Coronavirus e italiani all’estero: intervista a Alfonso Cesarano
Alfonso Cesarano ha 30 anni, è originario di Gragnano, laureato in lingue e vive in Olanda da circa due anni. Lavora come gestore dei materiali e controllo della qualità all’ ASML, azienda che produce sistemi di fotolitografia per l’industria di semiconduttori
- Qual è stata la sua reazione quando dall’ Olanda ha appreso dell’emergenza Covid 19 in Italia?
Onestamente ci ho messo un po’ a realizzare la gravità della situazione. Molti di noi ricorderanno altri tempi in cui eravamo in qualche modo minacciati da virus e malattie non comuni, come il cosiddetto morbo della mucca pazza o ancora l’influenza aviaria, ma mai mi sarei immaginato la situazione attuale. In quanto italiano residente all’ estero il mio pensiero è volato immediatamente ai miei familiari, sia quelli residenti al Nord che al Sud del paese. Inizialmente, sapendo che mia sorella avrebbe, nel peggiore dei casi, potuto prendersi cura dei nostri genitori, riuscivo a stare tranquillo, nonostante fossi preoccupato anche per la sua di salute e della sua famiglia. Con l’arrivo, però, del primo decreto e delle prime misure di restrizione, la mia preoccupazione è aumentata, sebbene io, da qui, potessi fare ben poco. Non trovavo le misure prese dal governo esagerate, ma poiché era una realtà che sembrava non aver ancora toccato i Paesi Bassi, mi risultava un po’ difficile capirne la gravità. Per cui, oggi, da italiano, chiedo a tutti voi, per favore, di restare a casa!
- Attualmente quali sono i suoi timori e le sue speranze e come sta vivendo l’attuale situazione che oramai delicata anche nei Paesi Bassi?
Sebbene nei Paesi Bassi la situazione sembra essere ancora sotto controllo, mi è un po’ difficile parlare di speranze e predizioni. Soprattutto, in quanto emigrato, tanto la mia visione quanto le mie opinioni, sono plasmati anche dalle notizie e dai provvedimenti che arrivano dal mio paese. Mi auguro semplicemente che si riesca ad essere più uniti in questa Europa che, ai miei occhi, appare abbastanza disgregata, cercando di imparare dagli altri e condividere il più possibile quelle misure utili al contenimento, al trattamento e al superamento di questa crisi sia sanitaria che socioeconomica.
- Quali differenze ha potuto notare tra le reazione italiana e quella dei Paesi Bassi al diffondersi dell’epidemia?
I Paesi Bassi, almeno fino al momento in cui scrivo, hanno deciso di intraprendere un piano d’azione che definirei un ibrido tra quello in linea con altri paesi europei e non (isolamento fiduciario in caso di presenza di sintomi influenzali, e la chiusura del settore della ristorazione e dell’intrattenimento in senso più ampio) e il modello britannico per cui il governo chiede a noi cittadini e residenti delle provincie nederlandesi di restare focalizzati anche sull’ economia del paese. Le ordinanze per ora prevedono solo l’ormai straripetuto lavaggio frequente di mani e viso e il mantenere una distanza minima di sicurezza nei luoghi di approvvigionamento e sul lavoro. Molte aziende hanno implementato lo smart working (una realtà, qui, già molto diffusa) e, laddove non è possibile, hanno attuato misure di messa in sicurezza del personale evitando, ad esempio, la sovrapposizione di turni (ove applicabile) e la limitazione all’ uso di aree comuni in aziende molto grandi con più dipartimenti. Non vi è alcuna indicazione precisa o ufficiale che imponga l’uso di guanti e mascherine per i civili, ma misure di sicurezza all’ interno, ad esempio, di supermercati dove da questa settimana sono stati istallati degli schermi di plexiglass che permettono a clienti e impiegati di limitare il rischio di contagio. L’opinione pubblica è abbastanza divisa al momento, poiché il PM del paese sembra voler ancora dare priorità all’ economia piuttosto che alle persone. Il timore, dal punto di vista politico, è che una inevitabile crisi economica in seguito ad un totale “lockdown” sia molto meno gestibile della crisi sanitaria in sé. Non vi è alcun obbligo di comprovare gli spostamenti, né le forze dell’ordine sono attivamente impegnate – al momento – al controllo e al rispetto delle normative vigenti.
4. Lei è campano, quale idea si è fatto delle ordinanze emanate dal governatore De Luca?
Purtroppo – e direi anche tristemente – noto che gli italiani, già messi in palese difficoltà dalla quarantena, sono anche fin troppo bombardati da notizie o presunte tali che riguardano il coronavirus. Sebbene in questo periodo si stia finalmente capendo che anche a livello regionale disponiamo di uomini e donne validi, credo che il continuo susseguirsi di provvedimenti o inasprimenti delle regole applicate a livello nazionale non faccia altro che confondere i cittadini. De Luca ha sicuramente dei modi coloriti, ma non sta facendo nulla che non sia in riga con i provvedimenti presi dal governo nazionale. Se purtroppo parte della popolazione non sembra capire a fondo il problema, si ritiene necessario attuare una politica del pugno di ferro.
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