Buongiorno. Oggi finalmente capiremo se l’estenuante crisi politica innescata ormai un mese fa dall’attacco di Renzi a Conte sfocerà in una formale crisi di governo. Il leader di Italia viva ha assicurato che nel pomeriggio annuncerà una volta per tutte se le sue due ministre (Bellanova e Bonetti) si dimetteranno. Ha aggiunto che secondo lui oggi il presidente del Consiglio “annuncerà di avere altri parlamentari a suo sostegno”, il che farebbe pensare che consideri la partita chiusa. Nel frattempo, in piena notte, le due renziane si sono astenute sul Recovery Plan approvato dal Consiglio dei ministri.Ma il Recovery è solo la prima di una raffica di scadenze micidiali che si accavallano con la resa dei conti di queste ore: un altro Consiglio dei ministri è in programma stasera per varare il nuovo decreto sulle misure anti Covid, e un altro domani, con al centro la richiesta alle Camere di un nuovo scostamento di bilancio da 24 miliardi, che è la premessa necessaria al varo del decreto Ristori e che sarà votato dal Parlamento il 20 gennaio.Sono le urgenze che, insieme alle preoccupazioni degli scienziati sull’aggravarsi dell’epidemia, allarmano il presidente della Repubblica e tutti noi, e sulle quali si fondano le speranze di chi vorrebbe evitare una crisi senza vie d’uscita chiare in un momento drammatico.Ma quindi cosa può succedere? Ieri mattina Conte ha posto un aut aut a Renzi: “Se si assumerà la responsabilità di una crisi di governo in piena pandemia, sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Italia viva”. In questo modo ha azzerato le possibilità di un “Conte ter”, pur rimodellato sulle richieste di Renzi. A meno che Renzi scelga di non fare dimettere le due ministre: “Se Renzi non esce si può ragionare”, diceva il premier ancora ieri sera.Si può quindi provare a fare un paio di ipotesi riassuntive:1) Stamattina i “pontieri” riescono miracolosamente a riannodare i fili e scatta il piano di emergenza che vorrebbe il Partito democratico: i leader stringono un patto di legislatura e lanciano davvero il Conte 3, costruito però in modo da non apparire come una resa di Renzi.2) L’accordo in extremis si rivela invece impossibile perché Renzi tiene il punto o Conte non ci crede (o non lo vuole) più. In questo caso il premier va in Parlamento e, come fece con Salvini seduto per l’ultima volta al suo fianco nell’agosto 2019, incolpa Renzi della crisi e si va alla conta dei voti.E a quel punto?A quel punto bisogna vedere se Conte ha davvero trovato i “responsabili” che sostituiscano i renziani. La condizione posta da uno sconfortato Mattarella è che non siano adesioni sparse e raccogliticce, ma che si costituisca un nuovo e organico gruppo parlamentare e che questo gruppo annunci il sostegno a Conte. Chi ne farebbe parte? Fuoriusciti del gruppo misto e berlusconiani critici.In questo caso, prepariamoci anche a sorprese che solo pochi mesi fa ci avrebbero fatto sorridere, tipo Renato Brunetta ministro di un governo col Pd. Ma anche il ritorno di Pier Ferdinando Casini.Sullo sfondo ci sono altre due possibilità: un qualche governo “di scopo” o di salvezza nazionale che abbia il sostegno del centrodestra (il Pd dice mai e poi mai, ma dopo un gol la palla torna sempre al centro, figuriamoci dopo un autogol). Oppure le elezioni anticipate in piena emergenza virus, con l’Europa che si aspetta stabilità dal Paese cui ha concesso la fetta più grossa di aiuti, e il mondo che si aspetta indicazioni e leadership dal Paese che presiede il G20. Insomma, una figuraccia planetaria.Sono dunque ore decisive per la storia di questo Paese, che sta per essere trascinato in un buco nero dall’astio reciproco e dagli errori di entrambi i duellanti: uno, l’ex premier, lucido nell’indicare i limiti dell’azione di governo ma ancora una volta incline al suicidio politico per l’incapacità di compromessi veri; l’altro, il premier, troppo accentratore e troppo compreso nel ruolo del sottovalutato che alla fine frega tutti e sopravvive a tutto.Errori terribili, perché nel frattempo c’è una pandemia.