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Attualità

Grazzanise. Padre Francesco Monticelli ha concluso il suo ministero parrocchiale

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di Raffaele Raimondo

GRAZZANISE . E’ notizia significativa il pensionamento, ad 80 anni suonati, del monaco camaldolese padre Francesco Monticelli, perché esso fa da spartiacque nella cronaca recente della Chiesa grazzanisana articolata in quattro Parrocchie (di cui due nelle realtà periferiche della frazione Brezza e del Borgo Rurale Appio).

Egli, tarantino d’origine e per indole, è stato parroco della SS. Annunziata per 24 anni, subentrando a don Salvatore Gravina che si spense il 6 dicembre 1997 dopo 42 anni di ministero sacerdotale a Grazzanise: due “uomini di Dio” che, succedendosi, hanno avuto cura delle anime della comunità per ben 66 anni.

Tenace, reattivo, generoso di carattere, padre Francesco, da solo, ha costruito (acquisendo al patrimonio stabile dell’amata Parrocchia) più lui che ciascuno dei politici-amministratori locali avvicendatisi alla guida del Comune negli ultimi 30 anni.

Naturalmente con l’ausilio finanziario della Curia capuana e della Regione Campania (pure coi buoni uffici dell’ex vicensindaco Giuseppe Raimondo detto il “rosso”), è stata infatti ristrutturata la chiesa che, sull’omonima centrale via cittadina, s’affaccia ad Oriente (dotandola, oltretutto, di un impianto di condizionamento d’aria, di nuova illuminazione elettrica e restaurando la pregevole cornice posta sull’Altare maggiore); eretto l’oratorio attiguo; acquistata la casa-canonica “San Francesco”; rinforzati i muri perimetrali della cappella dedicata alla Madonna dell’Arco; realizzati i campetti sportivi “S.Massimiliana” lungo l’argine del fiume Volturno; progettato (e sinora a pilastrata fabbricata) perfino un auditorium (che soltanto i freni della burocrazia e qualche altra difficoltà non gli hanno permesso di vederlo in piedi e utilizzato – come ha sempre sognato – a fini religiosi, sociali e culturali).

Profondamente persuaso – il monaco camaldolese capace, fra l’altro, di indovinati sarcasmi e piacevoli ironie – che l’azione pastorale e la vita spirituale richiedono edifici e spazi adeguati, eppure man mano è diventato, anche per l’età che inevitabilmente avanzava, meno forte nel più arduo compito di impegnare le preziose sinergie umane e relazionali che vivacizzano e rendono entusiasmante la vita complessiva di qualsiasi comunità.

L’ancòr giovane padre Francesco – esperto biblista e convinto assertore di una liturgia lenta, meditata e profondamente funzionale ad opere concrete di misericordia e di autentica carità “paolina” – era stato impegnato nella Parrocchia “contadina” di Mazzafarro (nel Comune di Cancello ed Arnone), prima di giungere a Grazzanise, a metà degli anni Novanta, durante il lungo periodo di malattia da cui fu purtroppo afflitto don Salvatore. E, nel tempo consumatosi in prevalenza nel corso dell’episcopato di mons. Bruno Schettino, è rimasto innovatore nel cuore e nelle celebrazioni, insegnando (talvolta finanche con tono burbero) ai fedeli come pregare, valorizzando con trasmissibile gioia la neonata schola cantorum, obbedendo ad una puntualità supersvizzera, frequentando la gente per strada e nelle case, comunque disponendosi -davanti ad ogni catastrofe anche geograficamente lontana- ad aiutare indigenti, terremotati e sfollati.

Resterà per sempre nei ricordi dei grazzanisani per il bene che ha saputo compiere, per il magistero esplicato, per una vis comunicativa che nelle sue omelie emerge con singolari tratti distintivi.

S.E. mons Salvatore Visco, arcivescovo di Capua, non potendo contare sull’immediata disponibilità, nel clero diocesano, di un sacerdote successore, dopo l’ultima Santa Messa officiata da padre Monticelli domenica scorsa 24 maggio ha provveduto a nominare, in via transitoria, “amministratore parrocchiale” don Giovanni Corcione (dal luglio 2016 subentrato al defunto canonico don Giuseppe Lauritano, nella principale Parrocchia cittadina intitolata a San Giovanni Battista,).

Nel contempo il paterno arcivescovo ha pensato ad una collaborazione, necessaria, dei padri comboniani coraggiosamente e amabilmente attivi a Castelvolturno.

Siamo già dunque oltre il suddetto spartiacque che il camaldolese, col suo stile peculiare, ha segnato. Siamo quindi in una fase ri-fondativa in cui l’azione pastorale è messa a dura prova, anche in considerazione delle problematiche sociali che tormentano, specialmente nelle fasce giovanili allo sbando, la realtà del capoluogo grazzanisano. Non v’è dubbio che in una tale congiuntura assume ancora più importanza il contributo che dovrebbe apprestarsi generosamente ad offrire il laicato cattolico.

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