IL MEGLIO PEGGIO DEI GIORNALI DI OGGI

la Repubblica
QUARTA PAGINA
«Chi non ha conosciuto la guerra
non ha una biografia»
citato da Aldo Cazzullo
Dieci anni fa
Giovedì 17 marzo 2011. Per i 150 dell’unità d’Italia, apertura straordinaria di tutti i ministeri e di tutte le istituzioni della Repubblica. Costi dei festeggiamenti: 456 milioni di euro (210 dallo Stato e 246 dalle autonomie locali). A Roma il cannone del Gianicolo sparerà 150 colpi simbolici. Alle 19 a Piazza del Popolo concerto di musica leggera, alle 21 al Teatro dell’Opera Riccardo Muti dirige il Nabucco di Verdi.
Venti anni fa
Sabato 17 marzo 2001. Il consiglio di amministrazione Rai concede il diritto di replica televisiva a Berlusconi, rinvia di una settimana la trasmissione scandalo Satyricon e perde due dei cinque consiglieri. Alberto Contri e Gianpiero Gamaleri, in contrasto con il presidente Roberto Zaccaria, rassegneranno le dimissioni nelle mani dei presidenti di Camera e Senato che dovranno decidere se accettarle.
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«Contrattacco ufficiale del Vaticano al ministro Willer Bordon, all’indomani dell’ultimatum da lui lanciato alla Radio Vaticana: le sue dichiarazioni sono “giuridicamente inaccettabili” e le sue iniziative “contrarie” allo spirito del negoziato, già avviato con apposita commissione bilaterale. Ma il ministro dell’Ambiente non demorde e riafferma la correttezza delle sue dichiarazioni e iniziative. Tra le dichiarazioni cui si riferisce la nota del portavoce vaticano c’è — innanzitutto — quella con cui il ministro lunedì annunciò l’intenzione di costituirsi «parte civile» nel processo (slittato all’autunno) pendente presso la Procura di Roma contro Radio Vaticana, accusata di provocare con i suoi trasmettitori di Santa Maria di Galeria campi magnetici superiori ai limiti previsti dalla legge italiana e “nocivi” per la popolazione circostante».
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Tra i flash dei fotografi e le telecamere delle tv, è il napoletano Paolo Mossetti a ricevere la prima Cie, ovvero la carta d’identità elettronica mai prima d’ora consegnata in Italia.
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Trafugata la salma dell’ex presidente di Mediobanca Enrico Cuccia dal cimitero di Meina, sul lago Maggiore. Il presidente onorario di Mediobanca era stato sepolto nel giugno scorso. I ladri hanno rotto la lastra di marmo che copriva il loculo e portato via la salma. La prima pista degli investigatori è quella del satanismo.
Venticinque anni fa
Domenica 17 marzo 1996. Per la prima volta nella storia del calcio italiano la Serie A incrocia le braccia. I motivi per cui i calciatori proclamano lo sciopero sono: il Fondo di Garanzia, la modifica della Legge 91, il rinnovo dell’Accordo Collettivo, la previdenza, i parametri dopo l’entrata in vigore della Legge Bosman, la ristrutturazione dei campionati, le situazioni di morosità, le aggressioni ai calciatori e la richiesta del diritto di elettorato attivo e passivo. Che si tratti di un momento storico nella storia del calcio nel nostro Paese lo intuisce anche il Presidente Federale, Antonio Matarrese, il quale dichiarò all’epoca «Non potevamo restare immuni da una rivoluzione che sta investendo economicamente e socialmente il nostro Paese. Questo momento ha il valore di una svolta storica, e proprio noi, in sede di Consiglio federale, abbiamo maturato per primi la convinzione di trovarci di fronte ad un passaggio culturale» [Spuntidisport].