— Oggi supereremo gli 80 mila morti da Covid-19, visto che con i 616 di ieri siamo arrivati a 79.819. Gli esperti del Comitato tecnico scientifico chiedono di prorogare lo stato di emergenza fino al 31 luglio. A che serve lo stato di emergenza? Serve per esempio ad avere un commissario che gestisca in agilità e autonomia un piano di vaccinazioni che finora è stato un successo. E serve a decidere le restrizioni che la terza ondata rende inevitabili. Lunedì, almeno dieci regioni possono finire in fascia arancione.Altre cose importanti:— In America, l’assalto al Congresso scatenato da Trump il 6 gennaio continua a terremotare il Paese. Nella notte italiana, il vicepresidente Pence ha escluso la possibilità di ricorrere al 25° emendamento per rimuovere il presidente, a una settimana dall’insediamento di Biden. Lo sviluppo più interessante sembra però dato dal fatto che Mitch McConnell — il capo dei repubblicani al Senato che per 4 anni è stato la macchina da guerra del trumpismo — ora pare vedere di buon occhio l’impeachment avviato dai democratici, perché permetterebbe al suo partito di sbarazzarsi definitivamente di Donald. Intanto la deputata Liz Cheney, figlia dell’ex vicepresidente Dick, ha detto che lei l’impeachment lo voterà. E Trump? Ha parlato in Texas, definendo “appropriato” il discorso con cui una settimana fa ha aizzato i suoi fan. In caso di altre parole appropriate, Washington si prepara all’inaugurazione del 20 gennaio in assetto di guerra.Un paio di storie:— Una inquietante, il 17enne di Napoli che accoltella alla gola la coetanea che l’ha lasciato. La ragazza l’ha scampata con ferite guaribili in dieci giorni.— Una da film, francese: il fornaio di Besançon in sciopero della fame dal 3 gennaio perché si oppone all’espulsione del suo garzone arrivato dall’Africa un anno e mezzo fa, quand’era minorenne. Il fornaio è finito in ospedale.E poi un paio di suggerimenti:— Da leggere: la newsletter Mondo capovolto, “notizie dal Sud del Mondo” curate da Sara Gandolfi. È bellissima fin dalle prove, debutta domani e la ricevete gratis iscrivendovi qui.— Da ascoltare: il podcast Corriere Daily (lo trovate qui) con Martina Pennisi che (col professor Luciano Floridi) parte dal Trump silenziato da Twitter per affrontare il tema del rapporto tra social, politica e libertà d’espressione. Nicola Saldutti racconta invece una curiosa storia di nuovi alberi che vengono piantati da soggetti inattesi.Sotto, gli approfondimenti. Buona lettura, e buon mercoledì! (qui il meteo)(Nella foto di Vincenzo Pinto per Afp, Palazzo Chigi di tricolor illuminato, ieri sera) | |
| | | Il Cts chiede lo stato di emergenza fino al 31 luglio. Almeno dieci regioni verso l’arancione, Lombardia in bilico |
| | Monica Guerzoni, Fiorenza Sarzanini |
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| | C i sono almeno dieci regioni che lunedì potrebbero entrare in fascia arancione con il divieto di aprire bar e ristoranti. La scelta del governo di cambiare i criteri per far salire il livello di rischio potrebbe far scattare i divieti in mezza Italia. Lo spiegherà oggi in Parlamento il ministro della Salute Roberto Speranza ribadendo come la situazione di controllo dei contagi sia «ancora in fase critica». Porterà i dati dell’ultimo monitoraggio che indica come in molte aree del Paese l’Rt sia superiore a 1 e le strutture sanitarie abbiano carenza di posti letto. E chiederà il via libera sul nuovo Dpcm con le misure per fermare la corsa del Covid 19 e del decreto che proroga lo stato di emergenza.