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Automobilismo. Formula 1: tanti campioni non sono mai stati ‘il numero uno’ della categoria

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Tra i vari cavalieri solitari della Formula Uno ce ne sono alcuni che non hanno trionfato al mondiale, ma non per questo sono considerati piloti di secondo piano, ma la vita, la sfortuna, gli eventi hanno fatto si che il posto della casella n. 1 da loro non sia mai stato occupato o raggiunto.

Il primo pilota che si può citare è sicuramente Ronnie Peterson, nome completo Bengt Ronnie Peterson (nella foto con il campione del mondo J. Stewart), nato ad Orebro il 14 febbraio 1944 e poi morto tragicamente a Milano l’undici settembre 1978, pilota svedese di Formula 1.

Era  figlio di Bengt Henrik Peterson (1913-1999) e May-Britt Peterson (1919-2000).

Durante la sua carriera ha vinto vari titoli nei campionati minori, tra cui due campionati di F3 svedese e uno di Formula 2. Nella massima serie, in cui ha debuttato nel 1970, è riuscito ad imporsi in 10 Gran Premi di Formula 1 ed era riconosciuto anche dai colleghi come un pilota grintoso e in assoluto il più veloce del gruppo. Peterson per due volte è stato vicecampione del mondo (1971 e 1978), è morto a causa di un brutto incidente avvenuto durante il Gran Premio d’Italia del 1978 a seguito delle numerose fratture riportate in un incidente avvenuto alla partenza della gara (anche se c’ è un giallo relativo ad una responsabilità medica di una operazione sbaglaita in quanto il decesso avvenne il giorn odopo episodio sul quale non si è mai fatto pienamente luce), in seguito alla sua morte la sua patria, la Svezia, proibirà corse di F1 sul proprio territorio nazionale, divieto tuttora in vigore.

Soprannominato SuperSwede, nell’estate 2017 gli è stato dedicato un documentario intitolato proprio SuperSwede, in cui viene raccontata la sua vita.

Carriera

Le formule minori

Ronnie Peterson cominciò a correre giovanissimo sui kart, passando poi alla Formula 3, ottenendo eccellenti risultati e attirando le attenzioni della Tecno. La compagnia italiana lo mise sotto contratto nel  1968 e Peterson vinse il titolo, ripetendo il successo anche l’anno seguente. Dopo aver corso il 1970 in F1 lo svedese partecipò contemporaneamente al campionato di F2, in cui vinse il titolo.

Formula 1

Peterson debuttò nel 1970 al volante della March, ma nella sua prima stagione non ottenne risultati. Rimasto nella scuderia britannica anche nei due anni successivi, giunse secondo nel 1971, grazie ad una serie di podi. Più dura fu la STAGIONE 1972, nella quale Peterson non andò oltre un terzo posto al Gran Premio di Germania e un nono in classifica piloti. Nel  1973 si trasferì alla  Lotus, dove conquistò 9 pole position e quattro Gran Premi, spesso risultando più veloce del suo compagno di squadra, il campione del mondo in carica Emerson Fittipaldi.

Nel 1974, pur con una Lotus in difficoltà a causa del fallimento del modello 76, Peterson riuscì a vincere altri 3 Gran Premi (Monaco, Francia e Italia) con il vecchio modello 72. L’anno successivo le difficoltà economiche della Lotus (che schierava per il sesto anno consecutivo l’ormai sorpassato modello 72) non consentirono a Peterson alcun risultato di rilievo. Questo e altri motivi, tra cui il mancato pagamento di parte del compenso, indussero Peterson a ritornare alla MARCH nel 1976, ma riuscì ad aggiudicarsi solo il Gran Premio d’Italia. Passò alla Tyrrell dove ottenne scarsi risultati, prima di far ritorno alla Lotus nel 1978. Nel G.P. del Giappone del 1977 venne tamponato da Gilles Villeneuve, la cui Ferrari uscì di pista e uccise 2 spettatori.

Sotto qualche foto dell’incidente che costò la vita a due persone a Suzuka

Nel corso della fatale stagione 1978, il talento di Ronnie Peterson venne imbrigliato da un contratto ‘capestro’ che lo costrinse al ruolo di seconda guida. Il rapporto con Colin Chapman andò così via via peggiorando, fino a portare lo svedese a sottoscrivere un contratto con la McLaren  per la stagione successiva.

Fu però vittima di un incidente, subito dopo la partenza del Gran Premio d’Italia anno 1978, Monza,, nel quale rimasero coinvolte diverse vetture, tra cui quelle di Riccardo Patrese, James Hunt,  Clay Regazzoni Vittorio Brambilla, causato dall’accensione troppo anticipata del semaforo verde. Dopo una collisione il pilota svedese si schiantò contro il muretto del collegamento con la pista junior e, dopo essere stata colpita dalla Surtees di Brambilla, la sua auto prese fuoco. I soccorsi furono lenti e caotici: il dottor Sid Watkins, medico ufficiale della FIA, giunto sul posto dopo pochi minuti, fu allontanato dai Carabinieri, sicché fu James Hunt il primo a raggiungere l’auto di Peterson e ad adoperarsi per liberarlo dai rottami. Poco dopo fu raggiunto da dei rinforzi, e fu soltanto dopo ben 18 minuti che arrivò l’ambulanza.