«Già in passato, a dire il vero, era stato minacciato lo sciopero da parte dei calciatori (la prima l’11 maggio 1969, quando i giocatori chiesero l’annullamento della norma che consentiva alle squadre di Serie A e B di ridurre del 40% i compensi dei giocatori stessi in caso di mancato raggiungimento di un numero minimo di presenze; il 14 Aprile 1974 per solidarietà nei confronti di Augusto Scala, il quale voleva restare a Bologna invece di andare all’Avellino; il 30 Gennaio 1977 per solidarietà nei confronti di Artico, un giocatore dello Scicli (formazione militante all’epoca in Serie D), il quale era stato messo fuori rosa, maltrattato dal proprio Presidente, e al quale era stato addirittura trattenuto il proprio stipendio), però alla fine in tutti questi casi era stato possibile trovare un accordo. La prima avvisaglia che però qualcosa nel mondo del calcio stava cambiando (dopo l’equiparazione da parte della Cassazione il 23 Marzo 1981 dell’atleta sportivo al lavoratore dipendente) avviene il 18 Dicembre 1994, durante l’ultimo turno di campionato prima della pausa natalizia. In quell’occasione, infatti, i giocatori della Serie A scendono in campo con 45 minuti di ritardo per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi da parte delle società per quei giocatori facenti parte di squadre non ammesse ai campionati» [ibid.].
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Come con Carlo e Diana, la regina Elisabetta suggerisce con una lettera anche ad Andrea di divorziare. «I contenuti, ha rivelato il Daily Express, sono più o meno quelli del suo intervento di dicembre presso i Galles: decidetevi a divorziare. Andrea avrebbe già reagito positivamente, incaricando i suoi avvocati di raggiungere un accordo con quelli della moglie. Ma si scopre anche, in quest’occasione, un retroscena: che Andrea aveva tentato di tutto per salvare il matrimonio. Aveva persino proposto a Fergie di lasciare la Marina e la sua carriera di ufficiale, se questo avesse potuto rinsaldare il loro legame. Ma lei aveva detto di no. Nel 1990 Andrea aveva trascorso a casa soltanto 42 giorni ed era convinto che un suo sacrificio personale avrebbe potuto risolvere molti problemi. Povera Fergie: aveva anche imparato a pilotare l’aereo credendo con questo di avere qualcosa in più da spartire con il marito. Ora più nessuno la compatisce: le sue chiacchieratissime vicende sentimentali, l’indebitamento sempre più profondo venuto alla luce nelle scorse settimane, il suo modo alquanto sbarazzino di mantenere una strana e discussa amicizia con Andrea lasciano tutti perplessi. Era venuto il momento di concludere. Anche perché sono gli inevitabili divorzi di Carlo e di Andrea, nelle spiegazioni che si danno a palazzo, gli ostacoli al matrimonio del principe Edoardo con Sophie. La regina ha scritto ad Andrea ma non a Fergie. Perché è lui quello che ha sempre resistito all’ipotesi del divorzio, mentre lei vi è rassegnata da molto tempo» [Galvano, Sta].
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Muore a Monte Carlo il regista francese René Clément.
«Il regista che cercò la poesia tra le pieghe della guerra: si può definire così René Clément, autore tra i più importanti della storia del cinema francese di cui ricorre in questi giorni il centenario della nascita. André Bazin, storico direttore dei Cahiers du cinéma, scrisse che Clément (insieme a Robert Bresson e pochi altri) riuscì a imprimere una svolta alla produzione transalpina del dopoguerra: i suoi film, diceva, sono in grado di tuffarsi negli abissi della psicologia umana, superando le semplici rappresentazioni dell’epoca in favore di una descrizione approfondita e realistica del mondo circostante. Nato a Bordeaux il 18 marzo del 1913, Clément ebbe come prima vocazione quella di diventare architetto: frequenta l’Accademia di Belle Arti ma abbandona presto gli studi per seguire la strada del cinema. Nel 1933 inizia a scrivere cortometraggi comici, insieme all’amico Jacques Tati, e a dirigere alcuni documentari girati in Africa e in Medio Oriente: per realizzare uno di questi, L’Arabia proibita (1937), viene persino arrestato e imprigionato per quattro giorni, rischiando l’impiccagione, reo di aver nascosto una cinepresa nei suoi vestiti. Alla fine della seconda guerra mondiale, alla quale partecipa come soldato semplice, si trasferisce a Nizza e, nel 1946, firma il suo primo lungometraggio: Operazione Apfelkern. Uno dei più importanti titoli francesi sul tema della resistenza, incentrato sulla vicenda di un attentato ferroviario durante l’occupazione nazista, il film viene accolto come una svolta nella produzione del periodo, grazie al suo asciutto realismo, e ottiene diversi riconoscimenti al Festival di Cannes» [Treccani].