«Questa possibilità di intervenire in via d’urgenza deve essere prevista almeno fino a luglio»: è il parere del Comitato tecnico scientifico.Lombardia in bilico Quale sia il nuovo criterio di classificazione che si intende adottare l’ha spiegato proprio Speranza durante l’incontro di due giorni fa con i governatori: «Oltre all’abbassamento delle soglie, Rt pari a 1 per la zona arancione, e a 1.25 per la zona rossa, pensiamo di intervenire sugli indici di rischio anche per facilitare gli ingressi in arancione delle Regioni a rischio “alto”». In base a questo nuovo sistema la Lombardia è in bilico tra arancione e rosso, come conferma il governatore Attilio Fontana: «C’è un po’ di rimescolamento. Nell’incontro con il governo abbiamo parlato a lungo, è possibile che i parametri vengano rivisti e forse in parte modificati, ecco perché dico che è un’ipotesi ma non una certezza che si entri in zona rossa». Potrebbero invece andare in arancione le regioni che hanno rischio «alto» anche se l’Rt non è superiore a 1: Piemonte, Lazio, Liguria e Marche. Nell’ultimo monitoraggio erano a rischio «alto» ma con Rt sopra 1 Puglia, Molise, Umbria, Sardegna.Lo stato di emergenza Il governo aveva ipotizzato di prorogare lo stato di emergenza fino al 30 aprile, gli scienziati chiedono di arrivare almeno a luglio e quindi è probabile che la data sarà il 31. Sono quattro gli elementi inseriti nel parere. Il primo riguarda l’impatto «ancora importante» che la curva del virus ha sui posti letto in terapia intensiva e in area medica: 13 regioni e province autonome hanno superato la soglia critica. Poi c’è il dato che riguarda l’Europa dove i contagi continuano a crescere, così come il numero delle vittime. Terzo elemento è la sovrapposizione tra l’influenza stagionale e il Covid-19 che potrebbe mandare in crisi il sistema sanitario in alcune aree. Infine, ma certamente argomento principale, «la campagna vaccinale in corso che non può essere messa in pericolo con un aumento esponenziale dei contagi». Per questo bisogna utilizzare «ogni strumento, anche emergenziale», almeno fino a luglio quando con la bella stagione la pressione del virus dovrebbe allentarsi e si presume che una fetta consistente della popolazione sia ormai immunizzata.Sci a porte chiuse Lo stesso Cts ha poi autorizzato lo svolgimento dei mondiali di sci a Cortina dall’8 al 21 febbraio «purché si svolgano a porte chiuse», dunque senza pubblico sulle piste o all’arrivo ed evitando che gli atleti rimangano oltre il tempo necessario alla partecipazione alle gare. Ha invece espresso perplessità sulla riapertura degli impianti sciistici fissata al 18 gennaio. In realtà era stato il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia ad anticipare nell’incontro con i governatori la possibilità di far slittare la ripresa «anche perché non possiamo farlo in quelle aree dove invece sono chiuse le scuole».Assembramenti Intenzione del governo è impedire gli assembramenti e per questo si è deciso di vietare l’asporto di cibi e bevande dai bar dopo le 18. Su proposta del ministro Dario Franceschini si vorrebbe poi inserire nel Dpcm quella norma che durante le festività natalizie consentiva – nei giorni di rosso e dunque con gli spostamenti vietati – di uscire di casa massimo due adulti con minori di 14 anni per visitare amici e parenti. In realtà non c’è alcun modo di imporre limitazioni nelle abitazioni e per questo ci si dovrebbe limitare alla raccomandazione di non ospitare più di due persone oltre i conviventi.Spostamenti Per il resto sarà confermato il coprifuoco dalle 22 alle 5 e il divieto di passare i confini anche tra le Regioni che si trovano in fascia gialla. La mascherina sarà ancora obbligatoria all’aperto e al chiuso, così come il distanziamento. | |
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| | | | | | Il compromesso al ribasso e il fallimento che nessuno può permettersi |
| | | La crisi del Conte II non si è ancora formalmente aperta, la crisi politica dell’alleanza giallorossa si trascina invece da tempo e i segni di decadimento erano ormai visibili. In questi casi le colpe sono sempre collettive, ma chi ha la responsabilità di guidare una coalizione sa di doversi fare carico degli oneri maggiori.In un contesto sempre più deteriorato, risulta evidente come Matteo Renzi abbia deciso di sfruttare la situazione per stressare gli equilibri della maggioranza. Nel crescendo polemico con Palazzo Chigi delle ultime settimane, i problemi reali che il leader di Italia viva aveva inizialmente