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L’Italia Sacra cade in rovina: Aversa, il furto dei capolavori.
Prendiamo un solo caso: la Maddalena di Aversa. Fondata nel 1269 come chiesa di un ospedale per i lebbrosi, il complesso che la ospita si trasformò nel Quattrocento in convento francescano, e nell’Ottocento in manicomio, le “Reali case de’ matti”. Ma i matti siamo noi, direbbe De Gregori: noi che oggi lasciamo la chiesa nella condizione documentata in queste foto diffuse dall’associazione “in Octabo”, che le ha commentate così: “Tutti sapete in quali condizioni di abbandono e degrado versi tutto il complesso, ma queste foto denunciano un grave pericolo per il nostro patrimonio artistico. Come vedete la statua di San Paolo che era collocata nella nicchia a destra non c’è più, è adagiata a terra supina poco più avanti. È evidente che qualcuno ha cominciato a smontare l’altare per trafugarlo quando ci saranno le condizioni favorevoli, magari approfittando delle vacanze estive durante le quali la città si svuota. Dobbiamo impedirlo con ogni mezzo, si tratta di un vero capolavoro, opera di Giovanni da Nola e Giovan Domenico D’Auria. Abbiamo allertato chi di dovere ai massimi livelli, ma sta a ognuno di noi cittadini vigilare perché questo scempio non avvenga. All’erta”. Riccardo Naldi, professore di Storia dell’arte moderna all’Orientale e tra i massimi studiosi della magnifica stagione della scultura rinascimentale napoletana, mi ha scritto: “Oggetto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso di sistematiche spoliazioni, la chiesa ormai si presenta come un vero e proprio scenario di guerra. Il tetto in legno è completamente crollato; l’edificio è a cielo aperto. Per puro miracolo, grazie al fatto che hanno coperture in muratura, sono rimasti in piedi l’atrio e il presbiterio della chiesa, che conservano alcuni capolavori della scultura del Cinquecento. Nell’atrio vi sono dei sepolcri; nel presbiterio una pala d’altare. È ormai da tempo che le autorità competenti sono informate di questa situazione; ma, purtroppo, niente è stato fatto”.
Siamo nello stesso Paese che continua a organizzare mostre? Che spende 18 milioni di euro pubblici per l’Arena del Colosseo? Che gioisce dei 6,675 milioni (su 248!) assegnati alla “cultura” dal Pnrr, che poi sono tutti per il turismo, per pericolose “riqualificazioni” di borghi, per “messe in sicurezza antisismiche” solo per gli edifici ecclesiastici (per regalare un po’ di soldi alla Cei)? Un Paese che rimuove la vera urgenza culturale: mettere in sicurezza uno sterminato patrimonio culturale abbandonato alla rovina ed esposto a saccheggi e rapine di ogni tipo.
Non c’è regione d’Italia, neanche quelle del ricco Nord, che non sia costellata di antiche chiese in abbandono. Per rendersene conto basta farsi un giro su uno dei siti o dei profili degli appassionati di Urban exploration (Urbex), l’attività di esplorazione e fotografia dei siti abbandonati. Per esempio, quello, curatissimo e dunque davvero inquietante, di Ascosi Lasciti, dove un’intera sezione è dedicata alle “Aree sacre: chiese, conventi e cimiteri abbandonati”. Dalla rete, questo singolare genere sta transitando sul mercato editoriale tradizionale: del 2020 è, per esempio, Chiese abbandonate. Luoghi di culto in rovina, un libro fotografico di Francis Meslet che ritrae e commenta 37 chiese in rovina in tutta Europa, di cui due in Piemonte, due in Liguria, quattro in Lombardia, una in Trentino, una a Venezia, una in Umbria. Gallerie di immagini che dovrebbero pur scuotere chi, di tutto questo, ha la responsabilità. Ma basterebbe anche Wikipedia: che raccoglie sotto la voce “Chiese sconsacrate” una impressionante rassegna di disastri.