Trenta anni fa
Domenica 17 marzo 1991. Muore a Monte Carlo Carlo Donat-Cattin, politico democristiano, leader della corrente Forze Nuove. Aveva 72 anni.
«Lo si ricorda come un “cattolico scomodo”, ma già la seconda parola, forse, è di troppo. Carlo Donat-Cattin fu un cattolico, rigoroso ed esigente, con sé stesso prima che con gli altri. Un uomo che “portò avanti i suoi convincimenti con assoluta franchezza e onestà, disposto anche alla impopolarità”, disse di lui il cardinale Giovanni Saldarini nell’omelia funebre. Sì-sì, no-no, per citare il Vangelo. “Quello che aveva in mente aveva sulle labbra”, diceva padre Angelo Macchi, direttore di Aggiornamenti sociali. Il centenario della nascita di quello che fu il leader storico della “sinistra sociale” consente di rileggere la storia della Dc facendo uso della biografia di un uomo che ne fu protagonista molto più di quanto non dica la quota di consenso di cui fu intestatario. Il cavalier Massimiliano Cencelli nel suo celebre manuale non vide mai assurgere Forze Nuove a percentuali a due cifre, eppure il suo leader è sempre presente negli snodi cruciali della politica italiana. Rude di carattere, dalla madre Maria Luisa, discendente di una famiglia di conti di Finale Ligure (dove Donat-Cattin nacque il 26 giugno del 1919) ereditò la nobiltà d’animo che lo indusse a gettare il cuore oltre l’ostacolo nei momenti più difficili. Politico di professione, si direbbe oggi, ma sempre con la cifra del sindacalista e del giornalista, le sue passioni che formarono il suo impegno politico. Dal padre di origini savoiarde – fra i fondatori del Partito popolare a Torino e deportato nei campi di prigionia tedeschi – ereditò la vocazione democristiana e antifascista, ma le radici del suo impegno sono tutte rintracciabili a Ivrea, alla Olivetti, dove lavorò prima come operaio, poi come insegnante al centro di formazione meccanici» [Picariello, Avvenire].
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Maradona fa uso di cocaina. La droga spunta nella provetta del doping, dopo Napoli-Bari. Pare che un addetto si fosse dimenticato di urinare al suo posto.
«Quel 17 marzo segnò la fine del rapporto tra Maradona e Napoli – sette anni di successi, di trionfi, di rivalse. Due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana, sette anni impossibili da cancellare – segnò soprattutto il declino dell’uomo Maradona. Quel pomeriggio del 17 marzo è l’inizio della fine. La positività riscontrata a Maradona è per “el Diego” un complotto per farlo fuori dopo che la sua Argentina aveva eliminato la nazionale italiana ai quarti di finale del Mondiale di Italia 90. I problemi di Maradona con la cocaina risalgono a ben prima dell’arrivo a Napoli, dai tempi di Barcellona. In città, però, tanti sapevano ma hanno sempre taciuto» [Rai].
Quaranta anni fa
Martedì 17 marzo 1981. Nella villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi (Arezzo), nell’ambito dell’inchiesta Sindona, i giudici milanesi Turone e Colombo trovano l’elenco degli iscritti alla loggia massonica P2. Si scopre che fra le 962 persone registrate ci sono: dodici generali dei carabinieri, cinque generali della Guardia di Finanza, ventidue generali dell’Esercito, quattro dell’Aeronautica, otto ammiragli eccetera. I carabinieri piduisti (52) comprendono tre ex vicecomandanti generali, un comandante di divisione, il generale Dino Mingarelli inquisito per il depistaggio delle indagini sulla strage di Peteano (1972) connessa alla struttura segreta Gladio, e il generale Romolo Dalla Chiesa, fratello di Carlo Alberto [Fabio Mini, I guardiani del potere].