sollevato hanno finito per lasciare il posto a un conflitto con Giuseppe Conte, con l’obiettivo di far capitolare il suo esecutivo. Da mesi gli alleati, a partire dal Pd, avevano chiesto al presidente del Consiglio di cambiare passo e di farlo presto, tuttavia la verifica – che serviva a registrare il programma e la squadra di governo – aveva continuato a protrarsi senza dare risultati. Complice l’emergenza pandemica, Conte riteneva di poter resistere alle pressioni: protetto da una bolla che era insieme un paradosso, immaginava che una sorta di decisionismo misto a immobilismo lo avrebbe reso immune dagli attacchi.Finché Italia viva ha deciso di giocare in proprio, contestando le decisioni del premier e utilizzando l’approssimazione e le incongruenze dei progetti presentati, come testimoniato dalla prima bozza del Recovery plan. In una prima fase i democratici e anche un pezzo del Movimento avevano pensato di poter cavalcare la tigre renziana per raggiungere gli scopi che si erano proposti con la verifica. Non avevano fatto i conti con l’indole dell’alleato, che al pari di Massimo D’Alema considera capotavola il posto dove sta seduto.Così il confronto sulle priorità di governo si è trasformato in uno scontro personale. E questo duello ha finito per subire una torsione che ieri ha raggiunto l’acme, quando il premier ha fatto sapere a Iv che se lo avesse sfiduciato non avrebbe più potuto far parte di un suo governo. Al di là della sfida tra Conte e Renzi, la vicenda dimostra che la coalizione giallorossa – nata nel 2019 per impedire a Matteo Salvini di andare alle elezioni – non c’è, o quantomeno non c’è ancora: non si è strutturata, non ha maturato la solidarietà che accomuna partiti tra loro alleati, appare priva di una visione strategica ed è divisa da divergenze ideologiche che si manifestano su vari temi, come per esempio il Mes.Spettava al premier cercare una sintesi, farsi carico delle esigenze della sua maggioranza, perché l’idea che i nodi politici potessero sciogliersi d’incanto – per logoramento o per assenza di alternative – non era sostenibile. Dinnanzi ai cittadini che vivono con gravi sofferenze i problemi provocati (anche) dal virus, la politica ha un solo modo per riscattarsi: se questa crisi ha un senso deve condurre a una soluzione all’altezza delle sfide che attendono il Paese. Lo sforzo collettivo dev’essere quello di garantire una maggioranza stabile, un programma definito e una squadra di governo competente, in grado di affrontare i prossimi, drammatici tornanti. Una soluzione purchessia, frutto di accordi dell’ultimo momento e di compromessi al ribasso, segnerebbe un fallimento che nessuno può permettersi. | |
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| | | | | | Nel Recovery la sanità sale a 20 miliardi. Più fondi a ferrovie, Comuni e cultura |
| | | Il Recovery plan – approvato dal Consiglio dei ministri attorno all’una di notte, con l’astensione delle ministre di Italia Viva – è stato scritto e riscritto più volte da quando, il 7 dicembre, figurava per la prima volta all’ordine del giorno del consiglio dei ministri. Un mese di intenso lavoro tecnico e di continuo tira e molla nella maggioranza. Alla fine, il documento arrivato ieri sera nel Consiglio dei ministri è molto diverso sia dalla bozza iniziale sia da quella più dettagliata del 29 dicembre. Si tratta di 172 pagine, che descrivono i programmi di spesa con i quali il governo chiederà alla commissione europea i 209 miliardi di euro destinati all’Italia tra prestiti e trasferimenti nel periodo 2021-2026 nell’ambito del progetto Next generation Eu per rilanciare l’Unione dopo la pandemia.Per accogliere le tante richieste di modifica e di aggiunta di investimenti previsti nella bozza del 29 dicembre i tecnici dell’Economia hanno allargato la torta. E così al piano iniziale che faceva riferimento solo ai 196 miliardi del Recovery fund in senso stretto si sono aggiunti una fetta del Fcs (Fondo coesione sviluppo) e i 13 miliardi del React Eu per l’emergenza Covid, portando il