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S. Maria C.Vetere. Carcere, gli agenti si guardavano bene dal ‘menare’ i camorristi? per forza: non ce n’erano!

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Dal  Corriere della Sera  del 2 luglio 2021.

S. continua a scrivere ca***te, reiterare il reato di plagio e mantenere il titolo di Pinocchio  nazionale.

Ma questo è niente, perché ormai alle sue inutili e interessate lamentale ci siamo abituati.

Il grave sta nel fatto che un giornale autorevole -come il Corrierone– accolga sue stronzate senza prima  verificare l’attendibilità.

Già, dimenticavo, S. è il verbo (degli st***i) e quindi la verifica è inutile. Ma procediamo con ordine. Il nostro tra l’altro scriveva:

Chi è che non è stato picchiato tra i detenuti di Santa Maria Capua Vetere? Chi è che non è stato scelto tra i detenuti da punire? La risposta è semplice per chi conosce la vita delle carceri e i suoi rapporti interni di potere, a non essere pestati sono stati i detenuti camorristi e i colletti bianchi della camorra e della politica. Loro non sono stati sfiorati, non sono stati puniti, non sono stati pestati.

I camorristi non sono stati picchiati perché in quel carcere non ve ne sono o quelli che sono internati sono mezze cartucce. I reparti di massima sicurezza campani e quindi di 41 bis sono a Poggioreale (Padiglione Genova), Secondigliano e Carinola.

Ma il carcere di Santa Maria Capua Vetere sconta anche altro. Essendo stato per anni un carcere con una massiccia presenza del clan dei Casalesi, le associazioni a tutela dei diritti dei carcerati, come ad esempio Antigone, venivano tenute lontane dai detenuti perché erano i clan a voler gestire tutto. Progressivamente il quadro è cambiato, e Santa Maria Capua Vetere si è riempito di carcerati non solo mafiosi ma di detenuti comuni.

Come avrebbero  fatto a mantenere  lontano Antigone (che è diffusissima in ogni dove) non è dato sapere

E qui vale la pena ricordare un’altra verità sul carcere di Santa Maria Capua Vetere, una verità che pochi ricordano, anche se è una verità ormai assodata da decenni: il carcere di Santa Maria Capua Vetere è stato costruito dalla camorra.

Fu costruito dai clan dei Casalesi che fornirono cemento, mezzi e manodopera. Fu proprio il capostipite del gruppo casalese Antonio Bardellino, come ha raccontato il pentito Carmine Schiavone negli anni Novanta, ad aver imposto il cemento del clan e ad aver controllato tutta la filiera.

Il carcere venne costruito perché la casa circondariale di Poggioreale, a Napoli, era diventata ingestibile, il sovraffollamento era insopportabile e la situazione resa incandescente dalla guerra tra Nuova Famiglia e Nuova Camorra Organizzata che si scannavano considerando il carcere cosa loro.

Non è affatto vero che il carcere fu costruito dalla camorra, anzi, la camorra che allora esisteva (oggi, dopo Spartacus è completamente azzerata) durante i lavori di costruzione del carcere di Santa Maria Capua Vetere negli anni ’90, i clan della camorra avevano innescato un sistema estorsivo che attraverso l’imposizione di subappalti trasformava le aziende da vittime a complici. Infatti,  bastava andare all’archivio di Repubblica per appura che…

“L’imprenditore parmigiano precisa, dopo l’inchiesta dell’Espresso, che i subappalti per la realizzazione del carcere di Santa Maria Capua Vetere, oggetto di una inchiesta della magistratura di Napoli, erano tutti regolari.

In relazione all’articolo de L’Espresso in data 25.9.08 L’Impresa Pizzarotti & C. spa intende precisare che i fatti ivi indicati, che avrebbero coinvolto l’ Associazione Temporanea di Imprese formata da CMC e Pizzarotti per la realizzazione del carcere di S.M. Capua Vetere, sono stati oggetto di attente e precise valutazioni della Procura Antimafia di Napoli, che hanno portato alla archiviazione dell’indagine nei confronti di un esponente dell’ A.T.I., dopo la verifica della piena legittimità di tutti i rapporti contrattuali posti in essere.

Si precisa altresì che tutti i subappalti, risalenti al periodo 1992-1994, furono assegnati dall’organo centrale della Società Consortile CMC-Pizzarotti dopo avere verificato la sussistenza di tutti i requisiti di legge e a seguito di confronto concorrenziale tra più imprese. Alla luce di quanto sopra l’Impresa Pizzarotti & C. spa adotterà tutte le opportune iniziative giudiziarie a tutela della propria immagine, nei confronti de L’Espresso e di ogni altro organo di informazione che dovesse riprendere i contenuti gravemente diffamatori dell’articolo in questione.

(19 settembre 2008)

 Ma chiediamoci quale sia il risultato di quel pestaggio – scrive ancora Saviano – Questo: ogni detenuto sa che deve essere protetto, ogni detenuto da domani cercherà di affiliarsi, si metterà in fila per entrare in un’organizzazione criminale. Da domani borseggiatori diventeranno killer, piccoli spacciatori soldati al servizio dei cartelli, da domani (ma sta accadendo da molto prima della diffusione di queste immagini), chi entra in carcere sa che non lo difenderà il diritto, che non ci sarà possibilità di migliorare o di correggersi, ma che dovrà sperare solo nel potere e nella longa manus delle mafie, le uniche che potranno rendere meno infernale l’inferno.

Dalle parole di Saviano si può dedurre che  tutti quelli picchiati si affilieranno alla camorra per non essere più picchiati in carcere e quelli che hanno picchiato e i loro superiori saranno incriminati anche con l’art. 7 (concorso esterno) per aver costretto i detenuti  picchiati ad affiliarsi alla camorra.  

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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