Un rosario di sconfitte, di morti annunciate. Di recuperi ancora possibili: cominciando dalle statue di Aversa, vi imploro…
di Tomaso Montanari | 28 GIUGNO 2021
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Delitti e suicidi
Orlando Merenda, 18 appena compiuti, studente dell’istituto alberghiero Engim San Luca di Torino, figlio di genitori divorziati, omosessuale, tante amiche femmine, la passione per i vestiti di lusso, il sogno di seguire un corso da estetista, domenica 20 giugno, dopo aver pranzato con il padre e con il fratello, è uscito di casa e tra la stazione di Torino Lingotto e Moncalieri s’è gettato sotto un treno. Non ha lasciato biglietti d’addio né lettere. Su Instagram, il 27 marzo scorso, aveva scritto: «Il problema delle menti chiuse è che hanno la bocca aperta», lasciando intendere che non sempre la sua omosessualità veniva accettata. «Mi aveva confessato di aver paura di alcune persone – ha raccontato il fratello Marco – non mi ha spiegato chi fossero, non ha fatto nomi. Diceva che mettevano in dubbio la sua omosessualità». La madre, Anna, che lavora come badante, è caduta nella più profonda prostrazione: continua a scrivergli, come se fosse ancora vivo. Proprio il giorno del suicidio, sulla sua pagina Instagram, a fianco ai tanti messaggi d’affetto, qualcuno, servendosi di un profilo fake, ha scritto: «Morte ai gay» e l’ha cancellato poco dopo. La Procura di Torino ha aperto un fascicolo in cui si ipotizzano i reati di omofobia e bullismo.
«“La fragilità dei ragazzi oggi è una forte emergenza e stare insieme a loro, con loro, per loro, è un percorso lungo che richiede tempo”, spiega padre Antonio Lucente, presidente dell’Engim San Luca, l’istituto professionale che Orlando frequentava. “I giovani si scontrano con il mondo e nella loro cassetta degli attrezzi hanno pochi strumenti per affrontarlo. Chi è visto come diverso, viene scartato. Le etichette, il parlare male dell’altro senza conoscerlo è un peccato grave. Così si nega l’altro, lo si deturpa, lo si fa apparire per quello che non è”» [Famà, Sta].
Il cadavere di Enrico Pellegrini, 52 anni, di Torino, disoccupato, che da giorni non rispondeva ai messaggi e alle telefonate del padre, è stato trovato in una cantina del centro di Torino. Il corpo era riverso supino al centro della stanza e aveva un coltello piantato nel bulbo oculare. La cantina era chiusa e sono dovuti intervenire i carabinieri per sfondarla. Secondo alcuni testimoni, l’uomo, prima di sparire aveva litigato con il fratello Carlo, che ora è irrintracciabile. I carabinieri gli stanno dando la caccia [Mess].
Ma mi faccia il piacere
Valori bollati.“La nostra federazione è unita con o senza l’apporto di Meloni. Abbiamo valori comuni” (Attilio Fontana, Lega, presidente Regione Lombardia, Stampa, 20.6). Lui però li tiene in Svizzera.
Minzolingua/1. “Ma io gli attacchi li capisco, come capisco chi lecca” (Augusto Minzolini, neodirettore del Giornale, Riformista, 24.6). E lui modestamente la nacque.
Minzolingua/2. “‘L’unico padrone è il lettore’, diceva Montanelli” (Augusto Minzolini, Giornale, 25.6). Ora, con lui, l’unico lettore è il padrone.
Papa Drago I. “Il Concilio di Draghi” (Foglio, 24.6). “Il Concordato di Draghi” (Giornale, 24.6). “Draghi scomunica la Chiesa” (Claudia Fusani, Riformista, 24.6). Papa subito.
Solo noi. “Una super-pagella per il Recovery: l’Europa dice sì al piano dell’Italia. Nei giudici tutte A e una sola B”, “L’effetto SuperMario fa superare lo stallo” (Stampa, 22.6). Posto che tutti i Recovery Plan di tutti i Paesi membri della Ue hanno avuto la stessa super-pagella con identici voti, come avranno fatto tutti gli altri a riuscirci senza essere governati da SuperMario?
Di Montichi?/1 “Milano, di Montigny si sfila: ‘Ma porto avanti le mie idee’” (Giornale, 24.6). Non appena gliene verrà una.
Di Montichi?/2. “Mi prendono in giro per il mio cognome. Su Milano ho una visione. Medito ogni mattina e conosco la nipote di Gandhi” (Oscar di Montigny, Corriere della sera, 20.6). Ah beh allora.