totale a 223 miliardi. Che a loro volta sono stati integrati con circa 7 miliardi dai fondi strutturali europei e da 80 miliardi di risorse programmate per il 2021-26 dal bilancio nazionale (per esempio i 30 miliardi per il Family act e i 24 per la decontribuzione al Sud) per un totale che, in una tabella allegata al piano, arriva a 310 miliardi.Così gli appena 9 miliardi assegnati inizialmente alla “Salute” e che avevano scontentato non solo il leader di Italia viva, Matteo Renzi, ma anche gli altri partiti, sono diventati, tutto compreso, 20,7 di cui 7,9 destinati all’Assistenza di prossimità e alla telemedicina (3 miliardi in più) e 12,8 all’Innovazione, ricerca e digitalizzazione (quasi 9 miliardi in più). Nel capitolo «Digitalizzazione, Innovazione, competitività e cultura», che da solo vale 46,2 miliardi (più 11 di programmazione di bilancio), 5 miliardi in più vanno alla voce Cultura e Turismo, che sale da 3 a 8. Spuntano poi 6 miliardi alla voce «valorizzazione del territorio e efficientamento energetico dei comuni» per accogliere una precisa richiesta di Renzi. E ci sono circa 5 miliardi in più per l’alta velocità ferroviaria, in particolare nel Mezzogiorno. Molto cresciute anche le risorse che verranno chieste all’Europa per l’«Istruzione e ricerca», che passa dagli iniziali 19 miliardi a 28,5 . Sei miliardi in più vanno a «Potenziamento delle competenze e diritto allo studio» (da 10,7 a 16,7 miliardi) e tre miliardi in più alla voce «Dalla ricerca all’impresa». Insomma, più soldi ai giovani e alla ricerca. (Qui l’articolo completo) | |
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| | | | | | Sette anni dopo Letta, Renzi non può più dire “stai sereno” a nessuno. Nemmeno a sé stesso |
| | | «A tutti quelli che ironizzano sul fatto che siamo piccoli e bassi nei sondaggi dico: bene così, no? Se non contiamo nulla, perché vi preoccupate? Ignorateci pure. Noi cresceremo nella società. E ci rivedremo alle elezioni: ci riconoscerete perché saremo quelli col sorriso, quelli che non fanno polemiche interne, quelli che non hanno correnti ma idee».Rileggere in questi giorni di sconquasso e di assoluta incertezza quanto promise Matteo Renzi un anno e mezzo fa, il 22 settembre 2019, alla fondazione di Italia Viva, strappa un sorriso. Erano passate due settimane dalla nascita del governo Conte II, dieci giorni da quando la neo-ministra Teresa Bellanova aveva smentito assolutamente la nascita di un nuovo partito: «Quello della scissione nel Pd è un tema che non è all’ordine del giorno in questo momento».Dopodiché, per carità, il leader del partitino che non riesce a decollare nonostante gli annunci di mirabolanti futuri elettorali («Arriveremo alle elezioni in doppia cifra: per noi è il minimo sindacale») ha posto in queste settimane dei problemi seri, ha ricordato giustamente che gli sforzi e la statura della compagine chiamata a cogliere quest’occasione storica non paiono all’altezza della sfida, si è messo giustamente di traverso all’ipotesi che i soldi del Recovery Fund fossero gestiti dal capo del governo con un pattuglione di trecento tecnici (la solita scorciatoia per non prendere di petto il tema delle riforme), e ha giustamente incassato su molti temi il consenso anche di chi non lo ama.Il guaio è che ormai, qualunque cosa dica, speri, prometta o giuri, specie nei momenti di massima tensione, ricorda a chi lo ha visto all’opera la battuta che gli scappò il 21 ottobre 2017 sul palco della festa del Foglio a Firenze. Quando Claudio Cerasa, a proposito delle elezioni previste a marzo 2018 e dei suoi rapporti con Gentiloni, gli buttò l’idea di dire agli italiani di stare sereni. Sorrisetto birbone: «Non posso più dire “stai sereno” a nessuno. Se dico “stai sereno” uno mi querela. L’altro giorno scherzando ho detto a uno “stai sereno” e quello “Oh! Ma che ti ho fatto?”» A proposito: mandò a dire a Letta «Enrico sta sereno» il 17 gennaio 2014. Esattamente sette anni fa. | |
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| | | | | | Il Rubicone dei social: Twitter iacta est |