La lista fu ritenuta dallo stesso Licio Gelli un brogliaccio incompleto in quanto gli affiliati erano oltre 2.400.
Cinquanta anni fa
Mercoledì 17 marzo 1971. Paese Sera, con un articolo in prima pagina dal titolo Complotto neofascita, rivela che nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1970 il principe Junio Valerio Borghese, fascista e monarchico, ex comandante della Decima Max e capo del Fronte Nazionale, tentò un colpo di Stato. Il ministro degli Interni, dopo le indiscrezioni edite dal quotidiano, rende noto il tentativo di golpe: «Organizzazioni della destra extraparlamentare stavano preparando un complotto contro lo Stato sin dal dicembre scorso, la polizia lo ha saputo ed è riuscita a sventarlo. Onesta la notizia che si è diffusa oggi nel pomeriggio e che è stata confermata in Questura. Il governo è subito intervenuto per chiarire la situazione, e il ministro Restivo ha parlato al Senato e alla Camera. Ha accennato ad attività dalle quali si poteva “dedurre un intendimento eversivo”, ha precisato che “non vi è motivo di allarme. Il governo ha ritenuto e riterrà sempre in futuro che episodi simili non si debbano mai sottovalutare e che sempre debbano essere sottoposti responsabilmente alla più attenta e scrupolosa vigilanza”. Restivo ha parlato alle 19.30».
Ottanta anni fa
Lunedì 17 marzo 1941. Nella durissima battaglia di Cheren in Eritrea muore colpito da una scheggia di granata, mentre era alla testa dei suoi ascari, il generale Orlando Lorenzini.
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Leonarda Cianciulli, meglio nota come la Saponificatrice di Correggio, viene trasferita al San Tommaso di Reggio Emilia, il carcere «dove si medita e si piange». È la detenuta numero 993.
In galera scriverà le sue memorie, Le confessioni di un’anima amareggiata, settecento pagine in cui oltre a descrivere i delitti racconta la sua infanzia difficile e il rapporto tempestoso con la madre, il suo matrimonio e l’amore per i figli, la decisione di affidare alle potenze delle tenebre la vita di Giuseppe. Una suora del carcere: «Malgrado gli scarsi mezzi di cui disponevamo preparava dolci gustosissimi, che però nessuna detenuta mai si azzardava a mangiare. Credevano che contenessero qualche sostanza magica» [Tani 1999; Sanvitale-Mastronardi 2010]
Cento anni fa
Giovedì 17 marzo 1921. Armistizio tra Russia e Polonia. La pace sarà firmata a Riga, domai 18 marzo. Le parti tracciano un confine che lascia alla Polonia una parte della Bielorussia e dell’Ucraina occidentale, fra cui Leopoli.
Formalmente il trattato riconobbe l’indipendenza dell’Ucraina; nella realtà finì per sancirne la spartizione. Insieme ai territori ucraini e bielorussi la Polonia ebbe la soddisfazione di ottenere «30 milioni di rubli, oro in moneta o in lingotti per la partecipazione attiva dei territori della Repubblica polacca alla vita economica del vecchio Impero russo» [Romano, CdS].
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I carabinieri uccidono un militante della Lega comunista di Marmoraia [Franzinelli1].
Centoventi anni fa
Domenica 17 marzo 1901. Pietroburgo. Gravissimi disordini studenteschi, davanti alla cattedrale di Kazan, repressi dai cosacchi e dalla polizia con selvaggia ferocia. Molti morti e feriti, 740 arresti.
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Alexandre Bernheim-Jeune, e i suoi due figli Joseph e Gaston, montano la prima retrospettiva di Vincent Van Gogh. Si tratta di 71 dipinti, esposti per la prima volta assieme nella loro galleria di Parigi.
