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Aversa. Ospedale: degente trasferito ma oggetti personali ‘trattenuti’ e scomparsi?

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Sarebbero spariti degli oggetti appartenenti a una persona ricoverata all’ospedale Moscati, a quanto riferito.

In tutti i casi sensibilità e gentilezza dovrebbero essere doti innate per un operatore della sanità, ma non è sempre così, anzi, talvolta l’abitudine alle sofferenze ed alle malattie finiscono per inaridire e logorare anche coloro che il mestiere di infermiere hanno scelto di farlo per autentica passione e predisposizione.

Quando però alle cattive maniere si aggiunge l’oltraggio o il disinteresse, evidentemente qualcosa non torna.

Quanto denunciato alla stampa risale al 27 marzo 2021… in piena emergenza sanitaria da Covid 19.

Un signore di 80 anni, P.C., ha difficoltà respiratorie, i familiari chiamano il servizio di emergenza 118.

L’anziano viene trasportato con urgenza al presidio ospedaliero Moscati di Aversa, dove resta per diverse ore in osservazione al Pronto Soccorso.

I familiari che, secondo le disposizioni anti-covid, erano stati allontanati, telefonano ripetutamente al P.S. per ricevere notizie del congiunto e il 27 marzo apprendono che è stato ricoverato al centro Covid di Maddaloni.

Nessuno aveva pensato di avvertirli dell’imminente trasferimento.

I familiari contattano allora il presidio maddalonese e puntualmente, da quel momento, iniziano a ricevere notizie dettagliate sulle condizioni di salute del congiunto che, fin dal primo momento, erano apparse gravissime.

Purtroppo il 2 aprile il signor P.C. si spegne.

Il dolore dei familiari, già provati dalla perdita della moglie dell’80enne, avvenuta dieci giorni prima, è immenso.

Gli operatori del centro di Maddaloni, che ogni sera alle 18 ci davano le informazioni su mio suocero, sono stati sempre gentilissimi, educati e comprensivi – racconta la nuora del signor P.C.- ci hanno fornito tutte le spiegazioni senza mai dare segni di fastidio…

Noi vogliamo ringraziarli per la loro disponibilità e pazienza”.

Trascorsi alcuni giorni dalla scomparsa del signor P.C., suo figlio ricorda che quando era stato ricoverato il padre aveva l’orologio al polso e una fascetta d’oro bianco all’anulare e quindi decide di chiamare il Centro Covid di Maddaloni per chiedere se avessero conservato gli effetti personali di suo padre.

Dal Centro Covid rispondono, dopo alcune verifiche, che il signor P.C. era arrivato da un altro ospedale, non aveva alcun oggetto addosso al momento del ricovero e, per le sue condizioni assai critiche, era stato portato immediatamente in Rianimazione.

La nuora del signor P.C. chiama allora il P.S. di Aversa, unico reparto in cui aveva sostato suo suocero, ed espone il problema all’operatore, che risponde al telefono, asserendo che la caposala non c’era e quindi avrebbero dovuto richiamare l’indomani.

Il giorno dopo la signora richiama il PS e parla con la caposala che, alla richiesta se gli oggetti del signor P.C. fossero stati conservati, risponde affermativamente, confermando addirittura che si trattava di un orologio e di una fascetta d’oro bianco.

La telefonata termina con l’impegno da parte della nuora che un familiare del deceduto si sarebbe recato a ritirare gli oggetti, chiedendo pertanto il nome della caposala.

Quest’ultima risponde che non era necessario conoscere il suo nome …sarebbe bastato chiedere della caposala.

Qualche giorno dopo la nuora del defunto chiama nuovamente il P.S. chiedendo di parlare con la caposala per comunicare che sarebbe andata di li a poco a ritirare gli oggetti di suo suocero.

La caposala o chi come tale si è qualificata, però, risponde di non saperne nulla e di non aver mai parlato con la nuora del signor P.C., la quale, di rimando, le ricorda che proprio lei le aveva confermato che gli oggetti di suo suocero erano custoditi in un cassetto ed avrebbero potuto essere ritirati dai familiari in qualsiasi momento e si doveva vergognare di comportarsi così.

(Fonte: BelvedereNews – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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