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‘Oracolo manuale’: in libreria la seconda edizione dell’opera del gesuita Baltasar Gracián

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Esce la nuova edizione di “Oracolo manuale” di Baltasar Gracián.
Una raccolta di frasi brevi amata da Schopenhauer e da Nietzsche. L’autore era un gesuita vissuto nel Seicento che ispirò anche Borges.

Nel 1647, appare a Huesca, nell’Aragona, un libretto: opera di un tale Lorenzo Gracián dietro il quale si nascondeva un teologo gesuita sottilissimo, Baltasar Gracián (Oracolo manuale ovvero l’arte della prudenza, ora pubblicato da Adelphi con traduzione e note di Giulia Poggi e un saggio di Marc Fumaroli). Nessuno poteva prevedere che quei trecento aforismi avrebbero esercitato in Europa un’influenza immensa, fino ad essere amati da Schopenhauer e apprezzati da Nietzsche.

Con quel libretto conciso e concentratissimo Gracián (1601-1658) intendeva soffiare alle grandi anime un viatico per affrontare i pericoli e le insidie di un mondo degradato. Non una regola, ma uno stile, sorretto – come recita la presentazione – dalla conoscenza di sé e degli uomini, dall’eleganza delle maniere e dal gusto raffinato, dal sapere enciclopedico e dalla sobrietà del giudizio, dalla più complicata e calibrata riservatezza.

La prima sentenza è fondamentale e paradossale. Si richiede più cose per un saggio che per sette. E più esige in questo tempo il trattare con un sol uomo che nei tempi passati e un intero popolo. Non basta la conoscenza, occorre carattere. Insuccesso degli stupidi, è sbagliare vocazione nella società, nel ruolo, nel Paese, nelle frequentazioni. Gracián è affascinato dalla Stupidità, la quale per lui contiene tutto il mondo. Nell’Acutezza e l’arte dell’ingegno, del 1642 (Aesthetica, traduzione di Giulia Poggi), Gracián aveva inserito la divertente genealogia degli sciocchi; essa mi ricorda le filastrocche recitate dalla nostra balia ligure, dal volto bonario e arguto, come quello di papa Giovanni XXIII:

«Tempo perso si sposò con Ignoranza, ebbero un figlio chiamato Pensai che; questi, a sua volta, si sposò con Gioventù da cui ebbe molti figli: Non avrei mai pensato, Non avrei mai creduto, Non me ne sono accorto, Chi l’avrebbe mai detto. Quest’ultimo si sposò con Indolenza ed ebbero per figli Va bene, Domani vedremo, C’è tempo, L’occasione non mancherà. C’è tempo si sposò con Non ci avevo pensato ed ebbero per figli Me ne son dimenticato, Son fatti miei, Nessuno me la farà, Finiamola, Me la vedrò io. Son fatti miei si sposò con Vanità ed ebbero per figli Quantunque non vogliate, Faccio quel che mi pare, Spocchia; quest’ultimo si sposò con Non c’è da preoccuparsi e da essi nacquero Godiamocela e Disdetta, che prese per marito Poco cervello, ed ebbe come figli Va bene, Che gliene importa, Parrebbe a me, Non è possibile, Non me lo dire, Gliel’ho giurata, Si vedrà, Lo vedrete, Tante grazie per il consiglio, Anche questa è fatta, Possa morire sul colpo, Dica quel che vuole, Tanto vale rischiare, A me che me ne viene, Nessuno è mai morto di fame, A pagare e morire c’è sempre tempo. Spocchia rimase vedovo e si sposò in seconde nozze con Stupidità e dilapidò tutto il suo patrimonio; disse l’uno all’altro: “Abbiate pazienza che prenderemo a prestito denaro sufficiente per spassarcela tutto l’anno e il prossimo: Dio provvederà”. E, consigliati da Non mancherà, così fecero e non avendo, alla scadenza, di che ripagare quanto avevano preso a prestito, Inganno li mise in carcere. Furono visitati da Dio vi farà la grazia. Povertà li menò all’ospizio dove finirono i loro giorni Spocchia e Non ci avevo pensato. Li seppellirono con la loro bisavola Stupidità: lasciarono molti figli e nipoti che vagano sparsi e dispersi per il mondo».

Ma nell’Oracolo manuale, tra le sentenze aforistiche tutto si condensa, ed ecco il consiglio del nostro gesuita, che avendo esteso la Stupidità all’intero mondo, cerca un rimedio: «Tuttavia non è stupido chi fa la stupidaggine ma chi una volta fatta non la sa nascondere».

Se occorre coprire gli affetti figuriamoci i difetti! Tutti gli uomini sbagliano, ma con questa differenza: che i sagaci smentiscono quanto hanno fatto e gli stupidi mentono su ciò che faranno. Consiste, il credo, più nel preservarsi che nell’agire, perché se non si è casti si sia cauti. Le negligenze dei grandi uomini si vedono maggiormente, come le eclissi dei due luminari maggiori. Neanche all’amicizia, facendo eccezione alle sue leggi, vanno confidati i difetti; neanche, se possibile, a sé stessi. Ma qui possiamo avvalerci dell’altra grande regola del vivere, che è il saper dimenticare.

«Il riserbo silenzioso è il segreto del senno». Gracián esalta la saggezza: «Più si sa, più si è, e tutto è più saggezza». Ma Gracián rovescia ogni cosa: mondo senza conoscenza, mondo al buio, senza conoscenza la sapienza è sterile. Egli è profondamente affondato sia nel buio sia nella speranza: adora sia il buio sia la speranza e, al tempo stesso, cerca il fulgore e la luce.

A Gracián, alle sue contraddizioni tra ricerche di ombre ed errori, Jorge Luis Borges dedicò una poesia di L’altro, lo stesso (che dà il titolo alla stessa raccolta pubblicata da Adelphi). Ne immagina la fine. Allora, in paradiso, contemplando Archetipi e Splendori, forse Gracián sentì la propria vanità. Al cospetto del Sole inesorabile di Dio, forse restò cieco; oppure,

«Perso nei suoi temi /Infimi, non s’avvide dell’empireo/ E scioglie ancora nella sua memoria/ Labirinti, allitterazioni, emblemi».

Il libro: Oracolo manuale ovvero l’arte della prudenza di Baltasar Gracián (Adelphi, pagg. 363, euro 22)

(di PIETRO CITATI/La Repubblica – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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