Centotrenta anni fa
Martedì 17 marzo 1891. Alle 18.36, nel porto di Gibilterra, cola a picco il piroscafo Utopia, partito il 25 febbraio del 1891 da Trieste per New York, carico di migranti imbarcati anche nello scalo di Napoli. Muoiono in 526
A causa di una tempesta il piroscafo tentò di riparare nel porto ma per via delle pessime condizioni meteorologiche andò a sbattere contro una corrazzata inglese già ormeggiata. Uno squarcio di 5 metri nello scafo lo fece affondare in meno di venti minuti.
Centoquaranta anni fa
Giovedì 17 marzo 1881. Per R. D. è autorizzata la Banca Mutua Popolare di Firenze (Comandini).
Centosessanta anni fa
Domenica 17 marzo 1861. La Gazzetta ufficiale – da oggi non più «del Regno» ma «del Regno d’Italia» – annuncia che è stata promulgata la legge votata dal Senato e dalla Camera dei deputati. Ecco il testo:
«Vittorio Emanuele II, re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme ecc. ecc. ecc.
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo unico.
Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato.
Dat. a Torino, addì 17 marzo 1861.
Vittorio Emanuele
C. Cavour. M. Minghetti. G.B.Cassinis. F.S. Vegezzi M. Fanti. T. Mamiani. T. Corsi. U. Peruzzi». [G.Uff. 17/3/1861].
Sull’odierno numero della Gazzetta Ufficiale, la numero 3, la stessa in cui si annuncia la nascita dell’Italia, è anche ospitata una pubblicità, che dice: ««Enrico Orfei, viale Santa Barbera 11, possiede un segreto per far nascere i capelli anche dopo dieci anni di mancanza dei medesimi».
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È l’atto di nascita del Regno d’Italia. Cavour ha voluto che fosse questo il primo provvedimento legislativo del nuovo Parlamento nazionale, composto da 211 senatori di nomina regia (ci sono fra gli altri Massimo d’Azeglio e Alessandro Manzoni) e da 443 deputati, ora anche del Mezzogiorno, della Sicilia, dell’Umbria e delle Marche
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In molte città si festeggia per le strade, come già è successo il 14, giorno del compleanno del re. A Roma però ci sono ancora i francesi e lo Stato pontificio, a Venezia gli austriaci.
«Il Papa ha appena promesso battaglia con parole dure nel Concistoro: “Non cedo ai consigli e alle pressioni degli usurpatori, confidando la causa della Chiesa a Dio, vendicatore di giustizia e diritto”. A Vienna una nota del governo spiega di non aver mai riconosciuto il re d’Italia. A Parigi Napoleone III ricorda che nelle vicende italiane bisogna procedere “doucement”. Ma Torino è soddisfatta e tranquilla, e al teatro Regio va in scena la cantata augurale propiziatoria: «Gioisci, Italia / come incendio sale / al cielo il tuo gioir», dopo che i cannoni hanno sparato a salve dal monte dei Cappuccini. A Firenze, però, Cito Baldassarre, pizzicagnolo di via Calzaioli, ha esposto il busto del re, ma l’ha circondato coi salami appesi, in un presepe gastronomico irriverente: “Perché? Lui è il re – spiega –, noi sudditi siamo i salami”» [Mauro, Robinson].