Balle spaziali. “Asse Draghi-Merkel sui migranti” (Stampa, 21.6). “Migranti, intesa Draghi-Merkel” (Corriere della sera, 22.6). “Il sì di Merkel a Draghi: ‘Impegno Ue sui migranti’” (Messaggero, 22.6). “Draghi e Merkel, intesa sui migranti” (Tonia Matrobuoni, Repubblica, 22.6). “Un patto a tre sui migranti tra Germania, Francia e Italia” (Claudio Tito, Repubblica, 24.6). Risultato dell’asse, dell’intesa, del sì e del patto: dieci minuti di chiacchiere e nessun accordo europeo sui migranti.
L’amuleto. “Le battaglie perse sono le più divertenti, ma Travaglio rischia di morire dal ridere (e noi pure, a leggerlo) perché siamo, ormai, al masochismo esibito, alla candidatura di orfano politico a vita… Il direttore del Fatto, da 25 anni, cerca di intercettare il peggio del qualunquismo forcaiolo per traghettarlo verso personaggi che poi si vanno a schiantare” (Filippo Facci, Libero, 27.6). Saluti da Hammamet, da Cesano Boscone e da Rignano sull’Arno.
Ordine analfabetico. “Salvini? Un estremista di sinistra! Il fatto invoca manette per i profughi” (Piero Sansonetti, Riformista, 24.6). Se non fosse che Sansonetti, oltre a non saper scrivere, non sa neppure leggere, scoprirebbe che Davigo parlava degli stranieri irregolari in carcere perché delinquono.
Ubi maior, minor cesso. “Voleva vendere quadro a Montecarlo. Sgarbi indagato: ‘Non ha la licenza’. Inchiesta sul critico per esportazione illecita del ‘Concerto con bevitore’, valutato 5 milioni” (Repubblica, 24.6). “Se diventerò assessore intitolerò un vespasiano alla Raggi: un monumento alla sua amministrazione… Papa Francesco vorrebbe che io facessi l’assessore alla cultura a Roma. Se potesse, voterebbe senza dubbio per me. Condividiamo molte cose, io lo considero un collega” (Vittorio Sgarbi, deputato-imputato di FI, Verità, 21.6). Se tutto va bene, gli vende pure i Musei Vaticani e la Cappella Sistina.
Ad personam. “Il blitz di Grillo dagli eletti 5Stelle. Scontro con Conte sui poteri. Gli strappi del fondatore che non può accettare un Movimento ‘personale’” (Corriere della sera, 24.6). A meno che la persona non sia la sua.
Amnesia Capitale. “Quando il Pd governava la capitale: cosa è rimasto del ‘modello Roma’” (Roberto Morassut, deputato Pd, Domani, 25.6). A parte Odevaine e i 15 miliardi di debiti, dici?
Piazza pulita/1. “Separazione delle carriere: penalisti in piazza” (Riformista, 24.6). La piazza però non se n’è accorta.
Piazza pulita/2. “Partiti in piazza coi penalisti. C’è un solo assente: il Pd” (Riformista, 25.6). Beh, dai, eravate già in tre.
Il titolo della settimana/1. “Recovery, arrivano i fondi. Grazie a Draghi e ai liberali” (Giornale, 21.6). Uahahahahah.
Il titolo della settimana/2. “L’occasione del governo Draghi per tentare di riprendersi la Libia” (Domani, 26.6). Le truppe sono pronte a salpare, 110 anni dopo l’ultima campagna. Tripoli bel suol d’amore!
Il titolo della settimana/3. “Lo Speranza inglese è esperto di palpatine” (Libero, 26.6). E non avete ancora visto l’ex Johnson di Arcore.
Il titolo della settimana/4. “Ma chiedere al governo la cacciata di due ‘liberisti’ è una cosa di sinistra?” (Antonio Polito, Corriere della sera, 26.6). No, è assumerli che è una cosa di destra.
Il titolo della settimana/5. “Draghi e Mancini. Quei due leader misurati che creano spirito di squadra. L’accostamento è audace e metaforico ma tra il governo e la Nazionale si notano alcune ricorrenze interessanti” (Mauro Magatti, Corriere della sera, 26.6). Ma va’ a ciapa’ i ratt.
