condanna in primo grado a tempo di record, 6 mesi dopo il delitto. Finora, ma anche prima della blocca-prescrizione, i giudici avevano 14 anni e mezzo per celebrare l’appello e la Cassazione. Ora invece il processo muore dopo 2 anni e un giorno dal momento in cui il condannato appella la sua condanna. Risultato: la rapina a mano armata, che prima si prescriveva in 15 anni, diventa improcedibile dopo 2 anni e mezzo. Aridatece il Caimano. Ultima delizia: la norma transitoria del Salvaladri lo fa valere solo per i reati commessi dal 1° gennaio 2020 (per non lasciare la legge Bonafede nemmeno per un giorno simbolico). Ma, trattandosi di norme infinitamente più favorevoli all’imputato rispetto alla Bonafede, per gli imputati per reati pre-2020 sarà uno scherzo invocare il favor rei e ottenere il Salvaladri anche per sé. Così chi oggi è imputato in appello da un anno e mezzo non avrà che da tirare in lungo per altri 6 mesi e 1 giorno per arraffare l’impunità. Con tanti saluti alle decine di migliaia di vittime che, oltre al danno, subiranno pure la beffa alla vigilia della sospirata sentenza. Per fortuna la porcheria è ancora sulla carta: deve passare al vaglio del Parlamento. Chi ama la legalità e non vuole l’impunità tenga d’occhio i deputati e i senatori: il Fatto pubblicherà i nomi di quelli che voteranno a favore. Poi gli elettori faranno il resto.

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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