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“Ma, per quanto oggi possa stupire, la solennità oggi non è accompagnata a Torino da particolari altre cerimonie. L’apoteosi di Re Vittorio Emanuele II si è già celebrata il 18 febbraio. Il sovrano stesso non è in città. La giornata è serena. A mezzogiorno la temperatura supera i 12 gradi. Il Re vuole stare tranquillo. Da 24 ore è al Castello di Pollenzo. Cavour è impegnato con le lamentele che gli giungono da Napoli: grane politiche e richieste di denaro. Per di più Garibaldi è arrabbiato con lui, perché ha sciolto l’esercito garibaldino (vedi 1° febbraio). Da Caprera, dove si è isolato, il generale lancia parole dure: “Re Vittorio Emanuele II è circondato da gente senza cuore, senza patriottismo, da uomini che hanno creato un dualismo fra l’esercito regolare e i volontari, sebbene gli uni e gli altri si siano battuti da prodi, mirando allo stesso scopo. Questi indegni hanno seminato discordie ed odio”. Mazzini è a Londra in esilio. Invano Giuseppe Verdi tenta d’intercedere per lui, affinché possa rientrare in patria. Mentre Massimo d’Azeglio cerca di preparare i torinesi a un domani che potrebbero non gradire: “Siamo persuasi – scrive – che riunita l’Italia in un solo stato, il Governo probabilmente non avrebbe più la sua sede a Torino”. “L’Italia è fatta” proclama il quotidiano la Gazzetta del Popolo, ardente paladino del Risorgimento. Ma poi, come Nino Bixio, aggiunge: “Chi non ne è contento si rassegni”. Non è certo felice Francesco II, lo spodestato Re di Napoli, rifugiatosi alla corte del Papa Pio IX. Quel giorno il cardinale Barberini cerca di consolarlo: “Speriamo che Vostra Maestà si trattenga da noi a lungo”. Francesco II risponde sarcastico: “Eminenza, se arrivano i Piemontesi, da Roma partiremo insieme”» (Maurizio Lupo, La Stampa 17/3/2011).
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Il conte di Cavour scrive al marchese Emanuele Taparelli d’Azeglio, inviato a Londra e ministro plenipotenziario, perché informi il ministro degli Esteri del Regno Unito dell’avvenuta proclamazione del Regno d’Italia.
«Turin, 17 mars 1861
Monsieur le Marquis, Le Parlement National vient de voter et le Roi a sanctionné la loi en vertu de laquelle S.M. Victor Emmanuel II assume, pour lui et pour ses successeurs, le titre de Roi d’Italie. La légalité constitutionnelle a consacrò ainsi l’oeuvre de justice et de réparation qui a rendu l’Italie a elle-même. Dès ce jour, l’Italie affirme hautement en face du monde sa pro- pre existence. Le droit qui lui appartenait d’être indépendante et libre, et qu’elle a soutenu sur les champs de bataille et dans les Conseils, elle le proclame solennellement aujourd’hui. Ce grand fait a une importance qui sera facilement sentie, Monsieur le Marquis, dans le noble pays où vous résidez. L’Angleterre, qui a dû et qui doit sa prospérité à l’application des mêmes principes qui nous guident, verrà avec faveur, j’en suis convaincu, se constituer officiellement et se taire reconnaître en Europe une nationalité a laquelle le peuple du Royaume-Uni à montré de si généreuses sympathies. Je vous prie, Monsieur le Marquis, de notifier à Mr le ministre des Affaires Étrangères de S.M. la Reine cet événement mémorable. Vous aurez, je n’en doute pas, autant de satisfaction à vous acquitter de cette haute commission que j’en éprouve en vous la confìant. Agréez, Monsieur le Marquis, les nouvelles assurances de ma considération distinguée.