| | | Twitter iacta est. Per i social network ci sarà un prima e un dopo la cacciata di Donald Trump dai megafoni online. Comunque vada. Capitol Hill (con buona pace di Rousseau, un capo del governo che ha prima aizzato e poi ringraziato le persone che hanno attaccato il parlamento perché il potere giudiziario gli ha negato la possibilità di autoproclamarsi vincitore) ricorda a tutti che la democrazia è un laboratorio continuo più che una conquista scientifica. È come se la gravità di Newton andasse e venisse, lasciandoci lì a gestire le cadute.Abbiamo scoperto che Internet non è un limbo. Sapere che una persona può mentire senza contraddittorio sull’efficacia della tripartizione dei poteri non è sufficiente a schermarsi. Tutti noi conosciamo come funziona l’apparato digerente e quali sono i principi di una corretta cultura dell’alimentazione, eppure questo non sembra aiutare il mondo nella lotta all’obesità. Nell’informazione stiamo correndo un rischio simile: si sta diffondendo un’obesità della mente fatta di eccessi di zuccheri industriali e coloranti artificiali (le fake news) oltre che di cattive abitudini (la frammentazione dell’informazione che ricorda lo snacking compulsivo, come gli americani chiamano il mangiare in continuazione piccole dosi di cibo al posto di pasti regolari).Esattamente come nella matrice della corretta alimentazione il singolo episodio non conta: per una persona abituata a mangiare bene un giorno di sregolatezze o di fast food non causano nessun danno. Ma l’effetto congiunto di zuccheri industriali e snacking alla lunga incrina la salute. Più è complesso il fenomeno maggiore è il tempo richiesto per “digerirlo”. La sensazione di essere informati prendendo anche migliaia di frammenti sparpagliati è un’illusione molto simile a quella sensazione di sazietà che si può provare fermandosi spesso alla macchinetta delle patatine.È onesto anche ricordare che i media non sono privi di difetti per diritto divino. Ai giornali si può applicare, non a caso, il noto paradosso di Winston Churchill: sono la peggiore forma di democrazia fatta eccezione per tutti gli altri. Se quella di Twitter non sarà una decisione temporanea, una eccezione, ma la norma, potremmo iniziare ad applicarlo anche ai nuovi social media. Il diritto a rispondere non equivale in democrazia al diritto di farsi le domande da soli. | |
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| | | | | | | | | Jake Angeli, il golpista peloso, rifiuta il cibo del carcere perché non è biologico. La rivelazione scardina le mie residue, miserabili certezze. Ero convinto che il “bio” fosse una prerogativa dei famigerati radical chic, assieme alla bici finto povera e alla libreria affollata di copertine Adelphi. Invece scopro che anche il principe buzzurro delle Trumptruppen darebbe la vita per un cracker senza olio di palma. Sulle prime, lo ammetto, ho pensato che Jake potesse essere un infiltrato. Nel mondo senza fantasia dei miei pregiudizi, quelli come lui fanno la spesa da «Natura No», mangiano solo pollo transgenico e intingono le patatine fritte nella maionese fatta con uova di galline sovraniste, molto arrabbiate. A forza di dividere l’umanità in due blocchi non comunicanti come nella canzone di Gaber, mi ero dimenticato che uno di destra può mangiare pasta di kamut e uno di sinistra ingozzarsi di bistecche alla griglia. La vita è più complessa e sorprendente di quanto faccia comodo al mio cervellino smanioso di tenerla sotto controllo attraverso schemi preconcetti.Certo, in un supermercato biologico è statisticamente più probabile trovare i fan di Greta Thunberg che quelli di Ivanka Trump, ma è anche vero che il nazismo era più ambientalista del comunismo e Hitler sognava un mondo di Heidi e caprette. Incasellare gli esseri umani è un esercizio maledettamente complicato e fortunatamente inutile. Vorrà dire che, per solidarietà con Jake, stasera assaggerò il ragù di tofu. (Qui la raccolta dei Caffè) | |
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