Grillo scrive e telefona a Conte, ma non scioglie il nodo della “diarchia”
di Luca De Carolis e Lorenzo Giarelli | 28 GIUGNO 2021
Dopo due giorni di guerra di posizione, Beppe Grillo muove un passo verso Giuseppe Conte. Ma non basta, perché nella sostanza i due restano lontanissimi, senza ancora alcuna soluzione per risolvere il vero tema dello scontro, cioè la gestione della leadership del nuovo Movimento.
Ieri il Garante ha scritto una mail all’ex premier e poi i due si sono sentiti per telefono. Segno del fatto che Grillo, che giovedì scorso aveva scaricato l’ex presidente del Consiglio di fronte ai parlamentari, ha capito la gravità della situazione del suo Movimento. Ma i contatti non hanno certo risolto la questione, con fonti vicine a Conte che confermano al Fatto che “passi in avanti sulla sostanza politica non se ne sono fatti”. Anche perché la mail e il colloquio hanno dimostrato la disponibilità di Grillo a rinunciare a qualche prerogativa, ma non hanno centrato il nodo dell’agibilità politica. Senza contare che testimonianze del clima burrascoso della chiamata – poi, evidentemente, tranquillizzatasi – sono comparse persino su Facebook, dove ieri in alcuni gruppi chiusi di sostegno all’ex premier qualcuno ha riportato le grida di Conte sentite da sotto la sua abitazione romana.
Oggi comunque parlerà lo stesso Conte, resta da vedere se in una conferenza o per altre vie, magari con un video sui social. Per tentare un’ultima mediazione, Grillo potrebbe allora anticipare l’ex premier scendendo a Roma dalla sua villa di Marina di Bibbona, in Toscana. Una pezza necessaria, ma forse tardiva. Ancora ieri chi ha sentito Conte lo descriveva rigido sulle sue posizioni. Troppa la delusione verso chi gli aveva chiesto di rifondare tutto, salvo poi imputargli di voler fare di testa sua.
Ma non è solo questione di amarezza personale, perché anche di fronte a un chiarimento resterebbe un enorme problema politico da sbrogliare, dal momento che non potrebbe esistere alcun Movimento a guida Conte se Grillo non rimettesse in discussione il suo ruolo, togliendo dal tavolo la pretesa di una diarchia che l’ex premier ritiene inaccettabile. Tradotto: il fondatore deve accettare di farsi da parte e il capo politico non può essere un mero esecutore della volontà altrui.
Oggi si vedrà, dunque. Il segnale distensivo di Grillo dovrà adesso trasformarsi in sostanza, ovvero soluzioni concrete per la nuova forma del Movimento. Di certo c’è che il Garante da giorni è pressato da più parti affinché si eviti il baratro, anche perché dentro ai 5 Stelle hanno tutti ben chiaro che se la frattura con il leader designato diventasse definitiva il danno sarebbe probabilmente irreparabile. Con ovvie conseguenze per il futuro degli attuali parlamentari e per i consensi del Movimento.
Non è un caso che nei giorni scorsi, dietro le quinte, si siano spesi due big del Movimento come Stefano Patuanelli e Paola Taverna, che insieme al capogruppo al Senato Ettore Licheri hanno provato ad ammorbidire la posizione di Conte. Anche Luigi Di Maio, la cui preoccupazione era parsa evidente fin da giovedì, ha tentato di calmare gli animi, consegnando ai social una versione edulcorata dello scontro in atto: “Insieme abbiamo affrontato diverse fasi, anche le più difficili e complicate. Il bene che vogliamo al Movimento è il pilastro su cui fondare le nostre decisioni. Mettiamocela tutta”.
La trattativa però, nonostante gli spiragli di ieri, resta in salita. I mediatori sperano almeno che oggi l’ex premier, durante il suo intervento, non chiuda del tutto la porta al Movimento, mettendo sì in chiaro le proprie pretese, ma senza formalizzare la rottura. Una strategia, questa, che consentirebbe per lo meno di guadagnare tempo, confidando che in un modo o nell’altro tra i due Beppe cali la pace.
Già, ma fino a quando? Perché il problema non esiste soltanto nei giorni caldi della definizione del nuovo Statuto e del passaggio di consegne. In mancanza di un chiarimento definitivo su ruoli e competenze, la leadership di Conte vivrebbe sotto il pericolo costante di smottamenti, in linea con gli umori del Garante. Non certo la premessa ideale per lasciare la cattedra universitaria e mettere la faccia sul rilancio del Movimento.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)