C. Cavour» [Cav., Ep. XVIII, 975]
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Costantino Nigra, segretario generale del Governatore delle province meridionali (il principe Eugenio di Savoia-Carignano), spiega al conte di Cavour il malcontento dei napoletani e gli errori di Liborio Romano: «Non ha capacità di nessuna specie; non è cattivo di proposito deliberato, ma è debole, senza carattere, con una certa furberia tra contadinesca e curiale, di nessuna convinzione politica, e tenerissimo della sua popolarità buona o cattiva che sia, vera o falsa». E poi «I pericoli non sono affatto passati. Pensi che abbiamo infiniti soldati borbonici sbandati, senza occupazione, senza vitto. Abbiamo i briganti che in primavera occuperanno i monti. Abbiamo il clero nemico; i garibaldini malcontenti, irritati, affamati. Cinquecento di essi, dopo aver preso congedo e soldo per tre mesi, si trovano ora qui in preda alla peggior consigliera, la fame, che girano le strade di Napoli, rubando per vivere. Abbiamo le febbri tifoidee che imperversano nei reduci di Gaeta e mettono in commozione la città. Gli ufficiali napoletani di terra e di mare irritati, malcontenti, mal ricevuti dai nostri; l’aristocrazia, avversa, fa il lutto dei Borboni a Portici, divenuto il nostro faubourg de St. Germain. Gli operai dell’arsenale e delle ferrovie inquieti. L’immenso numero dei municipali offesi nei loro interessi. I devoti in soqquadro per l’abolizione dei conventi. Gl’impiegati, gli infiniti curiali, e l’immensa caterva di chi viveva d’elemosina ufficiale e di ruberie, implacabili. Il corpo municipale col sindaco e gli eletti offesi dalle lettere di Ricotti; i cittadini reclamanti di continuo contro la gravezza degli alloggi militari. Gli ufficiali piemontesi, gl’impiegati piemontesi e tutto quello che viene dall’Italia settentrionale, non cessano dal dire apertamente e declamare ogni sorta d’ingiurie (talora meritate) contro tutto quello che vedono ed odono qui. Ecco in qual bolgia mi ha mandato. E per sopramercato pochi carabinieri e poca forza nelle provincie. E un’amministrazione corrottissima da capo a fondo. Pessima stampa. Popolo docile sì, ma instabile, ozioso ed ignorante. Viveri relativamente cari. E in capo a questo quadro la figura gigantesca di Garibaldi, che grandeggia dal suo scoglio di Caprera e getta fin qui la vasta sua ombra […]».
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Civitella del Tronto, nei pressi di Ascoli, è rimasta l’ultimo piccolo nucleo di resistenza borbonica nell’ex Regno delle Due Sicilie. Il 15 febbraio, dopo 102 giorni d’assedio e i più violenti cannoneggiamenti mai sperimentati sul suolo italiano, Francesco II di Borbone aveva proclamato la resa della fortezza di Gaeta, dove si era rifugiato dopo la sconfitta subita dall’armata di Garibaldi. Il 13 marzo s’è arresa la guarnigione della cittadella di Messina (circa 4.000 uomini), estremo baluardo borbonico in Sicilia. Civitella è stretta d’assedio dalle truppe piemontesi dal 26 ottobre 1860. La resa sembrava cosa fatta ieri sera quando, appena giunto da Roma, il generale borbonico La Rocca accompagnato da un ufficiale francese consegnava al comandante della guarnigione la lettera di Francesco II con l’ordine di deporre le armi e sgombrare la fortezza. Questa mattina alle sette, anziché arrendersi come concordato ieri, quel tale comandante, sergente maggiore Massinelli, ha fatto sapere di non fidarsi dell’autenticità della lettera. È stato dichiarato ribelle dai militari sabaudi, che hanno ordinato di riprendere il bombardamento. L’assedio continua, in condizioni pessime: il terreno è molle per la pioggia e la neve, le munizioni si trasportano a dorso di soldati. [Op. 23/3/1861]
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«Proprio il giorno in cui a Torino veniva promulgata la legge che conferiva a Vittorio Emanuele II il titolo di Re d’Italia, in un’allocuzione ai Cardinali egli [Pio IX] dichiarò guerra non solo allo Stato italiano, ma a tutta la civiltà moderna, “madre e propagatrice feconda d’infiniti errori e d’interminabili mali”, che “dà libero varco alla miscredenza, accoglie nei pubblici uffici gl’infedeli, apre ai loro figli le pubbliche scuole” e via farneticando. “Era – scrisse Pantaleoni a Cavour – in tale stato di passione e di agitazione che gliene cadde lo zucchetto di testa”» (Indro Montanelli, Storia d’Italia).
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La Camera costa 497 mila lire (2,2 milioni di euro 2010). Il Parlamento dispone di due soli palazzi, uno per la Camera l’altro per il Senato (Rizzo-Stella).
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Stipendio annuo di uno dei due Consiglieri di governo istituiti presso il Governo delle province toscane: 7.000 lire.