Peterson fu estratto dalla vettura incidentata ancora vivo e cosciente, ma con sette fratture alla gamba sinistra e quattro alla gamba destra. Venne trasportato all’osepdale Niguarda di Milano e ricoverato nel reparto di terapia intensiva. Fu poi sottoposto ad un intervento per ricostruirgli gli arti inferiori durato più di sei ore, ma la mattina seguente fu colpito da embolia lipidica che ne causò il decesso il giorno seguente. Non è stato mai chiarito se fu proprio l’embolia a causare la morte o l’imperizia dei medici nell’eliminarla (si disse che, nel tentativo di asportarla, causarono una gravissima emorragia che avrebbe condotto alle fatali complicazioni). In quell’incidente, anche il pilota italiano Vittorio Brambilla rimase ferito, rimanendo in coma per alcuni giorni.

Un’immagine dell’incidente fatale di Monza 1978.

Per molto tempo Riccardo Patrese fu ritenuto responsabile dell’episodio, ma alcuni anni dopo venne scagionato: un’attenta indagine dimostrò infatti che, per un errore della direzione gara, il “via” era stato dato troppo presto, quando le vetture nelle ultime file non si erano ancora allineate, generando un imbottigliamento alla prima curva, dove uno scarto improvviso della McLaren di James Hunt (che si ritrovò chiuso tra Patrese e lo svedese) causò la carambola fatale.

Ronnie Peterson è stato sepolto nel cimitero di Almby, ad Orebro

Vittorie

  • 1973: Francia, Austria, Italia, Stati Uniti
  • 1974: Monaco, Francia, Italia
  • 1976: Italia
  • 1978: Sud Africa, Austria

Risultati completi in F1 (Fonte wikipedia)

Legenda 1º posto 2º posto 3º posto A punti Senza punti/Non class. Grassetto – Pole position
Corsivo – Giro più veloce
Squalificato Ritirato Non partito Non qualificato Solo prove/Terzo pilota

Curiosità

  • Il conduttore televisivo Red Ronnie ha scelto il suo nome d’arte in considerazione del fatto che è rosso di capelli ed era un grande fan del pilota svedese.
  • Il 20 luglio 2014, Niki Lauda, al termine del Gran Premio di Germania, lo ha definito il migliore tra i piloti pur non avendo mai vinto il Mondiale.

Tra gli altri re senza corona come non citare Gilles Villeneuve, altro pilota morto tragicamente a Zolder nel lontano 1982 il maledetto 5 maggio in Belgio dopo il volo con la March di  Joken Mass.

Il mestiere del pericolo per il canadese Gilles Villeneuve, primo di due figli maschi,  nasce il 18 gennaio 1950 a Chambly, vicino Montreal, Canada. Purtoppo inizialmente il destino del piccolo Gilles sembra segnato. Infatti essendo nato in Canada paese in cui la neve la fa da padrona l’unica possibilità è quella dello sci, ma da subito si capisce che nelle vene del piccolo canadese non scorre sangue ma bensì benzina, anzi per essere più precisi nel suo dna compare una parolina magica “velocità”.

Da grande, abbandonata la possibilità di diventare un campione dello sci, inizia a frequentare le corse; il suo diploma in meccanica lo aiuta un pò a lavorare in una officina, ma i soldi non sono abbastanza per realizzare quello che ha in mente lui.

A dimostrazione di quanto amasse la velocità, effettua le prime corse con delle motoslitt:, qui inizia a farsi strada quel cognome, che dal 1977 in poi sino al 1982 farà innamorare milioni e milioni di persone della  Formula Uno.

Gilles Villeneuve arriva a Maranello alla Ferrari  a sostituire un personaggio di spessore, Niki Lauda, che ha rotto malamente con l’ingegner Ferrari presidente e n. 1 dell’azienda italiana la Ferrari appunto, dopo il rifiuto a correre a Suzuka sotto il diluvio dell’austriaco. Molti non scommetteranno un soldo sul canadese, anche perchè inizialmente sono più gli incidenti procurati che i giri effettuati.

Al suo fianco correrà un volpone delle piste, tale Carlos Reuteman, pilota argentino dalle grandi ambizioni.

Le prime apparizioni avvengono nel tracciato di Fiorano: l’approccio non è dei migliori. La pista è difficile e piena di segreti, la vettura è la T2, scorbutica per uno nuovo, ma non per il compagno Reuteman che possiede il record della pista 1’10″13. Gilles ci da dentro, ma quello che riesce ad ottenere è solo un magro 1’14″38, a ben 4″25 dal record. Ma tutto è solo rimandato.

