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Tora e Piccilli. ‘Ciampate del Diavolo’: quando ‘satana’ camminava sulla lava incandescente del vulcano di Roccamonfina

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A Tora e Piccilli, novecento abitanti a Nord di Caserta, nel Parco regionale di Roccamonfina-Foce Garigliano, verità e leggenda si sono fuse in solchi profondi sparsi su un pendio vulcanico che gli abitanti hanno creduto per secoli essere le zampate del demonio; le Ciampate del Diavolo.

D’altronde siamo vicino al vulcano di Roccamonfina, e chi se non il demonio avrebbe potuto camminare sulla lava incandescente?

Una passeggiata su orme umane risalenti a 385.000 anni fa. Italiani e non, semplici turisti o veri appassionati della preistoria provenienti da tutto il mondo potranno vivere questa esperienza.

Da ottobre 2007, il sito Paletnologico è visitabile; l’intera area è stata recintata per garantire un facile accesso ai visitatori, intorno vi sono numerosi sentieri che si dipanano fino al borgo di Foresta.

Certamente da non perdere in una giornata a spasso per la natura, è la cascata di Conca della Campania.

Un magnifico tuffo d’acqua, che in passato veniva canalizzato per alimentare i molteplici mulini sviluppatosi lungo il percorso del fiume.

É possibile visitare anche i mulini alimentati dalla forza dell’acqua e le canalizzazioni realizzate nel dirupo per veicolare l’acqua da un mulino a quello più a valle.

Adesso entriamo nel vivo dell’articolo dal punto di vista scientifico grazie agli appunti forniti dai vari operatori culturali di Tora e Piccilli.

La scoperta che si trattava, invece, non solo di orme umane ma tra le più antiche orme umane al mondo è stata accertata scientificamente solo nel 2003, dai dottori Marco De Angelis e Adolfo Panarello dell’Università di Cassino.

Prima di loro regnava la leggenda, oltretutto utile, come ricordano ancora gli anziani, a intimorire i bambini e a distoglierli dall’avventurarsi nella radura e dal salire sul pendìo scivoloso.

Solo un ex-carabiniere appassionato di storia locale, Alfredo Iulianis, si era avventurato in ipotesi che uscivano dal soprannaturale, negli anni ottanta, attribuendo le impronte ai Sanniti.

Ma le ricerche di Panarello e De Angelis, condotte con tecniche della criminologia forense, hanno rivelato che le impronte sono di Homo Heidelbergensis, progenitore dell’uomo di Neanderthal.

Il vulcano di Roccamonfina non ha più di 700.000 anni e il banco di tufo appartiene alla sua seconda fase eruttiva, iniziata circa 385.000 anni fa.

Il substrato su cui sono impresse non è lava consolidata ma tufo leucitico bruno sul quale durante la seconda fase eruttiva del vulcano si è riversata una nube di materiale piroclastico, seguita da un altro strato di minerali a bassa temperatura che hanno cementato la massa, coprendo e sigillando le impronte, che si sono così conservate.

Le impronte non sono le più antiche riferibili ad esemplari del genere Homo (quelle di ominidi bipedi più antiche sono in Tanzania), ma le Ciampate del Diavolo sono orme umane fossili del Pleistocene Medio tra le più antiche del mondo.

Si tratta di impronte non ubicate in maniera casuale, ma collocate in almeno due piste, che restituiscono, essendo localizzate su un pendio acclive, informazioni importanti sul comportamento e sulle scelte del percorso migliore da parte di questi ominidi antichissimi” spiega Adolfo Panarello, dottore di ricerca dell’università di Cassino e del Lazio Meridionale e massimo esperto del sito.

Sono importanti non solo sul piano cronologico: la superficie inclinata del sito ci permette di capire che il nostro antenato era simile a noi oltre che nella struttura fisica anche nella capacità mentale.

«Le impronte sono di un bipede che procedeva a passo regolare -continua il dottor Panarello- scegliendo il percorso migliore, leggermente a zig zag, per compensare la ripidità del pendìo».

Gli studi sono stati condotti dall’equipe scientifica guidata dal professor Paolo Mietto, docente dell’Università di Padova e tra i massimi esperti mondiali di iconologia (la scienza che studia le impronte dei fossili).

Da un’attenta osservazione delle impronte si possono riconoscere le zone d’impatto, le forme dell’avampiede, dell’alluce e dell’arco plantare dimostrando l’appartenenza delle impronte al genere Homo.

L’Homo Heidelbergensis era alto circa un metro e sessanta, cacciatore: i nostri antenati delle Ciampate del Diavolo stavano camminando, dunque sicuramente non fuggivano dalle eruzioni vulcaniche.

Sulla stessa superficie è, intatti, presente il più antico sentiero preistorico al mondo.

Questo tratto di sentiero, lungo circa 54 metri, ha l’aspetto tipico dei tratturi fangosi o delle piste nevose, con bordi traboccanti e  profonde impressioni.

Lo studio scientifico compiuto dal dottor Panarello ha dimostrato che su quella superficie si muovevano abitualmente esseri umani ed altri animali.

Da questo sentiero si sono staccati i due ominidi che, scendendo lungo il pendio, hanno dato vita alle “ciampate del diavolo”.

L’importanza delle Ciampate è riconosciuta dal mondo accademico internazionale.

Si ringrazia per la fattiva collaborazione: Luca De Simone, Presidente dell’Associazione “Orme”, per l’eccezionale disponibilità nel fornire notizie precise e dettagliate; la Presidente della Pro Loco Iolanda Gazerro ed Ennio Marsocci, imprenditore locale e operatore culturale.

Ulteriori informazioni su: http://www.ciampatedeldiavolo.it/immagini/testata.jpg – http://paleoitalia.org/places/44/tora-e-piccilli/

(Mauro Lucio Novelli – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)
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