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È vacante la condotta medica nella terra di Scansano, lo stipendio annuo è di 1.344 lire. Obblighi della condotta: cura gratuita degli abitanti della zona, dei regi impiegati, dei militari di leva, vaccinazione anti-vajolo, esame delle carni ecc.
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Indennità annue accordate ai capi degli uffici telegrafici per le spese di gestione dell’ufficio: Genova Governo, Milano Uff. centrale, Torino Uff. centrale L. 2.500, Bologna 1.800; Firenze, Livorno 1.650; Ancona, Modena 1.500; Parma 1.400; Alessandria, Cagliari, Sassari 1.000; Arezzo, Novara, Reggio 900, Brescia 850 ecc. [G.Uff. 17/3/1861, M.T. 17/3/1861]
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L’arciduca Leopoldo è a Trieste per ispezionare la fortezza e sperimentare le mine sottomarine. Gli austriaci pensano di difendere così il porto contro eventuali attacchi. [P.It. 29/3/1861]
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Scrive Il Popolo d’Italia: «Le gonnelle che sempre hanno dominato in questo basso mondo, esercitano attualmente il lor magico dominio anche su diversi di questi dicasteri, che sotto tutti i riflessi sembrano destinati a lasciare un nome favoloso nella storia de’ fasti e delle miserie d’Italia. Una gentildonna, piena di grazie e d’amori, è quella che volge e capovolge a suo talento il dicastero di Grazia e Giustizia, sciente o no il D’Avossa – Sappiamo che mani gentili di una donna, a nome D.ª Teresina… sono state quelle che in gran parte hanno ordito nel dicastero dell’Interno la meravigliosa tela de’ nuovi Governatori e Intendenti, per lo mezzo di un direttore… che non è quello dell’Interno. – Una donna poi, grassottella alquanto, come tutti sanno, è quella che volge ambo le chiavi del cor di don Spaventa – e dispensa gl’impieghi. All’apparir di costei si spalancano prontamente le porte del dicastero di polizia, e va a sedere a latere dell’esimio consigliere. Qual fu, l’altro ieri, su quel dicastero, l’umiliazione di tanti onesti cittadini che aspettavano per l’udienza, tra cui qualche uffiziale della Guardia Nazionale, veder la gran donna passar avanti a tutti gli altri, e questi far lunga udienza!…». [P.It. 17/3/1861].
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Alla riunione della classe fisico-matematica dell’Accademia reale delle scienze di Torino il socio Annibale De Gasparis completa la relazione sulla sua scoperta di un nuovo pianeta, che ha chiamato Ausonia. [G.Uff. 27/3/1861]
Centonovanta anni fa
Giovedì 17 marzo 1831. A Forlì muore Napoleone Luigi Bonaparte, che fu anche re d’Olanda (Luigi II). Era malato di rosolia. «Col fratello Luigi Napoleone (Napoleone III), si affiliò alla carboneria e partecipò alle insurrezioni delle Romagne nel 1831. Lasciò una Histoire de Florence (pubblicata post. nel 1833)» [Treccani].
Nato nel 1804 da Luigi, re d’Olanda e il fratello minore dell’Imperatore Napoleone Bonaparte, e da Ortensia di Beauharnais, figlia di Giuseppina di Beauharnais prima moglie di Napoleone, due anni dopo la morte di suo fratello maggiore – Napoleone Carlo Bonaparte morì nel 1807 a 4 anni, fu designato da Napoleone Granduca di Berg e Clèves, titolo che mantenne fino al 1813. Per i dieci giorni fra l’abdicazione del padre e l’invasione dell’esercito francese, nel 1810, fu anche Re d’Olanda, con il nome di Luigi II. Quando Napoleone venne deposto nel 1815 dopo la Battaglia di Waterloo, Napoleone Luigi fuggì in esilio. Muore a Forlì, dove partecipò ai moti per l’indipendenza italiana [Wikipedia].
Duecento anni fa
Sabato 17 marzo 1821. Alessandro Manzoni termina la scrittura di Marzo 1821, dove immagina un’Italia libera dagli invasori austriaci.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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