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Caiazzo. Supermercato ‘abusivo’: venerdì c’è stata la ‘svolta’, ma solo sulla carta: per ora nulla dovrebbe cambiare

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Con un atto per il momento “quasi segreto” il preposto funzionario comunale caiatino ha posto nero su bianco,nella mattinata di venerdì 26 gennaio, l’avvio della procedura che, giusta sentenza del Consiglio di Stato, dovrebbe portare alla chiusura del supermercato Decò ubicato lungo la strada provinciale per Alfe e alla demolizione dell’intera struttura in precedenza adibita ad auto rivendita (concessionaria Fiat e Ferrari), in modo ugualmente illegittimo secondo il massimo organo di giustizia amministrativa che, ribaltando la sentenza di primo grado, ha definitivamente sancito la destinazione “agricola semplice” del terreno sul quale pertanto in modo totalmente illegittimo sarebbe stata rilasciata ogni autorizzazione fin dagli anni ottanta dello scorso secolo.

Documento tuttora (almeno fino al prossimo lunedì) “segreto” perché, sebbene già inoltrato al destinatario, non è stato ancora posto in pubblicazione in quanto, secondo indiscrezioni, un primo tentativo di notifica da parte del comandante della polizia locale sarebbe stato vanificato per assenza del legale rappresentante aziendale, unico soggetto ritenuto legittimato alla bisogna, ma anche perché, sempre secondo voci di corridoio, a scopo precauzionale, i responsabili comunali intenderebbero sottoporre alla più rigorosa “privacy” il documento da pubblicare, epurandolo di tutti i dati “sensibili” che, sempre secondo “radio Fante” potrebbero fra l’altro portare alla conoscenza dell’assetto societario cioè degli effettivi soci aziendali, di cui tanto si ciarla ma poco o niente di certo è dato sapere.

Quanto al condizionale che abbiamo premesso circa gli effetti (tangibili nell’immediato) del provvedimento comunale, va precisato che solo fino a un certo punto esso può definirsi “coattivo” ovvero impositivo della definitiva chiusura (in quella struttura), pur sentenziata nell’ultimo grado di giudizio, in quanto, come previsto nella fattispecie dalla legge, il primo passaggio comporta la notifica di un “avvio di procedimento” finalizzato all’osservanza della sentenza e sembra ovvio che anche stavolta ogni atto sarà spulciato meticolosamente da professionisti del cavillo alla ricerca anche del proverbiale “pelo nell’uovo” utile ad impugnare la procedura nei tempi previsti dallo stesso “avvio di procedimento”, sospendendone in tal modo gli effetti e avviando una nuova controversia che anche stavolta potrebbe trascinarsi fino all’ultimo grado di giudizio.

Se è vero che in tal modo la parte ora soccombente prenderebbe tempo (e forse pure tanto), non si comprende perché, considerata la persistente “spada di Damocle”, si continui a ignorare l’evenienza di dislocazione (sia pure temporanea) in altra conforme struttura non solo esistente in città, ma che sarebbe anche stata già prospettata agli interessati che, peraltro, sembrano seriamente preoccupati del futuro dei circa 20 dipendenti, per i quali, d’altronde, si potrebbe ricorrere alla “cassa integrazione” anche per il solo tempo necessario a un eventuale trasferimento dell’attività commerciale.

Sempre che, come già ipotizzato da qualcuno, sulla base del prospettato dramma, qualcun altro non punti ad ottenere il cambio di destinazione urbanistica, ovviamente dell’intero ambito, con grosso profitto per quanti, in tal modo, vedrebbero centuplicato il valore dei propri fondi dalla sera alla mattina: quella del giorno in cui, se davvero così fosse, verrà approvato il nuovo strumento urbanistico.

Farneticazioni? illazioni? maldicenze, cattiverie o che altro? Chi vivrà vedrà… anche come l’intera vicenda “peserà” sull’ormai prossima tornata elettorale, considerando peraltro che dalla succitata sentenza sembrano intravvedersi grosse responsabilità, anche politiche…

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