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Caserta. Incontro con Pasquale Costagliola: un ‘longobardo’ al servizio del sud

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L’identitarismo duosiciliano è nato nel mondo tradizionalista. Ispiratore Evola in qualche modo.

Ci sono incontri nella vita che riescono a cambiarti l’iter vitae, Pasquale Costagliola è stato il mio mentore, quello che mi ha spinto tanti anni orsono a cimentarmi nell’arte dello scrivere.

La nostra amicizia nasce molti anni addietro grazie ai buoni uffici dell’indimenticato Giovanni Salemi, in una sera autunnale in quel di Capua, in occasione di un evento borbonico organizzato proprio dal grande Comandante.

Il mio amico “longobardo” è stato mio Maestro anche in tante attività, da adulto io provinciale a tutto tondo, ho imparato tramite lui cosa fosse il sicozel, come si distribuiscono i volantini per strada, come si attacca un manifesto abusivo e come si scrive un documento, un comunicato stampa; ho imparato ad apprezzare la sua idea di ambientalismo, lontana dagli schemi politici, come dice lui: “la natura non ha ideologie”.

Siamo stati compagni di viaggio, durante le manifestazioni per difendere la Reggia di Caserta, quando tentarono di scavare un buco che ribattezzai “Fosso di Helm”; abbiamo combattuto in difesa del sito borbonico della Real Tenuta di Carditello e soprattutto abbiamo preso le “mazzate” quando la polizia ci caricò durante la manifestazione presso la discarica Lo Uttaro.

Devo molto ai suoi insegnamenti. Credo che sia un vero “maître à penser” ancora tutto da comprendere e apprezzare, ci proviamo attraverso questa breve intervista che, comunque, è il minimo sindacale che gli devo.

L’intervista si basa sul suo libro ”Il Culto Odinico nella Campania Longobarda”, breve saggio sul retaggio longobardo nella cultura della Campania e del Sud.

D) La retorica dominante, oggi, in Italia, racconta di una contrapposizione culturale tra i popoli del nord e noi delle Due Sicilie, tanto che, sin dal titolo, il tuo libro sembra non contenere che ossimori: Campania Longobarda, San Michele rappresentato come Odino, riti sciamani assimilati a quelli delle streghe di Benevento. Vuoi spiegarci meglio?

R) I motivi fondanti dell’excursus sono due aspetti “religiosi” ovvero il culto di San Michele introdotto dai bizantini ma fatto proprio dai longobardi, tanto che il popolo germanico adottò il santo quale Avatar di Odino … L’aspetto guerriero conquistò gli adoratori di Wotan. L’altro punto è la pratica della Caccia selvaggia , un rituale sciamanico che si associa, a mio avviso, ai ricordi del sabba delle streghe di Benevento. Un’intuizione di natura storico sociologica che lega in un filo esperienze dionisiache e pratiche sciamaniche odinistiche nel Sud.

D)Tuttavia questo tuo libro credo non voglia essere soltanto una rivisitazione storica fine a se stessa ma, partendo da essa, dare un’ermeneutica dell’intera condizione dell’essere umano?

R) Io credo che l’ambiente sia un insieme complesso fatto di natura e di cultura. La sintesi di questi due elementi rappresenta l’equilibrio smarrito dal mondo moderno, la perdita del centro di cui parla Renè Guenon. Il mistero della decadenza è racchiuso in questa scissione antropologica.

D) A tuo parere cosa ha determinato questa nostra situazione esistenziale?

R) Hanno pericolosamente contribuito l’affermarsi di una religione messianica ed estranea al nostro spirito e le varie rivoluzioni industriali, tutte connesse ad un animus aeconomicus predatorio. La pseudocultura modernista ha pervertito gli uomini con miti incapacitanti e la ricerca spasmodica del guadagno.

D)Allora nel concreto cosa si può fare?

R) Ho scelto di contrastare queste afflizioni “sporcandomi le mani”, cioè agendo sul piano sociale e politico: lotta contro le cave, contrasto alla distruzione del paesaggio atavico del nostro territorio; contro le discariche irregolari gestite dal potere in una sorta di genocidio ambientale delle nostre popolazioni.

D)Questo vuol dire opporsi ai vari sistemi di potere?

R) L’esperienza di dissenso ed antagonismo si è posta non solo in contrasto con il potere ed i suoi clientes, ma anche contro l’associazionismo dogmatico e convenzionale, strumento anch’esso del sistema. Oggi con alcuni resistenti si è dato vita ad una associazione Casa Hirta che si pone come difesa della vita e “rifugio dei ribelli” che non accettano il pensiero dominante in ogni campo.

D) La lotta identitaria per le Due Sicilie ritieni sia conosciuta, ci sono margini di attenzione da parte del mondo che frequenti?

R) Complicato. Comunque l’identitarismo duosiciliano è nato nel mondo tradizionalista. Ispiratore Evola in qualche modo. Il gruppo di Ordine Nuovo fu antesignano, d’altra parte Silvio Vitale è l’esempio. Nella reazione al mondo moderno, al giacobinismo si faceva leva su tutto quanto si oppose al liberalismo. In tutto questo l’avversione ai Savoia faceva pendant. Il gruppo identitario napoletano , con Golia, fu captato da questa idea che divenne il leit motiv. I nuovi gruppi Cp e Fn sono prettamente nazionalisti, con sbavature ultrapatriottiche ma comunque hanno dei ” filoborbonici” pure loro all’interno.

D) Credi ci sarà mai un futuro per delle Due Sicilie?

R) Il futuro delle Due Sicilie? Oggi esiste un’attenzione mediatica minima al fenomeno. A volte indotto da ricerca di scoop… Negli ultimi tempi meno. Sul piano concreto, tu mi insegni… Non c’è una classe politica di riferimento ma in questo il nostro territorio è equanime. Purtroppo l’ultima classe dirigente a Sud del Garigliano è stata quella democristiana. Noi siamo la periferia della periferia del mondo.. Non esiste a mio avviso nulla di serio sul nostro territorio, a parte qualche individualità come i tuoi CDS, Pino Aprile e i neoborbonici di De Crescenzo. Arrivo a credere che un personaggio discusso come De Luca sia quello che si avvicina ad un politico.

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