Il 7 febbraio 1978 il canadese batte per ben cinque volte il record della pista, si ferma con il tempo di 1’9″53. La coppia Reuteman-Villeneuve non è certo delle migliori: sono due campioni dal carattere completamente differente, ma si verrà a creare un amicizia duratura nel tempo.

Il 1977 è un anno travagliato per il canadese: non sono poche le critiche che si tira addosso, viene accusato di essere un pazzo, spericolato, che rischia di mettere a repentaglio la vita dei piloti oltre che la sua. All’inizio del 1978 si spera che possa essere un anno diverso: Gilles Villeneuve ha più esperienza, da lui ora ci si attende un pò più di continuità, gli si chiede soprattutto di essere più concreto. Ma lui è Villeneuve.

Proprio in casa sua, nel GP del Canada, arriva la prima vittoria: il paese è in tripudio, la Ferrari ha un nuovo idolo. La stagione si conclude con una vittoria e un terzo posto, i ritiri sono sono 5: il pilota viene criticato come anche la squadra che viene accusata di dare troppa fiducia ad un pilota che bada troppo allo spettacolo e poco al risultato.

Il 1979 è l’anno del mondiale: a vincerlo è Jody Scheckter, compagno di Villeneuve (bisognerà attendere M. Schumacher, nel 2000, per vedere nuovamente in trionfo la rossa di Maranello). Il contributo del canadese è importantissimo: a Monza il patto di non belliggeranza tra i due compagni è rispettato.

Villeneuve scorta il sudafricano al traguardo, doppietta e mondiale. Il canadese tuttavia dimostra una netta superioriotà rispetto a Schekter. E’ molto più veloce e, cosa non secondaria, ha più  carisma. Alla fine del campionato per lui si contano tre trionfi (Sud Africa, Long Beach, Watkins Glen), una pole-position (Long Beach) e 6 giri veloci.

La carriera di Gilles Villeneuve in F1 fu semplicemente spettacolare. Grande grinta, sempre al limite: così si potrebbe riassumere il suo stile di guida. Questo stile gli valse la grande ammirazione del pubblico. Spesso protagonista di terribili incidenti, Gilles non ebbe mai paura di giocare con la morte.

Circuito di Zolder, Gran Premio del Belgio. Correva il giorno 8 maggio 1982.

Villeneuve riporta delle gravissime ferite nel corso delle prove ufficiali: la sua monoposto urta a 260 km/h la ruota posteriore della March di Joachen Mass (Germania Est) e si impenna. Durante la lunga carambola di oltre 200 metri il corpo di Villeneuve viene proiettato fuori dell’abitacolo finendo addosso a uno dei paletti che sostengono la rete di protezione. I primi soccorsi vengono portati proprio da Mass e dagli altri piloti che stanno terminando le prove. Tutti comprendono subito la gravità dell’incidente, e René Arnoux torna ai box in lacrime. Dall’ospedale della vicina Louvain arriva il responso: fratture alle vertebre cervicali, lesioni irreveversibili.

Il figlio  Jacques Villeneuve, riuscirà  a vincere il mondiale nell’anno 1997 contro M. Schumacher su Ferrari dopo il ritiro del tedesco a  seguito della collisione a Jerez nell’ultima corsa dell’ anno, completando un disegno forse divina completando l’opera del padre che però aveva caratteristiche di guida uniche, il figlio più razionale e ragionatore rispetto all’illustre papà.

Ma ci sono tanti altri piloti di cui non descriviamo la loro biografia molto forti che però non hanno mai vinto vuoi per un motivo vuoi per un altro la sfortuna gli incidenti, la morte ecc. ecc., come R. Barrichello fido scudiero di Michael Schumacher alla Ferrari, oppure Felipe Massa beffato in casa in Brasile da Hamilton all’ultimo giro, oppure ancora, lo sfortunato Jean Alesi (una sola vittoria per lui in Canada con la Ferrari 412 T2 sul circuito intestato proprio a G. Villeneuve), David Coulthard il secondo pilota della McLaren negli anni di Hakkinen, ma anche Charles Leclerc per arrivare ai giorni nostri,  con la rossa di Maranello ancora senza mondiali nell’era Hamilton con l’attenuante della giovane età. Altri nomi ? Renè Arnoux, Didier Pironi, morto a seguito di un incidente in off shore tragico.

Qualche foto sotto dei ‘RE SENZA CORONA DELLA FORMULA 1″

 

The successful Scottish formula one pilot David Coulthard (L) of McLaren-Mercedes talks to his Finnish team member Kimi Raeikkoenen who came in third place, in Melbourne, Australia, 9 March 2003. Coulthard wins the year’s first race of the formula one for the Grand Prix of Australia and celebrates his 13th victory in his 142nd formula one race.

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