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AttualitàCaserta e Sannio

Per ogni donna/Alla luce dei fatti di Santa Maria, intervista alla prof.ssa Giuseppina Giuliano

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Salutiamo anche oggi i lettori di Belvederenews e della rubrica “Per ogni donna” diretta dal professor Pasquale Vitale e curata e ideata dalla dottoressa in Giurisprudenza e criminologa, Speranza Anzia Cardillo. Questo nuovo numero è dedicato alle condizioni dei detenuti nelle carceri del nostro Paese. Una piaga aperta da troppo tempo e che non accenna a guarire. Alla luce dei recenti fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere,  Abbiamo chiesto l’intervento della professoressa Giuseppina Giuliano, esperta di Philosophy for Children &Community, sì è formata presso la Federico II e presso la Summer school di Acuto. Ha insegnato Filosofia e Scienze Umane. Attualmente si occupa di Filosofia della cura, e di Pratica filosofica, metodo P4C, presso le scuole primarie e secondarie. È impegnata ,come volontaria di Pratica filosofica, proprio presso il Carcere di S.M.CV. e la Casa di Reclusione di Aversa. Segue,da volontaria, progetti di sviluppo in Etiopia per conto del GMA Africa :”sviluppo donne e donne dietro le sbarre”.

Introduzione della dottoressa Cardillo. Al di là del problema vero e proprio che vivono i detenuti italiani io credo che i veri drammi al riguardo siano l’indifferenza e la disinformazione. Indifferenza perché ciò che accade oltre le mura di cinta carcerarie sembra non interessare al resto della società che non sempre ha ben presente il dato fondamentale secondo il quale al detenuto, in quanto persona, sono riconosciuti dei diritti fondamentali dall’ordinamento. La disinformazione a sua volta tende ad acuire la distanza tra “interno e l’esterno”. Una maggiore informazione, al contrario, avrebbe il merito di sensibilizzare la società italiana rispetto ai disagi vissuti dai tanti detenuti che vedono, all’interno delle strutture detentive, negati molti loro diritti. Non si può negare che il problema sia stato affrontato più in alcune legislature che in altre ma, nel complesso, la materia non è stata oggetto di particolari leggi volte a migliorare la vita e la “quotidianità” dei detenuti nel periodo di reclusione. Tutto ciò ha sempre vanificato il vero significato e la funzione della pena che dovrebbe avere unicamente il valore di rieducare e riabilitare il reo, che, invece, fatica non poco nel tentativo di non perdere definitivamente se stesso

Intervento della professoressa Giuliano

“La cura e la speranza”. Il carcere è un inferno,dove “l’inferno è l’altro”, direbbe Sartre. Un luogo dove la vita o la si vince o la si racconta. Non ci sono vincitori e vinti, sono tutti vinti se nessuno posa lo sguardo, si accorge, fa caso alla vita degli altri. Negli anni, ho frequentato questo luogo dove la vita si fa spazio tra le crepe ed è scandito da norme e regole. Prima in OPG, (Ospedale Pschiatrico Giudiziario) poi nella Casa di Reclusione di Aversa e poi il carcere di S Maria Capua Vetere. Reparto Nilo. In questi luoghi ho incrociato e attraversato sguardi di Persone.”Guardie e ladri”, “polizia e reclusi”,”internati a vita”. Tutti legati da un unico filo conduttore, che li tiene insieme,seppur con destini diversi, e attraverso storie diverse. Il carcere è la scuola più dura che ci possa essere, è una scuola fatta di sbarre, non di banchi, e spesso vi sono docenti ed alunni che non fanno il proprio dovere; non esercitano i Diritti e i Diveri sanciti dalla Costituzione. Si dice che i Diritti siano portatori di dogmi perché creano certezze. Esiste un Ordinamento penitenziario: “la Carta dei Diritti e dei Doveri dei detenuti e degli internati, che ne regola la vita nel contesto carcerario. Ho posto sempre l’attenzione su quei Diritti/Doveri che regolano la vita quotidiana, quali il diritto alla salute , ad una alimentazione sana; diritto allo studio e la partecipazione alle attività culturali. Il diritto a svolgere attività lavorative, fisiche e sportive. Il diritto a non subire mezzi di coercizione fisica a fini disciplinari; diritto a misure alternative di detenzione . A questi e ad altri diritti, di non minore importanza , sottendono dei doveri a cui non ci si dovrebbe sottrarre, nel pieno rispetto della Persona come entità umana e sociale. Molto spesso ,durante gli incontri di” Pratica filosofica”in carcere, si fermavano ad assistere, alle sessioni tra i detenuti , gli agenti addetti alla custodia, alcuni chiedevano di parteciparvi. Non avevamo escluso questa possibilità. È dal dialogo tra diversi ed opposti che si può incominciare a costruire. Si può imparare a “sentire ” e a” cercare” il Senso. Il senso che è nelle cose e che si costruisce , nella relazione e in relazione all’altro, attraverso le azioni. Nel carcere bisogna scovare la Bellezza , la bellezza passa attraverso la Cura. Si tratta di riscoprire il senso del prendersi cura dell’altro anche attraverso lo sguardo. Lo sguardo che si posa,che scruta. Non si può far finta di non vedere,girarsi dall’altra parte e ritenere che non tocchi a noi prendersi cura dell’altro. Trascorrere il tempo in un carcere deve essere un tempo trascorso bene, dove si studia,si lavora,si fanno attività riabilitative, si costruisce , a piccoli passi,giorno dopo giorno. La speranza si alimenta proiettando sulle grige pareti carcerarie un possibile futuro. La filosofia ,come pratica di vita, svolge il suo ruolo trasformativo. Il carcere diventa l’Agorà ,il luogo fisico e mentale dove ci si interroga e si cercano risposte su se stessi e sul mondo. A volte ,si trova qualche risposta . Lavorare in un carcere è un viaggio,un viaggio del corpo e dell’anima. Ti trovi a piegarti su te stessa, perché consapevole, che dinanzi a situazioni estreme ,sogni e coscienza vengono sopraffatti. Oppure ti ritrovi con il cuore gonfio di commozione nell’udire:”pressore’, a me Socrate m’ha ridato dignità “. E allora devi contaminarsi con la vita degli altri perché ci sia cura, perché non vinca la rassegnazione e la violenza. Seminare speranza .”Nei tuoi occhi vogliono leggere la speranza che tu vuoi per loro”.

(Fonte: BelvedereNews – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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