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Napoli. Chiesa di S.Aniello a Caponapoli: gioiello d’arte dedicato al co-patrono, ma nel totale degrado

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Sorge a Caponapoli, l’antica acropoli greca, ricco di arte, storia, archeologia, ma circondata dal degrado.

La Chiesa di Sant’Agnello Maggiore, co-patrono di Napoli, o di Santa Maria Intercede, è conosciuta dai più come Sant’Aniello a Caponapoli.

L’edificio sacro sorse infatti nel cuore di Neapolis, sull’acropoli del primo insediamento della nuova città greca.

La fabbrica risale al ‘500. La Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli è a pianta rettangolare.

La presenza della città greca è testimoniata dai resti delle antiche mura di cinta venute alla luce durante il restauro. Al centro dell’unica navata è stato perciò creato un parapetto che isola un area scoperta che le rende visibili.

Le mura greche e le fortificazioni di epoca romana dalla chiesa scendono lungo il perimetro del I Policlinico verso l’ospedale Santa Maria del Popolo degli Incurabili, fino alle rampe di via Maria Longo, a chiudere la cinta muraria della città.

La tradizione vuole che la costruzione della Chiesa fosse stata commissionata dai genitori di sant’Agnello, che si recavano sul posto per pregare sull’immagine di una Madonna molto venerata che si trovava proprio in quel luogo: chiedevano di essere benedetti dalla grazia di un figlio. Questo spiega la dedicazione a Santa Maria Intercede.

Altra leggenda riguarda il prezioso crocifisso ligneo del 1200 conservato nella chiesa. Nel 1300, si dice Gesù in croce parlasse per smascherare uno spergiuro. Quest’uomo gli tirò una pietra sul volto lasciando il segno violaceo di una ecchimosi.

Proprietà demaniale, danneggiata dei bombardamenti nel ’44 e poi dal sisma dell’80, abbandonata a lungo, dopo un laborioso restauro – non ancora terminato –  la chiesa di Sant’Agnello Maggiore è stata riaperta nel 2011. La Curia Arcivescovile di Napoli ha affidato il monumento a Legambiente Campania per la gestione e fruizione.

L’aspetto attuale della chiesa risale agli inizi del XVI secolo, quando, sul nucleo originario di Santa Maria Intercede La chiesa cinquecentesca presentava decorazioni in marmo di straordinaria qualità: archi, monumenti sepolcrali, altari, lapidi e sculture in candido marmo di Carrara evocavano un preciso ideale rinascimentale di emulazione dell’antichità attraverso l’uso dello stesso materiale incorruttibile, capace di donare eternità all’immagine raffigurata.

Oltre al Crocifisso ligneo … tra le opere più significative, sottratte all’incuria e ai ripetuti furti che hanno causato gravissimi danni alla chiesa, spicca l’altare maggiore con la bellissima tavola di Girolamo Santacroce in marmo, a mezzo rilievo (1517-1520 circa). Del partito ornamentale e scultoreo della chiesa restano ancora, nel transetto sinistro, la statua raffigurante Santa Dorotea, opera di Giovanni da Nola del 1534, il rilievo con la Madonna in trono di Annibale Caccavello e Giandomenico D’Auria nella quarta cappella a destra, dedicata alla famiglia Lottieri, i frammenti dei sepolcri dell’abate Giulio Poderico e di Paolo Poderico, ai lati della controfacciata.

La Chiesa, grazie a un minuzioso restauro e una buona manutenzione interna, versa in discrete condizioni, ma è quasi sempre chiusa.

Collocata nel contesto del vecchio Policlinico, attualmente denominato Vanvitelli, zona molto trafficata con strade dissestate e costellate di rifiuti di ogni genere. Le discariche abusive sono addirittura all’interno del muraglione di cinta fra la Patologia Medica e la Clinica Ostetrica e Ginecologica.

Nonostante questo indecente stato di cose sia stato segnalato da molti anni anni, versa sempre in condizioni indecorose.

Una vergogna, per un luogo ricco di arte, storia, archeologia e che, oltretutto, dovrebbe essere il simbolo della grande tradizione medica di Napoli.

(di Antonio Vitale e Tonia Ferraro– Fonte: Lo Speakers Corner – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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